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Puoi continuare a usare ChatGPT nella tua azienda tutelando la privacy. Ecco come

Dopo la comparsa di ChatGPT, il più popolare e utilizzato strumento di AI generativa che ha avuto senza dubbio il merito di rendere di uso comune l’Intelligenza Artificiale, aiutandoci forse a comprenderne meglio il funzionamento, le nostre vite ci sembravano un po’ cambiate, a causa delle implicazioni sulla sfera professionale che l’impiego di questa tecnologia prospettava.

Anche sulla sfera personale, però, l’impatto non era indifferente. Ce lo ha ricordato il Garante della Privacy che, sulla base della non aderenza alle norme contenute nel GDPR, ha imposto all’applicazione di OpenAI lo stop al trattamento dei dati della popolazione italiana.

LEGGI ANCHE: Stop a ChatGPT in Italia: il Garante della Privacy apre un’istruttoria

Al di là della curiosità della maggior parte degli utilizzatori, che si sono approcciati al sistema per gioco o per uso strettamente personale, molte aziende hanno scoperto con entusiasmo le possibilità di integrazione nei processi aziendali adottando immediatamente la nuova tecnologia per facilitare o velocizzare alcune operazioni.

La tegola dell’interruzione del servizio da parte di OpenAI ha quindi posto molte domande sulle possibilità di utilizzare il servizio in futuro. Domande che ci siamo posti anche noi.

Per questo, abbiamo sentito Gianluca Maruzzella, CEO e co-founder di indigo.ai e abbiamo scoperto che non tutto è perduto: ad esempio, che le interfacce dedicate agli sviluppatori continuano a funzionare e che GPT3 è ancora disponibile tramite i servizi Azure di Microsoft all’interno del territorio della UE ed è quindi completamente compliant alla GDPR.

Ecco cosa ci ha detto Gianluca.

 

Gianluca Maruzzella - Ceo di indigo ai - Come continuare a usare ChatGPT dopo l'istruttoria del Garante della Privacy

Facciamo chiarezza: ChatGPT è davvero bloccato?

Per noi è importante fare innanzitutto una premessa più ampia: il diritto alla privacy è fondamentale, e su questo non si discute.

La posizione del Garante, indipendentemente dall’effetto che ha scaturito, parte da una intenzione concettualmente corretta: fare chiarezza e regolamentare ove possibile un corretto trattamento dei dati di una organizzazione estera, OpenAI, rispetto ai cittadini italiani.

Allo stesso tempo crediamo sia importante favorire l’accesso alle tecnologie in quanto hanno un impatto diretto sulla competizione del nostro sistema-paese.

Fatte queste dovute premesse e tornando allo specifico caso di ChatGPT, è fondamentale distinguere il servizio rivolto agli utenti, che OpenAI ha scelto di non rendere accessibile agli utenti italiani in seguito alla richiesta del Garante di sospendere temporaneamente il trattamento dei dati,  dai modelli di linguaggio di OpenAI che sono attualmente accessibili dalle aziende, anche italiane, che vogliono utilizzarli per sviluppare le proprie soluzioni basate su AI generativa, come facciamo noi di indigo.ai.

Quali sono i servizi interessati dal blocco dopo l’istruttoria del Garante della Privacy?

In seguito all’istruttoria del Garante è stata disabilitata l’interfaccia più “consumer” di ChatGPT che era raggiungibile all’indirizzo chat.openai.com, sia nella versione gratuita sia in quella a pagamento.

L’istruttoria ha l’obiettivo di tutelare i cittadini italiani, in particolare assicurandosi che i loro dati vengano trattati in modo compliant alla GDPR e gestiti in data center all’interno dell’Unione Europea.

Avendo a disposizione un’interfaccia in cui potenzialmente scrivere qualsiasi cosa, con ChatGPT ogni cittadino italiano può riportare dei propri dati personali. Questi vengono poi gestiti attraverso data center di OpenAI collocati verosimilmente sul territorio statunitense, e di conseguenza utilizzati per migliorare le performance del modello al di fuori dell’Unione Europea.

stop a chatgpt

Quali sono invece quelli che continuano a funzionare?

Continuano a funzionare le interfacce dedicate agli “sviluppatori”.

Si tratta di un servizio di OpenAI chiamato playground che consente ad aziende e startup che vogliono sviluppare servizi innovativi utilizzando i modelli dietro ChatGPT di potervi accedere sia da interfaccia che attraverso API.

OpenAI ha sviluppato questi servizi pensando alle esigenze delle aziende, dando anche la possibilità di sfruttare l’infrastruttura tecnologica di Microsoft Azure che fornisce ambienti cloud in Europa e quindi completamente compliant alla GDPR.

Le realtà che vogliono utilizzare la potenza dei modelli sottostanti a ChatGPT all’interno del proprio stack tecnologico possono quindi continuare a farlo perché accedono ai modelli attraverso i servizi Azure di Microsoft, quindi i dati non fuoriescono dai confini europei.

Ad esempio, nel nostro caso abbiamo sviluppato una piattaforma rivolta alle aziende per consentire loro di creare chatbot di nuova generazione.

La nostra piattaforma utilizza diversi modelli di intelligenza artificiale generativa, tra i quali anche quelli creati da OpenAI, naturalmente sfruttando le opportunità rivolte agli sviluppatori e nel massimo rispetto della privacy grazie ai servizi di Azure che opera nell’Unione Europea.

Inoltre, ben prima di questo provvedimento del Garante della Privacy, abbiamo sempre posto massima attenzione al trattamento dei dati che facciamo anche e per conto dei nostri clienti: abbiamo nominato un Data Protection Officer e, nei contratti che facciamo sottoscrivere ai nostri clienti per l’utilizzo del nostro software, noi veniamo sempre nominati come responsabili esterni del trattamento dei dati mentre il cliente invece risulta essere titolare del trattamento.

Questo ci consente di fornire alle aziende italiane che a loro volta hanno utenti in italia, una soluzione per la creazione di chatbot che sfrutta la potenza delle più avanzate tecnologie sviluppate dalle big tech, ma fornendo loro opportunità di controllo, sia sui dati sia sui messaggi.

Le aziende possono così utilizzare la conoscenza generalista di GPT3 e integrarla con la conoscenza di settore e i dati dell’azienda, rispetto ai quali possono avere il massimo controllo rispetto all’accuratezza dell’informazione e nel massimo rispetto della privacy.

Al momento, utilizzare una VPN è davvero l’unica soluzione per l’utente medio?

Qualunque utente può accedere a ChatGPT simulando la connessione da un paese che non è l’Italia. Per farlo è possibile utilizzare una VPN. Ad esempio, tramite il browser Opera è possibile attivare gratuitamente una VPN ed accedere sia a ChatGPT che a Bard.

Una seconda soluzione potrebbe essere connettersi al playground, la piattaforma dedicata agli sviluppatori.

In questo caso c’è un costo di utilizzo estremamente accessibile (circa 0,001€ a messaggio). Trattandosi però di un’interfaccia progettata per gli sviluppatori è meno user friendly della versione di ChatGPT disponibile all’indirizzo chat.openai.com.

Che contromisure dovrebbe adottare chi ha iniziato a utilizzare questo strumento nei processi aziendali?

In questi mesi in cui ChatGPT è salito alla ribalta ci sono state due principali modalità in cui è stato inserito lo strumento nei contesti aziendali.

Da una parte tanti professionisti lo hanno utilizzato come supporto alla propria operatività per fare meglio il proprio lavoro, chiedendo a questi tool di AI generativa di scrivere mail, brief, elaborare pensieri, costruire presentazioni, etc.

Dall’altra, chi ha avuto modo di sfruttare questo modello da sviluppatore e ha trovato degli ambiti di applicazioni interessanti per l’utilizzo di chatGPT come modello di linguaggio da integrare in soluzioni B2BC, ha anche potuto inserirlo a pieno regime all’interno di un processo aziendale chiamandone le API – quindi in modo sicuramente più invasivo.

In entrambi i casi è possibile continuare ad ottenere i benefici dell’AI generativa, senza dover mettere in discussione il diritto fondamentale alla privacy degli individui.

In ogni caso le rincipali contromisure sono le seguenti:

  • Prima di tutto continuare a prestare attenzione al tema del trattamento dei dati e quindi, qualsiasi sia l’applicazione messa in piedi, trovare sempre le giuste modalità per informare l’utente sul trattamento dei dati durante l’utilizzo. Naturalmente questa non dovrebbe essere una novità: la stessa attenzione sarebbe stata necessaria anche prima della diatriba tra Open AI e Garante della Privacy. Chi lo ha usato per scrivere le mail, ad esempio, può ricorrere all’uso di VPN in attesa che si risolva la disputa tra il Garante risolve e Open AI, in quanto nella maggior parte dei casi non serve trattare dati personali per assolvere allo scopo. Chi invece ne ha usufruito per la realizzazione di servizi rivolti ai consumatori finali, quindi sfruttando le interfacce da sviluppatore, potrebbe continuare ad utilizzarlo, accertandosi però di mostrare e chiedere all’utente di accettare la privacy policy – adeguatamente scritta per coprire questo caso d’uso – prima che avvenga il trattamento.
  • Per tutte le altre applicazioni più invasive, è inoltre utile capire quali modelli o tecnologie di AI siano in grado di assolvere allo stesso scopo – quindi trovare dei sostituti a ChatGPT per essere in grado di regolare il servizio che era stato immaginato senza interruzioni. Su questo fronte basta pensare al fatto che ChatGPT si basa su GPT3 che invece è disponibile tramite i servizi Azure di Microsoft all’interno del territorio della UE.

In ogni caso una strategia potrebbe essere anche solo quella di aspettare: dato che non è nell’interesse di nessuno bloccare la tecnologia, ci aspettiamo che a breve il Garante e Open AI trovino una soluzione che permetterà di ripristinare l’utilizzo di ChatGPT senza che ci siano rischi per la privacy delle persone.

salesforce chiama italia

Salesforce, l’ecosistema italiano cresce e aiuta le aziende a diventare Customer Company

Salesforce ha annunciato i risultati finanziari dell’anno fiscale da poco concluso che hanno visto il fatturato globale crescere su base annua del 18% raggiungendo così i 31,4 miliardi di dollari con un margine operativo del 22,5%.

A questa crescita ha contribuito significativamente anche l’Italia, che si conferma al quarto posto in EMEA e all’Ottavo nel mondo per volume d’affari.

In un momento di mercato estremamente difficile, le aziende devono concentrarsi sempre di più sulla conoscenza dei propri clienti in modo da alzare il livello della relazione. Oggi abbiamo a disposizione le tecnologie per riuscire ad anticipare i bisogni dei consumatori che è esattamente quello che le persone stanno chiedendo – ha commentato Mauro Solimene, Country Leader di Salesforce per l’Italia. – In questo modo ogni azienda può diventare una Customer Company e mantenere alta la fiducia del cliente. È quello che in Salesforce facciamo da sempre con il fondamentale contributo di tutto l’ecosistema”.

salesforce ecosistema

LEGGI ANCHE: Le sfide per i marketer nel 2023: la ricerca di Salesforce su un campione di oltre 6.000 leader del settore

I partner trainano l’ecosistema Salesforce

Anche in questo anno appena trascorso i partner sono aumentati sia in numero sia in qualità con un numero di certificazioni (4700) che mette l’ecosistema Italiano al secondo posto in EMEA per numero di certificazioni.

Un ecosistema che lo scorso anno ha visto la nascita della figura dei Cloud Reseller. Sono già 10 le aziende Italiane che hanno deciso di investire in risorse e competenze per creare dei  team dedicati alla rivendita di soluzioni Salesforce sul mercato italiano.

Ma per Salesforce ecosistema va ben oltre al concetto di partnership commerciale e tecnica.

Il nostro ecosistema sta crescendo costantemente, sono ormai 6000 le persone certificate all’interno dei nostri clienti e partner – ha spiegato Solimene. – Sul mercato vediamo sorgere opportunità che solo aziende lungimiranti possono cogliere. Non a caso tocchiamo con mano situazioni in cui i ruoli sono sempre più liquidi: molti partner sono gia’ clienti, ma spesso le aziende clienti lanciano attraverso la nostra piattaforma dei nuovi business e diventano a loro volta rivenditori di Salesforce”.

LEGGI ANCHE: Scopri le abitudini d’acquisto di oltre un miliardo di persone nel report gratuito di Salesforce

Cura e attenzione nell’acquisizione di competenze

Un elemento chiave che conferma che l’Italia nel mondo Salesforce sta acquisendo sempre più importanza, è l’investimento da parte dell’azienda su Trailhead, la piattaforma di eLearning gratuita su cui è possibile acquisire competenze digitali e più specifiche su Salesforce, e che da quest’anno è stata resa disponibile anche in lingua italiana.

salesforce trailhead

Gli investimenti di Salesforce sull’acquisizione di competenze e sulla formazione hanno sempre assunto un ruolo fondamentale all’interno dell’azienda e acquistano dimensioni sempre più importanti. È infatti tra gli obiettivi dell’azienda quello di cercare di unificare lo scollamento tra le competenze di cui le aziende hanno bisogno e quelle attualmente utilizzate dalla forza lavoro.

Per noi è importante sapere che ogni giorno possiamo apportare il nostro contributo per far sì che tutti possano acquisire le competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro e costruire la propria carriera, anche da zero. Con Trailhead, da quest’anno disponibile anche in italiano, tutto questo è ancora più possibile” ha concluso Mauro Solimene.

mauro solimene Salesforce

Noi Ninja abbiamo partecipato all’incontro “Salesforce chiama Italia” e abbiamo fatto qualche domanda a Mauro Solimene.

Quanto è complesso integrare un valore importante come la sostenibilità in una organizzazione grande come Salesforce?

«In questo momento e soprattutto dopo la pandemia, che ha cambiato un pochino le nostre coscienze, la sensibilità del cliente è aumentata moltissimo rispetto a questi temi. La strategia di sostenibilità diventa fondamentale in ogni azienda. Noi, con i nostri sistemi CRM, aiutiamo le aziende a rendere edotto il cliente della strategia di sostenibilità e a diffonderne la conoscenza».

salesforce netzero

Sui dati si costruiscono relazioni e fiducia. Come sta cambiando la percezione dell’importanza di queste risorse all’interno delle organizzazioni?

«Sta cambiando su due fronti: da parte delle organizzazioni, che si rendono conto che raccogliere una quantità di dati, selezionarla e intepretarla significa poter customizzare e rendere un miglior servizio al cliente personalizzando l’interazione. Dal lato dei clienti, abbiamo un pochino sfatato il mito dei nostri dati persi chissà dove: siamo sicuramente molto attenti a cedere i dati del nostro ego digitiale e li cediamo solamente a soggetti dei quali ci fidiamo. Ma a questi soggetti li cediamo molto volentieri, perché sappiamo che li utilizzeranno per meglio servirci».

Entrare in contatto con i clienti è più difficile che mai. Come si diventa una Customer Company?

salesforce customer company playbook

«Diventare una Customer Company è un lavoro scientifico. La Customer Company è un’azienda che ha un rapporto di lunga durata, basato sulla fiducia, a 360 gradi con i propri clienti. È un’azienda che mette il cliente al centro e che si configura, si immagina, si struttura in funzione del servizio che vuole rendere a quel cliente. Quasi come costruire un’azienda per il cliente».

griglia immagine di copertina

Lo stop a ChatGPT, la lettera di Musk contro l’AI e le altre notizie della settimana

Tre marketer su quattro prevedono di aumentare la spesa su TikTok nei prossimi 12 mesi. Le notizie sull’aumento degli investimenti pubblicitari sono senza dubbio una positive, anche se si scontrano con i nostri timori legati alla sicurezza proprio adesso che stiamo per rinunciare ai Cookie di terze parti (leggi qui sull’argomento) e il passaggio a Google Analytics 4 sta per diventare irreversibile (qui trovi la timeline della transizione).

Una nuova indagine di Gartner rileva che il 60% dei leader del marketing ritiene che la raccolta dei dati e il bilanciamento tra privacy e valore dei clienti saranno più impegnativi nel 2023.

Nel frattempo, gli strumenti di Intelligenza Artificiale diventano sempre più capaci e molti Big del Tech (Elon Musk in testa) lanciano anatemi sull’uso sconsiderato di questa tecnologia.

In questo contesto, si inserisce il nuovo Ads Safety Report di Google: oltre 5,2 miliardi di annunci sono stati bloccati o rimossi per violazione delle policy. E intanto arriva la doccia fredda del blocco di ChatGPT in Italia.

Anche se il GDPR ci assicura un periodo di tranquillità, con le AI dovremo ridiscutere completamente il concetto di sicurezza e quello di privacy. Molto, molto presto.

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Le notizie della settimana: Musk chiede una pausa per le Intelligenze Artificiali…

In una lettera aperta, Elon Musk e un gruppo di esperti di intelligenza artificiale e dirigenti del settore chiedono una pausa di sei mesi nello sviluppo di sistemi più potenti dell’appena lanciato GPT-4 di OpenAI, citando potenziali rischi per la società.

Secondo il CEO di Tesla, queste nuove tecnologie potrebbero “renderci obsoleti e sostituirci“.

… e si blocca ChatGPT in Italia

Raccolta illecita di dati personali. Questa la motivazione dietro allo stop al trattamento dei dati di ChatGPT disposto dal Garante della Privacy.

OpenAI avrà 20 giorni di tempo per comunicare al Garante le misure intraprese in attuazione di quanto richiesto, pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo.

Un’app interamente generata da ChatGPT

Un esempio lampante delle grandi capacità dell’AI di OpenAI è l’app 5 MoviesMorten Just, sviluppatore indipendente di app per Mac, ha guidato ChatGPT attraverso il processo di sviluppo dell’applicazione.

notizie della settimana: un'app interamente compilata con ChatGPT

Il modello di IA è riuscito a creare uno strumento per la raccomandazione di film che funziona e che è stato approvato da Apple e reso disponibile nell’App Store.

La gara delle Big Tech per l’AI

A parlarne è The Economist, che racconta di come una nuova ondata di modelli di IA stia provocando una frenetica attività nel mondo tecnologico. I giganti tecnologici lavorano da anni sull’intelligenza artificiale e dispongono di dati, potenza di calcolo e utenti per prosperare nell’era dell’AI e diventare dominanti nel settore.

Tuttavia, ci sono molti esempi di aziende dominanti che in passato hanno fatto passi falsi proprio durante periodi di transizione e cambiamenti significativi.

Un miliardo di nuovi consumatori online

Millennials, Gen Z e Gen Alpha si affermeranno nel prossimo decennio in otto Paesi in rapida crescita, segnalando la necessità per le aziende di reinventare le proprie strategie di commercio digitale, secondo il nuovo studio di Accenture.

notizie della settimana: un miliardo di nuovi consumatori

Questi consumatori digitali, che vivono in Bangladesh, Egitto, Etiopia, India, Indonesia, Kenya, Nigeria e Filippine, hanno un’età compresa tra i 6 e i 26 anni e rappresentano il 36% della popolazione di questi Paesi; i loro comportamenti offrono oggi spunti fondamentali per le aziende che vogliono cogliere la prossima ondata di crescita guidata dal commercio.

Buone notizie: il 75% dei marketer spenderà di più su TikTok

Nonostante i problemi di sicurezza e la possibilità di un divieto da parte del governo americano, tre marketer su quattro prevedono di aumentare la spesa su TikTok nei prossimi 12 mesi, secondo un sondaggio di Capterra su 300 marketer di aziende statunitensi.

Secondo l’82% degli intervistati, un divieto di TikTok avrebbe un impatto da moderato a significativo sul raggiungimento degli obiettivi di marketing o pubblicità sui social media.

La sfida dei dati di prima parte

Una nuova indagine di Gartner rileva che il 60% dei leader del marketing ritiene che la raccolta dei dati e il bilanciamento tra privacy e valore dei clienti saranno più impegnativi nel 2023. Nonostante l’85% dei CMO abbia stabilito politiche formali per la gestione dei dati dei clienti, la privacy rimane una sfida, con il 78% degli intervistati afferma che la propria organizzazione consente ai clienti di assumere il controllo dei propri dati.

Google pubblica il suo nuovo Ads Safety Report

Bloccati o rimossi oltre 5,2 miliardi di annunci per violazione delle policy, limitati oltre 4,3 miliardi di annunci e sospesi oltre 6,7 milioni di account di inserzionisti.

Sono solo alcuni dei dati del resoconto che ogni anno racconta le attività di Google per rendere più sicura la pubblicità online e prevenire l’uso dannoso delle sue piattaforme pubblicitarie.

google ads report

Insieme al nuovo report, quest’anno è stato annunciato anche il nuovo Centro per la trasparenza pubblicitaria, uno strumento che permetterà di consultare gli annunci pubblicati sulle piattaforme di Google da inserzionisti verificati a livello globale.

La timeline per il passaggio a GA4

Google Analytics 4 (GA4) sta sostituendo Universal Analytics (UA o GA3). La raccolta dei dati sulle proprietà UA standard terminerà il 1° luglio 2023, quindi tutti gli oltre 28 milioni di utenti freemium di Google Analytics dovranno passare a Google Analytics 4 entro tale data. Qui trovi la timeline con le milestone.

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stop a chatgpt

Stop a ChatGPT in Italia: il Garante della Privacy apre un’istruttoria

Raccolta illecita di dati personali. Questa la motivazione dietro allo stop a ChatGPT disposta dal Garante della Privacy.

Il Garante per la protezione dei dati personali stabilisce quindi una limitazione per OpenAI, la società statunitense proprietaria della piattaforma, che proprio qualche giorno fa ha rilasciato la sua nuova versione potenziata, GPT4.

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La piattaforma, che ha avuto il merito di rendere mainstream l’utilizzo dell’intelligenza artificiale applicata ai testi e divenuta probabilmente l’applicazione più nota di questa tecnologia, aveva subito una perdita di dati lo scorso 20 marzo.

Dati che riguarderebbero le chat create dagli utenti nell’interrogazione dell’Intelligenza artificiale e anche le informazioni relative al pagamento per gli abbonati al servizio premium.

chatgpt per la seo screen

LEGGI ANCHE: OpenAI lancia GPT-4: la nuova generazione di Intelligenza Artificiale

Tuttavia, al momento in cui scriviamo il servizio risulta ancora disponibile.

Cosa contesta il Garante a ChatGPT

Causa dello stop a ChatGPT sarebbe la mancanza di una informativa puntuale agli utenti e agli utilizzatori i cui dati vengono raccolti da una società che ha sede fuori dalla Comunità Europea (OpenaAI, appunto) e l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali.

Stop a ChatGPT: la questione anagrafica

Altro punto dolente su cui si basa lo stop a ChatGPT da parte del Garante è la protezione dei più giovani: nonostante il servizio sia rivolto ai maggiori di 13 anni, non esiste in realtà alcun filtro di verifica per evitare che chi non raggiunge questa soglia utilizzi il servizio.

Che succede ora

Ora OpenAI avrà 20 giorni di tempo per comunicare al Garante le misure intraprese in attuazione di quanto richiesto, pena una sanzione pena una sanzione fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato globale annuo.

L’azienda, che non ha una sede nell’Unione, ha però designato un rappresentante nello Spazio economico europeo.

Il commento di Massimiliano Masnada, Partner di Hogan Lovells

«L’intervento del Garante anzitutto sembra contestare a ChatGPT la mancanza di trasparenza, intesa come mancanza di informativa agli utenti rispetto alle finalità e modalità del trattamento dei dati personali eventualmente comunicati.

Il provvedimento, inoltre, richiama la necessità che sia individuata una base giuridica rispetto alla legittimità del trattamento da parte di OpenAI dei dati personali eventualmente raccolti dagli utenti. Infine, il Garante lamenta una mancanza di trasparenza sui filtri e altri meccanismi adottati da ChatGPT per impedire ai minori di 13 anni di utilizzare il servizio. Quest’ultimo punto, peraltro, accomuna l’intervento del Garante nei confronti di ChatGPT a quello che, a suo tempo, fece nei confronti di TikTok.

Il provvedimento odierno, che – va ricordato – ha natura temporanea di blocco del trattamento ma non implica necessariamente un divieto definitivo all’uso del servizio, pone numerose riflessioni, al di là delle misure specifiche che saranno intraprese da OpenAI per superare il blocco del Garante, sul futuro dei meccanismi di AI e su quanto è necessario fare per creare una cultura di legalità rispetto al loro utilizzo.

Non bastano, ad opinione di chi scrive, i pur necessari meccanismi di privacy by design e privacy by default ovvero i controlli e i rimedi per tutelare la privacy degli interessati, specie se minori. Occorre creare una nuova cultura tecnologica che si fondi sull’etica e sul rispetto dei diritti fondamentali.

Non è questo il luogo, né sarei in grado di dare indicazioni e, tanto meno, soluzioni, certo che un certo tipo di “pessimismo di maniera” connesso all’evoluzione degli strumenti tecnologici alimenta solo la paura e la preoccupazione senza essere utile in alcun modo a sviluppare una cultura della legalità.

Occorre, a mio parere, abbracciare il progresso pur mantenendo lo spirito critico necessario per evitare usi distorti e dannosi. In tal senso, credo sia importante diffondere informazioni in modo quanto più neutro possibile, raccogliere preoccupazioni e opinioni, porre i problemi per cercare le soluzioni.

Tutto ciò non può prescindere da un dati incontrovertibile. I dati, a prescindere che siano personali o meno, sono il carburante necessario per lo sviluppo di meccanismi di AI come ChatGPZ.

L’accesso ai dati consente di avere algoritmi più precisi ed idonei all’utilizzo per migliorare la vita delle persone. Il loro deve avvenire in modo sicuro ed etico. Per fare ciò non bastano i divieti.

Un primo passo, in tale senso, sarà la corretta implementazione delle regole sul riuso dei dati che sono alla base del Data Governace Act, di prossima entrata in vigore, e del successivo Data Act.

La giostra è appena partita».

nuovo logo new york

Cambia il logo di New York: l’iconico I ❤️ NY diventa We ❤️ NYC

I ❤️ NY diventa We ❤️ NYC per riflettere al meglio l’identità collettiva della città di New York.

Questa settimana le istituzioni governative, insieme ad alcuni leader aziendali, sindacali e civici dei cinque distretti, hanno lanciato “We ❤️ NYC”, una campagna per mostrare i punti di forza della Grande mela e mobilitare i newyorkesi ad assicurarsi che questa rimanga la più grande città del mondo.

New York

Nuovo look per il simbolo di New York

La nuova interpretazione del famoso I ❤️ NY è stata approvata dal Dipartimento per lo sviluppo economico di New York che possiede tutti i diritti del marchio.

La formula segreta di New York è da sempre la capacità delle sue diverse comunità di lavorare insieme, con fiducia e con uno scopo comune, per risolvere i problemi e affrontare il cambiamento.

Il nuovo logo è diverso, universale, inclusivo e risulta attraente per tutte le età ed etnie.

Il rebranding è supportato da uno spot di 30 secondi che sottolinea ulteriormente la diversità attraverso le voci dei suoi abitanti. Nel video possiamo ascoltare persone con diversi background e accenti. Ognuno di loro spiega perché ama New York City usando l’affermazione “noi”.

“Questa campagna We ❤️ NYC contribuirà a catturare quell’energia e a preservare lo spirito della città, incoraggiando i newyorkesi di ogni estrazione sociale a riunirsi, essere coinvolti e apportare un cambiamento positivo nella loro comunità” ha dichiarato la Governatrice Kathy Hochul.

La storia del marchio

Il logo è stato concepito dal graphic designer Milton Glaser nel 1976 sul retro di un taxi ed è stato disegnato con un pastello rosso su carta straccia.

Il disegno originale è conservato al Museum of Modern Art di Manhattan

 

Rappresenta il simbolo di New York ed è tra i più conosciuti e prestigiosi al mondo. Il marchio è diventato icona degli anni ’70, ed è stato riprodotto su una vasta gamma di oggetti, poster, gadget e abbigliamento. Proprio grazie al lavoro di Glaser il cuore diventa emblema universale dell’amore.

Il carattere utilizzato è l’American Typewriter, uno speciale slab serif creato nel 1974 da Joel Kaden e Tony Stan per l’International Typeface Corporation.

Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, Glaser creò un nuovo logo per la città di New York. Il simbolo modificato presentava una nuova scritta:

New York

LEGGI ANCHE: I font che hanno fatto la storia e quelli che faranno tendenza nel 2023

La campagna

Non solo celebrazione. La campagna ha già preso vita nella city e rappresenta un’opportunità di impegno civico a cui tutti possono contribuire.

Ancora una volta, i newyorkesi si uniscono per mobilitare l’azione civica e l’impegno della comunità come catalizzatore per la rinascita della città e dei suoi quartieri. Per molti versi, le sfide che la città deve affrontare oggi sono più complesse che in passato.

Gli artisti di New York sono incoraggiati a presentare le proprie idee creative per i poster tramite il sito welovenyc.nyc. La campagna chiede a tutti coloro che amano la più grande città del mondo di dimostrarlo dando una mano e diffondendo quell’amore in ogni isolato.

New York

L’iniziativa prevede la partnership con enti pubblici, organizzazioni non profit e aziende per riaffermare che New York City è il luogo più sicuro, pulito e stimolante in cui vivere e lavorare.

 

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Siae Meta

Musica via da Facebook e Instagram: ecco cosa ci ha detto Siae

La notizia della rottura delle trattative tra Meta e Siae ha velocemente generato il panico nell’industria musicale, ma anche tra chi i social li usa per farsi conoscere e per lavorare (leggi, creator di contenuti). Via la musica dalle piattaforme della holding e fredde comunicazioni a colpi di comunicato.

Risultato? Reel e storie mute (sì, ma non sempre) e stakholder nel panico.

Via la musica da Meta: cosa è successo

Purtroppo non siamo riusciti a rinnovare il nostro accordo di licenza con Siae“, si legge nel comunicato diffuso dall’azienda proprietaria di Facebook e Instagram. “La decisione unilaterale di Meta di escludere il repertorio Siae dalla propria library lascia sconcertati gli autori ed editori italiani” è la risposta, in una nota, della Società Italiana Autori ed Editori.

Abbiamo contattato Siae per capire in che punto si sia interrotta la trattativa, quale sia stato l’oggetto della contesa e se siamo o meno vicini a una soluzione.

«Il comunicato stampa di Meta ci ha colto di sorpresa: è stata una doccia fredda perché c’era un tavolo negoziale che andava avanti da diverse settimane; con alti e bassi, certo, ma non ci saremmo mai aspettati di arrivare a questa rottura», ci ha detto Siae.

L’oggetto della contesa: secondo Siae sono i dati

Il pomo della discordia in grado di generare la rottura, a quanto ci ha detto Siae, sembra essere una mancata trasparenza nella comunicazione dei dati da parte della Corporate proprietaria di Facebook e Instagram, sulla quale valutare con cognizione di causa un’offerta economica. «Gli unici dati che siamo riusciti a tirar fuori sono quelli depositati alla SEC americana. Non avendo a disposizione i dati, ad esempio, per singolo contenuto o per Paese e neppure la percentuale di distribuzione della musica nei video delle due piattaforme, come è possibile fare una valutazione?»

Quello che Siae lamenta è stata quindi l’impossibilità di definire un quantum economico sulla base di un modello di revenue sharing.

Con TikTok e YouTube, ad esempio, si è arrivati a un accordo perché i dati che le piattaforme hanno presentato a Siae hanno consentito alla Società Italiana Autori ed Editori di concordare una tariffa “fair”.

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La mossa inaspettata: il takedown

Nel corso di una qualunque negoziazione, tanto più se fra due soggetti “forti” come Meta e Siae, è prevedibile che si sviluppi una sorta di “braccio di ferro” tra le parti: «È normale che si scontrino diverse pretese, da una parte e dall’altra», continua Siae, «ma da lì a diffondere un comunicato stampa annunciando un takedown dei contenuti ce ne passa. In più, tornando sui propri passi auspicando che il tavolo possa ritrovare una propria armonia, il comportamento è contraddittorio».

 

mark zuckerberg - SIAE

In aggiunta, il frettoloso takedown dei contenuti musicali dell’azienda di Mark Zuckerberg sembra non essere riuscito tecnicamente alla perfezione: «Sono stati buttati giù pezzi di musica italiana ma anche internazionale, è successo un caos. Ad esempio, alcuni colleghi in Spagna ci hanno segnalato che la musica è ancora disponibile; oppure, sono stati estromessi anche alcuni autori stranieri dei quali Siae non ha alcuna quota. È stata un’operazione fatta “con il lanciarazzi” che ha creato un disservizio e la situazione un po’ spaventa».

Insomma, è un po’ tutto complicato: «i brani ci sono, poi non ci sono, appaiono e scompaiono», hanno specificato.

Sembra comunque che il caos generato non faccia per nulla piacere a Siae: «Anche con YouTube le contrattazioni sono state, in un certo senso, “severe”, ma poi si è arrivati a un accordo, come è normale che sia».

Ma chi lavora con i social media, e con il marketing digitale in generale, ha probabilmente in mente una sola domanda: siamo davvero così lontani da una possibile soluzione? «Al momento non ci sono in corso ulteriori trattative; la diffusione del comunicato stampa di Meta ha portato la discussione su un livello diverso. Entrambi, attraverso i comunicati, abbiamo dichiarato l’intenzione di sederci e trovare un accordo».

Perché l’Italia no e gli altri Paesi sì

Uno dei dati che abbiamo ritrovato spesso nelle discussione sulla questione riguarda “l’unicità dell’Italia“, che si sarebbe trovata in questa situazione di stallo rispetto a un numero cospicuo di Paesi che, invece, con Meta avrebbero raggiunto l’accordo.

Alla base dell’accaduto ci sarebbe la scadenza della licenza di Meta per l’utilizzo della musica che, naturalmente, non coincide con quella degli altri 150 Paesi che vengono genericamente indicati come paragone dell’accordo raggiunto.

«Siamo il primo Paese che ha richiesto maggiore chiarezza sulla base della Direttiva Copyright fortemente voluta da tutti, che prevede che l’utilizzatore metta a disposizione una reportistica molto puntuale per fare un corretto matching tra quello che è stato performato e le distribuzioni economiche».

Perché Meta no e le altre piattaforme sì

Il tavolo di negoziazione che non è riuscito a chiudere positivamente l’accordo con Meta è però lo stesso che ha concluso con successo le trattative con molti altri player del mondo dei contenuti digitali, tra cui YouTube, DAZN e Spotify.

«A livello esperienziale, non si può negare che il servizio che offriamo a queste piattaforme crei un valore; chiaramente, ogni trattativa è diversa perché ogni realtà è differente: ad esempio, se togli la musica a Spotify, che è una piattaforma prevalentemente musicale, condizioni fortemente il servizio e l’impatto è sicuramente diverso se si tratta di Facebook, ma questo non significa che il valore della musica non sia importante per l’esperienza sulla piattaforma».

Siae e il futuro della musica a Palo Alto

Dobbiamo abituarci a reel silenziosi e storie senza audio o possiamo sperare in una soluzione rapida della diatriba? Lo abbiamo chiesto a Matteo Fedeli, Direttore Generale di Siae.

«La nostra speranza è che l’atteggiamento “muro a muro” di Meta possa cambiare e che ci sia la possibilità di riaprire il tavolo negoziale. Dopo due mesi di trattative, hanno scelto di alzarsi dal tavolo e andare via “sbattendo la porta”, comunicando la rottura pubblicamente senza informare prima noi e l’industria discografica».

Secondo Siae ci perdono tutti

Anche questo è un tema importante, in vista degli investimenti che diversi stakeholder possono aver fatto sulla musica intermediata da Siae. Creator, artisti, giovani emergenti e musicisti affermati: chi ha subito un danno maggiore dalla mossa inaspettata di Meta?

«Direi che il danno è di sistema: ci perdono tutti. Ci perde Meta, ci perdiamo noi e ci perde l’industria discografica. Il takedown è stato fatto, ma di cosa? La musica è ancora presente su Instagram, è un dato di fatto oggettivo e noi siamo tenuti a negoziare al meglio in nome e per conto dei nostri aventi diritto; l’offerta take or leave che ci ha fatto Meta non era altro che un’imposizione».

Siae continua a ripetere che il suo obiettivo, per il sistema e per il mercato, è mantenere la porta aperta a nuove contrattazioni, ma a una precisa condizione: che la musica cambi.

notizie della settimana 6 - 12 febbraio

Pagamenti digitali, tool SEO e cybersecurity: le notizie ninja della settimana

Ci siamo: è l’anno dell’abbandono ai cookie di terze parti e la febbre della profilazione torna a salire. Grazie al report di Salesforce scopriamo che la soluzione c’è e passa attraverso la conquista della fiducia dei potenziali clienti.

Ma, per raggiungerli, è in primo luogo necessario che riescano a trovarci, e in questo senso acquisire le necessarie competenze SEO diventa indispensabile (dai un’occhiata alla Factory per diventare SEO specialist e in questo articolo trovi anche una serie di tool che possono aiutarti).

L’importanza di farsi trovare è confermata dai dati dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, che registra un aumento dei pagamenti digitali (avevamo già affrontato l’argomento qui con Banca Sella), mentre l’advertising trova nuova linfa vitale nello streaming video e audio (trovi qui l’analisi di Spotify).

Chiudiamo il cerchio aperto con la maggiore attenzione alla privacy con l’alert dell’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica: gli attacchi informatici in Italia aumentano spaventosamente ogni anno.

“Sicurezza” continuerà a essere una delle hot keyword del 2023.

Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.

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I pagamenti digitali sfiorano i 400 miliardi

Lo dicono i risultati della nuova edizione dell’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano che per il 2022 registra una crescita del 18%.

Si avvicina il Cookieless. Cosa possono fare i marketer

Attraverso i dati dello State of Marketing di Salesforce scopriamo sfide e opportunità della scomparsa dei cookie di terze parti.

notizie della settimana - marketing top priorities State of Marketing Salesforce

Secondo il report, le possibili soluzioni adottabili dai marketer possono essere riassunte in quattro punti principali:

  • Esplicito consenso
  • Privacy by default
  • Soluzioni tecniche
  • Banner informativi

Puoi scaricare il report completo a questo indirizzo.

I tool essenziali per la tua SEO

Chi si occupa di contenuti online sa perfettamente che l’ottimizzazione per i motori di ricerca è fondamentale per aumentare il traffico verso il sito web. A questo scopo, questa shortlist di SEO tool può fornirti un valido aiuto anche se sei alle prime armi.

Re-hiring, le aziende riassumono gli over 50

Viene dagli Stati Uniti la nuova tendenza che sta rivoluzionando il mondo del lavoro. Le aziende sono sempre più portate a rivalutare la generazione dei baby boomer, rinominati già “longennials”, per la loro esperienza.

Italia a rischio cybersicurezza

Secondo l’ultimo rapporto Clusit (l’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica), nel 2022 sono stati 188 gli attacchi informatici verso il nostro paese, con un incremento del 169% sull’anno. A livello mondiale la crescita è stata del 21%.

Le notizie della settimana: il potenziale divieto di TikTok negli Stati Uniti

La Commissione Affari Esteri della Camera degli Stati Uniti ha approvato martedì un disegno di legge che darebbe al presidente Joe Biden l’autorità di vietare la piattaforma. Secondo l’analisi di CNBC, le prime società a poter essere avvantaggiate dal ban sarebbero quelle di pubblicità digitale, tra cui Meta, Snap e Google.

Lo streaming video supportato da pubblicità continua a crescere

Lo rileva l’ultimo report di TiVo, secondo il quale, però, comincia a calare la tollerenza del pubblico nei confronti dei break pubblicitari.

notizie della settimana - tempo medio streaming audio video

Il numero medio di fonti video utilizzate dagli utenti raggiunge quasi 12 e sono i servizi gratuiti a crescere al ritmo più alto.

Notizie sull’intelligenza artificiale: DuckDuckGo si cimenta con la ricerca AI

Il motore di ricerca incentrato sulla privacy, ha seguito Microsoft e Google immergendosi nella tendenza dell’intelligenza artificiale generativa. Annunciato il lancio in versione beta di una funzione di riassunto alimentata dall’AI, denominata DuckAssist. Sarà in grado di rispondere direttamente alle query di ricerca semplici degli utenti.

Le pubblicità più belle di febbraio 2023

Instancabili e sempre pieni di idee, i brand non smettono di creare lavori dalle sfumature più complesse e affascinanti.

pubblicità febbraio - IKEA Troll - ninja marketing

Da IKEA a Google, passando per la partnership tra Dove e LinkedIn, dai un’occhiata alle creatività selezionate dalla redazione.

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addio ai cookie di terze parti

Addio ai cookie di terze parti: prospettive future e soluzioni alternative per i marketer

Nel 2023 Google Chrome bloccherà i cookie di terze parti così come già hanno fatto Safari e Firefox. 

Mentre lo scopo dichiarato di questa scelta è quello di aumentare la privacy di Chrome, molti marketer temono un rafforzamento del potere di mercato di Google, poiché Chrome sarà un indispensabile intermediario per chi farà pubblicità e avrà bisogno di dati. 

Google, infatti, continuerà a possedere e gestire un gran numero di informazioni sugli utenti, mentre ad essere ostacolati nella raccolta delle informazioni potrebbero essere gli editori.

Cosa comporterà quindi l’eliminazione dei cookie di terze parti per chi si occupa di advertising?

Abbiamo analizzato la situazione attraverso l’ottava edizione del report State of Marketing di Salesforce, ma è bene iniziare chiarendo cosa si intende con cookie di terze parti.

LEGGI ANCHE: Le sfide per i marketer nel 2023: la ricerca di Salesforce su un campione di oltre 6.000 leader del settore

Cosa sono i cookie di terze parti, di parte zero o di prima parte

I  cookie di terze parti sono cookie che vengono memorizzati sotto un dominio diverso da quello che si sta attualmente visitando. Sostanzialmente questi cookie vengono impiegati per:

  • Tracciare gli utenti tra i siti web.
  • Visualizzare annunci più pertinenti tra i siti web.

La graduale eliminazione dei cookie di terze parti comporterà inevitabilmente  grandi sconvolgimenti nell’industria pubblicitaria online che, fino a questo momento, era in grado di tracciare le abitudini delle persone e proporre offerte commerciali pertinenti.

Gli esperti di marketing e le organizzazioni si trovano dunque oggi nella condizione di dover ovviare a tale mancanza trovando soluzioni alternative come i cookie di parte zero o di prima parte. Vediamo quindi nello specifico cosa sono i cookie di parte zero o di prima parte.

I cookie di prima parte sono sostanzialmente quelli creati dal web server del sito visitato dall’utente, che avranno lo stesso dominio e indirizzo web e che quindi non forniscono all’esterno informazioni tali da essere utilizzate per erogare pubblicità personalizzata all’interno di altri siti.

I cookie di parte zero corrispondono ai dati che vengono direttamente e volontariamente  lasciati dall’utente, per esempio attraverso sondaggi o la compilazione di form.

Le possibili deroghe e soluzioni per l’utilizzo di cookie di parte zero o di prima parte

Partendo dal presupposto che l’elemento primario in merito alla protezione dei dati è il consenso dell’utente,  sempre maggiore importanza affinché sia possibile continuare a tracciare e memorizzare qualsiasi dato personale, sarà acquisita dal consenso esplicito.

Una volta compreso questo aspetto fondamentale, le possibili soluzioni adottabili dai marketer possono essere riassunte in quattro punti principali:

  1. Esplicito consenso: a differenza dei cookie di terze parti per cui è necessario il consenso degli utenti all’utilizzo, i cookie di prima parte potrebbero essere esentati da questa regola.
  2. Privacy by default: mentre per alcune leggi sulla privacy, al fine di proteggere la privacy è richiesto che le impostazioni di privacy siano impostate per impostazione predefinita – e quindi i cookie di terze parti sono disattivati ​​per impostazione predefinita – i cookie di prima parte sono invece abilitati.
  3. Soluzioni tecniche: alcune soluzioni tecniche come cookie anonimizzati potrebbero essere la soluzione per consentire l’utilizzo di cookie di prima parte senza violare le normative sulla privacy.
  4. Banner informativi: i cookie di prima parte potrebbero essere abilitati per impostazione predefinita nei siti in cui sono usati banner informativi che consentono agli utenti di scegliere se abilitare o disabilitare i cookie di terze parti.

In un contesto caratterizzato dalle preoccupazioni sulla privacy, dove il consenso esplicito è diventato più che mai fondamentale, costruire e mantenere la fiducia dei clienti lo è altrettanto ed è una grande priorità ed una sfida per tutte le organizzazioni.

In questa nuova situazione, stando ai dati del report State of Marketing di Salesforcesecondo il 91% dei CMO è necessario innovarsi continuamente.

Cosa fare per innovarsi oggi?

Dal report sono emersi sei punti necessari per avviare un processo di innovazione costante:

  • Miglioramento dell’uso di strumenti e tecnologie.
  • Sperimentazione di nuove strategie di marketing.
  • Modernizzazione di strumenti e tecnologie.
  • Costruzione e mantenimento della fiducia con i clienti.
  • Miglioramento della collaborazione.
  • Bilanciamento della personalizzazione con il cliente.

Nel complesso, inoltre, un dato interessante è che il 67% dei marketer dichiari di percepire il proprio lavoro come di maggior valore oggi rispetto a un anno fa.

cookie di terze parti valore dei marketer salesforce

Le principali sfide per i marketer

Le maggiori sfide dei marketer oggi sono quindi legate a due fattori primari: personalizzazione e privacy.

In sostanza, individuare soluzioni sempre nuove che consentano di mantenere il più possibile la personalizzazione dei servizi, pur avendo il controllo sulle norme da rispettare in materia di privacy.

salesforce priorities and challenges

Tali sfide, dovute principalmente a cambiamenti come quelli legati al GDPR dell’Unione Europea o all’aggiornamento della politica sulla privacy di Apple, hanno avuto ovviamente un effetto significativo sull’analisi digitale.

Comprendere dunque come mantenere la conformità ai regolamenti continuando a prestare la giusta attenzione alla personalizzazione si è rivelata una grande sfida, seppur non l’unica.

Le principali sfide che i marketer si trovano oggi ad affrontare infatti possono riassumersi anche in altri fattori, come:

  • Un uso inefficace di strumenti e tecnologie.
  • La misurazione del ROI.
  • Bilanciare la personalizzazione con il cliente.
  • Costruire e mantenere la fiducia con i clienti.

Le nuove strategie dei marketer

Una ricerca di McKinsey ha mostrato come l’industria della pubblicità digitale statunitense, che registra un valore pari a 152 miliardi di dollari, potrebbe subire un calo perdendo fino a 10 miliardi di dollari in entrate pubblicitarie.

Sulla base di questo scenario, nascono nuove strategie riprogettando il flusso di acquisizione e conversione contatti, nonché di fidelizzazione dei clienti. 

Ancora secondo i dati utili presenti nel report di Salesforce, molti marketer stanno riscontrando successo impiegando tattiche che includono:

  • Nuovi segmenti di clientela mirati.
  • Investimenti in collaborazione e tecnologie.
  • Investimento in esperienze digital-first.
  • Investimento nel virtuale e negli eventi ibridi.
  • Target geografici estesi.
  • Automazione del flusso di lavoro.
  • Offerte di prodotti ampliate.

salesforce news trategies

Intelligenza Artificiale

Rispetto alla domanda di data-driven e personalizzazione, il 62% dei marketer ha dichiarato di aver investito nell’intelligenza artificiale (IA), che sempre più rappresenta un valido supporto per chi lavora nel campo digitale migliorando l’efficienza.

Stando ai dati di Salesforce, infatti:

  • Il 68% dei marketer afferma di avere una strategia AI completamente definita.
  • Nonostante la maggioranza dei clienti siano online, il 43% preferisce i canali non digitali e in tal caso l’IA rappresenta per i marketer un valido supporto per collegare esperienze online e offline.

Inoltre, per migliorare la comprensione dei risultati delle nuove strategie, i professionisti del marketing stanno investendo fortemente in capacità di analisi, in modo da garantirsi una panoramica più coerente dell’impatto dei loro messaggi, delle campagne e del budget sul marketing.

Streaming, video, messaggi ed email

Tra le nuove strade che i marketer stanno percorrendo ci sono i servizi di streaming, che hanno registrato il più grande tasso di crescita tra i canali abituali e grazie a cui i marketer riescono a raggiungere prospect e clienti.

In generale i marketer oggi attingono in misura sempre maggiore a:

  • Contenuti interattivi.
  • Video.
  • Messaggistica mobile.
  • Campagne email (secondo i dati di Salesforce le email in uscita sono aumentate del 15% nell’ultimo anno).

salseforce email sms - cookie di terze parti

Conclusioni

Nuovi scenari portano a nuove esigenze da parte dei responsabili della pubblicità online.

In questo contesto diviene di fondamentale importanza conoscere le prospettive future, le possibili soluzioni alternative rispetto alla nuova situazione che si sta delineando e quelli che sono le opinioni e le soluzioni già adottate o in procinto di essere scelte da quelli che possono essere considerate figure leader nel settore della pubblicità online.

Solo così si potrà essere pronti a sfruttare ogni possibilità che le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, o strumenti alternativi a quelli impiegati fino ad oggi, sono in grado di offrire ai marketer per migliorare i risultati del loro lavoro efficientando ogni processo.

Puoi scaricare il report completo a questo indirizzo.

Sonic Science 2.0, ottimizzare l’audio adv con Spotify: intervista ad Alberto Mazzieri

Le tecnologie si fanno sempre più intelligenti e vicine ad ogni singolo utente. Un aiuto per gli inserzionisti alla ricerca di nuove modalità per rendere ancora più efficienti le campagne di advertising arriva dalle nuove tecnologie di Spotify.

Nella ricerca effettuata da Spotify lo scorso anno, e che ha visto la collaborazione con Neuro Insight, una società di Neuroscienze degli Stati Uniti nell’esplorazione gli effetti del suono sulle persone, si è evidenziato come l’effetto dell’esposizione ai contenuti audio possa realmente agire sul cervello e influenzare il comportamento degli individui.

LEGGI ANCHE: La fotografia di Millennial e Gen Z secondo Spotify: differenze e sovrapposizioni

Come i contenuti audio digitali aumentano l’engagement dei brand

A parlarci delle adv su Spotify c’è Alberto Mazzieri, Head of Sales Southern Europe di Spotify che ci ha raccontato di come le aziende siano estremamente interessate a sfruttare la piattaforma per condurre al meglio i propri obiettivi di comunicazione ed aumentare la propria audience.

Alberto mazzieri spotify

Nella ricerca di quest’anno,Sonic Science 2.0, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Biometrica MindProber, si è invece indagato sull’impatto durante la giornata dell’audio digitale sul fisico e sul comportamento delle persone e di come questo comportamento possa fornire degli insights interessanti da elaborare per raggiungere in modo più efficace il pubblico.

Lo studio ha coinvolto un campione di diverse centinaia di persone distribuite tra US e UK e che sono state esposte nell’arco di 40 giorni a più di 15.000 sessioni audio per un totale di più di 22.000 ore di ascolto.

Grazie a dei sensori indossati nell’arco della giornata e durante ogni attività, è stato possibile analizzare dei dati ricavati dall’attivazione elettrodermica, ovvero alle reazioni della pelle sollecitata da un determinato tipo di stimolo.

Un ulteriore step della ricerca consisteva nell’acquisizione di dati pre e post esperimento per indagare come la percezione dell’esposizione a contenuti audio potesse generare cambiamenti sulla giornata, anche in termini qualitativi.

Il Mood Boost dei contenuti audio su Spotify

“Capire come il ruolo dei contenuti audio, non solo musicali, possano interagire ed influenzare i diversi stati psicologici è utile per avere degli insight interessanti. È interessante per i brand apprendere che l’ascolto di audio sia realmente parte della routine quotidiana e che genera un miglioramento dello stato d’animo e delle emozioni, a prescindere che si parta da uno stato positivo o meno e a prescindere dall’attività che si sta svolgendo. Il che si traduce, per i brand, avere un engagement più alto, con la possibilità di raggiungere un pubblico più connesso e interessato in un momento in cui c’è un’altissima attenzione. Un mood boost quindi, in cui Spotify riesce appieno grazie alla sua offerta non solo di musica ma anche di contenuti che sempre più stanno registrando livelli alti di attenzione e di ingaggio, come i podcast.”

Su Spotify, piattaforma leader nell’audio in streaming, oltre ad un’ampia offerta musicale ci sono moltissime categorie di contenuti podcast, basti pensare che sono presenti 5 milioni di titoli, che spaziano dalle news, al true-crime fino all’intrattenimento comedy: un tasso di immersività e di engagement che si riflette anche nella trasferenza degli annunci pubblicitari inseriti, ovvero nel livello di attenzione del pubblico al passaggio delle ads.

La personalizzazione di Sonic Science 2.0

E a questo proposito, la tecnologia di Sonic Science 2.0 fornisce una cerchia quasi infinita di informazioni utili per i brand, tali da poter personalizzare maggiormente il messaggio.

Infatti, in base al comportamento dell’utente su Spotify, della scelta musicale, di ritmo o di quantità di parole, la ricerca ha evidenziato come ad un determinato contenuto audio scelto durante le diverse attività della giornata, come a lavoro, in auto, con la famiglia o in palestra, sia associato un certo tipo di engagement e di relazione.

sonic science numeri

In questo modo il messaggio pubblicitario costruito su uno specifico momento, legato al contesto e all’ambiente risulta ragionevolmente più dinamico ed efficace rispetto a un messaggio targetizzato su quei dati “statici” come interesse, età e luogo geografico.

Come possono queste informazioni essere sfruttate al meglio per creare dell’advertising efficace su Spotify

I dati a disposizione permettono di creare ampi cluster suddivisi in base al mood e al momento, a cui veicolare le inserzioni in modo specifico e attraverso azioni strategiche: ad esempio se siamo in auto e ascoltiamo un podcast in cui l’attenzione è massima ed il flusso del racconto è costante, si creeranno dei messaggi che non distraggano troppo dal flusso e che abbiano un tono di voce coerente con ciò che si sta ascoltando.

Se invece l’attività sarà quella dell’allenamento in palestra, il messaggio che ci sarà proposto sarà coerente con il ritmo ed il mood di quel momento: presumibilmente sarà energico per non andare ad interrompere il carico adrenalinico del nostro corpo.

“L’iper-targetizzazione sebbene sia molto utile per le aziende, presenta dei limiti naturali, per alcuni casi e per alcuni brand o servizi, in cui è invece necessario raggiungere un pubblico più ampio possibile. In questo caso, bisogna essere consapevoli di non poter generare i numeri attesi o i volumi che si intende raggiungere con questo tipo di ads.  La semplice targetizzazione demografica, il lavorare con la reach e con il retargeting sugli utenti, si rivelano essere comunque azioni efficaci.”

Incuriositi dai dati di Spotify, che ricordiamo essere l’App su cui le persone passano più tempo da mobile rispetto agli altri social, abbiamo chiesto ad Alberto Mazzieri quale sia la percentuale degli utenti disponibili ad ascoltare annunci pubblicitari su questa piattaforma e quale attività quotidiana genera un mood boost superiore.

sonic science slide 01 - spotify

La risposta è chiara: si tratta di una percentuale abbastanza consistente. Il 73% degli utenti dichiara, infatti, di accettare ad essere esposti ai messaggi pubblicitari.

Un pubblico consapevole che le informazioni utilizzate da Spotify possano fornire forme di advertising rilevanti e congruenti, con un tone of voice costruito sulla base delle personali esperienze di ascolto.

“Inoltre, da parte nostra, il condurre regolarmente delle analisi ci porta a scoprire quale sia il feedback degli utenti sulla user experience e come migliorarla, fornendo un’esperienza soddisfacente e che li spinga a rimanere molto tempo sulla piattaforma. Un’ulteriore opportunità che fa gola ai brand proprio perché l’audio digitale, a differenza del video, può essere usufruibile anche indistintamente dallo schermo. “

Per quanto riguarda l’attività più “penetrante” in termini di mood positivo e di attenzione, sempre secondo la ricerca di Sonic Science 2.0, è senza dubbio l’attività fisica. Un momento ormai della quotidianità della maggior parte di noi in cui la presenza della musica è una costante e che registra un livello di engagement superiore del 19%.

Campagne pubblicitarie audio: una media strategy ottimale per le aziende

Dalla ricerca di Sonic Scienze 2.0 si evince anche quanto i dati delle campagne pubblicitarie siano positivi e coerenti su Spotify, in termini di ricordo, memorabilità e trasferimento dell’engagement, aumentando dunque le possibilità di conversione anche attraverso una singola campagna pubblicitaria.

L’immersività dei contenuti audio nel contesto e durante la giornata dimostra difatti che il 93% degli utenti rimane attento durante il passaggio da contenuti editoriali (musica o podcast) a quelli advertising e il 60% conserva un saldo ricordo dei brand e dei tipi di messaggi ascoltati.

sonic science statistica spotify

Di certo, questi sono risultati molto positivi in termini di engagement legato al livello di attività di attenzione, soprattutto se paragonati alle stesse campagne veicolate su altri mezzi. A conferma di come l’audio svolga un ruolo importante in una media strategy articolata.

“In definitiva, pensare di aumentare le prospettive dei brand attraverso Spotify può rivelarsi una mossa ottimale: le metriche di engagement audio sono superiori rispetto a qualsiasi altro social: coinvolgono la fedeltà degli utenti, non solo come tempo di permanenza sulla piattaforma ma anche di ritorno quotidiano, di brand awareness, di consideration del brand e del funnel di conversione. Senza contare che produrre audio è infinitamente più economico che produrre video, per cui c’è la possibilità veramente di declinare tanti soggetti e personalizzare la comunicazione.”

Il momento d’oro dei Podcast

Una grande opportunità che comporta un uso mirato e specifico della piattaforma, con contenuti che calzino perfettamente con essa: il consiglio che Alberto Mazzieri dà alle aziende è quello di fare attenzione alla tipologia di messaggio da veicolare. Utilizzare un formato radio come formato audio su Spotify sarebbe sconsigliato perché andrebbe a creare un’interruzione del flusso di ascolto, non coerente con il momento ed il contesto, generando così una perdita di attenzione dell’utente.

Così come pensare di veicolare uno spot tv su Instagram o Tik Tok: una perfetta strategia comporta una creazione ad hoc del messaggio rispetto ai diversi canali da sfruttare.

Alberto Mazzieri conclude la nostra intervista confermando i dati della ricerca che evidenziano come l’audio digitale sia un compagno quotidiano a prescindere dal tipo di attività svolta o del mood e di come nessun’ altra attività media ci influenzi in modo tanto pervasivo. Questo si riflette su un livello alto e continuo di engagement, che porta ad un ricordo maggiore dei brand e di conseguenza un’efficacia maggiore dei messaggi pubblicitari. L’audio digitale può contribuire in modo consistente al raggiungimento degli obiettivi di una comunicazione multipiattaforma e multicanale.

Un accento importante va posto sui podcast diventati ormai mainstream: secondo l’ultima analisi Ipsos il numero di italiani che ascolta questi contenuti è di circa 11 milioni.

“Quello dei podcast è un mercato su cui stiamo investendo e che contribuisce all’evoluzione dello stesso Spotify. Il nostro obiettivo è portare sia in ambito di misurazione e tracciamento delle campagne pubblicitarie all’interno dei podcast, la stessa qualità dell’ambito digitale. Abbiamo una tecnologia chiamata Streaming Ad Insertion, in grado di pianificare all’interno dei podcast in modo più accurato, con delle metriche di reach più precise rispetto alla tecnologia standard del mercato.”

Ed anche il pubblico esposto ai messaggi pubblicitari è in continua espansione, dal momento che le inserzioni inserite nei podcast, a differenza dei contenuti musicali, raggiungono sia gli utenti free che quelli premium.

Spotify può dunque aiutare gli inserzionisti a raggiungere i loro obiettivi di marketing, vista l’importante quantità e qualità di dati ed insight a disposizione al fine di conoscere davvero al meglio l’audience, e in particolare, la Gen Z che è il gruppo di utenti con maggiore aderenza alla piattaforma.

È fondamentale dunque fornire ai brand gli insight sul loro pubblico, sui comportamenti, sulle scelte, sui trend che seguono per poter costruire un messaggio accurato che garantisca una sferzata positiva sulla sua efficacia.

Content Inflation, cos’è e come pianificare una strategia di Content Marketing efficace

L’inflazione, argomento di assoluta attualità che coinvolge l’economia mondiale e la nostra società tutta, sta avendo ricadute anche sul content marketing. Ad una prima lettura potrebbe sembrare insolito il nesso fra Content Marketing e questo fenomeno, ma nuove sfide e cambiamenti stanno interessando il lavoro dei marketer, tanto da parlare sempre più spesso di Content Inflation.

Cos’è di preciso e che ricadute ha la Content Inflation sulle decisioni (e sui budget) di addetti al marketing e aziende? Scopriamolo insieme.

>>Vuoi imparare a pianificare i contenuti ottimizzando il budget? Registrati al webinar gratuito<<

Il Content Marketing ha un solo imperativo: farti crescere

Content is King”, il mantra su cui si basano tutti i professionisti della SEO e del marketing online, stabilisce la sovranità del contenuto perché è attraverso questo che ci si può connettere davvero con le persone.

I contenuti come testi, immagini e video sono il più importante combustibile del grande motore informativo chiamato Internet, ambiente in cui, secondo il report The Global State of Digital 2022, le persone – e quindi i potenziali clienti – spendono circa 7 ore al giorno, vale a dire circa il 42% del tempo di veglia.

Se prima per annunciare un nuovo prodotto o i valori aziendali era sufficiente investire su contenuti destinati alla tv e alla stampa, oggi i canali di comunicazione sono molteplici e il processo d’acquisto si sviluppa attraverso diversi touchpoint.

Inoltre, molti brand, per attrarre nuovi tipi di pubblico, hanno sviluppato al loro interno delle nuove linee (vedi brand ombrello e brand portfolio) dove per ogni nuovo sotto-segmento è necessario un messaggio diverso.

Lo scenario in cui avviene tutto ciò, come dicevamo in apertura, è quello di una economia in grande difficoltà che lascia sempre meno spazio agli investimenti nelle attività di Content Marketing.

content marketing

Content Inflation: perché non puoi ignorarla

Come è noto, ci troviamo davanti a un fenomeno inflazionistico quando si registra un rincaro di ampia portata, tale per cui con la stessa quantità di moneta si possono acquistare meno beni e servizi rispetto al passato. In altre parole, l’inflazione riduce il valore della moneta nel tempo.

Cosa ha a che fare questo con i contenuti che ogni giorno vengono pubblicati su social, blog, newsletter e altri canali?

Molti contenuti presenti sul web sono ormai “inflazionati”, cioè ci sono tante copie di video e testi che non permettono di distinguersi e risultare efficaci.

In modo simile a quanto accade in economia, l’aumento considerevole della quantità totale diluisce il valore del singolo contenuto e l’incremento dei costi connessi alla produzione causa maggiore difficoltà nel generare output originale.

Ma non solo. Considerato che i canali da presidiare sono molteplici e con varie opzioni di formato (newsletter, reel, video in diretta, stories, blog post e podcast, solo per citarne alcuni), spesso lo stesso contenuto viene riutilizzato adeguandolo alle tante piattaforme, risultando snaturato e poco convincente.

Inoltre, grazie alle preziose informazioni che è possibile estrarre dagli UGC e dai metadati degli utenti, diventa sempre più importante (e utile) personalizzare le offerte, i prodotti e la comunicazione in base a fattori come la geolocalizzazione, i dati demografici, il dispositivo utilizzato a molti altri indicatori.

Per rispondere con successo alla Content inflation è necessario allocare una quantità maggiore di budget all’aumentare dei canali da presidiare con i contenuti per poter essere ancora efficaci.

Il 70% dei marketer ha un quadro sufficientemente chiaro della situazione e punta ad aumentare gli sforzi economici da indirizzare nel Content Marketing, ma in che modo è possibile pianificare i contenuti in maniera smart e ottimizzarli se abbiamo a disposizione un budget limitato?

Da dove partire per una content strategy anti crisi: il webinar di TERRITORY Influence

Poiché le persone trascorrono una quantità significativa di tempo su un numero sempre crescente di canali, le aziende e i brand sono costretti a trovare soluzioni strategiche per reperire una grande quantità di contenuti specifici per i canali con un budget limitato.” – Ares Georgoulas, Executive Director, TERRITORY Munich.

Non lasciarsi sopraffare dalla Content Inflation è possibile attraverso la ricerca di una strategia per creare tanti contenuti di valore senza andare fuori budget. In che modo?

Pensando alla Content Strategy in maniera più ampia e ponendosi le giuste domande.

Per esempio, chiediti “in che modo potrei adattare la mia comunicazione per renderla adeguata ai diversi canali?”; oppure, “quali tool e piattaforme possono aiutarmi a ottimizzare il tempo e gli sforzi?”.

E ancora, “in che modo posso costruire una content factory per il mio brand?”

Nel webinar del 2 marzo, gli esperti di TERRITORY Influence insieme a Sprinklr ti mostreranno come ampliare e ottimizzare il portafoglio di contenuti grazie a best practice dei principali brand nel settore Tech, Beauty e Automotive e ai consigli per la pianificazione e analisi della strategia di content marketing per il 2023.

Territory Influence - speaker Content Inflation

Grazie ad Andrea Barri, Senior Solutions Consultant di Sprinklr, Alessandra Arcuri, Project Manager TERRITORY Influence e Christian Piottoli, Key Account Manager di TERRITORY Influence, avrai l’occasione di imparare a pianificare i contenuti in maniera smart, senza soccombere alla Content Inflation.

>>Registrati gratuitamente al webinar cliccando qui <<