Sebbene le ricerche siano ancora appannaggio dei grandi motori di ricerca, oggi le persone si rivolgono anche ai social mediaper trovare le risposte alle loro domande.
A dirlo è uno studio di Capterra che ha analizzato i metodi di ricerca di informazioni online nell’era dei social.
La piattaforma per la ricerca e comparazione di software B2B ha intervistato un campione di oltre 1000 persone dai 18 anni in su, per comprendere come vengono effettuate le ricerche online.
La tecnologia continua ad aprire nuove strade di esplorazione all’interno del vasto mondo digitale e non è un caso che i social media stiano guadagnando sempre più terreno. Ma andiamo con ordine e scopriamo nel dettaglio alcuni dati salienti.
Avanza l’approccio ibrido
Il sondaggio ha mostrato che più della metà degli intervistati (il 54%) utilizza i motori di ricerca (Google, Yahoo o Bing) come metodo principale per trovare contenuti online, mentre il 5% si rivolge esclusivamente ai social media e il resto (il 41%) combina entrambi gli approcci con ricerche ibride.
Questi dati confermano che gli utenti oggi, più che mai, sono intenzionati a sfruttare al massimo le nuove tecnologie per saperne di più.
Negli ultimi due anni, quasi un quarto delle persone (il 22%) che cercano contenuti online ha iniziato a preferire i social media ai motori di ricerca. Tuttavia, nonostante questo spostamento di preferenze, i motori di ricerca rimangono dominanti.
La grande maggioranza dei consumatori (l’87%) preferisce il formato testuale quando cerca contenuti online. Seguono i video (7%) e le immagini (5%).
Le persone che utilizzano sia i social media che i motori di ricerca per trovare informazioni ritengono che i risultati dei motori di ricerca siano più affidabili rispetto ad altre fonti, il che indica quanto l’utilizzo dei motori di ricerca sia radicato nelle abitudini degli utenti.
I motori di ricerca fanno parte della quotidianità di ognuno di noi da molti anni; si sono evoluti e adattati nel tempo così da offrire un’esperienza sempre più intuitiva e veloce. I social media hanno aumentato le opzioni di ricerca per i consumatori che vogliono trovare contenuti veritieri e affidabili nel minor tempo possibile.
Qual è il social network più utilizzato per le ricerche online
Il social media più utilizzato per cercare informazioni online è YouTube. È scelto dal 77% delle persone che cercano contenuti sia sui social media che sui motori di ricerca. Seguono Facebook, selezionato dal 74%, Instagram dal 65% e TikTok, utilizzato dal 33%.
Tra coloro che utilizzano almeno una piattaforma social video, il 44% afferma di utilizzarla dalle 2 alle 5 volte al giorno per cercare contenuti online, il 31% dichiara di farlo più di 5 volte al giorno, mentre il 12% dichiara di farlo solo una volta al giorno.
Secondo i risultati dello studio, è emerso che la maggior parte degli utilizzatori di piattaforme social video (il 63% del campione) cerca principalmente contenuti che riguardano le istruzioni su come fare qualcosa (How To).
Al secondo posto ci sono i contenuti di intrattenimento, quelli visti per divertimento, che vengono guardati dal 59% degli utilizzatori. Le recensioni risultano al terzo posto con il 48%, seguite dalle dimostrazioni dei prodotti al 46%. Infine, il 45% degli utenti guarda i contenuti relativi alle notizie.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/ricerche-online.jpg6681145Giuseppe Tempestinihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngGiuseppe Tempestini2023-03-23 10:58:542023-05-12 18:23:06Sempre più persone usano i social come motore di ricerca: lo studio di Capterra
La notizia della rottura delle trattative tra Meta e Siae ha velocemente generato il panico nell’industria musicale, ma anche tra chi i social li usa per farsi conoscere e per lavorare (leggi, creator di contenuti). Via la musica dalle piattaforme della holding e fredde comunicazioni a colpi di comunicato.
Risultato? Reel e storie mute (sì, ma non sempre) e stakholder nel panico.
Via la musica da Meta: cosa è successo
“Purtroppo non siamo riusciti a rinnovare il nostro accordo di licenza con Siae“, si legge nel comunicato diffuso dall’azienda proprietaria di Facebook e Instagram. “La decisione unilaterale di Meta di escludere il repertorio Siae dalla propria library lascia sconcertati gli autori ed editori italiani” è la risposta, in una nota, della Società Italiana Autori ed Editori.
Abbiamo contattato Siae per capire in che punto si sia interrotta la trattativa, quale sia stato l’oggetto della contesa e se siamo o meno vicini a una soluzione.
«Il comunicato stampa di Meta ci ha colto di sorpresa: è stata una doccia fredda perché c’era un tavolo negoziale che andava avanti da diverse settimane; con alti e bassi, certo, ma non ci saremmo mai aspettati di arrivare a questa rottura», ci ha detto Siae.
L’oggetto della contesa: secondo Siae sono i dati
Il pomo della discordia in grado di generare la rottura, a quanto ci ha detto Siae, sembra essere una mancata trasparenza nella comunicazione dei dati da parte della Corporate proprietaria di Facebook e Instagram, sulla quale valutare con cognizione di causa un’offerta economica. «Gli unici dati che siamo riusciti a tirar fuori sono quelli depositati alla SECamericana. Non avendo a disposizione i dati, ad esempio, per singolo contenuto o per Paese e neppure la percentuale di distribuzione della musica nei video delle due piattaforme, come è possibile fare una valutazione?»
Quello che Siae lamenta è stata quindi l’impossibilità di definire un quantum economico sulla base di un modello di revenue sharing.
Con TikTok e YouTube, ad esempio, si è arrivati a un accordo perché i dati che le piattaforme hanno presentato a Siae hanno consentito alla Società Italiana Autori ed Editori di concordare una tariffa “fair”.
Nel corso di una qualunque negoziazione, tanto più se fra due soggetti “forti” come Meta e Siae, è prevedibile che si sviluppi una sorta di “braccio di ferro” tra le parti: «È normale che si scontrino diverse pretese, da una parte e dall’altra», continua Siae, «ma da lì a diffondere un comunicato stampa annunciando un takedown dei contenuti ce ne passa. In più, tornando sui propri passi auspicando che il tavolo possa ritrovare una propria armonia, il comportamento è contraddittorio».
In aggiunta, il frettoloso takedown dei contenuti musicali dell’azienda di Mark Zuckerberg sembra non essere riuscito tecnicamente alla perfezione: «Sono stati buttati giù pezzi di musica italiana ma anche internazionale, è successo un caos. Ad esempio, alcuni colleghi in Spagna ci hanno segnalato che la musica è ancora disponibile; oppure, sono stati estromessi anche alcuni autori stranieri dei quali Siae non ha alcuna quota. È stata un’operazione fatta “con il lanciarazzi” che ha creato un disservizio e la situazione un po’ spaventa».
Insomma, è un po’ tutto complicato: «i brani ci sono, poi non ci sono, appaiono e scompaiono», hanno specificato.
Sembra comunque che il caos generato non faccia per nulla piacere a Siae: «Anche con YouTube le contrattazioni sono state, in un certo senso, “severe”, ma poi si è arrivati a un accordo, come è normale che sia».
Ma chi lavora con i social media, e con il marketing digitale in generale, ha probabilmente in mente una sola domanda: siamo davvero così lontani da una possibile soluzione?«Al momento non ci sono in corso ulteriori trattative; la diffusione del comunicato stampa di Meta ha portato la discussione su un livello diverso. Entrambi, attraverso i comunicati, abbiamo dichiarato l’intenzione di sederci e trovare un accordo».
Perché l’Italia no e gli altri Paesi sì
Uno dei dati che abbiamo ritrovato spesso nelle discussione sulla questione riguarda “l’unicità dell’Italia“, che si sarebbe trovata in questa situazione di stallo rispetto a un numero cospicuo di Paesi che, invece, con Meta avrebbero raggiunto l’accordo.
Alla base dell’accaduto ci sarebbe la scadenza della licenza di Meta per l’utilizzo della musica che, naturalmente, non coincide con quella degli altri 150 Paesi che vengono genericamente indicati come paragone dell’accordo raggiunto.
«Siamo il primo Paese che ha richiesto maggiore chiarezza sulla base della Direttiva Copyright fortemente voluta da tutti, che prevede che l’utilizzatore metta a disposizione una reportistica molto puntuale per fare un corretto matching tra quello che è stato performato e le distribuzioni economiche».
Perché Meta no e le altre piattaforme sì
Il tavolo di negoziazione che non è riuscito a chiudere positivamente l’accordo con Meta è però lo stesso che ha concluso con successo le trattative con molti altri player del mondo dei contenuti digitali, tra cui YouTube, DAZN e Spotify.
«A livello esperienziale, non si può negare che il servizio che offriamo a queste piattaforme crei un valore; chiaramente, ogni trattativa è diversa perché ogni realtà è differente: ad esempio, se togli la musica a Spotify, che è una piattaforma prevalentemente musicale, condizioni fortemente il servizio e l’impatto è sicuramente diverso se si tratta di Facebook, ma questo non significa che il valore della musica non sia importante per l’esperienza sulla piattaforma».
Siae e il futuro della musica a Palo Alto
Dobbiamo abituarci a reel silenziosi e storie senza audio o possiamo sperare in una soluzione rapida della diatriba? Lo abbiamo chiesto a Matteo Fedeli, Direttore Generale di Siae.
«La nostra speranza è che l’atteggiamento “muro a muro” di Meta possa cambiare e che ci sia la possibilità di riaprire il tavolo negoziale. Dopo due mesi di trattative, hanno scelto di alzarsi dal tavolo e andare via “sbattendo la porta”, comunicando la rottura pubblicamente senza informare prima noi e l’industria discografica».
Secondo Siae ci perdono tutti
Anche questo è un tema importante, in vista degli investimenti che diversi stakeholder possono aver fatto sulla musica intermediata da Siae. Creator, artisti, giovani emergenti e musicisti affermati: chi ha subito un danno maggiore dalla mossa inaspettata di Meta?
«Direi che il danno è di sistema: ci perdono tutti. Ci perde Meta, ci perdiamo noi e ci perde l’industria discografica. Il takedown è stato fatto, ma di cosa? La musica è ancora presente su Instagram, è un dato di fatto oggettivo e noi siamo tenuti a negoziare al meglio in nome e per conto dei nostri aventi diritto; l’offerta take or leave che ci ha fatto Meta non era altro che un’imposizione».
Siae continua a ripetere che il suo obiettivo, per il sistema e per il mercato, è mantenere la porta aperta a nuove contrattazioni, ma a una precisa condizione: che la musica cambi.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/Siae-Meta.jpg7731372Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-03-21 15:10:432023-03-22 16:39:42Musica via da Facebook e Instagram: ecco cosa ci ha detto Siae
Come si creano contenuti ottimizzati per la SEO? L’ottimizzazione per i motori di ricerca è molto più della semplice scrittura. Tuttavia, non è possibile fare SEO senza scrivere. È un aspetto cruciale che ci aiuta a comparire nei risultati di ricerca.
Cos’è la scrittura SEO? Come si fa a scrivere per i motori di ricerca e allo stesso tempo per le persone che li utilizzano? Esiste un processo che chiunque può seguire per diventare un migliore scrittore SEO?
La scrittura SEO è il processo di scrittura di contenuti con l’intento di posizionarsi sulle pagine di un motore di ricerca, ad esempio Google.
Per farlo, è necessario concentrarsi su tre aspetti:
Sapere di cosa hanno bisogno le persone quando cercano la vostra parola chiave di destinazione (cioè, conoscere l’intento di ricerca – il search intent).
Creare la migliore risposta possibile a una determinata query.
Presentare la risposta in modo che sia facile da leggere e da capire.
Oltre a questo, è importante anche comprendere le basi degli elementi SEO on-page, come i meta tag, l’alt text delle immagini e i link interni.
Partiamo da qui: perché dovrebbe interessarci il SEO Writing?
La scrittura SEO è importante perché si stima che Google effettui 3,5 miliardi di ricerche al giorno. Ciò significa che i vostri clienti utilizzano sicuramente Google per trovare informazioni.
Inoltre, una volta posizionati sulle prime pagina di Google per le parole chiave che ci interessano, otterremo traffico gratuito, ricorrente e altamente rilevante per il nostro sito web.
Mentre i costi della pubblicità a pagamento aumentano e il coinvolgimento sui social media diventa sempre più difficile da ottenere, il traffico organico continua a dominare come uno dei canali di marketing più importanti in cui un’azienda moderna possa investire.
Come si fa a ottenere l’agognato posizionamento organico alla prima pagina del motore di ricerca?
Sette step per creare contenuti ottimizzati per la ricerca
Come detto in precedenza, per creare contenuti ottimizzati bisogna conoscere la parola chiave per la quale vogliamo essere raggiunti ed è importate sapere a chi vogliamo rivolgerci. Partendo da qui, possiamo individuare alcuni passi per creare contenuti ottimizzati per la ricerca sui motori.
1. Analizza le SERP per le parole chiave che ti interessano
Siamo partiti dicendo che scrivere per la SEO implica la comprensione dell’intento di ricerca. L’intento di ricerca è l’intenzione che un persona ha in mente quando digita una query. per semplificare, se qualcuno cerca “i migliori ristoranti vicino a me”, la sua intenzione è quella di trovare un buon ristorante vicino alla sua posizione attuale.
Sembra semplice, ma può essere sorprendentemente facile sbagliare. E se si sbaglia, non si ha alcuna speranza di posizionarsi correttamente nei risultati di ricerca, indipendentemente dalla qualità dei contenuti.
Facciamo un esempio per una ricerca per la quale è possibile ottenere un risultato ambiguo. Con la query “consigli per parcheggiare il camper“, l’utente starà cercando suggerimenti su come ottimizzare lo spazio nella sua autorimessa o una lista di indicazioni sugli spazi adibiti per lo scopo?
Comprendere il search intent di una query è assolutamente necessario per farsi raggiungere facilmente da chi cerca i nostri servizi.
2. Predisponi una scaletta per creare contenuti ottimizzati
La creazione di una scaletta dei contenuti è un passo fondamentale nella scrittura SEO. Una bozza rende il processo di scrittura più veloce e più facile, garantendo al contempo un elevato livello di controllo della qualità.
Parte del processo di stesura è l’inserimento di dettagli cruciali per la SEO, come le domande più comuni che le persone pongono quando cercano una determinata parola chiave.
Un’altra parte del processo consiste nel determinare il titolo e i sottotitoli, gli obiettivi e l’approccio dell’articolo. Che cosa rende il nostro articolo diverso o migliore di tutti gli altri?
In questo articolo trovi una serie di suggerimenti utili per costruire una struttura valida per l‘ottimizzazione SEO e il posizionamento sui motori di ricerca.
3. Prepara una bozza
Quasi tutti i grandi articoli iniziano con una bozza. Perché?
Perché la bozza ci aiuta a perfezionare le idee prima di completare la fase di ricerca. Inoltre, aiuta a definire il flusso dei contenuti e ci dà la possibilità di cambiare e rivedere facilmente le cose senza avere la sensazione di ricominciare da capo dopo aver ottenuto un prodotto finito.
Nessuna fretta, quindi. Parti dalla brutta copia.
La bozza è il momento perfetto per scrivere a ruota libera senza preoccuparsi troppo di rendere perfette le parole o di formattare tutto. Basta mettere sulla pagina la sostanza del contenuto e rifinire prima della pubblicazione.
Anche se non è sempre possibile, ricevere un feedback sulla bozza è una delle operazioni più utili. Quando scriviamo, spesso abbiamo difficoltà ad accorgerci di errori, dimenticanze e refusi; dato che due occhi vedono sempre meglio di quattro, una revisione esterna può aggiungere valore al risultato.
Possiamo richiedere feedback a nostri collaboratori e/o membri del team (se ne abbiamo); meglio ancora chiedere pareri a un pubblico interessato. Un gruppo di settore su Facebook o una lista di contatti email potrebbero essere perfetti supervisori e offrirci feedback e spunti che non avevamo preso in considerazione. In più, le risposte potrebbero contenere informazioni (preziosissime) che, per determinati motivi, ancora non si trovano su Google, garantendo al nostro contenuto un taglio unico.
5. Crea l’articolo vero e proprio
Siamo partiti dalla struttura, abbiamo creato una bozza, l’abbiamo sottoposta a revisione e rivista.
Ora è il momento di “dare una lucidata” al contenuto per migliorarne notevolmente la qualità. Ci si può affidare ovviamente a un editor esterno, ma non in tutti casi (leggi, economicamente) può risultare la soluzione più conveniente.
La mossa più rapida è, solitamente, fare da sé. Da dove dovremmo partire?
Quando si creano contenuti SEO, l’obiettivo fondamentale da perseguire è fornire la miglior risposta possibile con il minor numero di parole possibile, in un formato facile da leggere.
Per raggiungere lo scopo, iniziamo col porci queste domande:
La risposta che fornisco è la migliore possibile?
La sto spiegando in modo semplice?
Chi ha poco tempo a disposizione, riuscirà a trovare ciò che sta cerando?
Arrivare dritti al punto è quindi una strategia vincente: i contenuti facilmente assimilabili sono suddivisi in titoli e sottotitoli, con un puntuale uso del grassetto e del corsivo per far risaltare i punti chiave.
Attenzione particolare va poi posta anche sulla lunghezza delle frasi, in modo da mantenere l’attenzione alta con brevi definizioni.
Una buona abitudine in questo senso è utilizzare foto, video ed elenchi puntati per evitare un blocco di testo troppo lungo. Inoltre, la presenza di contenuti multimediali può favorire il punteggio SEO complessivo dell’articolo.
Un altro aspetto importante è quello di evitare troppi tecnicismi e termini complessi: è bene essere precisi, ma è fondamentale utilizzare un linguaggio semplice.
6. Imposta gli elementi SEO di base per creare contenuti ottimizzati
Sebbene poter contare su un ottimo contenuto sia un grande passo per posizionarsi su Google, ci vuole qualcosa di più per raggiungere buone posizioni nella SERP (e il proprio pubblico).
Alcuni degli elementi indispensabili della SEO on-page sono:
Title tag
Meta description
URL ottimizzato
Testo alternativo nelle immagini
Gli elementi da ottimizzare sono molti altri. Se vuoi approfondire la questione della SEO on Page, ti consiglio di dare un’occhiata qui.
7. Inserisci e aggiorna i link interni
Dopo la pubblicazione del post, è utile aggiungere sempre dei link interni da altre pagine del sito al nuovo articolo, per aiutare i motori di ricerca e gli utenti a raggiungerlo.
Questo non solo rende il sito più user friendly, ma aiuta anche Google a scansionarlo e a stabilire l’argomento della nuova pagina (tramite l’anchor text) per indicizzarla correttamente.
Un modo semplice per identificare rapidamente le opportunità di link interni è l’operatore di ricerca di Google, site:. Si utilizza digitando in Google “site:yoursitehere.com [parola chiave correlata]“.
In questo modo riuscirete a identificare gli articoli pertinenti e a creare i necessari collegamenti tra i contenuti.
Conclusioni sulla creazione di contenuti ottimizzati per la ricerca
La scrittura SEO si può quindi semplicemente ricondurre alla creazione della migliore risposta possibile a una determinata domanda, presentata in modo da essere facilmente comprensibile e scorrevole.
Se riesci a ottenere questo risultato implementando le best practice SEO on-page di base, avrai padroneggiato l’aspetto contenutistico della SEO.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/creare-contenuti-ottimizzati-per-la-ricerca.jpg643992Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-03-16 16:26:162023-03-16 16:26:16Scrittura SEO: 7 passi per creare contenuti ottimizzati per la ricerca
La consapevolezza dei cambiamenti climatici è ormai preponderante nelle scelte d’acquisto dei consumatori di tutto il mondo. Il 62% di essi, infatti, non è disposto a scendere a compromessi in termini di sostenibilità, neppure durante questo periodo di incertezza economica. Ad affermarlo è Shopify, che a questo proposito ha condotto un sondaggio online insieme a Sapio Research.
Dalla ricerca è nato il report “Conscious Commerce”, che rivela come i consumatori e le aziende stiano continuando a impegnarsi in pratiche sostenibili, incentivando soluzioni come le spedizioni a zero emissioni di carbonio e ponendo attenzione a pratiche favorevoli per il clima, nonostante la crisi dettata da un aumento del costo della vita e la riduzione del budget di spesa.
L’82% dei merchant intervistati a livello globale ha inoltre dichiarato come, a loro avviso, ci sia una forte correlazione tra la sostenibilità e il miglioramento delle stesse prestazioni aziendali, ovvero di come le pratiche sostenibili siano ormai imprescindibili dal successo aziendale.
Stacy Kauk, Head of Sustainability di Shopify, dichiara: “Questo report dimostra che la consapevolezza circa la situazione climatica sta guidando le decisioni di acquisto dei consumatori, anche in circostanze economiche difficili. È quindi nell’interesse di tutti implementare pratiche sostenibili, come l’adozione di un approccio “a basso o nullo spreco” per la produzione e l’offerta di spedizioni a zero emissioni. Ci auguriamo che un sempre maggior numero di aziende si unisca a noi nello sviluppo di tecnologie innovative per la rimozione del carbonio, che fa parte del nostro obiettivo di invertire la rotta nel cambiamento climatico”.
I consumatori non cedono sulla sostenibilità nonostante il carovita
A livello globale, molti consumatori mettono le pratiche green al primo posto e il 54% fa già acquisti sostenibili, scegliendo per esempio retailer che offrono spedizioni a zero emissioni.
Il report evidenzia come in tutto il mondo i consumatori stiano cambiando attivamente le proprie abitudini d’acquisto, facendo scelte che abbiano un impatto positivo sul pianeta come eliminare gli acquisti superflui (35%), scegliere prodotti con imballaggi riciclabili o ecocompatibili (24%) e fare acquisti a livello locale (24%).
Si tratta di una tendenza in costante aumento, anche se il 38% dei consumatori si è dichiarato cauto nello spendere (il 45% in Italia) a causa dell’aumento del costo della vita.
L’Europa è inoltre al primo posto nel mondo in materia di acquisti consapevoli: guardando all’Italia, è emerso come il 64% dei consumatori italiani faccia acquisti in modo sostenibile e ha in programma di continuare a farlo, mentre il 37% degli intervistati è disposto a spendere persino di più per comprare da un marchio sostenibile – soprattutto Millennials (46%) e Gen Z (38%).
E sono infatti proprio le generazioni più giovani a guidare la rivoluzione dello shopping consapevole, spinte dall’urgenza nei confronti del cambiamento climatico: il 59% della Gen Z e il 61% dei Millennial a livello globale fa già acquisti sostenibili, mentre il 31% di entrambe le fasce d’età vuole essere ancora più sostenibile quest’anno.
Il costo è il principale ostacolo alla sostenibilità per le imprese
Alcune aziende rivelano che il costo è il principale ostacolo verso una maggiore sostenibilità, con particolare riferimento alle aziende più grandi, che possono avere vincoli più complessi nella catena di approvvigionamento. E infatti, se il 40% delle aziende con 1-50 dipendenti lo indica come un vero e proprio ostacolo, la percentuale cresce al 48% per le aziende più grandi (501-1.000 dipendenti).
Anche se i costi possono rappresentare un ostacolo, soprattutto in questo periodo, i retailer più grandi sono tuttavia i più propensi (46%) a considerare l’attuale panorama economico come un’opportunità per accelerare i propri programmi rivolti alla sostenibilità.
In futuro, infatti, chi sarà più attento al clima non solo riceverà un maggiore interesse da parte dei consumatori, ma rappresenterà anche un vantaggio economico per le aziende stesse.
Chat bubble made of recycled paper on green background. Reuse, reduce and recycle writes on the chat bubble. Horizontal composition with copy space.
Le aziende stanno trovando nuovi modi per creare pratiche sostenibili per i loro clienti
Le iniziative sostenibili sono accolte con favore dai consumatori, soprattutto perché quasi la metà (45%) a livello globale dichiara di essere disposta a pagare un sovrapprezzo se questo porta alla riduzione della propria impronta di carbonio.
Due pratiche sostenibili molto diffuse tra le aziende sono, ad esempio, il riciclaggio in negozio, offerto dal 37% delle aziende italiane, e i programmi di sostenibilità in cui una percentuale delle vendite viene devoluta a organizzazioni no-profit (attuati dal 32% delle PMI italiane).
Ma i retailer possono anche utilizzare strumenti come l’app Planet di Spotify, che può essere utilizzata per azzerare le emissioni delle spedizioni. L’applicazione calcola le emissioni stimate per ogni ordine e consente ai merchant di abbatterle finanziando le società sostenute da Shopify che si occupano di rimuovere le emissioni di carbonio.
Planet ha già neutralizzato le emissioni di spedizione di oltre 7 milioni di ordini con una rimozione di carbonio ad alta qualità, per un totale di oltre 6.000 tonnellate di carbonio.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/sostenibilita.jpg630995Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-03-16 11:53:142023-03-17 10:45:18Il futuro degli acquisti è sempre più sostenibile: i dati del report Conscious Commerce
OpenAI lancia GPT-4, il nuovo potente modello di intelligenza artificiale per la comprensione di immagini e testi che l’azienda definisce “l’ultima pietra miliare nel suo sforzo di scalare il deep learning“.
GPT-4 è disponibile da oggi per gli utenti paganti di OpenAI tramite ChatGPT Plus (con un limite di utilizzo), mentre gli sviluppatori possono iscriversi a una lista d’attesa per accedere alle API.
Il prezzo è di 0,03 dollari per 1.000 token “prompt” (circa 750 parole) e 0,06 dollari per 1.000 token “completion” (sempre circa 750 parole). I token rappresentano il testo grezzo; ad esempio, la parola “fantastico” sarebbe suddivisa nei token “fan”, “tas” e “tic”.
A quanto pare, GPT-4 si è nascosto in bella vista: Microsoft ha confermato che Bing Chat, la sua tecnologia per chatbot sviluppata in collaborazione con OpenAI, funziona già con GPT-4.
Tra gli altri primi utilizzatori c’è Stripe, che usa GPT-4 per scansionare i siti web delle aziende e fornire un riepilogo al personale dell’assistenza clienti. Duolingo ha integrato il GPT-4 in un nuovo livello di abbonamento per l’apprendimento delle lingue. Morgan Stanley sta creando un sistema alimentato dal GPT-4 che recupera informazioni dai documenti aziendali e le fornisce agli analisti finanziari.
Cosa fa GPT-4
GPT-4 è in grado di generare testo e di accettare input di immagini e testo (un miglioramento rispetto a GPT-3.5 che accettava solo testo) e ottiene prestazioni di “livello umano” in vari benchmark professionali e accademici.
Ad esempio, GPT-4 ha superato un esame di abilitazione alla professione forense simulato con un punteggio medio del 10% dei partecipanti al test.
OpenAI ha impiegato sei mesi per “allineare iterativamente” il GPT-4 utilizzando le lezioni di un programma interno di test, ottenendo i “migliori risultati di sempre”. Come i precedenti modelli GPT, GPT-4 è stato addestrato utilizzando dati disponibili pubblicamente, compresi quelli provenienti da pagine web pubbliche, nonché dati concessi in licenza da OpenAI.
OpenAI ha anche collaborato con Microsoft per sviluppare un “supercomputer” da zero nel cloud Azure, che è stato utilizzato per addestrare il GPT-4.
Le differenze con GPT-3
“In una conversazione informale, la distinzione tra GPT-3.5 e GPT-4 può essere sottile“, ha scritto OpenAI in un post sul blog.
“Le differenze emergono quando la complessità è maggiore e raggiunge una soglia sufficiente: GPT-4 è più affidabile, creativo e in grado di gestire istruzioni molto più complesse di GPT-3.5“.
Senza dubbio, uno degli aspetti più interessanti di GPT-4 è la sua capacità di comprendere le immagini e il testo. GPT-4 è in grado di interpretare immagini relativamente complesse, ad esempio di identificare un adattatore per cavo Lightning da una foto di un iPhone collegato.
La capacità di comprensione delle immagini non è ancora disponibile per tutti i clienti OpenAI, che la sta testando con un solo partner, Be My Eyes, per iniziare. La nuova funzione di è in grado di rispondere a domande sulle immagini che le vengono inviate. L’azienda spiega come funziona in un post sul blog:
“Se un utente invia una foto dell’interno del proprio frigorifero, non solo sarà in grado di identificare correttamente cosa c’è dentro, ma anche di estrapolare e analizzare cosa si può preparare con quegli ingredienti“. Lo strumento può quindi anche offrire una serie di ricette per quegli ingredienti e restituire una guida passo-passo su come prepararli“.
Con GPT-4, OpenAI sta introducendo una nuova funzionalità API, i messaggi “di sistema”, che consentono agli sviluppatori di prescrivere lo stile e i compiti descrivendo indicazioni specifiche. I messaggi di sistema, che in futuro arriveranno anche in ChatGPT, sono essenzialmente istruzioni che stabiliscono il tono e i limiti delle successive interazioni dell’intelligenza artificiale.
Ad esempio, un messaggio di sistema potrebbe recitare: “Sei un tutor che risponde sempre in stile socratico. Non dai mai la risposta allo studente, ma cerchi sempre di porre la domanda giusta per aiutarlo a imparare a pensare con la propria testa. Devi sempre adattare la domanda all’interesse e alle conoscenze dello studente, suddividendo il problema in parti più semplici fino a raggiungere il livello giusto per lui“.
Ma non è perfetto
Anche con l’introduzione dei messaggi di sistema e degli altri aggiornamenti OpenAI riconosce che GPT-4 è ben lungi dall’essere perfetto.
Continua ad avere “allucinazioni” sui fatti e a commettere errori di ragionamento, a volte con grande sicurezza.
“GPT-4 generalmente non conosce gli eventi che si sono verificati dopo l’interruzione della maggior parte dei suoi dati (settembre 2021) e non impara dalla sua esperienza“, ha scritto OpenAI.
“A volte può commettere semplici errori di ragionamento che non sembrano compatibili con la competenza in così tanti domini, o essere eccessivamente ingenuo nell’accettare dichiarazioni palesemente false da parte di un utente. E a volte può fallire in problemi difficili proprio come fanno gli esseri umani, ad esempio introducendo vulnerabilità di sicurezza nel codice che produce“.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/gpt-4.jpg6091354Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-03-15 10:25:332023-03-16 11:54:01OpenAI lancia GPT-4: la nuova generazione di Intelligenza Artificiale
Più di 850 milioni di utenti, più di 59 milioni di pagine aziendali, eleggono LinkedIn una delle piattaforme professionali con più utenti sparsi per il mondo.
LinkedIn è da sempre conosciuto come il social media dedicato alla professionalità e alla ricerca del lavoro dei sogni, ma non dobbiamo dimenticarci, come ogni social media che si rispetti, che è in grado di dettare trend e creare conversazioni con un engagement organico online del 40% degli utenti iscritti.
Ecco alcuni profili, aziendali e personali, che per questo 2023 potrebbero essere d’ispirazione secondo noi.
I Brand più seguiti su LinkedIn e cosa ci insegnano
La classifica di questi 10 grandi big, tra i più seguiti di LinkedIn, ci insegna che avere un tratto distinguibile tra 59 milioni di pagine aziendali è uno dei segreti per farsi riconoscere.
Primo e decimo posto: Amazon e The Economist. Perché insieme?
Amazon con una platea di più di 28 milioni di followers è il brand in assoluto più followato su LinkedIn.
Il suo tratto distintivo sono: i suoi dipendenti.
L’azienda, infatti, produce contenuti in cui i suoi dipendenti e collaboratori sono in prima linea per il successo e i contenuti aziendali, con format che vanno da video interviste a riprese di eventi aziendali. Il successo è dettato dallo stimolo continuo dei collaboratori che a vario titolo interagiscono con i loro profili personali con la pagina aziendale.
The Economist, con “soli” 13 milioni di followers, cosa condivide con il primo in classifica?
Le facce dei dipendenti, naturalmente. Anche per la testata di informazione coinvolgere in prima linea i propri collaboratori nella creazione di contenuti è uno dei tratti vincenti, oltre a quello di riprendere in ogni post, anche se vengono utilizzate grafiche diverse, i propri colori del logo così da risaltare agli occhi dell’utente nello scorrimento del feed.
Punta sul colore anche Unilever, quinta con più di 18 milioni di followers, in cui il blu del suo logo è dominante in ogni post che si tratti di informazione o di employees. Sì, parliamo di persone in prima linea anche qui.
C’è poi tutto un mondo di contenuti formativi e informativi che rendono i big interessanti da seguire perché danno ai loro followers informazioni utili da cui imparare.
Partiamo dal nostro argento con Google, quasi 27 milioni di followers, che trasforma il suo feed nei risultati di ricerca del suo motore, riportando una carrellata di domande e risposte, tra quelle più richieste dagli utenti.
Lo segue a ruota IBM con 14 milioni e mezzo di followers che cerca, tramite i contenuti pubblicati, di scatenare una vera e propria conversazione da parte degli utenti che interagiscono con l’azienda utilizzando, anche, degli hashtag creati ad hoc per ogni trend del feed.
C’è poi Microsoft, 18 milioni e mezzo di utenti, che non solo crea contenuti attrattivi, ma anche ottimizzati per le ricerche. Mostrando ai suoi followers che il suo mondo è la tecnologia, anche su LinkedIn.
Terzo topic: il contenuto autoreferenziale, ossia creare dei post che rimandino a contenuti poi del sito o di altre iniziative del brand. TED Conferences, Forbes e Harvard Business Review.
TED Conferences, 23 milioni di utenti, utilizza piccoli video ed estratti delle sue conferenze per tenere aggiornati i suoi utenti sulle ultime news, dandogli la possibilità, anche in caso di mancata partecipazione all’evento, di avere spunti e materiali.
Arriviamo a Forbes, quasi 18 milioni di followers, i suoi post pubblicati sono per la maggior parte ricondivisioni di notizie dal sito, suddivisi per approfondimenti. Seppur il contenuto potrebbe essere lo stesso, è chiaramente scritto in ottica LinkedIn e quindi ottimizzato per le ricerche e la lettura da mobile.
Harvard Business Review, 13,7 milioni di followers, ospita, mensilmente, eventi live sulla propria pagina LinkedIn a tema lavoro e professionalità, dando agli utenti la possibilità di interagire live con i professionisti coinvolti.
Per ultimo chi usa LinkedIn per approfondire tematiche a cui tiene, come la sostenibilità, Nestlé. Nestlé ha 14 milioni di followers e ha deciso di dedicare il proprio feed a ricordare i propri sforzi e traguardi per rendersi un’azienda sostenibile entro il 2050 senza mai dimenticarsi di tenere vive le conversazioni con i propri follower ai quali risponde e con i quali interagisce.
Ogni brand citato ha una strategia che lo distingue dagli altri e che lo posiziona tra i 10 più seguiti, ma possiamo imparare da loro quelle che sono le caratteristiche principali che li rendono tra i più seguiti.
Innanzitutto il coinvolgimento dei propri dipendenti. È innegabile che rendere i propri dipendenti e collaboratori partecipi della strategia social di un’azienda la rende più umana e permette ai follower di immedesimarsi con chi lavora per il brand. Vedere dipendenti felici trasforma l’azienda nel luogo di lavoro dei sogni e rende l’utente maggiormente disposto ad interagire e a sentirsi parte della filosofia aziendale.
Se tenere le persone al centro fa il successo sui social, lo fa anche dal lato followers. Un brand di successo continuerà ad avere un’attenzione specifica per il proprio pubblico, interagendo, dando informazioni aggiuntive a quelle che si individuano su altri canali e cercando di creare contenuti coinvolgenti, in cui foto e video la fanno da padrona.
Contenuti non solo propri, ma anche di ricondivisione di altre pagine simili o che hanno gli stessi interessi o punti di vista.
Dulcis in fundo: anche l’occhio vuole la sua parte. Scegliere un colore e uno stile riconoscibile tra milioni di altri stili e colori, che riprenda il logo aziendale e che sia il filo di collegamento tra tutto il materiale prodotto.
Attraverso, quindi, tutte queste tecniche un brand potrà posizionarsi tra i top of mind e far si che l’utente non voglia perdersi nessun aggiornamento della sua pagina.
LinkedIn Influencer, chi tenere d’occhio nel 2023
Passiamo invece, ora, alle star di LinkedIn intese come i marketing influencer di in questo 2023 che non possiamo lasciarci scappare.
Nemanja Zivkovic, CEO & Founder of Funky Marketing Il paladino del marketing evolutivo, secondo il quale il marketing deve essere una cosa in costante evoluzione, dinamica, sempre pronta a cambiare in funzione del punto di vista da cui la si guarda
Sydni Craig Hart, Inclusive Marketing Strategist & Coach to Minority/Women-owned Businesses Promotrice del marketing inclusivo, secondo il quale il marketing dovrebbe essere utile per far interagire e mettere in relazione i produttori anche con i business più piccoli e le piccole aziende, con particolare attenzione ai business a gestione femminile.
Marisa Lather, Director of Marketing and Communications of Bridge Partners Per lei marketing ed experience vanno a braccetto. Se un brand vuole avere successo dovrà usare la propria strategia di marketing per dare al proprio pubblico un’esperienza indimenticabile
Lola Bakare, CMO Advisor, Anthem Award-winning Inclusive Marketing Strategist and Founder of be/co Top Voice in Marketing & Advertising 2022, Lola, è un punto di riferimento per il marketing misurabile, ossia la spiegazione e l’applicazione di tutte le metriche di marketing che lo rendono effettivamente misurabile in materia di investimento e ritorno economico
Michael Barber, Freelance Brand Consultant and Marketing Strategist Michael ha sperimentato il marketing teorico, in università, e pratico, in grandi aziende ed è in grado di creare team efficaci che studino una strategia di customer-experience specifica per il target richiesto
Michelle Ngome, Founder of the African American Marketing Association Esperta di personal branding e di marketing inclusivo, produce contenuti coerenti sul considerare il marketing come una leva per fare squadra
Jacquie Chakirelis, Director of Digital Media at Cleveland Magazine and Quest Digital La conoscenza al servizio del posizionamento di valore, grazie alla sua esperienza eclettica nel mondo del marketing è in grado di consigliare come adattare il marketing aziendale alla situazione corrente
Mayur Gupta, CMO at Kraken Digital Asset Exchange Ex ingegnere ha un approccio al marketing analitico, che va a guardare numeri e statistiche oltre che il successo ottenuto dalla strategia
Stacey Danheiser, Founder and CMO of SHAKE Marketing B2B marketing former e performer, Stacey punta all’informazione su una strategia marketing di coesione tra comparto marketing e comparto vendite e un successo che può essere misurato solo con il coinvolgimento del target
Diego Oquendo, Founder of Vulkan Marketing L’innovatore, eletto come il marketer più giovane della scena, è in grado di dare una visione sempre nuova e al passo coi tempi del marketing 2.0.
Come performare al meglio su LinkedIn e perché non puoi non esserci
Lo abbiamo detto in apertura, LinkedIn è uno dei social network in cui l’engagement organico è in continua crescita, gli utenti hanno interazioni continue con le pagine che seguono, con il 40% di loro che interagisce settimanalmente in conversazioni o post.
Nei primi mesi dell’anno si sono registrati incrementi del 22% in pubblicazioni di aggiornamenti e post sulle proprie pagine, altri incrementi del 25% nelle interazioni nelle conversazioni e sempre più aziende che si affidano allo strumento “newsletter” fornito dalla piattaforma. LinkedIn, infatti, funziona sia per target B2B che B2C, in modo differente, ma sicuramente efficace.
Ora diamo qualche numero. Statistiche generali: più di 850 milioni di utenti sparsi in 200 Paesi, 9 milioni di pagine aziendali di cui solo 2,7 milioni postano settimanalmente.
Essendo LinkedIn il social network professionale per eccellenza, ci sono circa 39 mila skills registrate e il 40% delle aziende lo usa costantemente per selezionare candidati.
I contenuti a pagamento sono prodotti dall’80% degli utenti attivi.
Engagement: il 40% degli utenti interagisce con le pagine in maniera costante e intercetta +22% di aggiornamenti nel feed, percentuale che si incrementa se parliamo di contenuti video e foto, ecco perché nel 2022 gli eventi live hanno subito un +150% e le dirette live un +175%.
Strumenti a pagamento: l’incasso per LinkedIn nel 2022 è stato di 5 milioni di dollari, con un miglioramento a favore dei brand paganti nel tasso di engagement che si è quadruplicato e duplicato il tasso di apertura delle newsletter.
Quindi, come performare al meglio? Alcuni consigli:
Pubblica almeno 5 volte a settimana, martedì-giovedì-sabato sono i giorni migliori
Usa un mix di contenuti, tuoi e di terzi, cercando di pubblicare, condividere, interagire e reazionare i post
I contenuti più efficaci sono quelli che coinvolgono i dipendenti, comprese le storie personali, valori aziendali, pensieri motivazionali
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/brand-e-profili-da-seguire-su-linkedin.jpg6631012Emikohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEmiko2023-03-14 10:57:152023-03-14 15:25:5310 brand e 10 profili da seguire nel 2023 su Linkedin (secondo LinkedIn)
Ci siamo: è l’anno dell’abbandono ai cookie di terze parti e la febbre della profilazione torna a salire. Grazie al report di Salesforce scopriamo che la soluzione c’è e passa attraverso la conquista della fiducia dei potenziali clienti.
L’importanza di farsi trovare è confermata dai dati dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, che registra un aumento dei pagamenti digitali (avevamo già affrontato l’argomento qui con Banca Sella), mentre l’advertising trova nuova linfa vitale nello streaming video e audio (trovi qui l’analisi di Spotify).
Chiudiamo il cerchio aperto con la maggiore attenzione alla privacy con l’alert dell’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica: gli attacchi informatici in Italia aumentano spaventosamente ogni anno.
“Sicurezza” continuerà a essere una delle hot keyword del 2023.
Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.
► FORMAZIONE ◄
Partecipa alla prima SEO Factory di Ninja Academy, il Percorso Learning by Doing per perfezionarti come SEO Specialist con un project work reale per un top brand.
__________
I pagamenti digitali sfiorano i 400 miliardi
Lo dicono i risultati della nuova edizione dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano che per il 2022 registra una crescita del 18%.
Si avvicina il Cookieless. Cosa possono fare i marketer
Attraverso i dati dello State of Marketing di Salesforce scopriamo sfide e opportunità della scomparsa dei cookie di terze parti.
Secondo il report, le possibili soluzioni adottabili dai marketer possono essere riassunte in quattro punti principali:
Chi si occupa di contenuti online sa perfettamente che l’ottimizzazione per i motori di ricerca è fondamentale per aumentare il traffico verso il sito web. A questo scopo, questa shortlist di SEO tool può fornirti un valido aiuto anche se sei alle prime armi.
Secondo l’ultimo rapporto Clusit (l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica), nel 2022 sono stati 188 gli attacchi informatici verso il nostro paese, con un incremento del 169% sull’anno. A livello mondiale la crescita è stata del 21%.
Le notizie della settimana: il potenziale divieto di TikTok negli Stati Uniti
Lo streaming video supportato da pubblicità continua a crescere
Lo rileval’ultimo report di TiVo, secondo il quale, però, comincia a calare la tollerenza del pubblico nei confronti dei break pubblicitari.
Il numero medio di fonti video utilizzate dagli utenti raggiunge quasi 12 e sono i servizi gratuiti a crescere al ritmo più alto.
Notizie sull’intelligenza artificiale: DuckDuckGo si cimenta con la ricerca AI
Il motore di ricerca incentrato sulla privacy, ha seguito Microsoft e Google immergendosi nella tendenza dell’intelligenza artificiale generativa. Annunciato il lancio in versione beta di una funzione di riassunto alimentata dall’AI, denominata DuckAssist. Sarà in grado di rispondere direttamente alle query di ricerca semplici degli utenti.
Le pubblicità più belle di febbraio 2023
Instancabili e sempre pieni di idee, i brand non smettono di creare lavori dalle sfumature più complesse e affascinanti.
Se vuoi ricevere tutte le notizie ogni giorno, senza pubblicità, con il formato audio attivabile su Alexa e l’accesso a tutti gli articoli e i webinar PRO iscriviti a Ninja PRO Information.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/griglia-immagine-di-copertina-1.jpg5021006Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-03-13 10:30:462023-03-14 09:48:12Pagamenti digitali, tool SEO e cybersecurity: le notizie ninja della settimana
Nel 2023 Google Chrome bloccherà i cookie di terze parti così come già hanno fatto Safari e Firefox.
Mentre lo scopo dichiarato di questa scelta è quello di aumentare la privacy di Chrome, molti marketer temono un rafforzamento del potere di mercato di Google, poiché Chrome sarà un indispensabile intermediario per chi farà pubblicità e avrà bisogno di dati.
Google, infatti, continuerà a possedere e gestire un gran numero di informazioni sugli utenti, mentre ad essere ostacolati nella raccolta delle informazioni potrebbero essere gli editori.
Cosa comporterà quindi l’eliminazione dei cookie di terze parti per chi si occupa di advertising?
Abbiamo analizzato la situazione attraverso l’ottava edizione del report State of Marketing di Salesforce, ma è bene iniziare chiarendo cosa si intende con cookie di terze parti.
Cosa sono i cookie di terze parti, di parte zero o di prima parte
I cookie di terze parti sono cookie che vengono memorizzati sotto un dominio diverso da quello che si sta attualmente visitando. Sostanzialmente questi cookie vengono impiegati per:
Tracciare gli utenti tra i siti web.
Visualizzare annunci più pertinenti tra i siti web.
La graduale eliminazione dei cookie di terze parti comporterà inevitabilmente grandi sconvolgimenti nell’industria pubblicitaria online che, fino a questo momento, era in grado di tracciare le abitudini delle persone e proporre offerte commerciali pertinenti.
Gli esperti di marketing e le organizzazioni si trovano dunque oggi nella condizione di dover ovviare a tale mancanza trovando soluzioni alternative come i cookie di parte zero o di prima parte. Vediamo quindi nello specifico cosa sono i cookie di parte zero o di prima parte.
I cookie di prima parte sono sostanzialmente quelli creati dal web server del sito visitato dall’utente, che avranno lo stesso dominio e indirizzo web e che quindi non forniscono all’esterno informazioni tali da essere utilizzate per erogare pubblicità personalizzata all’interno di altri siti.
I cookie di parte zero corrispondono ai dati che vengono direttamente e volontariamente lasciati dall’utente, per esempio attraverso sondaggi o la compilazione di form.
Le possibili deroghe e soluzioni per l’utilizzo di cookie di parte zero o di prima parte
Partendo dal presupposto che l’elemento primario in merito alla protezione dei dati è il consenso dell’utente, sempre maggiore importanza affinché sia possibile continuare a tracciare e memorizzare qualsiasi dato personale, sarà acquisita dal consenso esplicito.
Una volta compreso questo aspetto fondamentale, le possibili soluzioni adottabili dai marketer possono essere riassunte in quattro punti principali:
Esplicito consenso: a differenza dei cookie di terze parti per cui è necessario il consenso degli utenti all’utilizzo, i cookie di prima parte potrebbero essere esentati da questa regola.
Privacy by default: mentre per alcune leggi sulla privacy, al fine di proteggere la privacy è richiesto che le impostazioni di privacy siano impostate per impostazione predefinita – e quindi i cookie di terze parti sono disattivati per impostazione predefinita – i cookie di prima parte sono invece abilitati.
Soluzioni tecniche: alcune soluzioni tecniche come cookie anonimizzati potrebbero essere la soluzione per consentire l’utilizzo di cookie di prima parte senza violare le normative sulla privacy.
Banner informativi: i cookie di prima parte potrebbero essere abilitati per impostazione predefinita nei siti in cui sono usati banner informativi che consentono agli utenti di scegliere se abilitare o disabilitare i cookie di terze parti.
In un contesto caratterizzato dalle preoccupazioni sulla privacy, dove il consenso esplicito è diventato più che mai fondamentale, costruire e mantenere la fiducia dei clienti lo è altrettanto ed è una grande priorità ed una sfida per tutte le organizzazioni.
In questa nuova situazione, stando ai dati del report State of Marketing di Salesforce, secondo il 91% dei CMO è necessario innovarsi continuamente.
Cosa fare per innovarsi oggi?
Dal report sono emersi sei punti necessari per avviare un processo di innovazione costante:
Miglioramento dell’uso di strumenti e tecnologie.
Sperimentazione di nuove strategie di marketing.
Modernizzazione di strumenti e tecnologie.
Costruzione e mantenimento della fiducia con i clienti.
Miglioramento della collaborazione.
Bilanciamento della personalizzazione con il cliente.
Nel complesso, inoltre, un dato interessante è che il 67% dei marketer dichiari di percepire il proprio lavoro come di maggior valore oggi rispetto a un anno fa.
Le principali sfide per i marketer
Le maggiori sfide dei marketer oggi sono quindi legate a due fattori primari: personalizzazione e privacy.
In sostanza, individuare soluzioni sempre nuove che consentano di mantenere il più possibile la personalizzazione dei servizi, pur avendo il controllo sulle norme da rispettare in materia di privacy.
Tali sfide, dovute principalmente a cambiamenti come quelli legati al GDPR dell’Unione Europea o all’aggiornamento della politica sulla privacy di Apple, hanno avuto ovviamente un effetto significativo sull’analisi digitale.
Comprendere dunque come mantenere la conformità ai regolamenti continuando a prestare la giusta attenzione alla personalizzazione si è rivelata una grande sfida, seppur non l’unica.
Le principali sfide che i marketer si trovano oggi ad affrontare infatti possono riassumersi anche in altri fattori, come:
Un uso inefficace di strumenti e tecnologie.
La misurazione del ROI.
Bilanciare la personalizzazione con il cliente.
Costruire e mantenere la fiducia con i clienti.
Le nuove strategie dei marketer
Una ricerca di McKinsey ha mostrato come l’industria della pubblicità digitale statunitense, che registra un valore pari a 152 miliardi di dollari, potrebbe subire un calo perdendo fino a 10 miliardi di dollari in entrate pubblicitarie.
Sulla base di questo scenario, nascono nuove strategie riprogettando il flusso di acquisizione e conversione contatti, nonché di fidelizzazione dei clienti.
Ancora secondo i dati utili presenti nel report di Salesforce, molti marketer stanno riscontrando successo impiegando tattiche che includono:
Nuovi segmenti di clientela mirati.
Investimenti in collaborazione e tecnologie.
Investimento in esperienze digital-first.
Investimento nel virtuale e negli eventi ibridi.
Target geografici estesi.
Automazione del flusso di lavoro.
Offerte di prodotti ampliate.
Intelligenza Artificiale
Rispetto alla domanda di data-driven e personalizzazione, il 62% dei marketer ha dichiarato di aver investito nell’intelligenza artificiale (IA), che sempre più rappresenta un valido supporto per chi lavora nel campo digitale migliorando l’efficienza.
Stando ai dati di Salesforce, infatti:
Il 68% dei marketer afferma di avere una strategia AI completamente definita.
Nonostante la maggioranza dei clienti siano online, il 43% preferisce i canali non digitali e in tal caso l’IA rappresenta per i marketer un valido supporto per collegare esperienze online e offline.
Inoltre, per migliorare la comprensione dei risultati delle nuove strategie, i professionisti del marketing stanno investendo fortemente in capacità di analisi, in modo da garantirsi una panoramica più coerente dell’impatto dei loro messaggi, delle campagne e del budget sul marketing.
Streaming, video, messaggi ed email
Tra le nuove strade che i marketer stanno percorrendo ci sono i servizi di streaming, che hanno registrato il più grande tasso di crescita tra i canali abituali e grazie a cui i marketer riescono a raggiungere prospect e clienti.
In generale i marketer oggi attingono in misura sempre maggiore a:
Contenuti interattivi.
Video.
Messaggistica mobile.
Campagne email (secondo i dati di Salesforce le email in uscita sono aumentate del 15% nell’ultimo anno).
Conclusioni
Nuovi scenari portano a nuove esigenze da parte dei responsabili della pubblicità online.
In questo contesto diviene di fondamentale importanza conoscere le prospettive future, le possibili soluzioni alternative rispetto alla nuova situazione che si sta delineando e quelli che sono le opinioni e le soluzioni già adottate o in procinto di essere scelte da quelli che possono essere considerate figure leader nel settore della pubblicità online.
Solo così si potrà essere pronti a sfruttare ogni possibilità che le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, o strumenti alternativi a quelli impiegati fino ad oggi, sono in grado di offrire ai marketer per migliorare i risultati del loro lavoro efficientando ogni processo.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/02/addio-ai-cookie-di-terze-parti.jpg6711013Manuela Di Vietrihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngManuela Di Vietri2023-03-09 10:53:242023-03-09 11:04:03Addio ai cookie di terze parti: prospettive future e soluzioni alternative per i marketer
L’universo del marketing digitale è in continua evoluzione. L’aumento della domanda di nuove tecnologie e di esperienze digitali migliori, il modo in cui le aziende si rivolgono ai clienti, determineranno la possibilità di trasformare le ricerche in acquisti. In uno scenario volubile e dinamico Danni White, CEO di DWCCA – DW Creative Consulting Agency – propone alcune previsioni tradotte in 7 strategie di digital marketing 2023. Scopriamole insieme.
Se il contenuto è il re, il contenuto video è la regina. Queste le parole di Danni White. E come dargli torto. Il video marketing può essere incredibilmente efficace nell’aumentare i livelli di coinvolgimento e l’interesse dei consumatori per i video non mostra alcun segnale di rallentamento.
YouTube sta già superando Facebook come secondo sito più visitato (Google è sul podio, ovviamente);
TikTok continua a macinare risultati notevoli;
Forrester ha recentemente rilevato che i video hanno 53 volte più probabilità di generare posizionamenti in prima pagina rispetto ad altre tecniche SEO tradizionali;
Hubspot ha dimostrato che l’84% delle persone è stato convinto ad acquistare un prodotto o un servizio grazie a un video;
Oltre il 50% delle persone guarda un video di prodotto prima di acquistarlo.
Dati, questi, che dimostrano come l’approccio Video First funziona davvero.
È bene, però, concentrarsi su brevi contenuti visivi per le piattaforme di social media in modo da coinvolgere più clienti possibili per distinguersi nel mercato.
Attenzione: la pubblicità video non dipende solo dalle immagini e dalla qualità del montaggio. I video richiedono contenuti testuali pertinenti per ottenere maggiore attenzione dell’utente.
È necessario concentrarsi sul pubblico di destinazione (profilare i buyer personas) e utilizzare didascalie, titoli, descrizioni, tag, parole chiave di tendenza, sottotitoli, miniature e hashtag appropriati per gli annunci video.
Danni White consiglia di generare video al di sotto dei 5 minuti: un girato più lungo consente di frammentare lo stesso in più parti da proporre in vari momenti.
Non solo video brevi ma, soprattutto, accattivanti.
2. I social media potrebbero aver perso la loro strada
Tra le 7 strategie di digital marketing 2023 è sul podio la creazione di fiducia, alimentare relazioni. Questo è il mantra dei social media.
La strada maestra per evitare la perdita di follower ed engagement. Come fare? Aumentare il grado di interazione con i propri pubblici di riferimento.
Una soluzione è quella di incoraggiare gli utenti a rispondere a una CTA mediante l’iscrizione alla newsletter o facendoli approdare su una landing page accattivante.
E poi, senz’altro utile, è il ricorso alla “messa in evidenza dei benefici”: non può esserci risposta positiva se non si restituisce al pubblico qualcosa. Bene: è necessario mettere in evidenza i benefici cui l’utente potrà accedere se compie il passo successivo, l’azione tanto agognata.
Spesso la condivisione e i commenti dei contenuti ci emoziona. Pensiamo di aver raggiunto pienamente gli obiettivi della nostra strategia ma, più tardi, scopriamo amaramente che non sempre chi condivide e commenta è davvero interessato a ciò che diciamo. Per questo la regina di ogni strategia è lo sviluppo del pubblico.
E il modo migliore per generare un’audience captive è la mail.
Le persone che si iscrivono a newsletter e notifiche sono davvero interessate ai contenuti poiché si sono attivate per riceverle. Un buon modo, questo, per determinare l’interesse dell’audience di riferimento.
Ma come consolidarli? Bisogna nutrirli e guidarli lungo tutto il percorso per evitare perdite significative. Quando un utente varca la soglia deve ricevere costantemente contenuti di forte engagement per trasformarlo in acquirente. Senza una solida strategia di sviluppo il pubblico rimane passivo e non ci condurrà al raggiungimento degli obiettivi.
L’audience è composta da una fetta di pubblico che nel funnel è già ad uno step avanzato, sono ad un passo dall’acquisto.
Avete presente il funnel delle 5A? Aware, Appeal, Ask, Act, Advocate. Il pubblico a questo punto è già nella fase dell’Ask, che si stanno documentando, ti stanno chiedendo informazioni perché sono interessate direttamente a comunicare con te.
È possibile segmentare l’audience in molti modi ed è molto facile: un invio può essere segmentato in vari modi, si può scegliere di mandare la mail a chi si è registrato da una settimana ed è un contatto caldo, si può mandare un’email a coloro che è da molto che non aprono le nostre mail, a coloro che non hanno mai acquistato, a coloro che sono nostri iscritti da tanto.
La regola aurea? Prima pensa a chi manderai la tua mail, poi pensa al contenuto, solo allora si potrà premere su ‘invio’.
4. Sfruttare l’intelligenza artificiale
Il ricorso all’intelligenza artificiale è utile per creare o riproporre contenuti molto rapidamente. Certo non ci si può affidare all’Intelligenza Artificiale credendo di puntare sull’originalità.
Il concetto di White è semplice: l’AI viene in nostro soccorso per rendere la generazione di contenuti meno stressante.
Non solo nella fase di creatività ma anche, e soprattutto, nelle fasi di analisi di una mole di dati imponente. Grazie ad essa, infatti, possiamo scoprire a chi rivolgerci, quando farlo e cosa comunicare.
L’intelligenza artificiale è un valido supporto, non un nostro sostituto. E, in effetti, ci aiuta a capire quali contenuti generare e quali informazioni considerare per stupire il nostro pubblico.
5. Perseguire opportunità di co-marketing e collaborazione
Il co-marketing e le partnership rappresentano una strategia utile ad aumentare reciprocamente la consapevolezza del brand di un’azienda.
Appoggiarsi all’esperienza di un altro marchio è anche un modo per sviluppare nuove opportunità di creazione di contenuti e uscite sulla stampa.
Un esempio? Attingere alla propria rete LinkedIn. Ad esempio, se una persona della tua rete ti chiede di collaborare per un episodio del suo podcast, potresti trarne beneficio, sarà dunque un ottimo modo per condividere le conoscenze con un nuovo pubblico.
Anche gli eventi di networking locali offrono molte opportunità per costruire relazioni con colleghi del settore che possono diventare partner di collaborazione.
6. Sfruttare il pubblico dei podcast
A proposito di podcast, di questi tempi sono assolutamente di moda. Ed è un must anche per le 7 strategie di digital marketing 2023.
In America ci sono più di 120 milioni di ascoltatori di podcast, di cui più di 104 milioni si sintonizzano regolarmente. Si tratta chiaramente di una strada che vale la pena percorrere, soprattutto perché non richiede una grande quantità di attrezzature per essere prodotta.
Il podcasting è un modo eccellente per condividere informazioni con un pubblico più ampio. Può anche essere utilizzato come strumento di lead generation, fornendo risorse al pubblico per entrare in contatto con il brand. Il valore deriverà dall’evidenziare le competenze che il marchio nel suo complesso possiede.
Nel 2022 Google ha introdotto diversi aggiornamenti dell’algoritmo, due dei quali erano fortemente incentrati sulla necessità di garantire che i domini di ranking producessero contenuti utili in modo che fossero effettivamente importanti per il pubblico. Ciò significa che per il 2023 sarà necessario privilegiare la qualità rispetto alla quantità.
Non limitatevi a costruire la vostra strategia sulle parole chiave.
Puntate a diventare l’autorità sull’argomento e a guadagnare la fiducia del vostro pubblico concentrandovi sull’utilità dei contenuti. Provate a rivedere gli ultimi 6-12 mesi dei vostri contenuti per determinare cosa ha funzionato e cosa meno, quindi rielaborate la vostra strategia di conseguenza.
Con le nuove aspettative dei consumatori, il 2023 potrebbe essere un anno stellare per il marketing digitale.
Non è necessario reinventare la ruota, basta modificarla. Finché parlate con il vostro pubblico e create un’esperienza eccellente per loro, sarete pronti per il successo.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/strategie-marketing-2023.jpg6691019Luca Arlottohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngLuca Arlotto2023-03-08 12:30:132023-03-08 14:01:567 previsioni di digital marketing per il 2023
Qual è la rappresentazione della donna in pubblicità? Nelle adv, generalmente, gli uomini sono stati rappresentati come forti, intelligenti e lavoratori, ma non si può dire lo stesso delle donne.
Ormai (per fortuna) le donne sono, il più delle volte, valorizzate dai media, ma non è sempre stato così. Non molto tempo fa, le pubblicità sessiste incoraggiavano le donne a essere principalmente due cose: una domestica e l’accessorio di un uomo. Anche dopo aver contribuito a far andare avanti il mondo durante la prima e la seconda guerra mondiale, le donne erano ancora considerate passive e, in un certo senso, inferiori.
Eppure, le donne sono un target molto importante per i pubblicitari: secondo uno studio del 2019 del The Economic Times, il 58% degli annunci contemporanei è rivolto alle donne, contro il 38% che si rivolge a entrambi i sessi.
Vediamo insieme come le pubblicità sono passate dal ritrarre le donne come casalinghe passive a celebrarne la forza.
La rappresentazione delle donne in pubblicità
Inizio del 20simo secolo
Prima della prima pubblicità televisiva, andata in onda nel 1941, la stampa e il cinema erano due dei modi più efficaci per gli inserzionisti per promuovere i loro prodotti a un pubblico ampio.
Pubblicità su carta stampata
Nel 1908, Henry William Hoover (inventore dell’aspirapolvere verticale) fondò il suo omonimo marchio in Ohio, USA.
Negli anni ’20, l’aspirapolvere Hoover era riconosciuto in tutti gli Stati Uniti come un prodotto essenziale per la casa. E la narrativa che le pubblicità del marchio spingevano per promuovere il loro dispositivo di pulizia era che un Hoover era il più grande desiderio di una donna.
Era comune imbattersi in pubblicità cartacee di Hoover accompagnate da didascalie come: “Non deluderla di nuovo questo Natale. Regalale una Hoover“, “Regalale una Hoover e le darai il meglio” e “Hoover salvaguarderà il suo orgoglio di avere una casa pulita“.
Photo Credit: www.witness2fashion.wordpress.com
Pubblicità del primo Novecento come questa ritraevano la donna media come una domestica il cui unico desiderio nella vita era quello di tenere in ordine la casa per compiacere il marito.
Pubblicità al cinema
Negli anni ’30 i cinema cominciarono a spuntare ovunque e fecero il loro debutto alcuni dei film più importanti della storia del cinema, come Il mago di Oz e Biancaneve e i sette nani.
Per i pubblicitari, l’avvento del cinema significava un pubblico prigioniero a cui promuovere la propria merce.
Un esempio di pubblicità sul grande schermo degli anni ’30 è “A Film Mystery” di Dreft, che segue un personaggio chiamato Mrs Smith che, ovviamente, si trova in cucina mentre intenta lavare i piatti.
La voce narrante raccomanda agli spettatori, come la signora Smith, di iniziare a usare il detersivo Dreft per lavare piatti e bicchieri.
Si tratta solo di un altro esempio di come, in quell’epoca, le donne fossero viste come nient’altro che governanti.
Ecco una gallery delle pubblicità degli anni ’30.
Rappresentazione della donne nelle pubblicità degli Anni 40 e 50
Negli anni ’40-’50 la televisione si diffuse a macchia d’olio, tanto che. alla fine degli anni ’50. la maggior parte delle persone nei Paesi occidentali possedeva un televisore.
Naturalmente, sempre più inserzionisti capitalizzarono su questo nuovo pubblico, investendo nella produzione di pubblicità su schermo.
Nonostante le donne avessero assunto molti “ruoli maschili” durante la Seconda Guerra Mondiale, anche queste pubblicità erano piene di stereotipi sessisti.
Nella selezione di pubblicità degli anni ’40 qui sotto, raccolta da NowThis News, c’è un’ovvia linea guida: le donne devono essere all’altezza degli standard maschili.
Gli anni ’60
Coca-Cola (1961)
Nel 1961, Coca-Cola reclutò l’attrice Connie Clausen come protagonista di uno spot televisivo incentrato su una teoria stravagante: la famosa bevanda fa dimagrire. “Con Coca-Cola non ci si preoccupa del girovita“, recitava Connie, prima di addentrarsi nella spiegazione dei motivi per cui fosse utile la bevanda analcolica per tenere sotto controllo il peso.
Anche tralasciando l’aspetto scientifico, sappiamo quanto sia dannoso trasmettere alle donne il messaggio che il loro valore è intrinsecamente legato all’aspetto fisico.
Volendo trovare una nota positiva, almeno la protagonista è una donna in carriera, invece di una casalinga incatenata ai fornelli.
Kodak (1964)
Torniamo in cucina con questo spot Kodak, in cui la compianta Betty White prepara un picnic per la spiaggia mentre parla agli spettatori della pellicola a colori Kodak.
Anche se la protagonista non è intenta a cucinare, l’ambientazione lascia decisamente a desiderare.
La rappresentazione della donna in pubblicità negli anni 7o
Tab Cola (1972)
All’inizio degli anni ’70, si iniziano a intravedere veri e propri progressi nell’affrontare la disuguaglianza di genere nei media e nella pubblicità.
Vediamo come esempio questo spot di Tab Cola del 1972: non c’è un uomo, una cucina o un prodotto per la pulizia in vista. Tuttavia, il mondo della pubblicità aveva trovato un altro modo per “sfruttare le donne”: trasformarle in oggetto del desiderio maschile.
Le donne (come quella che si vede in questo spot) iniziavano a venire sessualizzate per invogliare gli uomini ad acquistare il prodotto o il servizio.
Tab (1978)
Sei anni dopo il brand di beverage pubblicò lo spot “Beautiful People“.
Come suggerisce il nome, lo spot ha come protagoniste una serie di persone, tra cui una donna al lavoro, una reginetta di bellezza, una donna sportiva in bici.
Appare chiaro come i pubblicitari stessere iniziando a capire che le donne non fossero tutte uguali e a celebrare invece la diversità.
Gli anni ’80
Martini (1981)
L’assoggettamento delle donne allo sguardo maschile era un problema ancora più sentito negli anni ’80; dopo il decennio della liberazione, le donne apparivano spesso nelle pubblicità indossando abiti succinti per suscitare l’interesse degli uomini.
Un esempio su tutti: La pubblicità della cameriera sui pattini di Martini, del 1981.
BT (1988)
Gli spot BT di Maureen Lipman della fine degli anni ’80 sono a dir poco esilaranti, ma con alcuni temi non proprio ideali che attraversano tutta la serie di pubblicità.
Ad esempio, nello spot che pubblicizza il servizio di ordinazione telefonica di BT, si capisce subito che il personaggio di Lipman non desidera altro che acquistare prodotti elettrici per la casa come aspirapolvere e lavatrici. Sembra di essere tornati agli anni ’20.
La rappresentazione della donna in pubblicità negli anni ’90
Bounty (1990)
“Il sesso vende” era il motto degli anni ’90 e i pubblicitari si ingegnavano per trovare modi nuovi e originali per presentare donne seminude nei loro spot.
Ad esempio, questo spot Bounty porta gli spettatori su una spiaggia esotica, invitandoli ad “assaggiare il paradiso” mentre fissano una donna in bikini.
Ma c’è un aspetto in cui questo spot differisce da quello di Martini andato in onda un decennio prima: Bounty includeva anche un uomo seminudo, a beneficio dello sguardo femminile. Sì, era arrivato il momento che anche le donne potessero dare un’occhiata.
Spice Girls (1996)
Se pensiamo al girl power negli anni ’90, ci sono solo loro: le Spice Girls.
Il quintetto pop ispirava le donne di tutto il mondo ad abbracciare la propria personalità per distinguersi dalla massa.
La frase più potente dello spot è quella di Mel C, che sfrutta il suo momento per esclamare: “Attenti ragazzi, le ragazze sono qui!“.
Sembrava che il nuovo millennio avrebbe segnato una nuova era per le donne.
Gli anni 2000
Gillette Venus (2000)
Subito dopo la fine del 2000, Gillette pubblicò il suo spot Venus che prometteva alle donne che si sarebbero sentite “come delle dee” se avessero usato la nuova linea di rasoi del marchio.
È evidente fin dall’inizio che lo spot mira a incoraggiare le donne a radersi le gambe per se stesse, non per impressionare gli uomini.
Questo concetto viene confermato quando la voce narrante femminile dice: “È qualcosa a cui tutte le dee hanno diritto“, parlando di pelle liscia. Gli uomini? Chi se ne importa!
Mercedes (2007)
Anche dopo gli anni 2000, alcuni marchi non erano pronti a comprendere quanto non fosse più accettabile stereotipare le donne come poco intelligenti.
Uno degli esempi più famosi degli anni Duemila è rappresentato dallo spot Mercedes “La bellezza è nulla senza cervello“. In questo spot, una donna, senza rendersene conto, ordinava il suo pranzo a una bibliotecaria, scambiandola per l’impiegata di un fast food.
Che dire…almeno l’esperta bibliotecaria rappresentava le donne sveglie del mondo!
La rappresentazione della donna nelle pubblicità dal 2010
John Lewis (2010)
Nel 2010, la catena di grandi magazzini John Lewis ha celebrato le donne con uno spot emozionante e potente, che ricordava alle persone a casa che le donne sono il collante di tutti gli aspetti della vita.
Nike (2017)
Alla fine del decennio, i pubblicitari si sono resi conto quanto fosse vantaggioso (sia per loro che per il loro pubblico) spingere la convinzione che le donne fossero capaci di tutto.
Improvvisamente, le donne forti e resistenti erano di moda e nessuno (nemmeno gli uomini) si lamentava.
Alcuni dei migliori esempi di pubblicità che conferiscono potere alle donne ci arrivano da Nike, come “This Is Us” del 2017.
Dal 2020 in poi
Dior (2021)
100 anni dopo la pubblicità stampata di Hoover, Dior pubblica uno spot con Natalie Portman in cui l’uomo è un semplice accessorio nella sua vita.
Come sono cambiate le carte in tavola.
Squarespace (2022)
Per il Super Bowl 2022, l’azienda newyorkese di siti web Squarespace ha reclutato Zendaya per il suo spot che ruota attorno a una donna d’affari di successo.
Squarespace utilizza questo esempio di giovane imprenditrice per ispirare le giovani donne ad avviare le proprie attività.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/03/rappresentazione-della-donna-in-pubblicita.jpg6981245Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-03-08 10:51:232023-03-08 10:58:36Da governante a paladina: come è cambiata la rappresentazione della donna nelle pubblicità
Vuoi fare Carriera nel Digital Business?
+100.000 professionisti e 500 grandi aziende hanno incrementato i loro Affari grazie a Ninja.
Non aspettare, entra subito e gratis nella Ninja Tribe per avere Daily Brief, Free Masterclass e l’accesso alla community di professionisti.