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Marketer tip: paid media, owned e earned

Marketing tips: differenze tra paid, owned ed earned media

L’aumento dell’importanza dei social media e delle digital PR ha portato i brand a cercare marketing tips per raggiungere il successo e coinvolgere i propri clienti attraverso investimenti mirati.

Oggi per un brand è diventato essenziale essere presente ovunque il cliente possa cercarlo, sfruttando le opportunità di paid, owned ed earned media. Ognuna di queste tre categorie ha le proprie specificità ed offre opportunità di arrivare al target.

Marketer tips: partiamo dalle parole chiave

Negli ultimi anni il linguaggio del marketing si è evoluto fino a diventare un vero e proprio gergo, che ai più può a volte risultare ostico. Per ogni marketer che si rispetti è comune incontrare termini come paid, owned ed earned all’interno di una media strategy. Ma non diamo nulla per scontato e approfondiamo insieme questo tema. Ripartiamo dalle basi e da una panoramica sul significato di ciascun termine. 

Paid media

Questa prima categoria include tutti i media che vengono attivati a pagamento. In questo calderone troviamo un’ampia forbice di canali: dall’adv tradizionale – stampa, annunci radiofonici e televisivi o i cartelloni pubblicitari -, a quello online con annunci sui social media o quelli sulle pagine dei risultati dei motori di ricerca, gli annunci display sui siti web. In parole povere: tutti gli spazi in cui un brand può pianificare la programmazione dei propri contenuti, dietro il pagamento di un fee concordato. 

È lo strumento ideale per raggiungere un target specifico. Inoltre, permette di avere il controllo totale sui contenuti che vengono creati o approvati dal brand prima della messa online.

paid media

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Owned

In Owned includiamo tutti i canali di proprietà del brand: dal sito web, ai post del blog, i social media e l’email marketing.

Si tratta di un mix potente all’interno di una strategia di marketing perché è possibile, attraverso un lavoro di storytelling e creazione dei contenuti, controllare completamente chi li vede, attraverso l’analisi degli insight o degli analytics. 

Infatti, se è necessario prevedere un budget per i contenuti a pagamento e non è possibile controllare quelli guadagnati (earned), d’altro canto è sempre possibile creare contenuti per raggiungere il target in maniera organica.

earned media

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Earned media

Gli Earned media, infine, sono tutti i media “guadagnati”, attraverso una strategia di comunicazione ed il lavoro di PR e digital PR. In poche parole, è quando altre persone parlano di un brand senza ricevere per questo un compenso: influencer, giornalisti, PR, ma anche review spontanee oppure brand lover che condividono spontaneamente i contenuti.

media

Sebbene non sia al 100% sotto il controllo dei marketers, è decisamente lo strumento più utile a creare brand awareness. L’84% delle persone infatti si fida delle raccomandazioni di amici, familiari o KOL (Key Opinion Leader), piuttosto che di altri tipi di media marketing o adv. 

È sicuramente interessante vedere che tra le fonti più affidabili (al 3° e 4° posto) vi siano i siti di pubbliredazionali con il 55% dei consensi (+7% rispetto al 2013) e i siti internet aziendali con il 53% (+9%). Entrambe le fonti sono caratterizzate da un’elevata densità di informazioni.

Marketer tips: come integrare le tre leve?

Una volta chiarito il significato dei termini, appare evidente come ognuno di questi tre tipi offra ai marketer una vasta gamma di approcci e canali. Se in passato sono stati i paid media a farla da padrone, assistiamo ad un cambiamento che porta ad una sempre crescente importanza dei cosiddetti earned media, in parallelo ad una maggiore attenzione nella gestione dei canali di proprietà.

Diventa quindi importante pianificare gli obiettivi del brand ed avere ben chiaro in mente il target da raggiungere, per andare a comporre la migliore strategia possibile integrando le PR (earned media), l’influencer marketing (che può appartenere a tutte e tre le categorie), SEO (owned), in una campagna di marketing multipiattaforma.

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Pianificare gli obiettivi del brand

Non esistono due individui perfettamente uguali, e lo stesso discorso si applica anche ai brand. È per questo essenziale conoscere le caratteristiche, i punti di forza, le opportunità e le debolezze del proprio brand per andare a pianificare al meglio la propria media strategy.

media

  • I paid media possono aiutare il brand a posizionarsi, andando ad intercettare un determinato target attraverso il canale più adatto;
  • I canali di proprietà offrono invece la possibilità di stabilire e consolidare un dialogo con il target già raggiunto, trattenendone l’attenzione attraverso lo storytelling e il content marketing;
  • Le PR ed in generale gli earned media consentono di lavorare sul passaparola, la più antica ma sempre attuale leva che permette di andare a costruire la credibilità del brand.

Con queste premesse è tuttavia doveroso ricordare come non esista una ricetta comune. Ogni brand deve trovare la sua strada attraverso un percorso fatto di prove e di errori, aggiustando di volta in volta il tiro.

Conoscere il proprio target

«Se conosci il nemico e conosci te stesso, non devi temere il risultato di cento battaglie» diceva in “L’arte della guerra” Sun Tzu, generale e filosofo cinese. Il più antico testo di arte militare, ha influenzato anche il marketing, e ci riporta all’importanza di individuare il nostro consumatore tipo per trasformarlo in un cliente.

Dalla conoscenza del proprio target deriva a cascata la definizione del marketing mix dell’azienda. Questo ci permette allo stesso tempo di individuare le giuste strategie per raggiungere gli obiettivi di business prefissati.

Marketer tips: prova, fallisci, prova ancora

Una volta delineata la campagna di marketing, è importante misurare l’andamento degli investimenti attraverso l’analisi degli insight e dei KPI. Questo consente di valutarne il successo, le eventuali debolezze e i punti di miglioramento che permetteranno di aggiustare il tiro e fare meglio in futuro.

È forse questo l’elemento più importante di una media strategy: non avere l’ambizione che tutto vada per il meglio, ed anzi sfruttare il fallimento come un’occasione per migliorarsi e trovare mix di investimenti più funzionali al proprio brand.

10 consigli per un copywriting efficace sui social

Per funzionare sui social media non basta soltanto avere una buona strategia se non hai degli ottimi contenuti. Avere ottime capacità di copywriting per social media è fondamentale per raggiungere il tuo pubblico di destinazione.

Infatti, non si possono copiare e incollare i contenuti su tutti i social, ma bisogna sempre considerare su quale canale stai comunicando, qual è il tuo target di riferimento, quali sono i limiti di carattere e quali formati usare.

Ma in cosa consiste il copywriting e perché è così importante per i social media? Ecco 10 consigli su come scrivere copy efficaci.

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Che cos’è il copywriting

Come affermò Peter Barry «la pubblicità si basa sulla comunicazione. E non importa che sia fatta di immagini o di parole purché sia semplice. Checché ne possiate pensare chiunque può scrivere un buon testo lungo. Pensate al vostro lavoro non come a quello di chi scrive parole, ma di chi le evita. Non state scrivendo un romanzo o un poema».

Dunque il copywriting si occupa di scrivere un testo a scopo pubblicitario o di marketing.

Il copy, ossia il contenuto scritto, ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza del marchio e di convincere il pubblico a compiere un’azione.

Il copywriter, oltre ad essere creativo, deve sapere perfettamente qual è il tono di voce con cui parla il brand su ogni canale e a chi si sta rivolgendo.

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Copywriting per social media, cosa sapere prima di iniziare a scrivere

Non puoi iniziare a scrivere un buon copy se prima non hai formulato le domande giuste.

Questo perché ogni brand ha la sua copywriting strategy e il suo linguaggio. Conoscere il proprio pubblico e analizzare i propri competitor è il primo step da attuare prima di prendere la penna in mano.

Identificare le tue Buyer personas significa sapere a chi deve parlare il tuo testo e a chi stai rivolgendo il tuo messaggio. Quando conosci il tuo pubblico è più semplice decidere su quali social agire e in che modo.

In tal senso è utile rispondere ad una serie di semplici domande che possono aiutarti a focalizzare meglio il tuo approccio copy:

  • Che tipo di contenuti vorrebbe il pubblico del tuo brand?
  • A quali nicchie si rivolge il tuo marchio?
  • Cosa stanno facendo bene i tuoi competitor? Cosa sbagliano?
  • Quale tono di voce usano?

Fare un’analisi di benchmark permette di scoprire quali sono i contenuti per i social che performano meglio per il tuo pubblico e il tuo mercato, oltre ad approfondire quali sono le conversazioni di tendenza per scoprire informazioni sul tuo target.

Prima di metterti a scrivere realizza la tua style guide, costruendo una voce autentica e distinta che ti permetterà di migliorare la brand awareness della tua azienda, di fidelizzare la tua audience e di differenziarti dalla concorrenza.

In questa guida riassumi tutto ciò che riguarda il copywriting, dalla grammatica al tono di voce, fino a come affrontare la scrittura sulle diverse piattaforme. Per realizzarla consulta tutti i team creativi e di marketing, oltre al brand strategist e al social media manager.

A questo punto è finalmente arrivato il momento di mettere in pratica 10 consigli per realizzare copy che funzionano per i tuoi social.

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1. Crea modelli di post

Pensare ogni volta a contenuti originali può essere molto difficile.

Trasforma i tuoi post migliori in modelli così da risparmiare tempo e replicare il successo. Parti dai dati, analizza la creatività che ha performato meglio e rendila un format.

2. Utilizza tutti i contenuti

Ricicla, ricicla, ricicla.

Non farti sfuggire l’occasione di usare i contenuti redatti per altri canali ma adattali alla tua strategia social.

Ad esempio, prendi un articolo di blog e trasformalo in un carosello per Instagram o in una quote per Facebook. Non sprecare contenuti che funzionano per il tuo pubblico.

3. Aggancia il tuo pubblico

Ogni giorno siamo sottoposti ad una miriade di contenuti e di informazioni.

Per questo motivo è fondamentale trovare il tuo gancio per tenere l’utente incollato ai tuoi post e conquistare la moneta di scambio più importante: l’attenzione.

Il copy dovrebbe sempre incentivare la connessione con il brand e non essere mai noioso, spingersi verso un modo di parlare interessante e curioso senza mai cadere nel clickbait.

Cerca il tuo modo di comunicare caldo ed empatico, sempre incentrato sull’autenticità. Prima di scrivere un copy chiediti cosa ti farebbe venire voglia di rimanere a leggere quel post e cosa ti spingerebbe ad interagirci.

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4. Non dimenticare l’accessibilità

Parla alla tua comunità in maniera chiara ed accessibile per rendere la tua comunicazione più inclusiva. Per farlo bastano poche semplici accortezze:

  • Rendi gli hashtag facili da leggere: usa le maiuscole all’inizio di ogni parola. Esempio: #NinjaMarketing;
  • Evita di scrivere in CAPS LOCK: il maiuscolo su tutto il testo potrebbe far interpretare agli screen reader quelle parole come un acronimo e questo potrebbe interrompere l’esperienza dell’utente;
  • La prima volta che usi un acronimo, scrivilo per intero. Sarà più semplice comprenderlo le volte successive;
  • Scrivi in un linguaggio comprensibile: chiunque deve poter capire quello che scrivi;
  • Evita frasi ripetitive e ridondanti;
  • Le informazioni importanti devono essere sempre all’inizio del copy;
  • Menzioni e hashtag sono preferibili alla fine di un copy.

5. La voce attiva è sempre meglio

Usare la forma attiva delle frasi rende i contenuti più chiari perché riescono ad attirare l’attenzione del pubblico. Sui social è sempre meglio realizzare copy concisi e fruibili.

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6. Prova con post più lunghi

Lo sappiamo bene, i contenuti sui social devono essere brevi e di facile comprensione. Il tempo a disposizione per far leggere un contenuto agli utenti è davvero poco, proprio per questo si favoriscono copy di poche righe.

Ma bisogna anche considerare che, in alcune circostanze e su alcuni social in particolare, il pubblico desidera leggere maggiori informazioni e ama approfondire certi temi.

Su LinkedIn, ad esempio, il tuo brand può utilizzare post più lunghi per garantire una maggiore conoscenza di un tema o per creare contenuti avvincenti, capaci di generare connessioni con l’audience.

7. Incentiva l’azione con CTA mirate

Non confondere gli utenti con troppe call to action da compiere all’interno del tuo post. Poche richieste di azioni ma precise ti garantiranno ottimi risultati.

Cosa deve fare il tuo pubblico? Quale azione gli stai chiedendo di compiere e qual è l’obiettivo che vuoi raggiungere attraverso quel post? A partire da queste domande struttura la tua CTA e fai in modo di convincere il tuo pubblico a farla.

Per esempio, all’interno di un post su Instagram, puoi chiedere all’utente di visitare il tuo sito usando la frase “scopri di più nel link in bio”.

8. Analizza i dati

Il lavoro del copywriter per i social media non finisce al momento della pubblicazione del post.

Infatti, la parte più importante è raccogliere i risultati raggiunti dai contenuti per comprendere quali sono stati quelli più performanti e per adottare la migliore strategia in quelli successivi.

Impara ad analizzare quali argomenti generano più consapevolezza, quali sono le lunghezze dei post che sono andati meglio, quali sono le CTA con maggiori conversioni.

9. I bisogni delle persone sono al centro dei tuoi copy

Non ignorare di cosa ha bisogno il tuo pubblico.

Soltanto con questa conoscenza potrai creare una narrazione in grado di generare consapevolezza su quella necessità e generare un percepito maggiore rispetto al tuo brand.

Accompagna l’utente nella scoperta di cosa gli serve e cosa potrà risolvere l’uso del tuo prodotto o del tuo servizio.

10. Ispira il tuo pubblico

Un buon copy non ha la finalità di vendere un prodotto ma di ispirare le persone.

Come diceva David Ogilvy, uno dei più grandi pubblicitari di sempre fondatore dell’omonima agenzia, «quel che si dice è molto più importante di come lo si dice»,

Le persone hanno bisogno di suggestioni, di emozioni, di visioni e il copywriting per i social media può offrire tutto questo.

Nike x Martine Rose: nasce la prima linea sartoriale gender-free

In occasione della FIFA World Cup femminile 2023 in Australia, in partenza dal 30 luglio, Nike ha stretto una collaborazione con la stilista Martine Rose, per il lancio di una linea che sfida le tradizionali norme di abbigliamento di genere. Una collezione di abiti e accessori semi-formali, che prende ispirazione dalle divise da calcio.

L’originalità della collaborazione consiste nell’avere unito moda e sport, sovrapponendo abiti sartoriali a sportivi, generalmente considerati agli antipodi.

Una linea proposta per le atlete del calcio, per celebrare l’evento sportivo e sottolineare che l’eleganza non ha genere, dentro al campo così come fuori. In particolare, gli outfit proposti puntano a documentare il momento del viaggio e dell’arrivo sul campo, con un taglio da sartoria d’élite.

I pezzi della capsule collection

Martine Rose, solitamente stilista di abbigliamento maschile, per l’occasione ha rivisto i classici codici sartoriali britannici. Pezzi unici, che trasformano i look calcistici in outfit casual, senza alcun riferimento al genere.

Come specificato proprio dalla menswear designer inglese, il suo interesse non è mai stato esclusivamente legato alla moda, ma a come la gente interagisce con i vestiti, al fattore emotivo nascosto dietro a ciò che si indossa.

Nike x Martine Rose collaborazione

La collezione è composta da vari capi, dalla giacca, al pantalone, completo di camicia, trench, e accessori, come occhiali da sole, e una nuova versione delle scarpe Shox Mule MR4.

I pantaloni e la giacca in colore blu navy, riportano il motivo “M” ripetuto con una maglia jacquard. I pantaloni presentano, inoltre, l’etichetta con la dicitura “NIKE x MARTINE ROSE”, posta sulla tasca posteriore.

La maglia ha lo stemma “Martine Rose”, ispirato a quello di Croydon, borgata della zona sud di Londra, dove la stilista è nata.

Il trench, di colore beige, è fornito di maniche che possono essere avvolte intorno al collo, come una sciarpa da calcio. Le scarpe sono una rivisitazione delle già famose Shox MR 4 (a cui la stilista aveva già precedentemente lavorato), ispirate agli scarpini da calcio.

Nike x Martine Rose scarpe

La capsule collection si completa di calze al ginocchio in nylon e spandex, accessori come occhiali da sole Echo Shield. L’intera collezione sarà disponibile sul sito Martin-Rose.com dal 25 luglio, sul sito Nike.com, negli store selezionati Nike e sull’app Snkrs dal 27 luglio.

Perché una collezione gender-free

Sebbene la linea di abbigliamento sia nata per offrire visibilità alle donne, e in particolare, al ruolo femminile nello sport, l’obiettivo primario è quello di aprire un dialogo sul genere.

La collezione «è più di una semplice sartoria. Si tratta delle donne che la indossano, riguarda la forza, la resilienza, la bellezza, il potere. Volevo che le donne si sentissero potenti, come spesso lo sono gli uomini» spiega Martine Rose.

Nike x Martine Rose occhiali da sole

La sartoria genderless è un ibrido tra sport, moda e cultura, che sottolinea il significato di un abito in quanto tale, senza alcun riferimento o collegamento al sesso. «Anche se sto usando le donne per raccontare la storia» continua la stilista «non c’è genere legato alla tuta. Chiunque può indossarla. Spero che un giorno non parleremo di genere nello sport e parleremo solo di sport. Una volta che tutto è stato rimosso, rimane solo il gioco».

Megan Rapinoe, calciatrice statunitense, in riferimento alla campagna ha dichiarato: «Adoro il mash-up che lo sport, la moda e la cultura sono diventati e, come atleta, ho sempre voluto che ciò che indossiamo rappresentasse qualcosa di più».

Le altre collaborazione Nike e Martine Rose

Non è la prima volta che Nike e Martine Rose danno vita ad una collaborazione che si ispira alle sottoculture e alle comunità giovanili. In vista della Coppa del mondo di calcio femminile, però, hanno unito la loro creatività per realizzare una collaborazione alternativa, ancora una volta legata alla soccer-mania, che da tempo ispira la stilista.

Si tratta, infatti, della prima collaborazione prevista per atleti fuori dal campo, con l’obiettivo, come evidenziato da Nike, di colmare il divario di genere nella sartoria artigianale per lo sport.

«È la prima volta che Nike fa sartoria, e questo di per sé è davvero eccitante, e un privilegio averlo fatto” sottolinea Rose «è stata un’enorme curva di apprendimento e una rivelazione per me. È stato un viaggio che ho affrontato con Nike».

La campagna “The lost lionesses”

La prima collaborazione tra l’azienda e la stilista, risale al 2021, quando fu lanciata una maglia che rendeva omaggio alla squadra di calcio femminile “non ufficiale” del 1971.

In contemporanea alla linea di divise calcistiche, la stilista, con la direzione della fotografa Rosie Mark, ha ideato un breve filmato.

Il video raffigura persone comuni che giocano a calcio ovunque, dai corridoi di un condominio, ad un campetto improvvisato per strada, per celebrare il potere di unione dello sport.

Nike the lost lionesses

La campagna “Nike x Shox MR4”

La scorsa estate è stata creata una campagna con l’intento di rendere omaggio agli “eroi non celebrati” del calcio britannico.

I cartelloni pubblicitari riportavano talenti come, ad esempio: Kat Craig, avvocato dei diritti umani a sostegno delle vittime di abusi sessuali nel calcio; oppure, Hope Powell, prima donna nera inglese manager nell’ambito calcistico.

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nuovo logo di twitter è una x

Twitter cambia logo (e nome): via l’uccellino, arriva una X

Il nuovo logo di Twitter è una X.

Destinato a scomparire il famoso uccellino cinguettante per far spazio a una lettera molto cara a Elon Musk, già presente in SpaceX e, da pochissimo, nel nome della sua nuova startup di Intelligenza Artificiale, xAI.

Il nuovo logo di Twitter

Al momento in cui scriviamo, l’uccellino blu simbolo del popolare social network fondato da Jack Dorsey (e acquistato per 15 dollari su iStock nel 2006, nella sua versione originale) è stato appena sostituito sulle pagine di Twitter.

homepage twitter

 

E anche il profilo ufficiale di Twitter è cambiato e si chiama ora “X”.

 

La trasformazione di Twitter era in effetti già in corso: ad Aprile, la società era stata incorporata in X Corp (la “x”, ancora!), cambiando, di fatto, nome.

WeChat è il nuovo modello per Twitter

L’obiettivo del cambiamento della piattaforma, che fin dalla sua creazione aveva adottato l’uccellino come logo, per rappresentare i brevi cinguettii da 140 caratteri, è trasformarsi in una super app, sul modello della cinese WeChat.

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La Super App offrirebbe tutta una serie di nuovi servizi oltre a quelli di messaggistica e l’uso come social network: gaming, acquisti su ecommerce, transazioni finanziare ma anche la possibilità di accedere a servizi pubblici, come la prenotazione di visite mediche e molto altro.

Quando vedrà la luce la Super App X

Anche se il New York Times aveva già reso noti alcuni dettagli del piano di business presentato agli investitori agli inizi di maggio, è al momento molto difficile ipotizzare i tempi di rilascio e la tabella di marcia che porterà Twitter a trasformarsi in una Super App sul modello di WeChat.

Possiamo comunque contare sul fatto che Elon Musk continuerà a comunicare aggiornamenti sul percorso proprio su Twitter (almeno, finché si chiamerà così).

consigli per scrivere contenuti web efficaci

11 consigli per scrivere contenuti web efficaci 

È ora di prenderne consapevolezza: scrivere contenuti per il web efficaci significa ascoltare il proprio target di riferimento, interpretarne le esigenze e fornire risposte concrete.

Ma come scrivere un contenuto che faccia presa sulle buyer persona? Come possiamo attivare un dialogo o una relazione con loro?

A tutte queste domande ha risposto con estrema precisione Darek Balck, fondatore del blog Grit Digest, che su Content Marketing Institute illustra 11 consigli per contenuti web efficaci e colloquiali. 

Contenuti web efficaci: 11 consigli pratici

Il web non possiede le stesse caratteristiche di altri mezzi di comunicazione.

Vien da sé che la scrittura su questo media possiede caratteristiche peculiari che tengono conto delle dinamiche relazionali proprie della rete, delle abitudini degli utenti a consultare i motori di ricerca per ottenere risposte specifiche e del linguaggio tipico del web.

Ormai abbiamo imparato a conoscerlo e ad utilizzarlo, così com’è: privo di filtri e caratterizzato da un tone of voice amichevole ed estremamente chiaro.

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L’altro elemento di notevole importanza è, senza dubbio, la capacità del testo di catturare e mantenere viva l’attenzione dell’utente: a tal proposito la scrittura per il web impone espedienti stilistici e narrative precise.

Elementi, questi, che associati a tecniche SEO consentono a quel contenuto specifico di posizionarsi nelle SERP di Google e degli altri motori di ricerca. Da ciò si evince che i contenuti devono essere, come suggerisce lo stesso Darek Black “più asciutti della sabbia per attirare lettori interessati” e per stabilire un dialogo con loro.

Scopriamo insieme gli 11 consigli per contenuti web efficaci e colloquiali. 

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Contenuti web efficaci: coinvolgi le persone attraverso domande

Esiste un detto “domandare è lecito, rispondere è cortesia”. È vero nel web la domanda che viene rivolta agli utenti è l’unica via per suscitare attenzione e, quindi, indurre risposte.

Le domande, infatti, coinvolgono e costruiscono un terreno fertile di discussione. Sono suscettibili, infatti, non solo di riflessione da parte dell’utente rispetto a una scelta tra due o più opzioni possibili ma possono scatenare, altresì, reazioni, recensioni e commenti.

Le domande fanno comprendere ai lettori che ci stiamo rivolgendo esattamente a loro e con loro vogliamo costruire un dialogo.

David Hoffeld, a tal proposito, parla di elaborazione istintiva: quando viene posta una domanda, infatti, essa prevale sull’attività di pensiero e il cervello, di conseguenza, pensa solo a elaborare una risposta e a nient’altro.

Le domande, secondo Hoffeld guidano l’utente e gli offrono un percorso e una direzione.

Scrivere contenuti chiari e colloquiali per il web

Less is more: brevità vuol dire chiarezza

I contenuti web efficaci devono prediligere frasi brevi. Frasi concise risultano infatti maggiormente chiare e incisive.

La brevità conduce ad una più agevole leggibilità del testo. Per definire formalmente la leggibilità di un testo sono stati elaborati diversi processi matematici.

A dimostrazione di ciò è il fatto che l’indice di lettura più popolare, il Flesch Reading Ease Index (abbreviato anche a FRE Index), risale a prima dell’avvento di Internet. Sviluppato da Rudolf Flesch, ricercatore affezionato al tema della leggibilità già dagli anni ’40 e ’50.

In How To Write Plain English, Rudolf Flesch spiega che: «Più lunga è la frase, più idee la mente deve tenere in sospeso fino alla decisione finale sul significato di tutte le parole insieme… Questo significa più lavoro mentale per il lettore. Quindi più una frase è lunga, più è difficile da leggere».

In breve: i lettori interpretano le frasi lunghe come divagazioni. Elaborano più facilmente le frasi brevi.

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Evita il ricorso eccessivo a banner e pop-up

Quando leggiamo un testo in un ambiente digitale siamo tutti più distratti rispetto a quando leggiamo una rivista, un giornale o un libro.

Il web è ricco di stimoli: mentre leggiamo ci arrivano notifiche da applicazioni di messaggistica, si aprono banner e pop-up di ogni genere e c’è sempre qualche altro contenuto che attrae la nostra attenzione.

Questo comporta un tipo di lettura meno lineare e più a balzi, che può non rispettare l’ordine dei paragrafi e tornare indietro all’improvviso.

Skimming e Scanning sono due modalità tipo: nel primo caso, prima ancora di leggere il contenuto per intero, il lettore cerca di capire se quell’articolo contiene le informazioni che desidera soffermandosi su titoli, grassetti e parole chiave; nel secondo va direttamente a cercare la sola informazione che desidera, evitando il resto del testo.

La semplicità sul podio: chiave per contenuti web efficaci

Le parole semplici sono facilmente interpretabili. Questo è un concetto fuori discussione. Se si è in grado di spiegare un concetto con parole semplici, il lettore attribuirà a chi scrive maggiore competenza e padronanza dell’argomento in questione.  

Nel suo Make Every Word Count, Gary Provost esprime la sua opinione sulle parole complesse.  Queste parole non funzionano perché interrompono il lettore con la domanda: “Cosa significa?”.

Creano un rumore inaspettato nella sua testa e gli ricordano che c’è uno scrittore all’opera proprio come il frantumarsi di un vetro o lo stridere di un allarme gli dicono che c’è un ladro che sta per fare il colpo.

Parole semplici sono utili a migliorare la leggibilità di un testo. Bisogna ricordare che parliamo a molti e dobbiamo farci seguire da tutti. 

I contenuti web semplici ed efficaci

Grammatica, sì ma non troppa

Infrangere le leggi linguistiche può essere divertente oltre che un esercizio di creatività: Darek Black, infatti, abolisce il concetto di polizia grammaticale che, spesso, ingabbia lo scrittore privandolo di ogni scampolo di immaginazione.

Bisogna evitare di essere “troppo perfetti per essere credibili”. Per cui è chiaro che ciò che conta davvero sono i lettori.

Concentrati sul lettore

Sebbene del nostro potenziale lettore non si conosca alcuna generalità è necessario attirare la sua attenzione. Come farlo? Utilizzando la seconda persona nei contenuti.

Secondo Black, infatti, questo metodo consente di sortire un effetto sorprendente: il lettore sarà convinto che il messaggio che si appresta a leggere è costruito su misura per lui.

L’utente si troverà in una sorta di auto – bias cognitivo: presterà maggiore attenzione agli argomenti che lo riguardano rispetto ad altri argomenti relativi ad altre persone. Il dialogo con il ‘tu’ rende più colloquiale la narrazione rivolta al nostro lettore.

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Mettici la faccia: parla in prima persona

Scrivere contenuti web efficaci usando la prima persona plurale non consente di costruire un dialogo col lettore.

Il noi rimarca uno squilibrio nella relazione scrittore-lettore in cui il primo è un’entità astratta. L’uso della prima persona singolare, invece, dimostra un maggiore coinvolgimento e fornisce al lettore un punto di riferimento verso cui convogliare attenzione.

Il Brand parla in prima persona e viene portato a compimento ciò che Robert Cialdini definisce principio di unità

Cialdini ha dichiarato di avere messo a fuoco anche la settima regola della comunicazione persuasiva, che ha chiamato “l’unità”, ossia l’idea che condividendo un’identità assieme a qualcun altro si sia poi più portati ad accettare le sue richieste.

Metterci la faccia consente, dunque, di ottenere reciprocità e, quindi, risultato. 

Contenuti web efficaci per stabilire un dialogo col cliente

Evita espressioni gergali nei contenuti web efficaci

Evitare l’uso del gergo è un ulteriore consiglio di Black per scrivere contenuti web efficaci. L’uso di espressioni tecniche è definita da Black come una maledizione.

L’uso di queste espressioni ha come effetto negativo l’innalzamento di barriere: equivale, in pratica, a dire al lettore ‘non sedere al mio tavolo’. Perché? Poiché non tutti conoscono il nostro gergo e poiché lo stesso lenisce l’interesse dei lettori.

È un discorso analogo a quello fatto sul concetto di leggibilità.

Prendiamo come esempio i casi di argomenti scientifici: se chi scrive utilizzasse tecnicismi il lettore potrebbe smettere di leggere quel testo di colpo poiché non si sentirebbe coinvolto, non avendo a disposizione strumenti di decodifica di quel gergo specialistico.

Come afferma Hillary Shulman, autrice principale di un altro studio: «L’uso di parole difficili e specializzate è un segnale che dice alle persone che non appartengono a questo mondo».

Una semplice via di fuga è offerta da 100 Ways To Improve Your Writing, in cui l’autore Gary Provost offre questo consiglio: «Scrivete come se steste conversando con i vostri lettori. Ascoltate il dialogo che si verificherebbe. I vostri lettori vi fermeranno e vi diranno: “Aspettate un attimo, aspettate un attimo, cos’è un grumdocle?” Se è così, non usate il grumdocle o spiegatelo quando lo usate».

Le parole sono note: componiamo armonie

Ogni parola è una nota musicale; combinate, formano melodie, perfezionate dalla punteggiatura. Pertanto, non scrivete contenuti per i vostri lettori. Componete, invece, musica per le loro orecchie.

In questo modo il tone of voice sarà senza dubbio maggiormente colloquiale. Per far questo è necessario alternare la varietà della lunghezza delle frasi e della loro struttura.

È importante dare movimento al testo, ritmo come se si stesse colloquiando oralmente. I lettori vorranno sentire un suono, un’armonia.

L’armonia richiede enfasi: il ricorso al corsivo

Rileggere il testo è una pratica sempre utile. Spesso tanto utile per comprendere quali siano le parole che necessitano di essere enfatizzate e riconosciute.

Il lettore dovrà sviluppare un buon orecchio come afferma Donald Murray in Scrivere per i lettori, il lettore dovrà aguzzare l’occhio. 

Il segreto è dare voce al testo che si presenta ai lettori. Fingere che esso sia parlato e non scritto: solo in questo modo si potranno calibrare ed esaltare quegli elementi che dovranno invitare l’utente a focalizzare la propria attenzione. 

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Paragrafi brevi

Scrivere paragrafi di testo lunghi potrebbe appiattire il nostro lavoro e apparire agli occhi di chi legge un monologo piuttosto che un invito a leggere con attenzione.  

Arricchire il testo con sottotitoli e citazioni serve a costruire un utile percorso di lettura e a conferire al contenuto un certo dinamismo.

I titoli, d’altronde segnalano a priori ciò che ci apprestiamo a leggere: se sono accattivanti accompagneranno il lettore “per mano” alla lettura di quanto si è scritto. 

Esprimere se stessi e la propria personalità

La personalità è il tratto vincente in ogni cosa. Ed è l’ultimo tra gli 11 consigli per contenuti web efficaci e colloquiali. Imprimere in un testo la propria personalità, il proprio stile significa umanizzare il testo e dare vita alle parole.

Questo è l’ultimo dei consigli di Black per dare voce a un testo e renderlo colloquiale. La personalità che si può profondere in un testo consente di parlare in maniera diretta ed empatica e comunica in modo preciso l’identità e i valori. Questo tratto peculiare permette al contempo di creare relazioni di fiducia con i lettori e di rendere il brand memorabile.

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apple GPT intelligenza artificiale di Apple

Anche Apple punta sull’Intelligenza Artificiale: arriva Apple GPT

Secondo un articolo di Bloomberg, Apple sta creando un proprio chatbot dotato di intelligenza artificiale che alcuni ingegneri chiamano Apple GPT. Secondo quanto riferito, l’azienda non ha ancora piani concreti per rilasciare la tecnologia al pubblico.

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Come funziona Apple GPT

Come riportato da Bloomberg, il chatbot utilizza un proprio modello linguistico di grandi dimensioni (LLM) chiamato “Ajax“, che gira su Google Cloud ed è costruito con Google JAX, un framework creato per accelerare la ricerca sull’apprendimento automatico.

Fonti vicine alla situazione hanno riferito che Apple ha diversi team al lavoro sul progetto, che comprende anche la gestione delle potenziali implicazioni per la privacy.

Mentre altri giganti della tecnologia, tra cui Meta, Microsoft e Google, si sono mossi rapidamente per rilasciare alle aziende e al pubblico prodotti di intelligenza artificiale generativa, Apple si è distinta per la sua assenza.

L’azienda della mela ha invece attirato su di sé l’attenzione nelle ultime settimane con il lancio di Vision PRO, il visore per la realtà aumentata e mista sul quale non abbiamo informazioni certe riguardo l’entità dei preordini.

Questo potrebbe essere uno dei motivi del ritardo e l’annuncio del nuovo prodotto AI based sarebbe utile a dirottare l’attenzione da un risultato non proprio esplosivo.

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La mossa di Apple “in ritardo”

Visto che Apple ha vietato ai suoi dipendenti di utilizzare ChatGPT, (per evitare il rischio di fuga dei dati) Bloomberg riporta che gli ingegneri avrebbero utilizzato internamente il chatbot alimentato da Ajax.

L’azienda ha lavorato decisamente in silenzio allo sviluppo di prodotti sull’AI generativa, anche se ha implementato questa tecnologia nel suo software da parecchio tempo: l’esempio più conosciuto è Siri, il suo assistente vocale (che ha, però, ancora molta strada da fare).

Per massimizzare i suoi sforzi, nel 2018 Apple ha assunto John Giannandrea, in precedenza responsabile dell’IA e della ricerca presso Google, per supervisionare Siri e i suoi team di apprendimento automatico.

Secondo Bloomberg, Giannandrea e il vicepresidente senior dell’ingegneria del software di Apple, Craig Federighi, sono ora alla guida dell’iniziativa AI di Apple.

In una recente intervista a Good Morning America, Tim Cook ha dichiarato che la tecnologia AI è qualcosa che Apple sta “esaminando da vicino”.

Cook ha anche espresso le sue preoccupazioni riguardo ai prodotti di intelligenza artificiale, osservando che ci sono “una serie di problemi che devono essere risolti”. Altre aziende hanno iniziato a collaborare per rilasciare diversi LLM a startup e ricercatori.

Meta ha annunciato che il suo LLM (LLaMA 2) sarà accessibile sulla piattaforma Azure di Microsoft. Microsoft gestisce anche il modello GPT di OpenAI sul suo prodotto di ricerca Bing.

Sebbene i piani di Apple nel settore dell’intelligenza artificiale non siano ancora chiari, alcune fonti hanno riferito a Bloomberg che Apple ha in programma di fare un “annuncio significativo relativo all’intelligenza artificiale” nel corso del prossimo anno.

barbie il film margot robbie

Barbie mania: oltre 4,3 milioni di condivisioni, like e commenti per il film

Il film su Barbie è il tema che crea più hype in questo momento.

I contenuti social che si riferiscono al film hanno accumulato oltre 4,3 milioni di condivisioni, like e commenti questo mese, un massimo storico per Barbie dal 2018.

La prima ondata di recensioni estremamente positive, arrivate all’inizio di questa settimana, ha indubbiamente contribuito alla crescita di questi numeri e l’engagement in questo mese è quasi raddoppiato rispetto ad aprile, quando è uscito il primo teaser trailer.

barbie engagement timeline

Un momento d’oro per Barbie

Le cose non sono sempre state così rosee per Barbie, soprattutto fuori dai social.

Nel 2015, le vendite erano crollate per il terzo anno consecutivo e titoli come questo della CNN mettevano in dubbio la capacità di tenuta di Barbie.

is barbie dead titolo CNN

Tuttavia, siamo felici di annunciare che le cose stanno decisamente migliorando per l’iconica rappresentazione della donna simbolo, che ha subito moltissimi cambiamenti nel tempo.

Dal 2018, l’amore per lei è triplicato, secondo l‘analisi di BuzzSumo delle reaction su Facebook.

Barbie love reaction buzzsumo

L’engagement di Barbie e il tam tam mediatico

Il risultato raggiunto ha certamente a che fare con l’incessante lavoro del team marketing di Barbie, che dalla primavera ha lanciato campagne virali a ripetizione, tra cui, ma non solo, un lancio sui social media pieno di star, una campagna di generazione di selfie UGC, cartelloni pubblicitari rosa OOH e chi può dimenticare le oltre 100 collaborazioni con i marchi, tra cui la Barbie Dreamhouse ufficiale, creata insieme ad AirBnB.

A proposito di AirBnB, il marchio ha fatto guadagnare a Barbie il maggior numero di pubblicità rispetto a qualsiasi altro partner.

La console rosa di Xbox e le scarpe di Aldo con il marchio Barbie sono i prodotti di Barbie di cui si è parlato di più sui social, ma non si avvicinano nemmeno lontanamente ai numeri generati dalla casa AirBnB di Malibu.

barbie brand partners - barbie engagement

Barbenheimer: come Barbie ha spinto il rivale di botteghino

Non si può parlare del Barbie senza menzionare la sua nemesi al botteghino, Oppenheimer.

Il team di marketing di Oppenheimer dovrebbe essere piuttosto soddisfatto della doppia uscita di Blockbuster: ha guadagnato 80.000 contatti in più grazie a un engagement social che non esisterebbe se non fosse per Barbie, pari al 6,7% dell’engagement totale della stampa.

Per contro, si tratta solo dello 0,7% dei tassi di coinvolgimento totale di Barbie.

barbie - hoppenheimer engagement

Il film di Barbie si è infiltrato nelle nostre linee temporali, nelle strade, nelle pubblicità e ora sta anche scuotendo il nostro vocabolario.

BuzzSumo ha analizzato le menzioni delle frasi “Barbenheimer”, “He’s Just Ken” e “Kenergy”, e ha scoperto che il gergo ispirato al film ha fatto guadagnare a Barbie ben 40.000 dollari di engagement aggiuntivo sui social.

Nel complesso, davvero un ottimo lavoro del team marketing.

Quanto abbiamo scritto su Barbie in questi anni

Decine di argomenti, versioni, annunci e cambiamenti. Come icona dello stile, del branding e del marketing, Barbie è stata sempre al centro dei nostri pensieri (e della nostra redazione).

Ecco qui una breve selezione degli contenuti dedicati alla bambola più conosciuta al mondo.

 

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Estetista Cinica diventa una Barbie, ecco cosa ci ha raccontato Cristina Fogazzi

Parte il podcast di Barbie: racconterà storie di donne straordinarie

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Anche Rosa Parks diventa una bambola delle Inspiring Women di Barbie

Addio alla fidanzatina di Ken, ora Barbie insegna (anche) il coding

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Barbie Game Developer, il riscatto di Mattel

emoji 2023 quali sono le più utilizzate

Le emoji più usate nel 2023 (e come sono cambiate negli ultimi 10 anni)

Due tappe significative per Emojipedia, il popolare servizio che raccoglie le simpatiche faccine e simboli che accompagnano ormai quasi tutte le nostre comunicazioni: la decima Giornata mondiale delle emoji e l’anniversario dei 10 anni dalla sua fondazione.

Sono quindi passati 10 anni da quando il fondatore, Jeremy Burge, ha postato il primo tweet annunciando l’arrivo della piattaforma.

Tecnologia, modo di utilizzare internet, abitudini di consumo. Tutto è radicalmente cambiato in questi dieci anni, compreso l’utilizzo che abbiamo fatto, nel tempo, delle simpatiche faccine.

All’esordio della piattaforma, nel 2013, quali erano le emoji più utilizzate?

Le emoji più usate nel 2013

  1. ? Face with Tears of Joy
  2. ? Smiling Face with Heart-Eyes
  3. ? Face Blowing a Kiss
  4. ? OK Hand
  5. ? Loudly Crying Face
  6. ? Unamused Face
  7. ? Smiling Face with Smiling Eyes
  8. ? Weary Face
  9. ? Beaming Face with Smiling Eyes
  10. ? Smirking Face

Una nota interessante è che queste cifre si riferiscono “a 10.000 tweet”. Ciò significa che ogni 10.000 tweet, 62 contenevano almeno un’emoji “? Faccia con lacrime di gioia”, ovvero una ogni 161 tweet (0,62%).

Tuttavia, secondo i dati raccolti durante le prime fasi del 2023, l’emoji ? Faccia con lacrime di gioia appare almeno una volta ogni 45 tweet (2,24%), con un aumento del 261,29%.

Come è aumentato l’uso complessivo delle emoji su Twitter dalla fondazione di Emojipedia?

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Le emoji su Twitter dal 2013-2023

Nel luglio 2013, solo circa 4 tweet su 100 contenevano almeno un’emoji (4,25%) – quindi un tweet su 25 conteneva un’emoji ? Faccia con lacrime di gioia, ? Faccia sorridente con occhi a cuore, ? Faccia che soffia un bacio, o uno qualsiasi degli altri circa 720 caratteri emoji raccomandati da Unicode all’epoca (da Unicode 6.1).

Ma negli ultimi 10 anni la crescita è stata esponenziale: i dati raccolti nel marzo 2023 indicavano che quasi 27 tweet su 100 (26,7%) contenevano almeno uno degli ormai 3.664 caratteri emoji.

Questa incredibile crescita negli ultimi 10 anni è riportata nel grafico sottostante, con il marzo 2023 che rappresenta il più alto tasso di utilizzo di emoji su Twitter: un nuovo record dal 2022.

Infatti, dal luglio 2022 ogni mese ha stabilito un nuovo record assoluto di utilizzo di emoji su Twitter, come mostrato sopra. Inoltre, se si confronta il gennaio 2013 con il marzo 2023, si nota un aumento complessivo dell’uso delle emoji di circa il 724%.

La top 10 delle emoji di Twitter: 2023

Con questa incredibile crescita nell’uso delle emoji negli ultimi 10 anni, quali sono oggi le emoji più popolari al mondo?

Di seguito sono riportati i dati da Twitter nei primi mesi del 2023.

Le emoji più usate nel 2023

Le emoji più usate nel 2023 sono:

? Face with Tears of Joy
? Rolling on the Floor Laughing
❤️ Red Heart
? Folded Hands
? Loudly Crying Face
? Smiling Face with Heart-Eyes
✨ Sparkles
? Fire
? Smiling Face with Smiling Eyes
? Smiling Face with Hearts

Mentre la top 10 del 2023 mostra una maggiore varietà tra le diverse categorie di emoji, con inclusioni di cuori (❤️ Red Heart), gesti (? Folded Hands) e simboli (✨ Sparkles e ? Fire), è chiaro che le emoji sorridenti rimangono la categoria più popolare in tutto il mondo.

Inoltre, nonostante un tempo sia stata superata dalla ? Faccia che piange forte sulla piattaforma, la ? Faccia con lacrime di gioia è ora di nuovo apparentemente dominante, come lo era nel 2013.

Infatti, il ? Volto che piange forte si trova ora in una lontana quinta posizione e il ? Volto supplichevole, un tempo in vetta, non compare più nella top ten (sceso al 15° posto).

Heinz

L’esilarante campagna di Heinz contro il maltrattamento degli hot dog

Heinz lancia un movimento contro il maltrattamento degli hot dog nei contest ed offre ai perdenti una modalità di riscatto.

L’iconica azienda statunitense famosa in tutto il mondo per le sue salse, avvia una collaborazione con il sei volte campione del Nathan’s Hot Dog Eating Contest Takeru Kobayashi, per sostenere il fatto che i concorrenti non possono beneficiare delle gioie dei condimenti durante queste gare.

Heinz lancia un movimento contro il maltrattamento degli hot dog nei contest

Il movimento trae ispirazione dalle reazioni reali e irrazionali che le persone provano quando vedono hot dog mangiati senza condimenti, o peggio ancora, immersi nell’acqua e inghiottiti interi.

Una brand activation che con il suo approccio audace e divertente colpisce durante uno dei più famosi eventi in America, il Nathan’s Hot Dog Eating.

In maniera creativa e non convenzionale, il movimento vuole porre fine definitivamente al maltrattamento degli hot dog:

«Con il 58% delle conversazioni riguardanti la gara di hot dog che esprime disgusto, il movimento si ispira a questa reazione reale quando le persone vedono gli hot dog immersi nell’acqua e divorati velocemente. E come arbitro irrazionale di hot dog e leader nella categoria dei condimenti, siamo sicuri che i nostri fan concordano sul fatto che gli hot dog sono i migliori se gustati con Heinz» ha affermato Jacqueline Chao, Senior Brand Manager di Heinz.

Heinz

L’iniziativa pubblicitaria è stata creata in collaborazione con Wieden + Kennedy New York.

Il marchio ha introdotto la campagna i primi di luglio con uno striscione di protesta, comparso a Coney Island, dal titolo “Hot Dogs Are Not a Contest”. Sono poi apparsi altri contenuti sui canali social di Kobayashi e di Heinz.

 

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«I concorrenti di The Hot Dog Eating Contest continuano a maltrattare gli hot dog anno dopo anno. Di conseguenza – ha continuato Chao – Heinz ha collaborato con Takeru Kobayashi, il padrino delle gare di cibo, per promuovere la nostra posizione su questo movimento e offrire ai secondi classificati una possibilità di riscatto».

Heinz lancia un movimento contro il maltrattamento degli hot dog nei contest

Per vincere il concorso i partecipanti dovranno farsi un video mentre assaporano un hot dog condito con le deliziose salse del brand e poi condividerlo su Instagram taggando @Heinz.

Il primo finalista che consuma il panino “nel modo corretto”, ossia con i condimenti Heinz, avrà l’opportunità di vincere 10 mila dollari, lo stesso premio dell’Hot Dog Eating Contest.

L’iniziativa supporta la nuova piattaforma creativa globale “It Has to be Heinz”, lanciata recentemente per celebrare i 150 anni di storia del marchio.

Nella campagna si raccontano storie d’amore irrazionale per Heinz:

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Programmatic advertising in una strategia multicanale.

Programmatic Advertising: come inserirlo in una strategia multicanale

Se hai già sentito parlare di Programmatic Advertising, sei in buona compagnia: nel campo digital advertising è uno dei settori che sta crescendo di più.

A confermarlo sono anche le recenti rilevazioni del Politecnico di Milano, che mostrano come Digital Out Of Home, Connected TV e Audio siano stati tra i media in maggiore crescita nel 2022.

Se non hai mai sperimentato in prima persona il programmatic nelle tue campagne, sei in altrettanto buona compagnia: fino al 2020, il 15% delle aziende dichiarava di non investire affatto nel programmatic e il 41% dedicava meno del 20% del budget.

Definizione Budget Programmatic

Dal 2020 ad oggi il programmatic è cresciuto in misura importante, nonostante la scarsa adozione da parte degli advertiser, i quali effettuano pochi test, anche sporadicamente.

Vale la pena approfondire il valore del Programmatic Advertising, quali sono i suoi punti forza e perché può essere vincente all’interno di una strategia multicanale.

Stiamo parlando di una tecnologia importante, che segnerà gli anni a venire, pertanto sarà fondamentale iniziare a integrarlo nella propria strategia e nel proprio marketing mix per farsi trovare pronti.

Che cos’è il Programmatic Advertising?

Il programmatic advertising è una modalità di acquisto di spazi pubblicitari altamente automatizzata, che, grazie all’utilizzo di software dedicati, permette di raggiungere gli utenti con le giuste comunicazioni, nel momento e nel luogo più adatti.

Questa modalità di acquisto è guidata da software e algoritmi basati sul machine learning e arricchiti dall’intelligenza artificiale, in grado di adattare il messaggio in tempo reale in base al contesto e all’utente.

DSP e SSP: Le macchine del Programmatic Advertising

Per poter fare programmatic advertising, prima di tutto è necessaria la presenza di due macchinari, la DSP (Demand Side Platform) lato advertiser e la SSP (Supply Side Platform) lato venditore, le quali permettono l’acquisto degli spazi pubblicitari in tempo reale.

Nel processo di acquisto programmatic, il venditore mette in vendita gli spazi pubblicitari disponibili sulle proprie properties (inventory) tramite la SSP, che si collega agli exchange, veri e propri luoghi in cui l’inventory viene venduta e acquistata in tempo reale.

Dall’altro lato della catena, l’inserzionista utilizza la DSP per selezionare il target di suo interesse e definire i parametri di acquisto degli spazi (budget, timing etc.): gli elementi sulla base dei quali la macchina piazzerà l’offerta di acquisto.

Quando avviene il match tra la domanda e l’offerta, l’inserzionista si aggiudica l’impression e l’ad viene servita al suo target di riferimento all’interno del sito del venditore.

La bellezza del programmatic sta proprio nel fatto che l’utilizzo di macchine altamente sofisticate permette di acquistare migliaia di impression al minuto in tempo reale, facendo sì che l’offerta sia sempre la più conveniente per l’inserzionista e che l’inserzione sia la più rilevante per l’utente.

Programmatic Out of Home

Come incorporare il Programmatic Advertising nella tua strategia di marketing multicanale

Con l’espansione continua dell’adv digitale, gli utenti si aspettano esperienze pubblicitarie coerenti su tutti i touchpoint, siano essi online o offline.

Il programmatic rappresenta, in un certo senso, un ponte tra questi due mondi: sebbene vi siano esperienze che nascono digitali (come i social media), per alcuni aspetti il programmatic può essere considerato come la transizione verso l’online di media che nascono offline.

Basti pensare, per esempio, che il programmatic permette di pubblicare banner su testate online, equivalente digitale delle immagini sulle pagine di giornale. Negli ultimi anni, poi, si è andata espandendo la quota di mercato di pubblicità su Smart TV e Digital Out Of Home, rubando terreno alla vecchia TV lineare e alla cartellonistica, ma con prezzi nettamente inferiori.

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Appare allora evidente come il programmatic rappresenti un’ottima opportunità non solo per ridurre i costi, ma anche per ampliare la reach della propria campagna e per raggiungere gli utenti nei momenti di interesse.

Andiamo dunque a vedere alcuni step da valutare per inserire il programmatic all’interno della propria strategia multicanale:

Considera il contesto…

I formati del programmatic possono assumere diverse forme e dimensioni, dal piccolissimo (Native) al grandissimo (Digital Out of Home).

Caratteristica che permette all’annuncio di adattarsi perfettamente al contesto e al punto di contatto nel quale è inserito, per raggiungere gli utenti e ampliare così la reach potenziale della campagna.

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…e il momento:

Grazie alla malleabilità dei formati, il programmatic può essere utilizzato per raggiungere utenti in momenti in cui la soglia di attenzione è già molto alta.

Basti pensare ad un utente che si trova in palestra sul tapis roulant e che sta ascoltando un podcast sul suo telefono: un audio inserito strategicamente all’interno del programma che sta ascoltando permette di raggiungerlo in un momento inaccessibile tramite altri media.

L’effetto dell’annuncio non si limita a raggiungere l’utente, ma aiuta l’inserzionista a rafforzare il messaggio, guidando l’utente sempre più in basso lungo il funnel.

Rispondi ai cambiamenti

Grazie alla sua flessibilità e facilità di attivazione, il programmatic è uno dei media che permette la maggiore responsività rispetto agli eventi esterni.

In alcuni casi, l’attivazione di una campagna può richiedere solo una manciata di secondi.

Modalità che permette agli inserzionisti di attivare il vero e proprio Instant Marketing.

Adatta la creatività in modo dinamico

Quando entra in contatto con un brand, la Generazione Z non si aspetta soltanto un’esperienza coerente ma anche contenuti sempre nuovi e diversi.

Per questo motivo, il programmatic può essere la soluzione giusta per gli inserzionisti che vogliono realizzare campagne molto variegate ma allo stesso tempo personalizzate.

Esse offrono soluzioni dinamiche in grado di adattare la creatività alle persone che la vedranno: la modifica avviene in tempo reale e sulla base del contesto e del target di riferimento.

Assumi un approccio full funnel

In ultimo, poichè offre soluzioni estremamente variegate e si basa su algoritmi all’avanguardia, il programmatic si presta ad essere utilizzato in tutte le fasi del funnel.

Sfruttando formati impattanti e ad alta memorability, il programmatic permette di attrarre l’attenzione dell’utente, rafforzando la brand awareness.

Con la raccolta di liste di utenti e delle loro interazioni con il brand, permette di interfacciarsi con l’utente più e più volte, su touch point variegati, guidandolo sempre più in basso nel funnel fino allo step di conversione.