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Non solo digitale: il futuro dei pagamenti è nel proximity payment

Oramai ci abbiamo fatto l’abitudine: pagare senza denaro (cashless) e magari senza toccare nessun dispositivo (contactless) è diventata la quotidianità durante il periodo dell’emergenza. Ma ci ha anche aiutato a scoprire la comodità del proximity payment, ovvero dei pagamenti di prossimità.

Sicuri, comodi e veloci, rendono ancora più evidente che tutto può essere racchiuso in pochi essenziali strumenti: una carta o uno smartphone.

Ma andiamo con ordine e scopriamo cosa si intende per proximity payment e quali sono i trend che stanno guidando oggi il settore dei pagamenti.

Scopri la comodità di pagare, ogni giorno, ovunque, in modo intelligente, semplice e sicuro con Mooney!

proximity payment

Che cos’è il Proximity Payment e come sta crescendo

I pagamenti oggi sono sempre più smart e uno dei comparti che ha registrato negli ultimi anni il miglior tasso di crescita è quello del proximity payment, ovvero la modalità con cui in negozio smartphone e carte sostituiscono i contanti.

Con il termine proximity payment, infatti, si intendono i pagamenti elettronici di prossimità, cioè quelli che richiedono una vicinanza fisica tra l’acquirente e il venditore del prodotto/servizio che si intende acquistare. Per avvenire, la transazione sfrutta il sistema contactless: il pagamento avviene attraverso la connessione a corto raggio del dispositivo mobile, quindi attraverso la tecnologia NFC (Near Field Communication). Ad esempio, basta avvicinare il telefono al POS senza toccare nulla per portare a termine la transazione.

Ma c’è di più, perché la prossimità va intesa non solo in senso digitale, ma anche fisico. In un settore come quello dei pagamenti, che si rivolge potenzialmente a persone diversissime tra loro, per età, competenze digitali e più semplicemente abitudini, anche la capillarità della rete fisica ha un peso. Mooney, ad esempio, grazie all’unione di SisalPay e Banca 5 (Gruppo Intesa Sanpaolo) permette di prelevare contanti, pagare bollettini, tasse e servizi PagoPA, fare ricariche, acquistare biglietti dei mezzi pubblici ecc., in oltre 45.000 punti vendita – bar, tabaccherie ed edicole – in modo perfettamente integrato con le più moderne piattaforme digitali.

Grazie all’offerta Mooney è possibile effettuare sia operazioni in contanti che attraverso i canali digitali ed elettronici di pagamento, integrando e rafforzando l’offerta commerciale di tabacchi, bar ed edicole abilitate con un ventaglio si servizi e soluzioni adatti praticamente a tutti i target (o quasi).

proximity payment

Il mercato del Proximity Payment

Secondo l’Osservatorio Mobile Payment & Commerce, negli ultimi anni in Italia i pagamenti proximity sono aumentati del 650%, per un totale di oltre 15,6 milioni di transazioni in negozio effettuate via smartphone nel 2018.

Un recente white paper pubblicato da eMarketer ha dettagliato più nello specifico una preziosa visione del mercato dei pagamenti di prossimità in continua crescita. Secondo la ricerca, i consumatori di tutto il mondo stanno rapidamente adottando l’uso regolare del proximity. Tra gli altri dati, si stima che nel 2021, il 17,2% della popolazione globale sarà utente di pagamenti di prossimità mobile, con un valore compreso tra i 5 e i 10 miliardi di euro. Se verranno rispettate le attese, cioè, il proximity payment supererà di gran lunga il valore delle transazioni eCommerce e peer-to-peer.

Con un po’ di ritardo rispetto agli altri Paesi, anche l’Italia ha iniziato a seguire questo trend ed è aumentato sia il numero degli utenti che utilizza il proximity payment, sia quello degli esercenti che hanno compreso l’importanza di offrire ai consumatori opzioni di pagamento più semplici e comode, sia che avvengano attraverso canali fisici (nei punti vendita), sia che siano digitali o elettroniche (con smartphone o carta di credito), in un’ottica sempre più phygital.

Una carta che strizza l’occhio all’intrattenimento

Mooney ha reso i servizi di pagamento davvero di prossimità, vicini, a portata di mano, offrendo un’esperienza “onlife” al tempo stesso fisica e digitale anche grazie alla sua carta prepagata Visa per tutte le tue esigenze: contactless, con IBAN italiano, e che permette di gestire tutto tramite app. E l’attivazione è gratuita!

La carta Mooney si può usare per qualsiasi tipo di spesa, in tutti i negozi in modalità contactless e online grazie al servizio Visa Secure. Sempre online è anche possibile inviare bonifici, controllare il saldo, monitorare tutti i movimenti, ricaricare il telefono e pagare i bollettini dallo smartphone, risparmiando sulle commissioni.
Infine, per ricaricare la carta è sufficiente andare in uno dei tanti punti vendita abilitati o effettuare un bonifico.

Ma Mooney non si rivolge solo a chi vuole trovare soluzioni di pagamento comode, veloci e sicure: anche la rete degli esercizi convenzionati, infatti, ha accesso a servizi di supporto al business, investimenti diretti, formazione qualificata e un modello comunicativo bidirezionale e all’avanguardia, fondamentale per la digitalizzazione dell’impresa.

E non è tutto. Mooney parla davvero la nostra lingua e per questo ha anche lanciato un divertente Quiz Talk Show condotto da Rossella Brescia che prevede la partecipazione di 56 persone tra cui 4 manager Mooney, 2 influencer (Rudy Bandiera e Francesco Facchinetti) e 50 tra gli esercenti e i clienti che già si avvalgono del servizio. Insomma, il divertimento (e il pagamento) è assicurato.

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Buddybank partner dei PG Nationals spring, Summer split 2021

Buddybank, la banca per smartphone di UniCredit, affiancata da PG Esports (il più importante organizzatore di tornei dedicati al gaming competitivo), inizia il 2021 con una collaborazione innovativa che riguarda i primi due split dei PG Nationals 2021, il più amato e seguito torneo di League of Legends d’Italia.

Buddybank, ha deciso un anno fa di puntare con successo sulla forza comunicativa del settore degli Esports, iniziando le sue prime collaborazioni con i PG National e la Milano Games Week. Ad inizio 2021 buddybank, con una nuova veste grafica e sempre al fianco di PG Esports, ha rinnovato la sua collaborazione nel settore degli electronic sports con una ulteriore partnership ambiziosa ed innovativa.

Commenta l’Head of GroupM ESP, Luca Pravadelli:

“Siamo lieti della proficua e duratura collaborazione creatasi con buddybank. Nel 2020 abbiamo iniziato assieme questo percorso e adesso torniamo in campo in maniera ancora più solida e forte. In quanto unit specializzata nello sport marketing, negli ultimi anni abbiamo studiato e monitorato la crescita e le opportunità offerte del mondo Esports. Con l’arrivo della pandemia, si è resa ancora più evidente la volontà da parte dei clienti di GroupM (o del gruppo WPP) di instaurare nuove partnership in questo settore, e buddybank ne è la dimostrazione”.

streaming esports

Il team MediaCom, partner da anni di buddybank, si è attivato in completa sinergia con la unit dedicata ai progetti di branded entertainment MediaCom MBA per disegnare e ideare un progetto di esports. L’attività si è svolta avvalendosi della consulenza di GroupM ESP (Entertainment & Sports Partnerships), business unit di GroupM dedicata allo Sport Marketing. GroupM ESP ha supportato buddybank nella negoziazione della partnership e ne gestirà lo sviluppo attraverso la costruzione congiunta di un’efficace strategia di comunicazione.

“Siamo davvero felici di poter continuare a sostenere il mondo degli Esports, anche perché rappresenta in pieno una buona parte della nostra clientela smart e giovane. Non ci sentiamo solo partner, in buddybank siamo diventati dei veri fan degli Esports e non vediamo l’ora di vedere chi vincerà i PG Nationals”.

Afferma Massimo Bondanza, Head of Marketing & Products di buddybank.

5 cose che Elon Musk ha detto su Clubhouse

L’evento più atteso su Clubhouse è stato sicuramente l’incontro con Elon Musk, CEO di Tesla e SpaceX, che è riuscito ad attrarre grandi numeri, tanto da mettere a dura prova il limite massimo della piattaforma di 5000 persone a Room. I Ninja sono riusciti ad ascoltare l’intero intervento e abbiamo riassunto i punti salienti.

1. Il viaggio su Marte!

Elon Musk ha parlato in primis del progetto di costruire una civiltà autosostenibile su Marte, secondo le sue previsioni questa esperienza si concretizzerà tra 5 anni e mezzo circa, e sarà estremamente difficile e certo non un’esperienza di lusso. Inoltre, dice di non aver raccolto prove reali sullesistenza degli alieni ma ritiene plausibile la loro esistenza.

Nasa-Marte-Nucleare

2. L’importanza dei meme

Chi controlla i meme controlla l’universo: se un’immagine vale mille parole, un meme vale 10.000 immagini.

E se lo dice lui… c’è da crederci. Ha rivelato in esclusiva che possiede un team di amici come meme dealer, sottolineandone il forte valore simbolico e di impatto sulla società e sui costumi.

3. Aggiornamenti Neuralink

Ha annunciato che presto presenterà nuovi video di aggiornamento su Neuralink, alludendo alla possibile esistenza di test su scimmie con innesti wireless nel cervello in grado di giocare ai videogiochi. In ogni caso questi scenari fantascientifici sono di lungo termine, perché a breve termine Neuralink si concentrerà sul dare supporto alle persone con lesioni cerebrali e spinali.

4. Bitcoin e Dogecoin

Dogecoin (DOGE) entra in poco tempo nella top 10 della classifica per la capitalizzazione del mercato. Elon Musk si è autodefinito ritardatario sulla scena crypto ma crede nel potenziale dei bitcoin. In merito ai Dogecoin, nati puramente per scherzo, ha ricordato che la sorte ama l’ironia.

Potrebbero diventare un giorno la valuta universale del nostro pianeta?

elon musk

5. Intervista a Vlad Tenev, CEO di Robinhood

Nella room era presente anche Marc Andreessen di A16Z, investor sia in Clubhouse che in Robinhood. Sul finale dell’evento Elon ha chiamato sul palco il CEO di Robinhood Vlad Tenev, ed ecco perchè Techrunch ipotizza che forse questa room sia stata solo una non convenzionale attività di PR per A16Z. Vlad è stato interrogato da Elon Musk ed ha annunciato meno limitazioni sul trading di Robinhood a partire da oggi.

Abbiamo appena avuto un volume senza precedenti sul sistema. Ho dovuto trattare la cifra da dare alla NSCC (National Securities Clearing Corporation) per gestire il rischio del trading delle azioni “meme”,  da 3 miliardi a 700 milioni. Una volta depositata questa cifra sul conto abbiamo riavviato il trading su Robinhood.

Tra le domande degli utenti, di spicco quella sulle parole di incoraggiamento che darebbe a chi sta per iniziare un business:

Se ha bisogno di incoraggiamento, è meglio che non inizi un business!

Infine, quanti di voi si sono chiesti la routine quotidiana di un Re Mida come Elon Musk?

Ha rivelato che la sua giornata tipo è piena di task noiosi, e trova difficoltà a gestire il context switching tra un business e l’altro. Per rilassarsi, invece, su Netflix spazia tra diversi generi: dalla serie TV “Cobra Kai” all’ultimo film di Christopher Nolan “Tenet”, The Expanse e Guida Galattica per autostoppisti.

report

50+ report per farsi trovare pronti alle sfide del 2021

Le previsioni sui trend che condizioneranno i mesi futuri sono parte integrante di ogni processo di pianificazione. Conoscere come si stanno muovendo i mercati, in che modo si stanno comportando le diverse categorie di consumatori e quali strade percorreranno i settori industriali diventa ancora più importante in un momento storico ambiguo come il nostro, che fatica a fornire indicazioni chiare sugli sviluppi futuri anche a causa della pandemia di Covid, che sta sconvolgendo alcune delle certezze acquisite fino ad ora.

Sostenibilità ambientale, tecnologia, viaggi, nessun settore può sottrarsi all’incertezza della nuova situazione. La soluzione è, come sempre, affidarsi ai numeri, per cercare di gettare luce sul prossimo futuro.

Questa collezione, in continuo aggiornamento, di report e analisi per l’anno 2021 e per quelli a venire, punta proprio in questa direzione: fornire gli strumenti ideali per comprendere a fondo quello che sta succedendo intorno a noi e muoversi senza inciampo.

Puoi accedere a questa cartella per visionare tutti i report o cliccare sulle immagini raggiungere quello che ti interessa.

#1. ABI Research – 68 Tech Trends That Will Shape 2021

ABI Research - 68 Tech Trends That Will Shape 2021 -_EN

#2. ABTA’s – Six Trends for Travel in 2021

ABTA's - Six Trends for Travel in 2021

#3. Accenture-Fjord – Trends-2021

Accenture-Fjord - Trends-2021-Full -_EN

#4. Accupac – Sustainability Trends to Watch for in 2021

Accupac - Sustainability Trends to Watch for in 2021 -_EN

#5. ADA – The Next Ten Years_Tech Trends that Matter

ADA - The Next Ten Years_Tech Trends that Matter -_EN

#6. ARK – Invest BigIdeas 2021

ARK–Invest_BigIdeas_2021

#7. CISCO – 2021 Global Networking Trends Report

CISCO - 2021 Global Networking Trends Report -_EN

#8. Connecting the Dots 2021

Connecting the Dots 2021

#9. Contagious – Most Contagious 2020

Contagious - Most Contagious 2020 -_EN

#10. Content Marketing Institute – B2B Insights for 2021

Content Marketing Institute - B2B Insights for 2021 -_EN

#11. Deloitte – 2021 Global Marketing Trends

Deloitte - 2021 Global Marketing Trends -_EN

#12. Deloitte – Global Blockchain Survey 2020

Deloitte - Global Blockchain Survey 2020 -_EN

#13. Deloitte – Tech Media Telecom Predictions 2021

Deloitte - Tech Media Telecom Predictions 2021 -_EN

#14. Deloitte – Tech Trends 2021

Deloitte - Tech Trends 2021 -_EN

#15. Dentsu – Brave New Normal Creative Trends 2021

Dentsu - Brave_New_Normal_Creative_Trends_2021 -_EN

#16. EITO Western EU- 11 Tech Trends for 2021 and Beyond

EITO Western EU- 11 Tech Trends for 2021 and Beyond -_EN

#17. Fashion Snoops – 2021 Macro Cultural and Colour Trends

Fashion Snoops - 2021 Macro Cultural and Colour Trends -_EN

#18. Forrester Predictions 2021

Forrester_Predictions-2021_APAC

#19. GARTNER – Top Strategic Technology Trends for 2021

GARTNER - Top Strategic Technology Trends for 2021 -_EN

#20. Gartner & Ant Group -Top 10 Fintech Trends for 2021

Gartner & Ant Group -Top 10 Fintech Trends for 2021 -_EN

#21. Glassdoor – Workplace Trends 2021

Glassdoor - Workplace Trends 2021 -_EN

#22. GSMA – Global Mobile Trends 2021

GSMA - Global Mobile Trends 2021 -_EN

#23. HELABA – Capital Market Outlook 2021

HELABA - Capital Market Outlook 2021 -_EN

#24. Hootsuite – Social Trends 2021

Hootsuite - Social Trends 2021 -_EN

#25. HR Trends 2021

HRTrends2021-Ebook-EN_final

#26. IAB – Brand Disruption 2021

IAB - Brand Disruption 2021 -_EN

#27. Kantar – Predictions 2021 Media Trends

Kantar - Predictions 2021 Media Trends -_EN

#28. KANTAR – The State of Ecommerce 2021

KANTAR - The State of Ecommerce 2021-_EN

#29. KPMG China – 10 Macro Economic Trends in 2021

KPMG China - 10 Macro Economic Trends in 2021 -_EN

#30. Macorva – Learning & Development Trends to Know for 2021

Macorva - Learning & Development Trends to Know for 2021 -_EN

#31. MCKINSEY – The State of Fashion 2021

MCKINSEY - The State of Fashion 2021 -_EN

#32. MCKINSEY China – Consumer report 2021

MCKINSEY China - Consumer report 2021 -_EN

#33. Monetary Association Singapore – SG Blockchain Ecosystem Report 2020

Monetary Association Singapore - SG Blockchain Ecosystem Report 2020 -_EN

#34. Ogilvy – Shift – The_Future of Retail

Ogilvy - S_hift_-_The_Future_of_Retail -_EN

#35. Oliver Wyman – Singapore FinTech Landscape

Oliver Wyman - Singapore FinTech Landscape -_EN

#36. PANDORA – The 2021 Definitive Guide To Audio

PANDORA - The 2021 Definitive Guide To Audio -_EN

#37. Perspectives on Retail and Consumer Goods Issue

Perspectives-on-Retail-and-Consumer-Goods_Issue-8

#38. PWC APAC – Emerging Trends in Real Estate Asia Pacific 2021

PWC APAC - Emerging Trends in Real Estate Asia Pacific 2021 -_EN

#39. S&P_Global Banks 2021 Outlook

S&P_Global Banks 2021 Outlook -_EN

#40. Signals_Melanie Shreffler – Cultural & Consumer Shifts Defining 2021

Signals_Melanie Shreffler - Cultural & Consumer Shifts Defining 2021 -_EN

#41. Smartly.io – Global Social Media Advertising Trends 2021

Smartly.io - Global Social Media Advertising Trends 2021 -_EN

#42. SPARXOO – 2021 10 Digital Marketing Trends

SPARXOO - 2021 10 Digital Marketing Trends -_EN

#43. Synergy Flavours – Consumer Food Trends for 2021

Synergy Flavours - Consumer Food Trends for 2021 -_EN

#44. Trendhunter – 2021 Trend Report

Trendhunter - 2021 Trend Report -_EN

#45. UOB Asean – Fintech Get Up Reset Go

UOB Asean - Fintech Get Up Reset Go -_EN

#46. Visier – HR People Strategies for an Uncertain Future 2021

#47. We Are Social – Think Forward – Great Reset 2021

We Are Social - Think Forward - Great Reset 2021

#48. WGSN – Future Consumer 2021

WGSN - Future Consumer 2021 -_EN

#49. Willis Towers Watson – 2021 Global Medical Trends Survey Report

Willis Towers Watson - 2021 Global Medical Trends Survey Report -_EN

#50. WPP – Martech 2030_Five Trends in Marketing Technology for the Decade of the Augmented Marketer

WPP - Martech 2030_Five Trends in Marketing Technology for the Decade of the Augmented Marketer -_EN

#51. WVU Marketing Communications 2021 Trends

WVU Marketing Communications 2021 Trends

#52. YELP – 2021 Trend Forecast

YELP - 2021 Trend Forecast -_EN

 

#53. BUZZOOLE – La trasparenza nell’Influencer Marketing

buzzole

#54. DENTSU – The Age of Inclusive Intelligence

dentsu

#55. IAB Outlook 2021

iab outlook 2021

#56. 2021-Vidyard-Video-in-Business-Benchmark-Report

2021-Vidyard-Video-in-Business-Benchmark-Report

#57. OBE – Whitepaper Brabded Podcast

obe whitepaper branded podcast

3 consigli PRO per migliorare le performance degli annunci su Facebook

  • Facebook mostra gli annunci agli utenti che hanno una maggiore probabilità di intraprendere l’azione impostata dall’obiettivo
  • L’algoritmo di Facebook ritiene il copy del contenuto cruciale per capire se l’annuncio sia effettivamente rilevante per gli utenti e aumentarne le visualizzazioni
  • Un testo che riflette empatia e sensibilità nei confronti di determinati argomenti risulta molto più rilevante per l’algoritmo e verrà mostrato maggiormente sulla piattaforma

 

Quante volte vi è capitato di impostare un annuncio su Facebook seguendo scrupolosamente passo dopo passo le linee guida, prestando attenzione a ogni singolo dettaglio, scegliendo la grafica che meglio si presta al suo obiettivo… ma nonostante ciò le performance del contenuto non raggiungono il livello desiderato?

Niente panico, si tratta di una situazione più comune di quanto pensiate. Anche i marketer esperti, a volte, commettono degli errori – più o meno banali – nella gestione dei loro annunci su Facebook che possono compromettere il risultato.

Quali sono questi errori così comuni? E come possiamo rimediare? Ci siamo ispirati a questo video pubblicato da SocialMediaExaminer per capire come intercettarli nei nostri annunci su Facebook, ma soprattutto come evitarli per migliorare la performance dei contenuti.

#1 Il giusto obiettivo è la chiave del successo

Può sembrare un consiglio scontato, ma capita spesso che gli inserzionisti si confondano su quale sia il reale obiettivo del loro annuncio. L’obiettivo scelto è realmente ciò che definisce il risultato delle campagne su Facebook, si tratta quindi dell’elemento più importante da tenere in considerazione.

LEGGI ANCHE: Pubblicità e investimenti: cosa dicono le previsioni dopo un anno nero

Come funzionano gli obiettivi? La cosa fondamentale da capire è che Facebook mostra gli annunci alle persone che hanno una maggiore probabilità di intraprendere l’azione impostata proprio dal medesimo obiettivo.

Per esempio, con l’obiettivo Visualizzazioni video, Facebook mostrerà gli annunci alle persone che di solito guardano molti video sulla piattaforma.

In generale, sembra che uno degli errori più comuni sia impostare l’obiettivo Traffico quando in realtà si vogliono ottenere delle Conversioni.

Questi due obiettivi, in principio, fanno la stessa cosa: guidano le persone da Facebook o qualsiasi altra pagina web inclusa nella campagna. Ma c’è una sottile differenza che determina effettivamente il successo dell’annuncio.

Utilizzando l’obiettivo Traffico, Facebook mostrerà gli annunci agli utenti che sono propensi a cliccare più frequentemente sui contenuti pubblicitari, e risulta utile ad esempio per invitare gli utenti a visitare una nuova sezione di un sito web, o un articolo di un blog, o anche solo per testare un nuovo pixel.

Invece, con l’obiettivo Conversioni, gli annunci verranno mostrati alle persone che molto probabilmente intraprenderanno l’azione suggerita dal contenuto. Si utilizza quindi per richiedere all’utente una azione concreta, come ad esempio acquistare un prodotto, registrarsi ad un evento, etc.

#2 Le parole sono importanti

Abbiamo detto e ridetto in mille modi diversi che le immagini sono importanti nel determinare il successo di un annuncio pubblicitario, ma siamo sicuri di dare il giusto peso anche alle parole?

Di fatto, l’algoritmo di Facebook ritiene che il copy del contenuto sia cruciale per capire se l’annuncio sia effettivamente rilevante per gli utenti e di conseguenza aumentarne le visualizzazioni.

Risulta, per esempio, che l’utilizzo troppo frequente di parole come “tu” e “tuo” penalizzi pesantemente la performance dell’annuncio – al contrario di quello che invece avviene per l’Email-Marketing.

Quindi, al posto di scrivere “Vuoi scoprire come migliorare le vendite on-line della tua attività?” basterebbe riformulare la frase in “Aiutiamo le piccole e medie imprese a vedere i loro prodotti on-line. Clicca qui per saperne di più.” per iniziare a notare dei cambiamenti nella performance della sponsorizzazione.

Inoltre, ci sono altre parole problematiche che fanno riferimento a:

    • identificazione del sesso;
    • età;
    • religione;
    • tendenze politiche;
    • dieta o perdita di peso;
    • denaro;
    • ricchezza;
    • lavoro da casa (esempio “Scopri come lavorare comodamente da casa”);
    • schiavitù (esempio “Sei schiavo del tuo lavoro?”).

Anche le stesse parole “Facebook” e “Instagram” spesso causano un calo della performance quando vengono utilizzate nel testo pubblicitario.

#3 Empatia e sensibilità non devono mancare

Non solo le singole parole sono importanti, ma anche il modo in cui vengono espressi testualmente determinati concetti è un fattore che influenza l’algoritmo.

Molti marketer pensano che un testo maggiormente incisivo o impattante può beneficiare positivamente la performance di un annuncio in termini di click, ma Facebook non è particolarmente d’accordo su questo tema.

In effetti, un testo che riflette empatia e sensibilità nei confronti di determinati argomenti come denaro, salute e relazioni, risulta molto più rilevante per l’algoritmo e per questo verrà mostrato maggiormente sulla piattaforma.

Per esempio, se un’azienda di prodotti dimagranti sponsorizza un contenuto con un copy in stile “Sbarazzati dei tuoi 10 kg in più di grasso” – oltre ad essere estremamente offensivo e per nulla empatico – questo verrà penalizzato dall’algoritmo. 

Al contrario, un testo positivo e stimolante come “Ti aiutiamo a tornare in forma e sentiti favoloso grazie al nostro prodotto” sarà sicuramente visto in modo diverso e mostrato maggiormente agli utenti.

LEGGI ANCHE: Social Media Trend 2021: ecco le 5 tendenze chiave del prossimo anno

In generale, dopo lo sconvolgente l’anno che si è appena concluso, anche le più classiche tecniche pubblicitarie di Facebook stanno cambiando e rimanere al passo con le tendenze è fondamentale per ottenere un migliore ritorno sulla spesa pubblicitaria nel 2021.

Sempre SocialMediaExaminer – in un articolo recentemente pubblicato – prevede che i trend più importanti saranno: 

  • Contenuti pubblicitari creati a immagine e somiglianza dei contenuti organici presenti nel feed notizie degli utenti, in modo da rendere più naturale l’esperienza e “confondere” la sponsorizzazione tra le pubblicazioni degli amici e dei contatti;
  • Testi più informali e colloquiali, per avvicinarsi maggiormente al tipo di linguaggio utilizzato dal target di riferimento – che nella maggior parte dei casi è compreso tra i 18 e i 30 anni; 
  • Video brevi e con immagini autentiche, che non badano particolarmente alla qualità del girato ma piuttosto alla qualità del messaggio trasmesso. È noto che i contenuti video creati per Facebook non devono sembrare uno spot pubblicitario da mandare in TV, piuttosto devono riuscire a catturare l’attenzione dell’utente nei primi 3 secondi grazie alla loro unicità;
  • A/B test per provare diverse lunghezze nei testi pubblicitari o per sperimentare l’utilizzo delle emoji. 
La musica del mondo è nella tua tasca!

Cosa rivelano le tendenze video durante la pandemia sulle esigenze dei consumatori

Dall’inizio della pandemia, abbiamo osservato da vicino in che modo le persone di tutto il mondo hanno utilizzato le piattaforme come YouTube.

Siamo rimasti colpiti dal fatto che le persone hanno utilizzato i video per soddisfare le proprie esigenze, per far fronte all’isolamento sociale, per trovare nuovi modi per accedere a servizi essenziali, per assecondare le proprie passioni o semplicemente per sentirsi più vicini agli altri.

Poiché queste tendenze riflettono un cambiamento globale molto più ampio verso una nuova normalità, volevamo saperne di più sui comportamenti che le guidano.

Susan Kresnicka, un’antropologa culturale statunitense, ha sviluppato uno schema che studia la relazione tra i bisogni umani fondamentali e il comportamento dei consumatori, attraverso tre esigenze fondamentali che tutte le persone avvertono: cura di sé, connessione sociale e identità.

Per saperne di più su questi stati di necessità e su come si traducono nelle tendenze dei video di YouTube, ci viene in supporto Kresnicka!

1. Cura di sé

Molto più di un termine usato per indicare un bagno caldo a lume di candela, la cura di sési riferisce all’intera gamma di bisogni associati al sostegno e alla cura dell’individuo, un sé incarnato. Quando la pandemia ha sconvolto la quotidianità delle nostre vite, molti dei modi in cui eravamo abituati a soddisfare i nostri bisogni, sono diventati insostenibili. Quindi le persone stanno imparando nuove tecniche per lenire le loro menti ansiose“, spiega Kresnicka.

Su YouTube, il pubblico si è concentrato sui video che aiutano ad affrontare i fattori di stress, come i disturbi del sonno. Ad esempio, le visualizzazioni di video correlati ai suoni della natura sono aumentate del 25% perché le persone erano alla ricerca di qualcosa che li aiutasse a calmarli. Questo video di Dream Sounds è stato visto oltre 2 milioni di volte dal 15 marzo.

Un’altra tendenza legata alla cura di sé sono i contenuti sul cibo. Con così tanti ristoranti costretti a chiudere per motivi di sicurezza, gli spettatori hanno cercato video che li aiutassero a creare una cucina “in stile ristorante” a casa. L’India è stata al centro di questa tendenza. Creator come CookingShooking hanno dimostrato che emulare le cucine dei ristoranti permette alle persone di sperimentare il comfort di cenare fuori, senza però uscire di casa.

2. Connessione sociale

Secondo Kresnicka, i bisogni di connessione sociale derivano dalla natura profondamente sociale degli umani, e spiega: “Siamo una specie ultra sociale la cui sopravvivenza si basa sulla nostra capacità di mantenere una connessione attraverso strette relazioni interpersonali e un più ampio senso di appartenenza alla società”.

Poiché i requisiti di distanza hanno fortemente limitato la nostra capacità di connetterci gli uni con gli altri di persona, la tecnologia ha contribuito a colmare il divario. Su YouTube, gli spettatori hanno utilizzato i video per interagire tra loro direttamente e indirettamente, spesso in modi sfumati.

Il genere “With Me”– in cui gli spettatori condividono un’attività svolta da un creatore, è stato particolarmente pertinente per la vita in lockdown. Il pubblico di tutto il mondo lo ha letteralmente divorato. Le visualizzazioni dei video “#WithMe” sono aumentate del 600% dal 15 marzo. Stessa sorte per un sotto genere: i video “Get Ready With Me”, hanno avuto una “svolta da quarantena” poiché i creator del settore beauty hanno adattato i loro video allo stile di vita casalingo.

Anche per le persone che cercano la connessione attraverso l’arte e la cultura, le esperienze virtuali hanno offerto una soluzione. Le visualizzazioni giornaliere di video con “tour del museo” nel titolo, ad esempio, sono aumentate del 60% poiché gli spettatori e le loro istituzioni culturali preferite hanno cercato di replicare l’esperienza di visitare il museo.

Il Museo Van Gogh nei Paesi Bassi, ad esempio, ha condiviso un tour in più parti, accumulando oltre 200.000 visualizzazioni da metà marzo.

arte virtuale coronavirus

3. Identità

Spesso pensiamo al terzo bisogno fondamentale, l’identità, come un costrutto di categorie sociali come razza, etnia e genere, ma in realtà cela più espansività. Come spiega Kresnicka, “L’identità comprende l’intera esperienza e comprensione del sé, in tutta la sua complessità e capacità di cambiamento. Il modo in cui comprendiamo noi stessi e le nostre esperienze, determina fondamentalmente il modo in cui ci prendiamo cura di noi stessi, ci connettiamo con gli altri e operiamo nel mondo che ci circonda“.

Negli ultimi mesi, i video online si sono rivelati un modo interessante per le persone di esprimere chi sono e di informare su chi potrebbero diventare. Le tendenze video sull’imparare ad eseguire abilità specialistiche, come tagliare i capelli, ne sono un potente esempio. Il pubblico ha guardato diversi tutorial sul taglio dei capelli, con un picco di spettatori globali ad aprile. La lezione di un parrucchiere è stata vista più di 1,7 milioni di volte.

Anche l fede è un aspetto fondamentale dell’identità. Poiché i grandi raduni religiosi sono stati sospesi, i fedeli hanno cercato modi per pregare online, provocando un aumento nelle visualizzazioni settimanali dei servizi religiosi.

Il 27 marzo, la diretta in streaming Urbi et Orbi, un discorso papale pronunciato in occasioni solenni, ha offerto ai cattolici e ad altre persone di fede un modo per ricevere la benedizione di Papa Francesco mentre la diffusione della pandemia aumentava. Centinaia di migliaia di spettatori si sono sintonizzati sull’evento, determinando la più grande crescita di abbonamenti in un giorno per i canali YouTube del Vaticano.

Cosa significa per il tuo marketing e per il futuro

Sulla base di questo scenario, come dovrebbero rispondere i professionisti del marketing? Kresnicka raccomanda di concentrarsi su alcuni principi: “Gli esperti di marketing sanno che per avere successo, le loro offerte devono creare valore per le persone e spesso quel valore implica aiutarle a soddisfare le loro esigenze fondamentali. Perché un marchio di soda di 100 anni è ancora il leader di mercato? Perché aumenta la nostra energia e il nostro umore (cura di sé), ci riporta a tempi precedenti nella nostra vita (identità) e ci fa sentire in contatto con altri che hanno condiviso la stessa esperienza (connessione sociale). Pensare in questo modo ci costringe a comprendere, in modo profondo e olistico, come un prodotto o un servizio opera nella vita delle persone. Quando lo facciamo, apriamo nuovi modi per comunicare, connettersi e servire le persone”.

L’arrivo del COVID-19 e la scala globale hanno presentato ai professionisti del marketing sfide straordinarie, ma hanno anche creato un’opportunità tempestiva per riflettere su come presentarsi ai clienti in modo significativo. In qualità di promotori delle tendenze video, abbiamo riscontrato una notevole uniformità nei tipi di contenuti che le persone cercano su YouTube, rafforzando il fatto che, nonostante le nostre numerose differenze, condividiamo tutti le stesse esigenze fondamentali.

Indubbiamente, questa crisi continuerà a ricordarcelo, mentre noi ci impegniamo a darle un senso.

La tecnologia dell'Intelligenza Artificiale avrà un ruolo sempre più prioritario, e registrerà un incremento del 20%

Microsoft presenta AI Hub, l’iniziativa parte del piano Ambizione Italia #DigitalRestart

Presentata ieri Microsoft AI Hub, un’iniziativa di ecosistema volta a mettere a fattor comune l’expertise di partner nazionali qualificati per aiutare le realtà italiane a cogliere i vantaggi dell’Intelligenza Artificiale e per accelerare lo sviluppo di progetti sperimentali in risposta alle esigenze di diversi settori industriali.

Parte di Ambizione Italia #DigitalRestart, il più ampio piano quinquennale di Microsoft da 1,5 miliardi di dollari di investimento in tecnologie e formazione a supporto della trasformazione digitale del Paese e della creazione della prima Region Datacenter, il nuovo centro virtuale di competenze ha l’obiettivo di fare sistema tra player della filiera ICT e aziende italiane, promuovendo uno stimolante scambio con startup, università, centri di ricerca e istituzioni sul fronte AI.

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Due le vocazioni primarie: da un lato la rapida prototipazione di progetti di AI in grado di supportare la competitività delle aziende per la ripresa e dall’altro la formazione di professionisti per diffondere le competenze digitali necessarie all’innovazione in Italia. L’AI può infatti contribuire concretamente alla crescita del Paese nell’immediato e in un orizzonte di lungo periodo: l’aumento del fatturato delle aziende che adotteranno tecnologie di AI sarà di quasi 3 punti percentuali più alto rispetto alla media delle aziende del settore e l’impatto dell’AI sarà pari a 570 miliardi di euro di fatturato al 2030.

Quello dell’Intelligenza Artificiale è un comparto in crescita, che secondo IDC supererà i 300 miliardi di ricavi a livello globale nel 2024. L’Italia ha buone potenzialità, dal momento che l’indice i-Com sul grado di sviluppo dell’AI la vede in 13° posizione su 27 Stati UE, non lontano dalla Germania. Per cogliere questa opportunità, occorre fare di più aiutando le imprese ad avvicinarsi all’Artificial Intelligence e a sviluppare progetti d’impatto reale facilmente replicabili nei settori chiave dell’Economia Italiana, contribuendo a un circolo virtuoso di rilancio” ha dichiarato Silvia Candiani, AD di Microsoft Italia.

“Per questo anche l’AI è al centro del nostro impegno con il piano Ambizione Italia #DigitalRestart, che a soli otto mesi dal lancio ci ha già visto collaborare con aziende e istituzioni per dare avvio a molte iniziative volte a contribuire alla trasformazione digitale del Paese, dall’Alleanza per lo Smartworking all’Alleanza per la Sostenibilità, dal supporto alle PMI alla formazione digitale agli studenti.”.

Il Microsoft AI Hub si concretizzerà come segue:

  • Focus su 6 settori chiaveMade in Italy (retail, moda e design), manifatturieroservizi finanziarisanitàenergia e infrastrutture.
  • Microsoft agirà da abilitatore mettendo a disposizione la propria expertise e la propria piattaforma Cloud per sviluppare scenari applicativi di Data & AI e per identificare le realtà a più alto potenziale attraverso un Data & AI Maturity Check-Up.
  • In una logica di Open Innovation, le aziende stesse dei comparti strategici dell’economia italiana saranno infatti protagoniste condividendo la propria conoscenza del settore per realizzare use case avanguardistici e progetti pilota, grazie alla stretta collaborazione con gli esperti Microsoft e una task-force di partner in grado offrire consulenza e di mettere le proprie risorse al servizio dello sviluppo, dell’implementazione e dello scale-up di applicazioni di Intelligenza Artificiale.
  • I primi partner Microsoft a bordo dell’iniziativa sono già oltre venti, tra cui: Accenture, Alterna, Altitudo, beanTech, Capgemini, DataSkills, Factory Software, Hevolus Innovation, Iconsulting, Integris, NTT DATA, Porini, Sopra Steria, 4ward.
  • L’iniziativa è aperta ad accogliere altri player per contribuire sempre più alla diffusione dell’AI in Italia e nei prossimi mesi si svilupperà sia in virtuale sia in presenza, andando ad arricchire il Microsoft Technology Center, presso la Microsoft House a Milano, progettato per far vivere scenari d’innovazione ad aziende, startup e professionisti e per promuovere proprio l’Open Innovation.
“Positivo che in Italia si stia diffondendo crescente consapevolezza del valore strategico dell’AI, che non solo è tra le priorità del Governo come emerge dalla definizione di una Strategia per l’Intelligenza Artificiale, ma che è anche sempre più presente nelle scelte di investimento delle imprese: secondo l’indagine Microsoft-KRC Research il 28,2% delle aziende ha già integrato l’Intelligenza Artificiale nella propria strategia aziendale o è in fase di implementazione, mentre il 38,8% sta valutando o sperimentando l’adozione di tecnologie intelligenti. E il 96,5% dei dirigenti delle imprese più mature sull’utilizzo dell’AI dichiara di averne già tratto un valore per il proprio business”, ha commentato Sergio Romoli, Direttore Cloud & Enterprise di Microsoft Italia. 

Spesso però la mancanza di talenti adeguati porta molte aziende ad aver condotto sperimentazioni, ma poche riescono a procedere con un reale scale-up. Ecco perché con Microsoft AI Hub vogliamo fare ecosistema per contribuire allo sviluppo di progetti concreti e facilmente scalabili, grazie alla collaborazione tra i nostri esperti, il nostro network di partner e le aziende stesse, con l’obiettivo di contribuire all’innovazione di interi settori. Al contempo AI Hub offrirà utili risorse i termini di formazione, perché mindset e competenze sono il presupposto per il successo dell’AI e per la trasformazione digitale del Paese”.

Al centro dell’abilitatore, quindi, la rapida prototipazione di progetti in grado di far leva sull’AI per generare un impatto concreto e facilmente replicabili per contribuire alla competitività di industry strategiche, con focus su alcuni scenari chiave per la ripresa, come l’utilizzo di dati e analytics per recuperare agilità, per personalizzare l’esperienza di clienti e dipendenti, per digitalizzare i processi in una logica di maggior resilienza e per agevolare l’innovazione di prodotti e servizi.

A tal fine nei progetti pilota verranno integrate tecnologie avanguardistiche ma già consolidate di Computer Vision, Mixed Reality, Data & Knowledge Mining, Bots & Conversational AI, Predictive Analytics, Machine Learning e Data Visualization, abilitate dal Cloud Computing di Microsoft.

Lo sviluppo di use case verrà promosso anche attraverso iniziative come Business Hackathon, volti a stimolare le aziende a collaborare con Microsoft e i Partner per ottimizzare i processi grazie all’AI, sfidandosi per aggiudicarsi supporto consulenziale da parte di esperti/accademici in modo da poter implementare e scalare i propri progetti.

Il Microsoft AI Hub sarà anche un centro di competenze per promuovere la cultura del digitale e la formazione con l’obiettivo di colmare lo skill gap del Paese e di diffondere conoscenze strategiche per un approccio etico all’Intelligenza Artificiale, che possa contribuire a una crescita sostenibile dell’Italia. A tal fine Microsoft metterà a disposizione un ricco palinsesto di contenuti nella sezione dedicata all’AI Hub della piattaforma digitale Ambizione Italia #Digital Restart e svilupperà iniziative di formazione e corsi rivolti a giovani, partner e aziende.

Le realtà del territorio avranno in particolare l’opportunità di accedere all’AI Business School di Microsoft, un’esperienza formativa consolidata che consente di personalizzare il proprio programma di apprendimento scegliendo i corsi in base alle necessità, al livello di conoscenza dei temi e all’industry, con la possibilità di ottenere anche certificazioni utili sul mercato e soprattutto di acquisire nozioni di business, nonché competenze pratiche su come sviluppare Bot e App intelligenti.

linkedin employee branding

Dall’Employer all’Employee Branding: attrarre i giovani con l’umanità e l’imperfezione

  • Dall’eroismo alla vicinanza sociale dei brand, anche l’employer branding cambia prospettiva
  • Puntare sull’inclusione generazionale è la strategia giusta per non perdere attrattività

Non è un errore di battitura. Nel titolo è scritto proprio Employee Branding (branding dei dipendenti) perché il focus delle strategie di attrazione dei futuri lavoratori in azienda si sposta sempre di più dal brand alle persone.

La trasformazione in Employee Branding

Il cambio culturale che si è prodotto nel nostro immaginario collettivo in questo 2020 di pandemie e infodemie, ha già modificato i messaggi sul piano marketing dei brand più importanti portandoli a narrare degli storytelling che, come ha profetizzato Andrea Fontana in “Ballando con l’Apocalisse” (ROI Edizioni, 2020.p.58), sono passati dai messaggi che prima del Covid-19 recitavano: “Amami, ti insegno a vivere, per cui comprami” a: “So che siamo nei guai, ma credo di capire i tuoi problemi, che sono anche i miei, proverò a starti a fianco per fare con te un pezzo di strada insieme”.

leadership
E l’employer branding non può esimersi dal guardarsi allo specchio e riflettere se i messaggi che parlavano di impatto, carriera, “better workplace to be” e di benefit personalizzati siano ancora validi dopo la rivoluzione culturale e di sensibilità che si sta compiendo in questi mesi nella percezione dei potenziali nuovi dipendenti.

Un altro aspetto con cui fare i conti sarà senza dubbio la percezione della scarsità del lavoro e delle inevitabili difficoltà collegate alla contrazione del mercato per il 2021 che potrebbero modificare in un senso o in un altro i valori che i più giovani reputano distintivi di un brand. Si sceglieranno brand più “sicuri” dal punto di vista della stabilità economica e della sicurezza psicologica o continuerà il trend di infatuazione verso le aziende che riflettono sensibilità ai temi di sostenibilità e digitalità?

Employee Branding

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In altre occasioni ho già espresso personalmente quali contenuti evergreen dovrebbe comprendere una strategia di employer branding per essere efficace soprattutto in relazione al target giovanile: ovvero che il messaggio di Employer Value Proposition deve puntare sul miglioramento degli aspetti ritenuti per loro stessi come “negativi”, e quindi motivare, informare e valorizzare coloro che si ritengono disinformati, sfiduciati, defocalizzati, ma attraverso uno stile che si avvicini agli attributi che Millennials e Zed Gen conferiscono a loro stessi come “positivi”, ovvero partecipativo, dinamico, digitale e “smart”.

Ma esistono sicuramente altri temi fondamentali su cui vale la pena concentrare l’attenzione. Uno di questi è senz’altro la capacità di rappresentare in maniera trasparente ed efficace l’attenzione dell’azienda all’inclusione generazionale. Stando ai dati di Universum Global (2019) del D&I Index, infatti, il Il 53% dei Millennials definisce la diversità come diversità di età, l’83% dei Millennials e il 92% della Gen Z la considera come diversità culturale.

Sono quindi meno prevalenti gli altri temi come il genere, l’etnia, la religione, etc., e questo sta a significare quanto sia efficace poter rendere la propria organizzazione non solo sensibile, ma concretamente dedita all’inclusione generazionale, al fine di renderla naturalmente attrattiva per le nuove generazioni.

Employee Branding
La dicotomia tra “veterani” e “neofiti” rappresenta anche sul piano emotivo del giovane la paura di non essere integrato, accettato o accompagnato nella crescita professionale da parte dell’organismo aziendale. Questo, spesso, detiene o un numero elevato di senior, o una cultura valoriale che risiede necessariamente nelle figure con maggiore “anzianità” di carriera in quell’organizzazione.

Non è un mistero, inoltre, che i brand che investono in Diversity & Inclusion, aumentano significativamente i loro ricavi.
Gli ultimi dati del Diversity Brand Summit 2020 rilevano un +23% di crescita complessiva, con scelte di acquisto da parte dei consumatori che sono dedicate per oltre il 63% ai marchi ritenuti maggiormente inclusivi e la misura del Net Promoter Score che evidenzia una veicolazione del passaparola addirittura del +89,8% per questa tipologia di brand.

Se l’inclusione culturale attrae consumatori, probabilmente può farlo anche per futuri employee. Non a caso molti marchi di questa classifica coincidono anche con quelli più scelti o preferiti nelle indagini dell’Universum Most Attractive Employers Italy 2020.

Employee Branding

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Narrare l’inclusione significa approcciarsi alle tematiche sociali e di sostenibilità e ad un mindset culturale aperto e vicino alla realtà contemporanea delle persone, in particolare quelle alla ricerca di un lavoro, poiché ne vivono la complessità, l’incertezza e la volatilità in maniera molto concreta.

Torniamo quindi al principio per cui non sono forse solo le soluzioni eroiche dell’Employer ad attrarci (“ho un’opportunità di lavoro per te, ti salverò dalle difficoltà economiche”) ma anche i problemi e i conflitti umani che ci spronano e ci motivano nel momento in cui le organizzazioni che accettano le diversità e le fragilità di tutti e sono rappresentate anche da persone che falliscono, esitano e soffrono.

Poiché una delle grandi difficoltà delle strategie di employer branding è quella di rapportarsi con la comunicazione esterna di prodotto (che solitamente non parla di persone) la strada del racconto dell’imperfezione, fatta di esseri umani perfettibili, di risultati non ottenuti e obiettivi non raggiunti, potrebbe diventare una scelta di narrazione coraggiosa e ripida, ma che certamente riuscirebbe ad attrarre molto efficacemente la platea dei potenziali employee, (giovani e meno giovani), in quanto ineluttabilmente autentica.

La frontiera innovativa dello storytelling di un datore di lavoro che si prefigura è quindi una sorta di “Employer Unbranding” o “Employee Branding”, dove si comunica in primis la vita autentica delle persone, senza filtri, essenziale. E ancora di più uno storytelling intergenerazionale può fare la differenza, nel momento in cui la narrazione delle storie professionali riesca a rappresentare anche i conflitti e le criticità della vita delle persone, con l’obiettivo non solo di aumentare la notorietà dell’employer brand, ma anche di offrire una reale utilità alle persone stimolando il loro interesse e il loro coinvolgimento.

i social network e la censura

Se i social media diventano editori: il pericolo della censura. Intervista ad Alberto Mingardi

Cosa sta accadendo nel mondo dei social media? La recente decisione di Facebook e Twitter di bannare il presidente degli Stati Uniti uscente, Donald Trump, come fosse un utente qualsiasi, è una scelta che sembra andare ben oltre gli “standard della community” e crea un precedente preoccupante. Ne abbiamo parlato con Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, professore associato di Storia delle Dottrine Politiche all’Università IULM di Milano e autore di “Contro la tribù – Hayek la giustizia sociale e i sentieri di montagna”.

I nuovi media sostituiranno i social tradizionali?

Può un social network censurare le idee? Il caso Trump apre interrogativi sul potere della tecnocrazia ed accendo il dibattito. Quale saranno gli effetti futuri? Assisteremo ad una fuga degli utenti verso i media emergenti?

«La censura di Trump crea un doppio cortocircuito. Equipara di fatto i social network agli editori tradizionali, scegliendo di non dare voce a un utente, esattamente come farebbe l’editore di un quotidiano – sottolinea Alberto Mingardi – L’interrogativo attuale, a fronte  delle problematiche in cui sono coinvolti, tra cui i diritti di copyright, a difendersi sostenendo di non essere editori, d’ora in avanti? Dall’altra, mette in crisi coloro che hanno sempre denunciato i social perché sottratti alla regolamentazione pubblica: Twitter e Facebook si sono, letteralmente, autoregolati. L’espulsione di Trump è un atto eclatante ed apre un dibattito che si svilupperà a lungo».

censura sui social media

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Le Big Tech, nate come espressione del libero mercato, sembrano ormai legate indissolubilmente ai decisori politici, tanto da fornire output non desiderabili, tali da far fallire le proprie stesse premesse. Il risultato è un conglomerato di potere, più vicino alle logiche del crony capitalism che del free market.

Parler in crescita

Alla censura in atto su Twitter e Facebook si è unita l’offensiva contro Parler da parte di Google e Apple (con la rimozione dell’App dai rispettivi store online) e di Amazon dai propri server. La fuga degli investitori, testimoniata dai crolli in borsa delle piattaforme, si tradurrà anche in una fuga degli utenti verso piattaforme alternative? In una logica di libero mercato l’ipotesi diventa realistica, nel momento in cui altri player saranno in grado di offrire servizi altrettanto interessanti. Anche se lo scoglio resterà sempre il solito: la massa critica di persone che andranno ad animare una nuova piattaforma e quanto il valore aggiunto di quest’ultima verrà percepito dagli utenti, sempre più polarizzati in “tribù” distinte e impermeabili tra loro.

«Twitter e Facebook ci ricordano tutti i giorni come sia cambiato Internet – continua Mingardi – Speravamo fosse uno spazio aperto, nel quale potesse svilupparsi un dibattito più razionale e sereno, invece i social replicano, in certi casi inasprendola, la tribalizzazione anche politica che si riscontra nelle nostre società. Il cerchio delle cose che leggiamo si restringe. Gli algoritmi dei social media aiutano ciascuno di noi a costruire la propria echo-chamber, impermeabile a qualsiasi contaminazione di altre opinioni».

censura su Trump

Alberto Mingardi

Professor Mingardi, l’assenza di dibattito radicalizza ogni utente sulle proprie posizioni? La comfort zone dei propri amici diventa quella del proprio algoritmo di gradimento.


«La frequentazione assidua di queste piattaforme rinforza le convinzioni di ogni utente, un po’ come un tempo si faceva comprando in edicola l’Unità e il Giornale. Solo che qualsiasi quotidiano, anche il più schierato, è plurale negli argomenti trattati: nei media tradizionali c’era sempre l’articolo di cricket in un magazine stampato per gli appassionati di calcio.

Nel nuovo mondo polarizzato, alcune tribù hanno avuto più successo di altre, come nel caso di quella dei sostenitori di Donald Trump nel 2016. Quattro anni fa nessuno o quasi si sarebbe aspettata l’elezione del candidato repubblicano, che aveva costruito un grande seguito su Twitter (memorabile la sua battuta al raggiungimento del milione di follower: “È come avere il New York Times, senza pagare per il suo bilancio in dissesto”). La sua lezione non è stata sprecata e nel frattempo anche i democratici si sono messi al lavoro per recuperare terreno. La comunicazione politica è diventata così sempre più aggressiva, intollerante, tribale».

censura dei social media su Trump

Riconoscere una fake news

Le fake news bastano a censurare il post di un account privato. Chi decide e come si riconosce una notizia fake?
«Quando ti metti a definire una fake news non ne esci più. Cos’è realmente? Alcune sono evidenti, altre meno. Dove comincia la “balla” e dove inizia l’opinione? È un lavoro che possono fare i fact checkers, ma anche costoro debbono crearsi una reputazione “sul mercato”: guai se diventano censori ufficiali.
Le misure di contrasto alle fake news riprendono anche un po’ il target dei social, riflettono gli utenti: FB, che è più popolare e trasversale ha lasciato più libertà di circolazione delle idee rispetto a Twitter, che ha filtri più coerenti con la sua base utenza».

Serve una normativa? Molti decisori politici invocano un provvedimento che ponga limiti allo strapotere delle piattaforme social.
«Regolare decisioni arbitrarie di soggetti privati, come le Big Tech, con le decisioni, altrettanto arbitrarie, della politica e della legge? Forse non è la soluzione migliore. Bisognerebbe scommettere sulla diversificazione e sul mercato: se le persone non si troveranno bene in una piattaforma, migreranno in un’altra piattaforma, quando qualcuno proporrà loro offerte alternative e altrettanto credibili. Si pensi alla crescita di Linkedin, che è una specie di porto sicuro dalle polemiche più urlate. Vedremo come evolverà Parler, ora che Twitter ha cacciato Trump».

censura dei social media

I social media diventano editori proprio nel momento in cui la fiducia nei media tradizionali è al minimo storico.


«L’assenza di fiducia nei media tradizionali non per forza è un fatto positivo: le grandi testate hanno anche una funzione di scrematura dei punti di vista, l’opinione di mio cugino vale meno di quella del fondo del Wall Street Journal. Si presume che chi scrive per queste testate abbia una capacità di analisi maggiore. I grandi media hanno la funzione di dirti che ci sono cose che meritano la prima pagina e altre che stanno bene a pagina 25, una funzione preziosa, ben diversa dalla home di un social, che invece è basata su una scala di importanza personalizzata per i gusti di ciascuno di noi.

La crisi dell’editoria, e dei media tradizionali in generale, ha portato questi editori a motivare la propria tifoseria, tribalizzando a loro volta l’informazione: solo un altro modo per tamponare l’emorragia di lettori e ascoltatori, una strategia che tuttavia non sembra funzionare molto. Quello delle tifoserie è un gioco che, ad esempio, è stato chiaro per tutto il 2020 con l’isterismo pandemico, alimentato dai media tradizionali in una rincorsa perversa agli umori dei social».

censura

Attrarre l’audience

Il problema dell’autorevolezza, non riguarda solo i media ma anche la comunicazione politica. La pazienza delle persone è poca, l’intrattenimento è tutto: tempo una frazione di secondo si deve decidere se scrollare la home o soffermarsi su un tema.

«La comunicazione politica dovrebbe portare a conoscere qualcuno che mi somiglia ma che, per preparazione su certi temi e capacità, è meglio di me. Questo era il vecchio approccio: attualmente, nella sfiducia generalizzata, la gente si accontenta di intrattenimento: se lo show è divertente mi accontento, anche se i protagonisti non sono migliori di me e forse sono perfino peggio.

Il problema è che finché concedo il 5% del Pil all’intrattenimento (cinema, teatro, Netflix…) la situazione rientra nella normalità, ma se noi scegliamo i politici come in base alle loro doti di entertainment, stiamo scegliendo persone, sulla base di questo criterio, per affidargli metà del PIL; questa eventualità, che si sta concretizzando nelle nostre società attuali, diventa un problema.

Alberto Mingardi, Contro la tribù

Alberto Mingardi, Contro la tribù: Hayek, la giustizia sociale e i sentieri di montagna, Alberto Mingardi, Marsilio, 2020

La narrazione mainstream è ormai un “framing” preciso che esclude ogni altra “versione dei fatti”, censurandola dalla storia ed escludendo ogni revisionismo? 

C’è sempre una realtà, tra le tante possibili, che diventa mainstream a discapito di altre. Eppure non sempre la versione che sopravvive è anche la più aderente ai fatti. Prendi l’esempio del Titanic: uno sceneggiatore del film di James Cameron trovò che un banchiere, a bordo, era rimasto sulla nave che colava a picco citando il posto al suo maggiordomo. Ne discussero con il regista e gli altri autori ma scelsero di non inserirlo nel film. Perché? Forse perché erano convinti che le persone non si sarebbero appassionati alla vicenda, forse perché gli sembrava troppo strano che un riccone potesse essere anche una persona animato da tanto spirito di sacrificio. In un caso o nell’altro, vediamo un approccio ideologico magari non “scelto” apertamente ma senz’altro pervasivo e penetrato a fondo nelle nostre società».

A proposito di Hollywood: in prima fila, nelle proteste contro Trump, artisti, intellettuali, influencers e celebrità. Sembra cambiato poco da fine anni ’60, quando contro Nixon iniziò una vera e propria rivolta, capeggiata dalle star.

«Gli artisti, gli intellettuali da sempre sono stati “contro” il potere costituito, offrendo spesso una visione alternativa, ma la cose dai tempi di Nixon sono cambiate moltissimo: le proteste di ieri hanno gettato le fondamenta culturale dell’establishment di oggi. Molto spesso la ribellione è di maniera e in realtà perfettamente coerente con presupposti ideologici comunemente accettati, soprattutto nel mondo della comunicazione e dello showbiz. C’è un conformismo dell’anticonformismo».

Trump

Abbiamo citato Parler che, come altre piattaforme, si sta affacciando nel mercato dei social media. Se la soluzione non può arrivare dallo Stato, dovrà arrivare giocoforza dal mercato: nuove applicazioni, oppure…

«La mia proposta è far pagare la gente per scrivere. Un piccolo pedaggio. Sembra una proposta scandalosa e irricevibile ma se ci pensi non lo è: un tempo il costo per comunicare le proprie idee, o mandare a quel Paese qualcuno era alto. Se avevi un reclamo da fare a un’azienda, ad esempio, dovevi prendere carte e penna e perdere tempo e soldi per la spedizione della lettera. Oggi il costo di una comunicazione di questo tipo è irrisorio, il tempo di due minuti per scrivere un tweet; l’utente consumatore si ritiene invincibile e spesso comunica alle aziende con una certa aggressività, pretendendo risposte esaustive e in tempo reale. Per non dire dei commenti agli articoli di giornale: una sfilza di vaffa, neanche troppo infiorettati. Ma questa veemenza perché non viene utilizzata nei confronti degli operatori pubblici? Perché sui social media e online si trasferiscono le nostre aspettative della realtà: dalle aziende private e dai brand ci aspettiamo efficienza, mentre nei confronti dello Stato non abbiamo aspettative, perché siamo già abituati alla sua inefficienza. Insomma, e se tornassimo a fare pagare alla gente il francobollo?».

USA, Xiaomi nella blacklist e il titolo crolla in borsa a Hong Kong

Xiaomi, la big tech dell’elettronica cinese, terza al mondo nella produzione di telefoni cellulari, crolla in borsa ad Hong. A soli sei giorni dall’abbandono della Casa Bianca, l’ultimo atto del presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump, che inserisce Xiaomi nella lista nera, designandola come “compagnia militare cinese comunista”.

Xiaomi nella blacklist USA

xiaomi ban di trump

Il Dipartimento della Difesa USA ha comunicato, infatti, che il colosso cinese rientra in una nuova lista di aziende contro le quali gli Stati Uniti imporranno specifiche restrizioni, con l’ordine per società e investitori statunitensi di disinvestire in Xiaomi entro l’11 novembre.

L’intervento di Biden potrebbe ribaltare la decisione, ma sorprende al momento la presenza di un’azienda elettronica come Xiaomi nella lista nera, inclusa tra i nove nomi di società evidenziate dal Dipartimento della Difesa, molto più orientate all’industria specializzate in aviazione, aerospaziale, cantieristica navale, chimica, telecomunicazioni, edilizia e altre forme di infrastruttura.

Anche Huawei, il secondo produttore di telefoni al mondo, è sulla lista, ma in quanto costruttore di apparecchiature di telecomunicazione su larga scala.

Immediata la replica di Xiaomi e il portavoce dell’azienda ha affermato di:

Operare in conformità con le leggi e i regolamenti pertinenti delle giurisdizioni in cui svolge le proprie attività. Non è di proprietà, controllata o affiliata all’esercito cinese, e non è una compagnia militare cinese comunista.

Al vaglio anche le conseguenze economiche e il riflesso in termini di immagine della disposizione USA, prima di intraprendere qualsiasi azione.

Xiaomi

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La Bigtech potrà utilizzare Android e Google Play

Se Huawei è nella “Entity list”, ovvero l’elenco delle entità del Dipartimento del Commercio statunitense che impedisce all’Usa di esportare tecnologia ad aziende inserite nella lista nera, evitando qualsiasi collaborazione,  Xiaomi invece fa parte del gruppo che vieta investimenti diretti. Questo significa che Xiaomi non perde la possibilità di utilizzare Android, Google Play o chip Qualcomm (a differenza di quanto accaduto a Huawei), ma al tempo stesso le aziende USA che hanno quote in Xiaomi saranno costrette a rivedere le proprie posizioni.

Il Dipartimento del Commercio si sta muovendo per impedire a sei interi Paesi, designati come “avversari stranieri”, di fornire apparecchiature di comunicazione agli Stati Uniti, inclusi Cina, Russia, Iran, Corea del Nord, Cuba e il governo del venezuelano Nicolás Maduro.