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Quali sono le aziende più inclusive in Italia? Ecco chi ha vinto nel 2023

Quali sono le aziende più inclusive in Italia?

Un nuovo studio condotto da Great Place to Work Italia mette in luce l’importanza di una leadership efficace, di valori condivisi e di solidi rapporti di fiducia tra il management e i dipendenti per migliorare la cultura aziendale in termini di diversity, equity & inclusion (DE&I).

Questi fattori influenzano direttamente lo sviluppo, l’innovazione e la crescita finanziaria delle organizzazioni.

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Le aziende più inclusive in Italia: la classifica

La classifica dei “Best Workplaces for Diversity, Equity & Inclusion” in Italia è stata stilata prendendo in considerazione le opinioni di oltre 56.000 persone provenienti da 131 imprese italiane con almeno 50 dipendenti.

Secondo i risultati, le aziende classificate come Best Workplaces DE&I, che rappresentano il 20% delle imprese oggetto dello studio, superano significativamente le altre in diversi aspetti.

La percentuale di dipendenti che ritengono di essere trattati equamente in termini di retribuzione e che ricevono riconoscimenti speciali è superiore del 31%.

Inoltre, queste aziende si distinguono per i benefit unici offerti ai dipendenti (+28%), la meritocrazia nelle promozioni (+26%) e il sostegno all’equilibrio tra vita lavorativa e privata (+25%).

Le aziende più inclusive in Italia nel 2023 sono:

  1. Bending Spoons
  2. American Express
  3. Storeis
  4. GalileoLife
  5. Teleperformance Italia
  6. Salesforce
  7. Biogen Italia Srl
  8. Hilton
  9. Cisco System
  10. Vianova SpA
  11. Luxoft Italy SRL
  12. W.L. Gore & Associati S.r.l.
  13. Axl Agenzia per il lavoro
  14. Webranking
  15. MSD Italia
  16. DHL Express
  17. Skylab Srl
  18. Wide Group
  19. P.A. Advice SpA
  20. Prestiter

aziende più inclusive in Italia nel 2023

Bending Spoons, azienda lombarda del settore IT con sede a Milano, si posiziona al primo posto nella classifica, seguita da American Express, organizzazione operante nei servizi finanziari e assicurativi.

Il podio è completato da Storeis, una realtà veneta con sede a Padova specializzata in consulenza per il commercio elettronico e il retail omnicanale.

L’IT è il settore più inclusivo

Il settore dell’Information Technology è quello più rappresentato nella classifica, seguito dai servizi professionali e dal settore finanziario e assicurativo.

Analizzando la sede delle aziende, l’Italia occupa la metà della classifica, seguita dagli Stati Uniti (35%) e dalla Francia, Germania e Svizzera (5% ciascuna).

Le dimensioni delle aziende variano, con 6 grandi aziende con oltre 500 dipendenti, 6 aziende di medie dimensioni con un numero di dipendenti compreso tra 150 e 499 e 8 organizzazioni con un numero di dipendenti tra 50 e 149.

Secondo Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia, una cultura inclusiva sul posto di lavoro consente alle persone di sperimentare maggiori opportunità di innovazione e di contribuire ai cambiamenti e allo sviluppo di nuove idee e modelli di lavoro.

La diversità nella popolazione aziendale favorisce l’innovazione e la creatività, come dimostra la differenza del 17% nelle opportunità di innovazione tra le Best Workplaces DE&I e le altre aziende non classificate.

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La parità di genere è il tallone d’Achille in Italia

Il rapporto evidenzia inoltre che la parità di genere è ancora un tema critico in Italia, specialmente per quanto riguarda il work-life balance e il lavoro di cura.

Gli impegni familiari pesano sulle donne lavoratrici per oltre il 62%. La presenza femminile nel management aziendale è ancora limitata, con solo il 28% dei manager donne e solo il 19% con una qualifica dirigenziale.

Questo non solo rappresenta una negazione dell’uguaglianza di genere, ma comporta anche una mancata valorizzazione delle risorse produttive, con conseguenti perdite economiche.

Per affrontare queste sfide, Great Place to Work Italia e Fiabilis Consulting Group Italia Srl hanno stretto una partnership strategica per supportare le aziende nella costruzione di un piano di miglioramento per la gestione della parità di genere e per ottenere la Certificazione UNI/PdR 125:2022.

Questa certificazione, introdotta dalla legge n. 162/2021, promuove e sostiene le politiche volte a ridurre il divario di genere nelle aree critiche. Attualmente, 412 aziende italiane hanno ottenuto questa certificazione da uno dei 34 enti certificatori.

Secondo Fernanda Peterson, CEO di Fiabilis Consulting Group Italia Srl, questa partnership offre alle aziende strumenti accurati per misurare e migliorare l’equità di genere, lavorando verso livelli più elevati di parità.

L’obiettivo è favorire un vero cambiamento e una trasformazione organizzativa, puntando a diventare luoghi di lavoro eccellenti nelle tematiche di parità di genere e di diversity, equity & inclusion.

Reputazione aziendale, come renderla un punto di forza

La reputazione è ciò che precede l’azienda. Un asset intangibile e dinamico che influenza fortemente gli acquisti dei consumatori, preservando il successo aziendale.

La brand reputation (definizione diffusasi a partire dal 1982 dopo essere apparsa sulla rivista Fortune) è l’insieme delle percezioni, valutazioni e aspettative degli stakeholder rispetto alle azioni passate e future dell’impresa.

È la diretta conseguenza (anche involontaria) delle azioni che l’azienda realizza e che determina la sua posizione rispetto ai competitor.

Una buona reputazione consente di distinguersi dai concorrenti, ottimizzando la propria performance. Tra due aziende competitor, quella che non gode di una buona reputazione è considerata, infatti, maggiormente “a rischio” dagli investitori.

rafforzare reputazione aziendale

Un sondaggio condotto da Axios Harris Poll ha evidenziato che, chiedendo a più di 33 mila americani cosa contribuisse a creare una buona reputazione tra 100 aziende scelte, le principali metriche riconosciute sono state: fiducia nell’azienda, etica, crescita nel tempo, qualità dei prodotti e dei servizi, i valori e la cultura aziendale.

I consigli per rafforzare la reputazione aziendale

Costruire una buona reputazione è un processo costante e attento, “ci vogliono venti anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla. Se pensi a questo farai le cose in modo diverso”, suggerisce il finanziere Warren Buffet.

Occorre essere attenti e costanti, rispettando alcuni passi principali:

  1. Promuovere una leadership del pensiero esecutivo, i leader svolgono un ruolo cruciale nella costruzione della fiducia nei confronti di un’azienda. Quello che dicono e fanno ha un effetto profondo sulla cultura aziendale. Secondo una ricerca della Harvard Business Review la fiducia è l’elemento fondamentale nel successo di un’impresa. “Le parti possono possono perdere la fiducia nel marchio se c’è una disconnessione tra i valori, il comportamento o i messaggi del dirigente e dell’azienda” spiega l’autrice Lida Citroën. Per questo, è necessario che i responsabili marketing dell’azienda si confrontino con i leader, per assicurarsi che trasmettano idee in linea con l’immagine del brand. I leader devono offrire informazioni chiare, comunicare le varie attività poste in essere dall’azienda mostrando un’apertura verso l’esterno
  2. Trova una squadra di sostenitori, nonostante le svariate strategie, il marketing più efficace rimane il “passaparola”. L’azienda non deve dunque rimanere passiva di fronte ad eventuali voci positive, anzi deve cavalcare l’onda. Amplificare i contenuti positivi incoraggiando i dipendenti a condividere i contenuti social. I contenuti condivisi dai dipendenti risultano avere una credibilità diversa rispetto a quelli condivisi dalle pagine ufficiali del brand
  3. Rafforzare i programmi B2B di marketing (bussiness to bussiness: scambi commerciali e di informazioni tra aziende), secondo la rivista Forbes, l’influencer marketing B2B, “è una delle trasformazioni più significative dell’era moderna nel settore del marketing, una componente fondamentale delle strategie di marketing ovunque”, in grado di rafforzare la brand reputation di un brand
  4. Innovazione, è importante essere flessibili e cercare, in modo tempestivo, di adattarsi ai cambiamenti della realtà. Monitorare e aggiornare i prodotti è una prerogativa irrinunciabile, assicurandosi di mantenere sempre alto il livello di sicurezza offerto da ogni singolo prodotto e servizio dell’azienda
  5. Qualità dei prodotti e dei servizi, se il prodotto non sarà di qualità eccellente, non rispecchiando le caratteristiche pubblicizzate, ovviamente la reputazione ne risentirà inevitabilmente. Non ha senso occuparsi della creazione di una brand reputation se non si è in grado di offrire un prodotto in linea con le attese dei consumatori
  6. Essere presenti sulle piattaforme online, per essere apprezzati bisogna presentarsi nei luoghi dove i consumatori ti cercano. I canali devono essere segnalati con cura, prestando attenzione ai contenuti terzi che sono visualizzati in ogni specifica piattaforma. Un contenuto inappropriato potrebbe infatti nuocere anche al proprio brand
  7. Comunicare i valori e la cultura aziendale, è necessario portare avanti un’etica chiara e trasparente, prontamente comunicata attraverso le pagine web. I consumatori vogliono avere informazioni circa la responsabilità sociale d’impresa e i valori dell’azienda. Non solo parole però, è opportuno mostrare anche gli sforzi che concretamente vengono sostenuti riguardo le cause sociali
  8. Stabilità della performance finanziaria, vantare una stabilità finanziaria è un ulteriore elemento che concorre a creare una buona reputazione. Più il brand è consolidato sul mercato più godrà di una buona reputazione. Altrettanto importante è la capacità di reagire ad eventuali crisi e affrontare le criticità
  9. Mostrare rispetto per la privacy, sia dei clienti che dei dipendenti
  10. Monitorare la reputazione, attivare i web alert (avvisi online) per tenere d’occhio i commenti dei clienti. Mostrarsi capace di ascoltare gli utenti e interagire con loro (rispondendo sempre ai commenti), gioca un ruolo importante a favore della reputazione

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Potenziare l’employer branding per attirare talenti

I dati del sondaggio Randstad 2018, mostrano che l’86% dei lavoratori non farebbe domanda né continuerebbe a lavorare per un’azienda che ha una cattiva reputazione presso gli ex dipendenti, o il pubblico in generale. Il 65% si dichiara pronto a licenziarsi nel caso in cui i datori di lavoro fossero descritti negativamente sui social media a causa di pratiche commerciali negative.

Per attrarre le migliori risorse umane presenti sul mercato del lavoro, non si tratta solo di fare recruting, ma di mostrarsi come il migliore ambiente lavorativo nel quale si possa operare.

I tanto ambiti “talenti”, infatti, hanno davanti a loro la possibilità di scelta, e in caso di cattiva reputazione aziendale, migreranno verso altro. L’elemento primario che attira i potenziali migliori dipendenti a proporsi all’azienda è il clima lavorativo positivo e la cultura aziendale.

reputazione aziendale talenti

Lo studio “Guida all’employer branding” di LinkedIn, ha evidenziato che i costi di assunzione delle aziende dotate di una buona reputazione sono inferiori fino al 50% rispetto a quelle con una reputazione peggiore. Non solo, nei casi di migliore reputazione sembra diminuire del 28% il turnover dei dipendenti.

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Comunicare per assicurarsi una buona reputazione

La comunicazione ha un effetto di forte impatto sulla brand reputation.

Lavorare per ottenere una reputazione rispettabile non ha senso se questa non viene comunicata nel modo migliore, prestando attenzione alle varie forme di comunicazione, volontarie ed involontarie. Non solo a parole ma anche con i fatti.

Il primo assioma della comunicazione di Watzlawick insegna che “è impossibile non comunicare”. Il comportamento e le concrete azioni poste in essere dall’azienda rappresentano la comunicazione primaria, che si desume anche se non espressa consapevolmente a parole.

La comunicazione secondaria concerne i segni inviati in maniera strategica dall’impresa, che vanno a rafforzare la comunicazione primaria (pubblicità, packaging, logo…). Gran parte della comunicazione secondaria dell’impresa viene oggi veicolata online.

Il piano editoriale deve essere specificatamente strutturato per generare positività attraverso contenuti aggiornati e di qualità (tutorial, ebook, video…). Particolare attenzione merita l’ascolto del pubblico, che necessita di un continuo monitoraggio per scovare eventuali link building (pagine esterne che parlano positivamente dell’azienda), che vanno quindi aggiunti alle proprie pagine web.

Infine, la comunicazione terziaria, rappresentata dall’insieme dei messaggi diffusi dalle varie fonti indipendenti dall’azienda. Si tratta di voci che si propagano attraverso relazioni interpersonali, come il potente passaparola dei clienti, o gli opinion leader come gli influencer.

Esempi di campagne che hanno creato buona reputazione

Apple

Il video lega la buona reputazione dell’azienda, leader nel mercato delle tecnologie, all’ottima qualità e lunga durata nel tempo dei prodotti.

Lacoste

La campagna 2018 del brand è finalizzata a sostenere le specie animali in via d’estinzione. Per l’occasione, l’azienda ha sostituito l’iconico logo del coccodrillo con quello delle varie specie minacciate dal pericolo dell’estinzione (foca del Golfo della California, tartaruga della Birmania, rinoceronte…)

Burger King

Per sostenere l’orgoglio LGBTQ+ a San Francisco, tutti i panini della catena di fast food sono stati incartati con la stessa carta multicolor. Non conta l’involucro, all’interno sono i panini di sempre, questo il messaggio lanciato dal marchio. Il video ha ottenuto un forte impatto tra gli utenti registrando circa 1,2 milioni di interazioni.

Procter & Gamble

Olimpiadi e madri: questo il binomio sul quale ha puntato l’azienda, sottolineando il ruolo centrale che le mamme hanno nella crescita degli atleti.

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creare un buon clima

Come creare coinvolgimento tra i dipendenti

Sul posto di lavoro non si parla più solo di risorsa umana, ma di “persona”, i lavoratori di oggi non sono interessati esclusivamente allo stipendio, ma vogliono essere tenuti in considerazione in quanto individui, per questo il coinvolgimento del dipendente diventa un asset fondamentale.

Spesso la direzione strizza l’occhio alle teorie psicologiche relative alla motivazione, proprio per rendere partecipe il dipendente. Qualsiasi forma di partecipazione richiede però un sistema premiante, che non concerne soltanto la retribuzione e l’avanzamento di carriera: sempre più il dipendente richiede di essere coinvolto.

Perché è importante creare il coinvolgimento del dipendente

Per mantenersi competitiva sul mercato, l’impresa, necessita di attirare e mantenere i talenti. È frequente che le aziende incontrino maggiori difficoltà nel trattenere i lavoratori migliori, piuttosto che ad assumerli. Si tratta di quella che viene definita una “guerra per il talento”: per vincere la guerra è necessario creare coinvolgimento sul posto di lavoro, che non vuol dire, semplicemente, rendere felici o soddisfatti i dipendenti, ma qualcosa di più.

coinvolgimento dipendenti sul lavoro

Riguarda la capacità di creare un impegno emotivo nei confronti dell’azienda, è un investimento psicologico, è la volontà di contribuire al successo dell’impresa. Vuol dire sentirsi parte dell’azienda, indipendentemente dai potenziali benefit.

Il coinvolgimento aumenta la produttività: le aziende che creano coinvolgimento risultano avere un incremento di produttività del 21%, oltre che un miglioramento del morale della forza produttiva, come evidenzia un sondaggio Gallup. Il riconoscimento porta ad una maggiore motivazione nel dipendente, aumenta l’orgoglio per la posizione ricoperta, che, indirettamente, spingerà il lavoratore a prendere iniziativa e responsabilità.

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Le statistiche sul coinvolgimento in azienda

  1. Secondo un sondaggio Gallup, il 70% della forza lavoro non si sente coinvolta nell’attività che svolge, la maggior parte vede il posto di lavoro come un luogo negativo, e fa il minimo indispensabile per arrivare a fine giornata
  2. Il 73% dei dipendenti sarebbe disposto a lasciare il posto di lavoro se ricevesse una buona offerta
  3. Il basso coinvolgimento dei lavoratori rappresenta un costo per l’impresa, tra i 450-500 dollari l’anno. I lavoratori che non si sentono coinvolti non sono pronti ad assumersi responsabilità, e producono meno, cosa che si traduce in perdita per l’azienda
  4. Avere una buona e chiara cultura aziendale aumenta di 4 volte i ricavi. Il 47% di chi è in cerca di lavoro dichiara di considerare la cultura dell’azienda il motivo principale per lasciare l’attuale lavoro. La filosofia che guida l’azienda, ossia tutti quei principi che ne costituiscono il DNA e riflettono ciò che si rappresenta, sono un elemento chiave nella creazione del coinvolgimento
  5. Il 33% della forza lavoro attiva dichiara di cercare un nuovo lavoro nel momento in cui si sente annoiato e senza sfide
  6. Il 37% dei dipendenti ritiene importante che il riconoscimento gli venga comunicato espressamente: il 43% preferisce un riconoscimento face to face con il datore di lavoro, il 10% vorrebbe essere elogiato di fronte ai colleghi, il 9% in privato in modalità scritta
  7. Solo il 29% dei lavoratori è soddisfatto delle opportunità di crescita offerte dal posto lavoro. Il 41% considera la crescita professionale fondamentale per considerarsi soddisfatto, percentuale che tra i Millennial sale all’87%

comunicare crea coinvolgimento

Comunicare vuol dire coinvolgere

Per permettere ai dipendenti di sviluppare un senso di appartenenza e coinvolgimento è necessario rafforzare la comunicazione interna. La comunicazione è infatti il fattore chiave per creare coinvolgimento: i dipendenti informati saranno più sicuri di sé sul lavoro e quindi motivati.

Secondo un sondaggio solo il 17% delle persone ritiene che la comunicazione della propria azienda sia efficace, e 1 dipendente su 3 non si fida della comunicazione del proprio capo.

Un dipendente che non ha le necessarie informazioni relative al lavoro è costretto a cercarle da solo o chiedendo aiuto ai colleghi, cosa che può comportare perdita di tempo e frustrazione.

La comunicazione aziendale deve essere un flusso continuo di condivisione delle informazioni, all’interno e all’esterno, suddivisibile in 4 tipologie specifiche:

  1. comunicazione interna verso l’alto, da un subordinato ad un superiore, realizzata attraverso sondaggi, feedback, rapporti
  2. comunicazione interna verso il basso, dal superiore al subordinato, che si concretizza attraverso lettere, promemoria, direttive verbali
  3. comunicazione laterale interna, tra i colleghi, che spesso riveste un ruolo cruciale nel coinvolgimento, svolta con chat, email o software intranet
  4. comunicazione esterna, con i clienti, fornitori e partner

I Consigli per creare coinvolgimento

  • Assumere un buon manager è il primo passo da compiere: il manager è responsabile del 70% del coinvolgimento dei subordinati. Una personalità empatica e trascinante saprà motivare e coinvolgere con facilità
  • Fornire le risorse di cui si necessita per lavorare, tecnologie, strumenti, accessori, nulla deve mancare al dipendente per renderlo soddisfatto
  • Mostrare apprezzamento non è un particolare insignificante, al contrario, è il modo migliore per creare un clima positivo basato sulla fiducia
  • Premiare i dipendenti, con remunerazioni extra ma anche, ad esempio, con del tempo libero
  • Iniziare a coinvolgere il dipendente già dal suo primo giorno di lavoro, non lasciare che sviluppi un sentimento di ostilità, difficile da modificare nel futuro

3 errori di chi non crea coinvolgimento

  1. Non promuovere una connessione umana tra i dipendenti: la solitudine è nemica della produttività che influenza negativamente
  2. Non ottimizzare i processi interni: sovraccaricare di email e riunioni non necessarie crea distanza rispetto al lavoro
  3. Non promuovere la mission aziendale: i valori e gli obiettivi dell’azienda vanno ripetuti ogni volta sia possibile, in tutte le riunioni, in modo che vengano bene compresi ma, soprattutto, interiorizzati dai dipendenti

Quanto ha influito il Covid sul coinvolgimento in azienda?

La pandemia ha rivoluzionato il mondo del lavoro italiano, costringendo ad un improvviso lavoro da remoto. L’influenza che questo ha avuto sul fattore coinvolgimento è legato alla capacità che ogni singola azienda ha avuto nel gestire la situazione.

Il 60% dei datori ha dichiarato di aver aumentato l’ascolto ma non con l’utilizzo di strumenti formali, solo il 31%, infatti, ha condotto dei sondaggi o dei focus group tra i dipendenti.

Il 22% dei lavoratori ha ammesso di avere difficoltà a staccare la spina nel lavoro da casa, il 38% di sentirsi spesso esausto a causa delle riunioni online. D’altra parte, però, il 73% sostiene di essere più produttivo nel lavoro da casa, l’87% dichiara di sentirsi motivato se l’azienda è in grado di fornire i giusti aggiornamenti.

Il 96% ha avvertito l’impegno del datore di lavoro nel mettere veramente al primo posto la sicurezza del dipendente in una situazione di emergenza. Questo è chiaramente un elemento fondamentale nello sviluppo del coinvolgimento.

coinvolgimento in smart working

Le statistiche emerse dal periodo di lavoro remoto forzato sono comunque utili per chi intende continuare con tale modalità, anche ora che l’emergenza è terminata. In un lavoro svolto a distanza è bene tenere presente alcuni consigli utili per sviluppare il coinvolgimento:

  1. Sviluppare un’adeguata strategia di comunicazione interna che preveda una comunicazione regolare
  2. Spingere i dipendenti alla collaborazione attraverso una comunicazione laterale
  3. Incoraggiare i dipendenti a partecipare ad ogni conversazione
  4. Mostrare apprezzamento per il lavoro svolto

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Recruitment marketing ed employer branding: tutte le principali differenze

Vengono spesso associate e confuse come un’unica cosa, ma il recruitment marketing e l’employer branding sono in realtà due facce diverse della stessa medaglia. Infatti, entrambe le discipline hanno il ruolo di rendere il brand più interessante agli occhi di chi sta cercando lavoro.

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Ma quali sono le principali differenze e in che modo interagiscono tra loro? Per comprendere al meglio di cosa stiamo parlando è necessario partire dalle definizioni.

Il significato di employer branding

L’employer branding è il processo che consiste nel definire e mantenere positiva l’immagine di un’azienda come possibile datore di lavoro. Dunque è strettamente correlata al modo in cui l’azienda viene percepita dai dipendenti attuali e potenziali. Ovviamente una migliore percezione della società come luogo di lavoro concorre anche al miglioramento del posizionamento del brand nel mercato.

Lo stesso Richard Branson, fondatore di Virgin, ha provato a spiegare l’importanza strategica dell’employer branding dichiarando: “Non vengono prima i clienti. Sono i dipendenti che vengono prima. Se ti prendi cura dei dipendenti, loro si prenderanno cura dei clienti”.

Le componenti principali dell’employer branding

Alla base dell’employer branding ci sono alcuni passaggi da considerare che sono fondamentali per una strategia di posizionamento ideale del brand nel mondo del lavoro:

  1. la definizione dell’Employer Brand dell’azienda in cui sia espressa la mission, la vision e la value proposition.
  2. la definizione dell’Employee Value Proposition con i vantaggi e i premi per i propri dipendenti.
  3. la definizione della Candidate Persona ossia la rappresentazione del tuo candidato ideale.
  4. la definizione della cultura aziendale.
  5. la gestione della reputazione dell’azienda.

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McKinsey & Co., una lezione da seguire nell’employer branding

Una delle più interessanti case history è rappresentata da McKinsey & Co., il brand più famoso al mondo nella consulenza manageriale che, nel 2020, contava 30 mila dipendenti. La sua employee value proposition è sempre stata chiara: chi va via da McKinsey & Co. può lavorare ovunque. Una promessa mantenuta se si pensa che, nel 2000, 70 ex dipendenti dell’azienda erano tra i CEO delle compagnie nella Fortune 500.

Ma cosa differenzia McKinsey & Co. da altri player? Il costante sforzo nel rafforzare la storia e l’identità della compagnia per favorire l’inserimento di talenti tra i propri dipendenti.

Nel frattempo, l’azienda si impegna quotidianamente per creare un ambiente di lavoro aperto alle tematiche dell’inclusione e dell’equità tanto da avere rappresentate oltre 140 cittadinanze all’interno degli uffici presenti in 65 Paesi e da investire 20 milioni di dollari nella ricerca su D&I.

Che cos’è il recruitment marketing?

Il recruitment marketing è l’attività di promozione dell’employer branding di un’azienda. Il suo obiettivo finale è quello di attrarre, coinvolgere, assumere e trattenere talenti di alta qualità attraverso il processo di selezione.

In un mondo del lavoro sempre più saturo e in cui le persone sanno bene cosa vogliono, le aziende attuano strategie di marketing per aggiudicarsi le persone più valide da integrare nel proprio organico. Ecco perché i recruiter hanno iniziato a pensare come marketer, cercando di unire agli annunci di lavoro delle vere e proprie brand strategy per favorire il recruiting.

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Le componenti principali del recruitment marketing

A differenza dell’employer branding, il recruitment marketing ha come elementi chiave:

  1. Comunicare con i candidati incoraggiandoli a compilare una candidatura.
  2. Scrivere offerte di lavoro chiare ed accattivanti, magari grazie al supporto degli attuali dipendenti che sapranno focalizzarsi sui punti di forza dell’azienda e sui vantaggi nel lavorare per essa.
  3. Creare contenuti che nutrano l’employer branding e che generino fiducia nei candidati.

Le differenze tra l’employer branding e il recruiment marketing

La prima grande differenza tra queste due discipline è la finalità. Infatti, l’employer branding serve a definire il posizionamento dell’azienda come datore di lavoro, mentre il recruitment marketing è finalizzato a promuoverlo.

La seconda differenza sta nella flessibilità. Il marketing si evolve a seconda delle esigenze di mercato, l’employer branding resta immutato e ben saldo sugli asset valoriali dell’azienda.

La terza differenza è l’interconnessione. Pur non essendo intercambiabili, entrambi sono interconnessi perché l’uno non può prescindere dall’altro.

Nel panorama attuale in cui le persone sono sempre più attente a trovare un posto di lavoro in cui realizzare i propri obiettivi senza rinunciare alla qualità della vita, avere una visione chiara di cosa si può offrire in termini di vision e mission è l’unica regola che può avvicinare grandi talenti alla propria azienda.

Bernard Cova

Ninja Wrap Up #3: come si trasforma una community in abbonati

Il Ninja Wrap Up nasce per mettere insieme la potenza informativa e di Intelligence Ninja con la profondità dell’Alta Formazione. Si parte infatti da un condensato delle principali notizie Digital del mese – tra quelle selezionate ogni giorno dalla Redazione dalle più autorevoli fonti internazionali – per poi commentarle con i migliori esperti del settore e renderle applicabili concretamente.

Se ti impegni costantemente per restare al passo con le novità che impattano sulla tua professione, ma vorresti andare oltre il livello superficiale della notizia e affidarti a chi ne sa qualcosa per esperienza diretta, il Ninja Wrap Up è l’appuntamento mensile di cui ha bisogno per unire tutti i punti e imparare ad applicare nelle tue attività quotidiane nuovi trend e funzionalità, tool e best practice del Digital.

ninja wrap up #3

Si parte infatti da un condensato delle principali notizie Digital del mese, tra quelle selezionate ogni giorno dalla Redazione dalle più autorevoli fonti internazionali, per poi commentarle con i migliori esperti del settore e renderle applicabili concretamente.

Ninja Wrap Up #3: temi e ospiti

Il tema di questo nuovo appuntamento è: Da Brand Tribe a Subscription: trasformare una community in abbonati.

Mercoledì 12 aprile ti spiegheremo come valorizzare le relazioni tra gli individui e convertire una community in membership grazie al marketing tribale.

Bernard Cova, l’inventore del Marketing Tribale, terrà una Masterclass gratuita in esclusiva per la Ninja Tribe.

Cova è tra i professori di marketing più importanti del mondo e tra i più grandi esperti di Brand Tribes. Oggi Professore di Sociologia del Consumo e Marketing presso la Kedge Business School in Francia e Visiting Professor all’Università Bocconi di Milano, ha il merito di aver applicato per la prima volta la teoria delle tribù del sociologo Michel Maffesoli al marketing, ideando il concetto di community unita intorno a una marca.

Il programma e gli ospiti

 

ospiti wrap up #3

Ecco cosa troverai nel Ninja Wrap Up #3:

ore 12:30 – 13:00
I take away dei marketer per il mese di marzo – Ninja Team

ore 13:00 – 13:30
Il ruolo delle brand community nella toolbox dei marketer – Bernard Cova

ore 13:30 – 14:00
Da Ninja Marketing a Ninja: evoluzione di una brand tribe – Mirko Pallera

ore 14:00 – 14:30
Convertire una nicchia di interessi in micro-community .- Gianluca Perrelli

ore 14:30 – 15:00
Dietro le quinte di un modello di business in subscription – Ignazio Morici

ore 15:00 – 15:30
I fattori di successo del Community Management – Carlotta Calegari

Come partecipare al Ninja Wrap Up

Partecipare è semplicissimo: basta registrarsi a questo link per essere tra i primi ad approfondire e sperimentare le più recenti novità del mondo digital.

stop a chatgpt

Stop a ChatGPT in Italia: il Garante della Privacy apre un’istruttoria

Raccolta illecita di dati personali. Questa la motivazione dietro allo stop a ChatGPT disposta dal Garante della Privacy.

Il Garante per la protezione dei dati personali stabilisce quindi una limitazione per OpenAI, la società statunitense proprietaria della piattaforma, che proprio qualche giorno fa ha rilasciato la sua nuova versione potenziata, GPT4.

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La piattaforma, che ha avuto il merito di rendere mainstream l’utilizzo dell’intelligenza artificiale applicata ai testi e divenuta probabilmente l’applicazione più nota di questa tecnologia, aveva subito una perdita di dati lo scorso 20 marzo.

Dati che riguarderebbero le chat create dagli utenti nell’interrogazione dell’Intelligenza artificiale e anche le informazioni relative al pagamento per gli abbonati al servizio premium.

chatgpt per la seo screen

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Tuttavia, al momento in cui scriviamo il servizio risulta ancora disponibile.

Cosa contesta il Garante a ChatGPT

Causa dello stop a ChatGPT sarebbe la mancanza di una informativa puntuale agli utenti e agli utilizzatori i cui dati vengono raccolti da una società che ha sede fuori dalla Comunità Europea (OpenaAI, appunto) e l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali.

Stop a ChatGPT: la questione anagrafica

Altro punto dolente su cui si basa lo stop a ChatGPT da parte del Garante è la protezione dei più giovani: nonostante il servizio sia rivolto ai maggiori di 13 anni, non esiste in realtà alcun filtro di verifica per evitare che chi non raggiunge questa soglia utilizzi il servizio.

Che succede ora

Ora OpenAI avrà 20 giorni di tempo per comunicare al Garante le misure intraprese in attuazione di quanto richiesto, pena una sanzione pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo.

L’azienda, che non ha una sede nell’Unione, ha però designato un rappresentante nello Spazio economico europeo.

Il commento di Massimiliano Masnada, Partner di Hogan Lovells

«L’intervento del Garante anzitutto sembra contestare a ChatGPT la mancanza di trasparenza, intesa come mancanza di informativa agli utenti rispetto alle finalità e modalità del trattamento dei dati personali eventualmente comunicati.

Il provvedimento, inoltre, richiama la necessità che sia individuata una base giuridica rispetto alla legittimità del trattamento da parte di OpenAI dei dati personali eventualmente raccolti dagli utenti. Infine, il Garante lamenta una mancanza di trasparenza sui filtri e altri meccanismi adottati da ChatGPT per impedire ai minori di 13 anni di utilizzare il servizio. Quest’ultimo punto, peraltro, accomuna l’intervento del Garante nei confronti di ChatGPT a quello che, a suo tempo, fece nei confronti di TikTok.

Il provvedimento odierno, che – va ricordato – ha natura temporanea di blocco del trattamento ma non implica necessariamente un divieto definitivo all’uso del servizio, pone numerose riflessioni, al di là delle misure specifiche che saranno intraprese da OpenAI per superare il blocco del Garante, sul futuro dei meccanismi di AI e su quanto è necessario fare per creare una cultura di legalità rispetto al loro utilizzo.

Non bastano, ad opinione di chi scrive, i pur necessari meccanismi di privacy by design e privacy by default ovvero i controlli e i rimedi per tutelare la privacy degli interessati, specie se minori. Occorre creare una nuova cultura tecnologica che si fondi sull’etica e sul rispetto dei diritti fondamentali.

Non è questo il luogo, né sarei in grado di dare indicazioni e, tanto meno, soluzioni, certo che un certo tipo di “pessimismo di maniera” connesso all’evoluzione degli strumenti tecnologici alimenta solo la paura e la preoccupazione senza essere utile in alcun modo a sviluppare una cultura della legalità.

Occorre, a mio parere, abbracciare il progresso pur mantenendo lo spirito critico necessario per evitare usi distorti e dannosi. In tal senso, credo sia importante diffondere informazioni in modo quanto più neutro possibile, raccogliere preoccupazioni e opinioni, porre i problemi per cercare le soluzioni.

Tutto ciò non può prescindere da un dati incontrovertibile. I dati, a prescindere che siano personali o meno, sono il carburante necessario per lo sviluppo di meccanismi di AI come ChatGPZ.

L’accesso ai dati consente di avere algoritmi più precisi ed idonei all’utilizzo per migliorare la vita delle persone. Il loro deve avvenire in modo sicuro ed etico. Per fare ciò non bastano i divieti.

Un primo passo, in tale senso, sarà la corretta implementazione delle regole sul riuso dei dati che sono alla base del Data Governace Act, di prossima entrata in vigore, e del successivo Data Act.

La giostra è appena partita».

notizie della settimana 20-26 marzo 2023

La rottura Meta/Siae, il nuovo logo di NY, l’arrivo di Bard e le altre ninja news della settimana

La musica è cambiata” non è più solo un modo di dire, almeno in casa Meta. Apriamo le notizie della settimana con la rottura delle trattative tra la corporate di Facebook e Siae ha gettato nel panico l’industry e tanti stakeholder del mondo digital (leggi, i creator e gli artisti).

Anche se abbiamo raccolto qui la voce del Direttore Generale di Siae, Matteo Fedeli, restiamo con le orecchie tese auspicando una soluzione. E non è l’unico cambiamento che riguarda i Social Media: le persone iniziano a usarli sempre con maggiore frequenza al posto dei motori di ricerca (ce lo dice Capterra), anche se la stragrande maggioranza degli internauti continua ad affidarsi alle SERP di Google&Co (a proposito, dai un’occhiata a questi consigli per la SEO).

Il cambiamento ci impone un’attenzione importante alla formazione: se è vero che gli esami non finiscono mai e che non si finisce mai di imparare, tanto vale trasformare l’esperienza in un percorso di vita.

La keyword di questa settimana è “lifelong learning“.

Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.

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Musica via da Meta, la posizione di SIAE

Ninja ha ascoltato Matteo Fedeli, Direttore generale di Siae, per capire quali sono le possibili soluzioni al mancato accordo con Meta, che sta già avendo conseguenze sia sui creator che sull’industria discografica. Quello che Siae lamenta è l’impossibilità di definire un quantum economico sulla base di un modello di revenue sharing. Puoi ascoltare un estratto dell’intervista nel podcast.

Formazione continua: i vantaggi personali e professionali

Creare una cultura dell’apprendimento all’interno dell’organizzazione è un modo efficace per migliorare le prestazioni e l’innovazione, come già detto, ma anche la soddisfazione e la fidelizzazione dei dipendenti. Ecco perché:

1. La conoscenza è potere
Più i dipendenti sanno e sanno fare, meglio possono contribuire all’organizzazione.

2. Conviene all’azienda
Investire nello sviluppo dei collaboratori è meno costoso che riassumere e riqualificare nuovi dipendenti.

3. Valorizza il lavoratore
Il sostegno all’apprendimento continuo indica che l’organizzazione è sinceramente interessata allo sviluppo della carriera dei dipendenti.

Continua a leggere qui la nostra analisi.

I social come motore di ricerca: lo studio di Capterra

A dirlo è uno studio di Capterra che ha analizzato i metodi di ricerca di informazioni online nell’era dei social.

notizie - ricerche online

Il sondaggio ha mostrato che più della metà degli intervistati (il 54%) utilizza i motori di ricerca (Google, Yahoo o Bing) come metodo principale per trovare contenuti online, mentre il 5% si rivolge esclusivamente ai social media e il resto (il 41%) combina entrambi gli approcci con ricerche ibride.

Adobe entra nell’AI generativa con FireFly

La nuova famiglia di intelligenze artificiali della compagnia sarà composta da più modelli di AI “che lavoreranno in una varietà di casi d’uso diversi”. Si tratta di un’espansione degli strumenti di intelligenza artificiale generativa introdotti da Adobe in Photoshop, Express e Lightroom durante la conferenza annuale Max dello scorso anno, che consentono agli utenti di creare e modificare oggetti ed effetti semplicemente descrivendoli.

Sephora e TikTok lanciano un programma per creator

La nuova partnership punta ad aiutare i nuovi marchi a crescere sulla piattaforma di social media. Il Sephora x TikTok Incubator Program metterà in contatto i creatori di contenuti di TikTok con i brand del programma Accelerate di Sephora.

I font che faranno tendenza nel 2023

Il font rappresenta non solo un vezzo per l’azienda, ma uno degli elementi che contribuiscono a dare forma all’identità del brand stesso. Dai un’occhiata alla lista di quelli che hanno fatto la storia e dei più gettonati per il 2023.

Google apre la lista di attesa per Bard

Google ha iniziato ad aprire al pubblico la sua risposta a ChatGPT e ad altre soluzioni di chat basati su AI. È ora possibile iscriversi a una lista d’attesa all’indirizzo bard.google.com, ma solo se si risiede negli Stati Uniti o nel Regno Unito.

A differenza di ChatGPT su Bing, Bard resta separato da Search, quindi le funzioni di intelligenza artificiale generativa di Search rimangono separate.

Il mercato italiano dell’advertising è in ritardo sulla misurazione dell’attenzione degli utenti

Il 73% degli investitori in pubblicità conosce poco le “Attention Metrics” e il 10% non ne ha mai sentito parlare.

Anche le modalità di rilevazione di queste metriche sono poco note: solo il 10% degli investitori le conosce in modo approfondito.

Il 69% ne ha una conoscenza limitata e per il restante 21% non è nota alcuna metodologia. A dirlo sono i dati dell’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano.

LEGO con Disney per festeggiare il 100° anniversario

Per commemorare i 100 anni di Disney, il brand dei mattoncini invita le famiglie a condividere la meraviglia della narrazione, dell’immaginazione e del gioco creativo.

lego disney 100 anniversario

I più popolari e iconici personaggi animati diventano costruzioni da collezionare, da esporre con orgoglio o da utilizzare per intraprendere entusiasmanti giochi di fantasia. Per l’evento sarà lanciata anche una nuova serie in tre parti che conterrà scene di film Disney e Pixar e incoraggerà gli appassionati a condividere i propri momenti Disney preferiti realizzati con LEGO.

Cambia l’iconico logo di New York

Questa settimana le istituzioni governative hanno lanciato “We ❤️ NYC“, una campagna per mostrare i punti di forza della Grande mela e mobilitare i newyorkesi ad assicurarsi che questa rimanga la più grande città del mondo. Leggilo su Ninja.

notizie - nuovo logo new york

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nuovo logo new york

Cambia il logo di New York: l’iconico I ❤️ NY diventa We ❤️ NYC

I ❤️ NY diventa We ❤️ NYC per riflettere al meglio l’identità collettiva della città di New York.

Questa settimana le istituzioni governative, insieme ad alcuni leader aziendali, sindacali e civici dei cinque distretti, hanno lanciato “We ❤️ NYC”, una campagna per mostrare i punti di forza della Grande mela e mobilitare i newyorkesi ad assicurarsi che questa rimanga la più grande città del mondo.

New York

Nuovo look per il simbolo di New York

La nuova interpretazione del famoso I ❤️ NY è stata approvata dal Dipartimento per lo sviluppo economico di New York che possiede tutti i diritti del marchio.

La formula segreta di New York è da sempre la capacità delle sue diverse comunità di lavorare insieme, con fiducia e con uno scopo comune, per risolvere i problemi e affrontare il cambiamento.

Il nuovo logo è diverso, universale, inclusivo e risulta attraente per tutte le età ed etnie.

Il rebranding è supportato da uno spot di 30 secondi che sottolinea ulteriormente la diversità attraverso le voci dei suoi abitanti. Nel video possiamo ascoltare persone con diversi background e accenti. Ognuno di loro spiega perché ama New York City usando l’affermazione “noi”.

“Questa campagna We ❤️ NYC contribuirà a catturare quell’energia e a preservare lo spirito della città, incoraggiando i newyorkesi di ogni estrazione sociale a riunirsi, essere coinvolti e apportare un cambiamento positivo nella loro comunità” ha dichiarato la Governatrice Kathy Hochul.

La storia del marchio

Il logo è stato concepito dal graphic designer Milton Glaser nel 1976 sul retro di un taxi ed è stato disegnato con un pastello rosso su carta straccia.

Il disegno originale è conservato al Museum of Modern Art di Manhattan

 

Rappresenta il simbolo di New York ed è tra i più conosciuti e prestigiosi al mondo. Il marchio è diventato icona degli anni ’70, ed è stato riprodotto su una vasta gamma di oggetti, poster, gadget e abbigliamento. Proprio grazie al lavoro di Glaser il cuore diventa emblema universale dell’amore.

Il carattere utilizzato è l’American Typewriter, uno speciale slab serif creato nel 1974 da Joel Kaden e Tony Stan per l’International Typeface Corporation.

Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, Glaser creò un nuovo logo per la città di New York. Il simbolo modificato presentava una nuova scritta:

New York

LEGGI ANCHE: I font che hanno fatto la storia e quelli che faranno tendenza nel 2023

La campagna

Non solo celebrazione. La campagna ha già preso vita nella city e rappresenta un’opportunità di impegno civico a cui tutti possono contribuire.

Ancora una volta, i newyorkesi si uniscono per mobilitare l’azione civica e l’impegno della comunità come catalizzatore per la rinascita della città e dei suoi quartieri. Per molti versi, le sfide che la città deve affrontare oggi sono più complesse che in passato.

Gli artisti di New York sono incoraggiati a presentare le proprie idee creative per i poster tramite il sito welovenyc.nyc. La campagna chiede a tutti coloro che amano la più grande città del mondo di dimostrarlo dando una mano e diffondendo quell’amore in ogni isolato.

New York

L’iniziativa prevede la partnership con enti pubblici, organizzazioni non profit e aziende per riaffermare che New York City è il luogo più sicuro, pulito e stimolante in cui vivere e lavorare.

 

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formazione continua perché è importante

Lifelong Learning: perché è importante studiare per tutta la vita

Che si tratti di perseguire interessi e passioni personali o di inseguire ambizioni professionali, la formazione continua (lifelong learning) può aiutarci a raggiungere la realizzazione e la soddisfazione personale.

Noi esseri umani abbiamo una spinta naturale a esplorare, imparare e crescere e quando questa inclinazione si sposa con i traguardi professionali, il risultato risulta amplificato.

Apprendimento continuo: siamo studenti per tutta la vita

La maggior parte di noi ha obiettivi o interessi al di fuori del lavoro. Questo fa parte di ciò che significa essere umani: abbiamo una curiosità naturale e impariamo naturalmente. Cresciamo e miglioriamo grazie alla nostra capacità di imparare.

Ovviamente, non tutto ciò che sappiamo lo apprendiamo a scuola: nell’infanzia impariamo a parlare e ad andare in bicicletta, da adulti, impariamo a usare uno smartphone o a cucinare un nuovo piatto.

Siamo naturalmente inclini a imparare e lo facciamo per noi stessi, non per qualcun altro, con un atto volontario.

Alcuni esempi di lifelong learning

Nel nostro processo di apprendimento continuo, possiamo intraprendere diverse strade:

  • concentrarci sull’acquisizione di nuove skill (imparare a cucire, studiare un linguaggio di programmazione, acquisire competenze di public speaking):
  • intraprendere un percorso di studio da autodidatta (esercitarsi su una nuova lingua, fare ricerche su un argomento di interesse, seguire un podcast);
  • allenarci imparando un nuovo sport:
  • imparare a utilizzare una nuova tecnologia (come dispositivi intelligenti e software)
  • acquisire nuove conoscenze verticali attraverso formazione online o in aula.

formazione continua - lifelong learning

I benefici della formazione continua

Intraprendere un percorso di lifelong learning può offrire molti benefici a lungo termine, tra cui:

#1 Riacquistare motivazione

Spesso ci occupiamo delle nostre mansioni esclusivamente perché “vanno fatte”. Scoprire cosa ci ispira e ci appassiona, e dedicarsi a questo, ci rimette al timone e ci ricorda che possiamo davvero raggiungere gli obiettivi che ci poniamo

#2 Raggiungere nuovi traguardi

Dedicarsi allo studio e ad acquisire nuove esperienze riduce la noia, rende la routine quotidiana più interessante e può aprire prospettive professionali future.

Non sapremo mai a che risultati può condurci la specializzazione su una disciplina se non proviamo a dedicarci ad essa.

#3 Migliorare le competenze personali e professionali

Quando siamo impegnati nell’apprendimento di una nuova abilità o nell’acquisizione di nuove conoscenze, costruiamo anche altre preziose competenze che possono aiutarci nella nostra vita personale e professionale.

Questo perché utilizziamo altre abilità per imparare qualcosa di nuovo. Per esempio, imparare a cucire richiede la risoluzione di problemi. Imparare a disegnare comporta lo sviluppo della creatività.

Lo sviluppo delle competenze può includere abilità interpersonali, creatività, risoluzione dei problemi, pensiero critico, leadership, riflessione, adattabilità e molto altro.

#4 Aumentare la fiducia in se stessi

Diventare più competenti o abili in qualcosa può aumentare la nostra fiducia in noi stessi, sia nella vita personale che in quella professionale.

Nella vita personale, questa fiducia può derivare dalla soddisfazione di dedicare tempo e sforzi all’apprendimento e al miglioramento, dandoci un senso di realizzazione.

Nella vita professionale, la sensazione di sicurezza nelle nostre conoscenze e nella capacità di applicare ciò che abbiamo imparato può spingerci ad ambire a una nuova posizione lavorativa o a intraprendere un nuovo percorso.

La formazione continua in ambito professionale

Il lifelong learning è un concetto molto presente all’interno delle organizzazioni, tanto da diventare un requisito quasi indispensabile per alcuni settori in veloce evoluzione.

La digitalizzazione ha posto l’accento su quanto sia necessario dedicarsi alla formazione e all’aggiornamento permanente: l’idea è che i dipendenti debbano impegnarsi in un costante apprendimento personale per essere adattabili e flessibili, affinché l’organizzazione possa rimanere competitiva e rilevante.

Tuttavia, le aziende non possono utilizzare il concetto di formazione continua per spostare completamente sul personale la necessità di essere costantemente aggiornati: all’interno dell’ambito dei benefit che le organizzazioni offrono, assume sempre più peso la presenza di un programma specifico, che permetta di valorizzare il lavoratore all’interno dell’organigramma aziendale fornendogli gli strumenti per crescere a livello professionale.

formazione continua in azienda - lifelong learning

Se fino a qualche anno fa, nelle specifico precedentemente all’emergenza sanitaria, buoni pasto ed elargizioni economiche erano considerati i benefit più ambiti in un programma di welfare aziendale, oggi, soprattutto le generazioni più giovani, puntano su un maggior equilibrio tra vita personale e professionale e sulla possibilità di intraprendere un percorso in azienda che permetta loro di crescere e di imparare continuamente.

Secondo il 5° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, la pandemia ha modificato il rapporto delle persone con la propria occupazione e oltre l’85% dei dipendenti oggi manifesta la richiesta alla propria azienda di un numero maggiore di servizi di welfare mirati a raggiungere un migliore equilibrio tra lavoro e vita professionale.

Proprio per questo, il welfare aziendale non punta più, soltanto, a fornire un beneficio economico al dipendente e alla sua famiglia; l’obiettivo è quello di rendere la sua vita migliore nel complesso.

LEGGI ANCHE: Lasciare il lavoro è virale: la Gen Z festeggia il licenziamento sui social

Perché la formazione continua è così importante per le organizzazioni

Rimanere competitivi nel mercato globale di oggi richiede che le organizzazioni siano innovative, competitive e in continua evoluzione. Il raggiungimento di questo obiettivo dipende dalle competenze e dalle conoscenze della forza lavoro. Ma come si fa a ottenere questo tipo di forza lavoro, aggiornata, motivata e competente?

Per innovare, provare un nuovo processo o fare qualcosa di nuovo è necessario imparare.

Le persone devono apprendere nuove conoscenze o competenze per vedere le cose sotto una nuova luce e fare il salto successivo.

Quando le organizzazioni non supportano un processo di apprendimento continuo, l’innovazione non avviene, i processi rimangono invariati e non si realizza mai nulla di nuovo.

I dipendenti devono essere in grado di mettersi alla prova per ottenere nuove conoscenze, idee e competenze. L’apprendimento deve essere flessibile, on-demand e continuo per poter contribuire a questo tipo di prestazioni all’avanguardia.

I vantaggi della formazione continua in azienda

Vantaggi per le organizzazioni

Creare una cultura dell’apprendimento all’interno dell’organizzazione è un modo efficace per migliorare le prestazioni e l’innovazione, come già detto, ma anche la soddisfazione e la fidelizzazione dei dipendenti. Ecco perché:

La conoscenza è potere

Più i dipendenti sanno e sanno fare, meglio possono contribuire all’organizzazione.

È più conveniente

Investire nello sviluppo dei dipendenti è meno costoso che riassumere e riqualificare nuovi dipendenti.

Valorizza il lavoratore

Il sostegno all’apprendimento continuo indica che i collaboratori valgono l’investimento e che l’organizzazione è sinceramente interessata allo sviluppo della carriera dei dipendenti.

Vantaggi per gli individui

L’aggiornamento continuo delle conoscenze o delle competenze può aiutare un dipendente sia nella vita professionale che in quella personale per una serie di motivi. Ecco perché:

Top Performer

Lo sviluppo di nuove abilità e conoscenze può aumentare il rendimento personale o la competenza sul lavoro.

Scatti di carriera

La formazione, l’istruzione o lo sviluppo di competenze aggiuntive possono aiutare a raggiungere gli obiettivi di chi sta seguendo un percorso di carriera o vuole passare a una nuova posizione.

Licenze e certificazioni

L’apprendimento supplementare è importante anche per i dipendenti che vogliano o debbano ottenere o aggiornare licenze o certificazioni professionali.

Promozioni o incentivi

Dedicare del tempo all’apprendimento di una nuova abilità o all’acquisizione di nuove conoscenze può giovare alle prestazioni lavorative e influenzare future promozioni o incentivi finanziari.

Arricchimento personale

Spesso gli interessi di una persona vanno oltre il lavoro che svolge quotidianamente. Perseguire interessi extracurricolari può portare a intuizioni e sviluppi che aprono la porta a nuove opportunità future.

Mantenere la competitività sul mercato

Mantenersi aggiornati sulle tendenze e sui progressi della propria professione può aiutare un dipendente a mantenere la propria capacità di mercato in caso di scossoni e cambiamenti.

Come costruire un ambiente di apprendimento continuo all’interno dell’organizzazione

Creare un ambiente di supporto che incoraggi i dipendenti a impegnarsi nell’apprendimento continuo richiede impegno, risorse e coaching.

Alcune persone saranno auto motivate e si dedicheranno alla formazione continua nel loro tempo libero, ma la maggior parte non avrà il tempo o le risorse per farlo, perché sono generalmente concentrati sul lavoro o sulle mansioni da svolgere.

Le opportunità di carriera trattengono i talenti

Una ricerca del MIT Sloan Management Review ha identificato i principali step a breve termine che consentono alle aziende di trattenere i talenti al loro interno.

Upskilling e reskilling CEPAS competenze

I numeri legati al fenomeno comunemente identificato come Great Resignation non mentono: secondo un recente rapporto del CENSIS,  in Italia l’82,3% dei lavoratori (l’86,0% tra i giovani, l’88,8% tra gli operai) si dice insoddisfatto della propria occupazione e ritiene di meritare di più.

In quest’ottica, attivare programmi e strategie che permettano ai lavoratori di raggiungere un maggior equilibrio tra vita e lavoro e garantire la crescita all’interno dell’organizzazione è essenziale per evitare la fuga dei top player del team.

Non è realistico aspettarsi che tutti i dipendenti si impegnino nell’apprendimento continuo durante la giornata lavorativa o nel tempo libero ed è un buon punto di partenza per capire come iniziare a costruire un ambiente di apprendimento. Vediamo alcune idee su come affrontare questa situazione:

1. L’apprendimento continuo inizia con i leader

Quando i lavoratori vedono che il loro manager o supervisore è pienamente coinvolto e sostiene le iniziative di apprendimento e sviluppo, si crea un’atmosfera che promuove l’apprendimento continuo.

A volte è difficile sottrarre tempo alle attività lavorative quotidiane perché si ha l’impressione che la direzione non approvi.

2. Creare un piano di formazione continua

Quando l’apprendimento continuo diventa parte integrante della gestione aziendale, i dipendenti sono più propensi a impegnarsi.

Ciò significa definire gli obiettivi aziendali e creare un piano attuabile su come sostenerlo.

Impegnarsi in un dialogo sull’apprendimento continuo significa che la forza lavoro non solo vedrà che l’organizzazione è sincera nel sostenere le iniziative di apprendimento, ma anche che ci si impegna realmente per renderle realtà.

Questo sforzo può includere le risorse o il supporto di cui i singoli hanno bisogno, come il mentoring.

3. Fornire le risorse e il tempo necessario

La componente principale della creazione di un ambiente di formazione continua è rappresentata dal tempo e dalle risorse. Questi devono essere a disposizione dei dipendenti.

Queste risorse possono assumere forme diverse, a seconda delle esigenze dell’organizzazione, del reparto o dei singoli dipendenti.

Quali sono le competenze digitali che i datori di lavoro cercano

Questo elenco comprende dieci delle principali competenze digitali che i datori di lavoro cercano oggi e che sempre più cercheranno nei prossimi anni.

  1. Programmazione, sviluppo web e app
  2. Digital Business Analysis
  3. Digital Design and Data Visualization
  4. Digital Project Management
  5. Digital Product Management
  6. Digital Marketing
  7. Social Media Management
  8. Data Science and Data Analytics
  9. Decision Making
  10. Skill che l’azienda non ha mai visto prima
Siae Meta

Musica via da Facebook e Instagram: ecco cosa ci ha detto Siae

La notizia della rottura delle trattative tra Meta e Siae ha velocemente generato il panico nell’industria musicale, ma anche tra chi i social li usa per farsi conoscere e per lavorare (leggi, creator di contenuti). Via la musica dalle piattaforme della holding e fredde comunicazioni a colpi di comunicato.

Risultato? Reel e storie mute (sì, ma non sempre) e stakholder nel panico.

Via la musica da Meta: cosa è successo

Purtroppo non siamo riusciti a rinnovare il nostro accordo di licenza con Siae“, si legge nel comunicato diffuso dall’azienda proprietaria di Facebook e Instagram. “La decisione unilaterale di Meta di escludere il repertorio Siae dalla propria library lascia sconcertati gli autori ed editori italiani” è la risposta, in una nota, della Società Italiana Autori ed Editori.

Abbiamo contattato Siae per capire in che punto si sia interrotta la trattativa, quale sia stato l’oggetto della contesa e se siamo o meno vicini a una soluzione.

«Il comunicato stampa di Meta ci ha colto di sorpresa: è stata una doccia fredda perché c’era un tavolo negoziale che andava avanti da diverse settimane; con alti e bassi, certo, ma non ci saremmo mai aspettati di arrivare a questa rottura», ci ha detto Siae.

L’oggetto della contesa: secondo Siae sono i dati

Il pomo della discordia in grado di generare la rottura, a quanto ci ha detto Siae, sembra essere una mancata trasparenza nella comunicazione dei dati da parte della Corporate proprietaria di Facebook e Instagram, sulla quale valutare con cognizione di causa un’offerta economica. «Gli unici dati che siamo riusciti a tirar fuori sono quelli depositati alla SEC americana. Non avendo a disposizione i dati, ad esempio, per singolo contenuto o per Paese e neppure la percentuale di distribuzione della musica nei video delle due piattaforme, come è possibile fare una valutazione?»

Quello che Siae lamenta è stata quindi l’impossibilità di definire un quantum economico sulla base di un modello di revenue sharing.

Con TikTok e YouTube, ad esempio, si è arrivati a un accordo perché i dati che le piattaforme hanno presentato a Siae hanno consentito alla Società Italiana Autori ed Editori di concordare una tariffa “fair”.

LEGGI ANCHE: Sonic Science 2.0, ottimizzare l’audio adv con Spotify: intervista ad Alberto Mazzieri

La mossa inaspettata: il takedown

Nel corso di una qualunque negoziazione, tanto più se fra due soggetti “forti” come Meta e Siae, è prevedibile che si sviluppi una sorta di “braccio di ferro” tra le parti: «È normale che si scontrino diverse pretese, da una parte e dall’altra», continua Siae, «ma da lì a diffondere un comunicato stampa annunciando un takedown dei contenuti ce ne passa. In più, tornando sui propri passi auspicando che il tavolo possa ritrovare una propria armonia, il comportamento è contraddittorio».

 

mark zuckerberg - SIAE

In aggiunta, il frettoloso takedown dei contenuti musicali dell’azienda di Mark Zuckerberg sembra non essere riuscito tecnicamente alla perfezione: «Sono stati buttati giù pezzi di musica italiana ma anche internazionale, è successo un caos. Ad esempio, alcuni colleghi in Spagna ci hanno segnalato che la musica è ancora disponibile; oppure, sono stati estromessi anche alcuni autori stranieri dei quali Siae non ha alcuna quota. È stata un’operazione fatta “con il lanciarazzi” che ha creato un disservizio e la situazione un po’ spaventa».

Insomma, è un po’ tutto complicato: «i brani ci sono, poi non ci sono, appaiono e scompaiono», hanno specificato.

Sembra comunque che il caos generato non faccia per nulla piacere a Siae: «Anche con YouTube le contrattazioni sono state, in un certo senso, “severe”, ma poi si è arrivati a un accordo, come è normale che sia».

Ma chi lavora con i social media, e con il marketing digitale in generale, ha probabilmente in mente una sola domanda: siamo davvero così lontani da una possibile soluzione? «Al momento non ci sono in corso ulteriori trattative; la diffusione del comunicato stampa di Meta ha portato la discussione su un livello diverso. Entrambi, attraverso i comunicati, abbiamo dichiarato l’intenzione di sederci e trovare un accordo».

Perché l’Italia no e gli altri Paesi sì

Uno dei dati che abbiamo ritrovato spesso nelle discussione sulla questione riguarda “l’unicità dell’Italia“, che si sarebbe trovata in questa situazione di stallo rispetto a un numero cospicuo di Paesi che, invece, con Meta avrebbero raggiunto l’accordo.

Alla base dell’accaduto ci sarebbe la scadenza della licenza di Meta per l’utilizzo della musica che, naturalmente, non coincide con quella degli altri 150 Paesi che vengono genericamente indicati come paragone dell’accordo raggiunto.

«Siamo il primo Paese che ha richiesto maggiore chiarezza sulla base della Direttiva Copyright fortemente voluta da tutti, che prevede che l’utilizzatore metta a disposizione una reportistica molto puntuale per fare un corretto matching tra quello che è stato performato e le distribuzioni economiche».

Perché Meta no e le altre piattaforme sì

Il tavolo di negoziazione che non è riuscito a chiudere positivamente l’accordo con Meta è però lo stesso che ha concluso con successo le trattative con molti altri player del mondo dei contenuti digitali, tra cui YouTube, DAZN e Spotify.

«A livello esperienziale, non si può negare che il servizio che offriamo a queste piattaforme crei un valore; chiaramente, ogni trattativa è diversa perché ogni realtà è differente: ad esempio, se togli la musica a Spotify, che è una piattaforma prevalentemente musicale, condizioni fortemente il servizio e l’impatto è sicuramente diverso se si tratta di Facebook, ma questo non significa che il valore della musica non sia importante per l’esperienza sulla piattaforma».

Siae e il futuro della musica a Palo Alto

Dobbiamo abituarci a reel silenziosi e storie senza audio o possiamo sperare in una soluzione rapida della diatriba? Lo abbiamo chiesto a Matteo Fedeli, Direttore Generale di Siae.

«La nostra speranza è che l’atteggiamento “muro a muro” di Meta possa cambiare e che ci sia la possibilità di riaprire il tavolo negoziale. Dopo due mesi di trattative, hanno scelto di alzarsi dal tavolo e andare via “sbattendo la porta”, comunicando la rottura pubblicamente senza informare prima noi e l’industria discografica».

Secondo Siae ci perdono tutti

Anche questo è un tema importante, in vista degli investimenti che diversi stakeholder possono aver fatto sulla musica intermediata da Siae. Creator, artisti, giovani emergenti e musicisti affermati: chi ha subito un danno maggiore dalla mossa inaspettata di Meta?

«Direi che il danno è di sistema: ci perdono tutti. Ci perde Meta, ci perdiamo noi e ci perde l’industria discografica. Il takedown è stato fatto, ma di cosa? La musica è ancora presente su Instagram, è un dato di fatto oggettivo e noi siamo tenuti a negoziare al meglio in nome e per conto dei nostri aventi diritto; l’offerta take or leave che ci ha fatto Meta non era altro che un’imposizione».

Siae continua a ripetere che il suo obiettivo, per il sistema e per il mercato, è mantenere la porta aperta a nuove contrattazioni, ma a una precisa condizione: che la musica cambi.