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chatgpt a pagamento - elon musk chiede una pausa sulle intelligenze artificiali

Arriva ChatGPT a pagamento: si parte da 20 dollari al mese

Arriva la versione di ChatGPT a pagamento: con l’obiettivo di monetizzare quello che è diventato un fenomeno virale, OpenAI ha lanciato un nuovo piano di abbonamento pilota per ChatGPT, la sua IA in grado di scrivere saggi, poesie, email, testi e altro ancora in modo convincente e simile allo stile umano.

Quanto costa Chat GPT a pagamento

Chiamato ChatGPT Plus e a partire da 20 dollari al mese, il servizio offre una serie di vantaggi rispetto al livello base di ChatGPT, secondo OpenAI, tra cui l’accesso generale a ChatGPT anche nei momenti di punta, tempi di risposta più rapidi e accesso prioritario a nuove funzionalità e miglioramenti.

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ChatGPT in versione gratuita, però, non scomparirà e potrà essere utilizzato come sempre.

Per quanto riguarda ChatGPT Plus, al momento è disponibile solo per i clienti degli Stati Uniti. OpenAI ha dichiarato che nei prossimi mesi inizierà il processo di invito delle persone in lista d’attesa e cercherà di espandere Plus ad altri Paesi.

chatgpt per la seo screen

Abbiamo lanciato ChatGPT in versione gratuita in modo da poter conoscere meglio i punti di forza e di debolezza del sistema e raccogliere il feedback degli utenti per aiutarci a migliorarne i limiti“, ha scritto OpenAI in un post sul blog. “Da allora, milioni di persone ci hanno fornito il loro feedback, abbiamo apportato diversi aggiornamenti importanti e abbiamo visto che gli utenti hanno iniziato a usarelo per scopi professionali, tra cui la stesura e la modifica di contenuti, il brainstorming, l’aiuto alla programmazione e l’apprendimento di nuovi argomenti“.

ChatGPT a pagamento è solo l’inizio

ChatGPT Plus potrebbe essere il primo di diversi progetti futuri, secondo quanto dichiarato da OpenAI. Nel post sul blog, l’azienda afferma che sta “esplorando attivamente” opzioni per piani a basso costo, piani aziendali e pacchetti di dati, oltre al rilascio delle API.

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Amiamo i nostri utenti gratuiti e continueremo a offrire l’accesso gratuito a ChatGPT. Grazie all’abbonamento, saremo in grado di sostenere la disponibilità dell’accesso gratuito al maggior numero possibile di persone“, ha proseguito la società. “Abbiamo in programma di perfezionare ed espandere questa offerta in base ai feedback e alle esigenze di chi usa il prodotto“.

OpenAI ha anticipato il lancio di ChatGPT Plus all’inizio di gennaio, annunciando che stava iniziando a pensare a come monetizzare ChatGPT e pubblicando un sondaggio che delineava i potenziali prezzi e le caratteristiche di un piano “ChatGPT Professional“. Poi, qualche settimana fa, diversi utenti di ChatGPT hanno riferito di aver avuto accesso a un livello pro che costava 42 dollari al mese, cosa che a posteriori sembra essere stata un errore.

Nonostante le polemiche e i diversi divieti, ChatGPT si è rivelato un successo pubblicitario per OpenAI, attirando l’attenzione dei media e generando innumerevoli meme sui social media. All’inizio di dicembre, ChatGPT contava più di un milione di utenti, una base invidiabile da qualsiasi punto di vista.

Ma è un servizio costoso da gestire. Secondo il cofondatore e amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman, le spese operative di ChatGPT sono “da capogiro” anche se ammontano a pochi centesimi per chat.

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Nike e Tiffany & Co.

Nike e Tiffany & Co. lanciano un’elegantissima linea di accessori

La tanto attesa collaborazione tra Nike e Tiffany & Co. diventa realtà. I due marchi hanno ufficializzato la loro collaborazione per la co-creazione di una speciale linea di accessori.

L’operazione di co-branding è stata svelata martedì con un annuncio ufficiale “A Legendary Pair” sui canali ufficiali dei brand.

Nike e Tiffany & Co.
Il progetto prevede la creazione di diversi prodotti, tra cui un paio di Air Force 1 e accessori in argento da far girare la testa.

Nike e Tiffany & Co. presentano la nuova Air Force 1 1837

Il fulcro della collaborazione Nike x Tiffany sono senza dubbio le sneaker Nike Air Force 1, completamente nere e intitolate “1837”.

Una sneaker accattivante che presenta un corpo in suede nero, il baffo Nike nella tonalità Tiffany e lacci in corda che ricordano i manici di una borsa da gioielleria.

Un caratteristico cliché d’argento impreziosisce la parte posteriore, mentre il logo Tiffany in corsivo sulla linguetta eleva il suo stile ad altezze chic.

Nike e Tiffany & Co.

La prima collaborazione tra Tiffany & Co. e Nike risale al 2014, quando il caratteristico colore acqua dell’azienda di gioielli è stato utilizzato per un paio di scarpe Nike e Diamond Supply Co.

Negli ultimi anni, Tiffany si è mossa per attirare un pubblico sempre più giovane attraverso collaborazioni creative di vario genere. Ad agosto, il marchio si è avventurato negli NFT realizzando una collezione di risorse digitali in edizione limitata.

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Sui social sono comparsi anche immagini di un calzascarpe in argento sterling marchiato Nike e Tiffany & Co. e di una spazzola per scarpe (e non uno spazzolino da denti, come in molti credevano).

Dei lacci delle scarpe, oltre a un fischietto da arbitro sempre in argento.

Prodotti eleganti, che faranno impazzire gli appassionati e i collezionisti, che costano dai 250 ai 475 dollari.

Intanto cresce l’hype per questa linea che sarà rilasciata il 7 marzo. Le esclusive Nike x Tiffany & Co. Air Force 1 1837 saranno in vendita presso due punti vendita selezionati di New York: il Tiffany Flagship Next Door e il Tiffany & Co. SoHo.

Le sneakers in edizione limitata saranno disponibili in tutto il mondo anche mediante la app SNKRS di Nike e costeranno circa 400 dollari, molto di più del prezzo tipico delle Air Force 1.


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pancacke mulino bianco Midjourney

Com’è nata l’immagine dei Pancake di Mulino Bianco generata dall’AI

La promessa di un mondo potenziato dall’Intelligenza Artificiale continua ad animare un vivace dibattito intorno a temi etici, sociali e legali. Ne discutono, tra gli altri, le istituzioni, l’industria, le università. Intanto anche la comunicazione dei brand inizia a muovere i primi passi nel mondo dell’AI e alcune grandi aziende hanno già rotto il ghiaccio. Nel suo post di capodanno Mulino Bianco ha pubblicato su Instagram e Facebook un post realizzato con l’AI Midjourney.

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Successivamente, su LinkedIn Alessio Garbin, coordinatore Data & Digital Marketing di Barilla per l’Italia, ha raccontato di più su questa prima incursione dello storico marchio di prodotti da forno nel campo dell’intelligenza artificiale: “La reazione è stata una sorpresa“, spiega Garbin, “prima abbiamo pubblicato il post sui canali del brand Mulino Bianco. Era un contenuto organico e le persone lo hanno apprezzato come spesso avviene, perché abbiamo la fortuna di avere un brand molto amato“.

alessio garbin barilla

Poi, quando su LinkedIn ha annunciato: “Abbiamo realizzato il primo post utilizzando gli scenari prodotti da Midjourney”,  si è accesa un’animata discussione che ha coinvolto creativi, illustratori e comunicatori:C’è stata un’esplosione di commenti, alcuni negativi. Diciamo un bel po’ negativi e altri, invece, positivi. Ho cercato di rispondere a tutti, perché volevo creare un dialogo e perché anche io mi sto chiedendo quale strada prendere. Ma dopo lo stupore iniziale ho pensato: ‘è giusto che sia così’. Perché quando si fa qualcosa di nuovo e di particolarmente diverso, è giusto che se ne parli e se ne discuta anche in modo acceso”.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Mulino Bianco (@mulinobianco)

Intanto le aziende cercano di definire gli obiettivi e le strategie di utilizzo di questa tecnologia: “Per dirla in una maniera molto stretta – prosegue Garbin –  credo che tutti i grossi brand oggi si stiano chiedendo come approcciare l’AI. Sia che si decida di farlo per produrre dei visual, sia che per creare dei copy. Non parliamo degli strumenti di Data Intelligence, per cui do per scontato che i brand si stiano già muovendo nella direzione delle prospettive offerte dall’AI”

Per molti marchi, riguardo alle possibilità offerte dall’AI, quello attuale è soprattutto il momento delle domande e dell’osservazione: “Ci stiamo chiedendo appunto quali sono le possibili strade da percorrere ma non abbiamo ancora fatto grandissimi passi in avanti. Stiamo approcciando delle cose e cercando di comprendere, soprattutto con le agenzie e i nostri partner, quali sono gli scenari possibili e cosa fare“.

Il post di capodanno è stato un primo test, quello su LinkedIn l’occasione per condividere in modo dettagliato i diversi processi seguiti: “In questa fase in cui le persone si stanno interrogando, e in cui c’è anche un po’ di timore, esplicitare l’uso dell’Ai in certi ambiti credo sia una pratica etica. Per questo noi, dopo aver creato questi scenari con l’AI, abbiamo avuto l’accortezza di indicare espressamente come erano stati realizzati. In futuro, quando questi processi saranno sdoganati, probabilmente non sarà più necessario. Ma in questa fase penso sia una cosa buona farlo“.

Alessio Garbin parteciperà all’evento Ninja Wrap Up: “Perché l’AI non ti ruberà il lavoro” in programma martedì 31 gennaio e mercoledì 1 febbraio, dalle ore 12.30 alle 14.30.

wrap up ninja #2

Ecco cosa troverai nel Ninja Wrap Up #1:

Marketing OF AI, WITH AI, TO AI: tre declinazioni del branding digitale

con Giuseppe Mayer, Managing Partner Antifragile

Come l’AI più aiutarti a scalare la SERP

con Gaetano Romeo, CMO Innovation People

Tutto quello che devi sapere prima di usare i testi di Chat GPT

con Matteo Flora, docente universitario, imprenditore, divulgatore

Cosa ci dice il pancake Barilla sul futuro della comunicazione dei brand

con Alessio Garbin, Data & Digital Marketing Coordinator Barilla Region Italy e Manuela Sissa, Head of Campaigns Kettydo+

Perché l’AI non è nemica dei Copywriter

con Camilla Poretti, Pre Sales Manager & Max Di Blasi, Product Manager Contents

<<Partecipa al Ninja Wrap Up #1 per scoprire l’impatto dell’AI sul Marketing e le principali applicazioni nel tuo lavoro>>

notizie della settimana - copertina

Louis Vuitton, Microsoft e ChatGPT: le notizie della settimana

Torna il nostro appuntamento fisso con le notizie della settimana.

Intelligenza artificiale, realtà virtuale e metaverso, non si parla d’altro! Il 2023 si preannuncia come un anno di rivoluzioni tecnologiche, alcune già sotto i nostri occhi e dita, altre più a portata di visori e dispositivi tech.

Il riferimento è naturalmente a ChatGPT e alle intelligenze artificiali che stanno stravolgendo i nostri orizzonti: monta il dibattito dell’utilità (e dei rischi) legati all’apprendimento (ne abbiamo parlato in questo articolo), mentre si fanno sempre più concrete le applicazioni pratiche (puoi leggere qui qualche consiglio prima di iniziare).

Le grandi del tech non stanno a guardare, Microsoft sta dando vita a tutta una serie di operazioni per applicare la tecnologia alle sue properties, ma altre organizzazioni stanno sfruttando le potenzialità dell’AI per sviluppare processi creativi (come ha fatto Martini, dai un’occhiata qui).

E se ancora attendiamo un annunciatissimo Metaverso (che pare sarà la nuova Eldorado), la realtà aumentata sembra invece più prossima, con molte applicazioni in campo health.

Tuttavia, lo stupore di sollevare lo sguardo e rimanere sbalorditi davanti alle installazioni di Yayoi Kusama per Louis Vuitton, è qualcosa che nessuna tecnologia può ancora replicare. Per adesso.

Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.

ChatGPT tra i banchi di scuola

Il NYT sostiene che le scuole dovrebbero adottare il chatbot di OpenAI come strumento didattico per liberare la creatività e preparare gli studenti a lavorare con l’intelligenza artificiale in futuro.

Inutile, quindi, vietarne l’uso per i compiti tra gli studenti, ma necessario individuarne le opportunità di applicazione come ambiente didattico.

Realtà virtuale per combattere l’ansia

I ricercatori dell’Università di Cambridge, con l’aiuto della società di videogiochi Ninja Theory, hanno testato un gioco VR per insegnare alle persone una strategia per affrontare l’ansia quotidiana.

Con tanto di tecniche di respirazione e monitoraggio della frequenza cardiaca, l’esperimento si propone come ausilio complementare alla psicanalisi e alle terapie cognitivo comportamentali.

Come smascherare un bot

Tra le notizie della settimana l’Intelligenza Artificiale ha un ruolo importante. Mentre cresce l’hype intorno all’intelligenza artificiale applicata ai contenuti, nascono anche nuovi strumenti per “frenare” questa avanzata. GPTZero è un’app in grado di scansionare il testo per decifrare se è stato scritto da un essere umano o da un programma di intelligenza artificiale come ChatGPT.

Un tool che si propone come garanzia di trasparenza nei confronti degli utenti.

ChatGPT non è affidabile al 100%

Questa l’osservazione da cui parte l’analisi su limiti e pericoli della creazione di contenuti basati sull’intelligenza artificiale generativa. Un recente articolo di Ninja considera punti di forza e di debolezza dello strumento, cercando di identificarne opportunità di applicazione nella SEO, ma anche possibili criticità.

L’IA generativa al centro del World Economic Forum di Davos

Non solo sui social ma anche nell’importante meeting internazionale, ChatGPT e le altre intelligenze artificiali in grado di creare testi, video o immagini da un semplice comando sono state un tema caldo.

Se da un lato il CEO di Microsoft ha riconosciuto che i progressi dell’AI generativa potrebbero essere potenzialmente pericolosi, ha anche affermato che potrebbero aiutare a risolvere alcuni importanti problemi.

Di parere diverso Yan LeCun, capo di Meta AI, secondo il quale, per il momento, i sistemi di dati sono divertenti ma non realmente utili.

Il metaverso è un’opportunità a tanti zeri

A dirlo sono i risultati che Accenture ha rilasciato durante il Salone dell’elettronica di consumo (CES) a Las Vegas. Secondo la ricerca, più della metà (55%) dei circa 9.000 consumatori intervistati vede il metaverso come un’opportunità di business per creare e monetizzare contenuti.

notizie della settimana - ricerca accenture

Un totale di 1 trilione di dollari di entrate potrebbe provenire dalle esperienze e dal commercio del metaverso entro la fine del 2025.

Microsoft lancia il servizio Azure OpenAI…

Lo strumento consente alle aziende di integrare tool come DALL-E nelle proprie applicazioni cloud.

Presto includerà l’accesso a ChatGPT, l’intelligenza artificiale conversazionale recentemente diventata virale. Si tratta del primo passo di un’estensione dell’AI a tutti i prodotti Microsoft, già annunciata dal CEO Satya Nadella.

… e presenta l’AI che replica la voce umana

Il colosso di Redmond ha presentato un nuovo modello AI di sintesi vocale in grado di copiare le voci di altre persone e perfino riprodurre il loro tono e il loro stato emotivo. Servono solo tre secondi di registrazione per “tarare” la voce, poi è possibile riprodurre qualsiasi messaggio semplicemente digitandolo. Il modello è stato istruito con oltre 60.000 ore di discorsi e parole, ma solo in inglese.

Louis Vuitton e Yayoi Kusama tornano a lavorare insieme

La collaborazione tra l’artista giapponese di fama mondiale e il brand del lusso si rinnova con un progetto che si preannuncia come spettacolare. L’articolo è tra le notizie più lette della settimana.

Big Activation: Louis Vuitton e la spettacolare collaborazione con Yayoi Kusama

Gli iconici pois, alter ego dell’artista, si uniscono ai motivi iconici del brand per creare una collezione unica che celebra il potere dell’arte, dell’audacia e della maestria artigianale.

Il progetto è diventato subito un fenomeno mondiale, offrendo uno spettacolo indimenticabile da vivere nelle città principali in cui il brand è presente, ma anche in mondi immersivi creati appositamente.

Notizie della settimana: la campagna visual di Martini basata sull’AI

Si intitola Unbottling Martini e include una serie di immagini generate attraverso il software di intelligenza artificiale Midjourney.

notizie della settimana - Martini

Il brand ha pubblicato nove immagini, ognuna basata su un differente testo descrittivo (prompt), per sviluppare un'”interpretazione unica” dei cocktail Martini.

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Content Marketing: strategie e tendenze per il 2023

Content is The King? È un assioma cui tutti aderiamo senza troppo indugio. Ed è proprio il Content Marketing la parola chiave del marketing digitale per il 2023. Le ragioni sono molteplici e ovvie.

Il content marketing è una strategia scalabile e a lungo termine, consente di convertire contatti e ottenere importanti livelli di ROI, possiede enormi potenzialità educative e didattiche. Insomma è una risorsa importantissima per ogni organizzazione che si rispetti.

Pertanto valutare i dati derivanti dalla strategia di content marketing è vitale per dirigenti o leader nel settore dei contenuti per gestire al meglio budget e risorse per ottenere risultati vincenti.

Quali sono i dati statistici da valutare per il content marketing 2023? Scopriamolo insieme.

Content Marketing 2023: focus sui percorsi di carriera dei content marketer

Una recente ricerca condotta dal Content Marketing Institute ha indagato alcuni aspetti significativi della carriera dei content marketer.

La survey, dal titolo Content Marketers Share Salaries, Career Paths, and More in 2023, ha cercato di mettere in luce alcuni focus sui percorsi professionali di chi si occupa di contenuti di marketing attraverso domande esplorative tra cui “Cosa significa lavorare nel content marketing? È una carriera gratificante? È ben retribuito? Qual è la traiettoria di carriera? L’obiettivo è quello di aiutare i content marketer a comprendere le loro opportunità e posizioni nonché di aiutare le aziende a sviluppare ruoli significativi e le risorse e le opportunità per mantenerli.

La rilevazione, come si legge dal report, ha verificato che sono in molti i content marketer pronti a fare il “grande salto” appena se ne presenta l’opportunità.

Il 54% dei content marketer, infatti, ritiene di dover essere pagato di più. L’indagine, infatti, ha rivelato che i marketer statunitensi (non appartenenti alla categoria dei lavoratori autonomi) percepiscono un reddito medio di poco superiore agli 82.000 dollari.

La forbice della disparità tra uomini e donne è abbastanza ampia: se un uomo guadagna circa 99 mila dollari, le donne si attestano a poco meno di 80 mila.

Ma si sa: quando si parla di carriera non si fa riferimento solo all’aspetto squisitamente economico ma anche, e soprattutto, alle posizioni apicali cui è possibile anelare. Solo il 31% delle donne ricopre ruoli direttivi o di vertice rispetto al 48% degli uomini e tra questi solo il 23 % dichiara di aver fatto progressioni di carriera nel proprio contesto aziendale.

La situazione dei content marketer in Italia

Questi dati non confortano soprattutto se si scende nel dettaglio della survey.

Il 57% dei partecipanti all’indagine ha dichiarato che saranno protagonisti di ‘Grandi dimissioni’ e che, presumibilmente, prevedono di trovare un nuovo impiego nel corso del 2023. Percentuale che risente anche dei livelli di stress cui sono sottoposti i content marketer: sfavorite le donne rispetto agli uomini.

Situazione analoga è quella nostrana. Sebbene la ricerca attiva di figure profilate e specializzate nel content marketing sia cresciuta notevolmente i livelli salariali non superano i 35 mila euro.

Secondo un’indagine di Job Pricing su 36 settori analizzati, le Digital Companies si posizionano al quinto posto per livello retributivo medio in Italia, con quadri e impiegati con RAL significativamente più alte rispetto alle medie dei settori tradizionali. Questo perché il digitale già da tempo si configura come un mercato molto competitivo, dove quadri e impiegati si spostano velocemente tra un’organizzazione e l’altra.

Il digitale ha fame di competenze che possano portare a innovazioni di business. E la leva della retribuzione è quella che spinge le persone a spostarsi.

content marketing

LEGGI ANCHE: Come e dove cercare lavoro nel 2023: consigli per il tuo CV

Qual è il destino dei content marketer

Un altro articolo, sempre su Content Marketing Institute, dal titolo Content Marketers: Here’s How To Ask for (and Get) the Salary You Want, invita i content marketer ad analizzare il mercato e a guardarsi intorno qualora sorga il sospetto di un salario poco adeguato alla propria posizione lavorativa.

Il trucco è capire quanto guadagnano altre persone che ricoprono la stessa posizione lavorativa. Uno strumento particolarmente utile indicato nell’approfondimento è ‘Creative Circle‘: la community di talent nel settore del marketing mostra la retribuzione media in base al titolo di lavoro e alla località.

La piattaforma, poi, consente di controllare le fasce salariali indicate per le offerte di lavoro attive nel settore del content marketing. Nell’analisi, l’editor di Content Marketing Institute Ann Gyn, traccia un percorso chiaro per quanti desiderano trovare maggiore gratificazione nel proprio contesto lavorativo.

Il suggerimento è di preparare argomentazioni volte a far aumentare la propria base salariale. In fondo è utile far percepire alla propria azienda quanto il proprio lavoro sia utile, quanto i colleghi valutano positivamente il proprio operato.

Come gestire al meglio i team di content marketing

I manager dei team di marketing avranno sicuramente molto a cui pensare. Innanzitutto progettare eventuali progressioni di carriera per content marketer, qualora non siano previste.

Collaborare con il reparto risorse umane è sicuramente un primo passo. Robert Rose, fondatore di CMI, nel suo Don’t Let Content Marketing Be a Dead-End Career, suggerisce uno schema esemplificativo dei ruoli e dei relativi avanzamenti di carriera.

Il rischio, infatti, è di non tener conto di una professione preziosa per le aziende e di alimentare un turnover elevato, come dimostrato di recente da una ricerca condotta da SHRM (Society for Human Resources Management).

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Tendenze di content marketing per il 2023

Un altro aspetto importante da tenere in considerazione riguarda la ricerca annuale B2b che, quest’anno, ha evidenziato alcune aree in cui i content marketer potrebbero avere bisogno di ulteriore supporto da parte delle proprie organizzazioni.

Se il 71% dei marketer B2B afferma che il content è fondamentale per la propria organizzazione aziendale, soltanto il 40% sostiene di avere una strategia di content documentata e allineata agli obiettivi aziendali.

Dato confermato dal fatto che tra i marketer che affermano che la propria azienda vive importanti successi grazie al content marketing, circa il 29% degli intervistati, soltanto il 64% sostiene di aver programmato la propria strategia. Dato impietoso che dimostra una cosa molto semplice.

Ogni anno, infatti, si tirano le somme rispetto alle strategie poste in campo e il caso vuole che proprio strategie documentate e reportistiche raffinate, che mettano in luce soprattutto il ROI ottenuto, siano quelle vincenti e capaci di catalizzare meglio risorse aziendali per pianificare, creare, distribuire e misurare contenuti.

La ricerca B2B ha mostrato che anche nelle linee strategiche esistono molteplici punti di vista e divergenze. A farla da padrone sono eventi in presenza (seguiti poi dagli eventi virtuali), social media e community building, articoli e post brevi e video. Proprio i video, infatti, sono la tendenza del marketing B2B nel 2023: il 78% degli intervistati hanno deciso di puntare maggiormente su questi contenuti nell’anno in corso con un trend del +0.9% rispetto all’anno precedente.

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Video marketing 2023: coinvolgere, emozionare, raccontare

L’importanza dei video nel marketing è in continua crescita in ogni segmento di mercato.

Una recente ricerca del CMI ha dimostrato, infatti che il 73% degli esperti di marketing è convinto che i video siano diventati centrali nella loro pianificazione editoriale negli ultimi 12 mesi. Tra questi, circa il 69% si affida alla produzione di video in-house. 

Al netto della durata di un contenuto video e dei relativi risultati in termini di ROI ed engagement tutti i content marketer sono concordi con l’introduzione dei video nei propri piani editoriali investendo maggiori budget rispetto al 2022.

Il motivo è semplice: i video producono maggiore engagement. I buyer persona individuati sono sempre più sollecitati attraverso i trigger emozionali che discendono da un contenuto video, specialmente se il video in questione attiva dinamiche di racconto. La strategia di tendenza, infatti, è di produrre video che puntino allo storytelling dell’organizzazione.

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Inclusione significa dare valore alla diversità, l’intervista a Francesca Vecchioni

Fare campagne di marketing inclusivo è complesso. Richiede preparazione, studio, dialogo con le persone chiamate in causa, consapevolezza e coraggio. Ma quando decidi di farlo bene il riscontro che hai non è potente solo dal punto di vista dell’immagine del brand ma anche del fatturato.  

Ne abbiamo parlato insieme a Francesca Vecchioni e abbiamo fatto il punto della situazione in Italia rispetto alle tematiche di diversità e inclusione che, fin troppe volte, vengono sottovalutate o trattate guardando solo ai benefici economici.

Scrittrice, formatrice, attivista, esperta di linguaggi inclusivi, hate speech, unconscious bias e diritti civili, Francesca Vecchioni è Presidente di Diversity, fondazione no profit impegnata contro ogni forma di discriminazione e nella promozione del valore della diversità e della cultura dell’inclusione nel mondo dei media, delle aziende e nella società civile. 

L’intervista a Francesca Vecchioni

Sicuramente è uno dei volti più autorevoli in Italia rispetto alle tematiche legate alla diversity & inclusion, tanto da aver ideato i Diversity Media Awards, progetto di ricerca ed evento mediatico dedicato alla rappresentazione della diversità nei media nazionali di informazione e intrattenimento, e il Diversity Brand Summit, che identifica i brand considerati più inclusivi e ne misura il valore economico generato sulla base di una ricerca annuale consumer based (Diversity Brand Index). 

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I numeri del marketing inclusivo

Molto spesso si pensa che il marketing inclusivo sia solo il linguaggio e la comunicazione, poi ci si dimentica che per essere autentici e consistenti ed essere considerati “no washing” in realtà il valore che passa da un brand non passa solo attraverso le parole e la comunicazione che usa o le immagini in advertising, ma anche rispetto a quello che si sa, si pensa o si conosce di com’è anche internamente il brand. Per esempio quanto sia in grado, in qualche modo, di valorizzare e restituire l’inclusione verso le comunità. Quindi, essere inclusivi dipende molto da tanti fattori perché c’è una maturità anche nella valutazione dell’inclusione del brand” esordisce Francesca durante la nostra intervista. 

Proprio Diversity, insieme a Focus MGMT, si occupa ogni anno di un progetto di ricerca volto a misurare la capacità delle aziende di sviluppare con efficacia una cultura orientata alla diversity & inclusion, il Diversity Brand Index. 

Una cosa è certa, anche dai dati che emergono dal nostro report annuale, il posizionamento, cioè il coraggio del brand di posizionarsi su tematiche di inclusione è premiato da parte delle persone ed ha un ritorno positivo e non ha un ritorno negativo come ci si potrebbe immaginare. Il ritorno negativo ce l’ha quando il brand lo fa in maniera non autentica. Il Net Promote Score, cioè l’indice di passaparola positivo su internet che è direttamente collegato con i profitti dell’azienda, ha un valore positivo enorme riferito alle tematiche dell’inclusione, cioè se un brand sa parlare in maniera inclusiva. L’autenticità, in tal senso, è fondamentale perché esiste anche un modo di parlare, di essere inclusivi, di far percepire il marketing che si sta utilizzando, un modo che può essere percepito come autentico e una modalità che, invece, può essere percepita come strumentale. Questo fa molto la differenza, perché siamo in una fase storica in cui le persone hanno sempre più consapevolezza e comprensione dei valori che li circondano”.

I dati del Diversity Brand Index 2022 parlano chiaro.

I marchi percepiti come inclusivi registrano un Net Promoter Score in ulteriore crescita (+5,3p.p.) rispetto all’anno precedente, attestandosi a +86,5%; per gli altri, l’NPS rimane invece molto basso, sebbene in attenuazione rispetto al 2021 (-77,2% vs -90,9%). Si conferma inoltre il differenziale della crescita dei ricavi tra i due gruppi di aziende, con un +23% a favore di quelle percepite come maggiormente inclusive.

Di fatto, fare scelte che volte al mondo dell’inclusione non porta solo a benefici in termini di brand positioning ma anche in termini di profitto. 

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Come fare marketing inclusivo senza commettere errori

A questo punto la domanda viene naturale: perché le aziende sono così reticenti a fare delle operazioni di marketing inclusivo?

Penso che ci siano diverse ragioni. Partiamo dalla più banale: la non conoscenza e non competenza e quindi la paura di fare errori. Questa è una cosa a cui si può ovviare tranquillamente rivolgendosi a chi lo sa fare”.

Un bellissimo esempio, in tal senso, è l’advertising mondiale di Diesel, “Francesca”, realizzato da Publicis Italia con la consulenza di Diversity. Il corto, diretto da Francois Rousselet e interpretato dalla modella e attivista Harlow Monroe, riprende la transizione di Francesca nel tempo fino al momento in cui giunge alla sua vera identità. Il video si conclude con la realizzazione del suo sogno: entrare in convento e diventare suora.

Per farlo hanno chiesto sin dall’inizio il nostro intervento proprio per evitare di fare qualcosa di sbagliato, anche perché il tema metteva insieme identità di genere e religione. In quel caso, oltre ad aver seguito tutta la parte di casting, della gestione dello storyboard, ci siamo occupate anche di come la protagonista utilizza i farmaci. Ci sono tutta una serie di aspetti da seguire. Naturalmente il fatto che la protagonista sia una persona trans è essenziale. Quando fai comunicazione, è fondamentale avere sempre le persone che rappresenti sedute al tavolo. Una campagna così non può essere sul prodotto, deve essere sul brand e, soprattutto, valorizzare un tema attraverso il brand, ma nello stesso tempo deve parlare di quel tema con le comunità. E poi alla fine ci siamo occupati della restituzione, facendo un’analisi delle migliori associazioni al mondo a cui fare una donazione e abbiamo selezionato per loro un’associazione che si occupa di accessibilità al lavoro per le persone trans”. 

Quello che è chiaro è che per lanciare un messaggio inclusivo le aziende devono avere coraggio, essere autentiche e mantenere una coerenza tra l’interno e l’esterno. 

Il coraggio serve. Se decidi di lavorare su certi temi devi sederti con le persone con cui si parla perché altrimenti non sai parlare nella maniera corretta, hai bisogno di avere chiaro il registro narrativo perché se devi parlare in maniera inclusiva non puoi usare un registro paternalistico o pietistico, ma devi saperlo fare. Cosa che, invece, nella comunicazione purtroppo stereotipizzata classica è frequente. Se vuoi raggiungere e parlare di alcune persone che in qualche modo si sentono già marginalizzate non le raggiungerai mai se ne parlerai in maniera pietistica. Il paternalismo è uno degli errori più eclatanti dei linguaggi del marketing che vorrebbe essere inclusivo ma che di fatto non lo è” ha commentato Francesca.

Ma come possono i brand essere davvero inclusivi?L’inclusione non deve essere un atteggiamento paternalistico, deve essere piuttosto creare un ambiente in cui dare valore alla diversità. Questo significa non farlo dall’alto perché ho il potere di farlo, ma al contrario significa farlo insieme e scendere dal piedistallo in cui sono, nel momento in cui mi accorgo che questo mondo è disegnato in maniera scorretta. È per questo che nell’advertising, nelle aziende, nel marketing deve esserci un’accessibilità più ampia al lavoro, perché devono esserci le persone che pensano, che disegnano, che creano contenuti facenti parte di tutte le categorie della diversity. Invece noi continuiamo a far parte di un mondo che non mette tutti sulla stessa linea di partenza, c’è sempre qualcuno che parte con dei metri di svantaggio o di vantaggio. Il problema è che chi disegna il mondo ha dei metri di vantaggio, costringendo le persone che partono indietro a dover recuperare, ma naturalmente non è così semplice”.

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Rappresentare la diversità come tema principale nella nostra società

Eppure il tema dell’inclusione è sempre più cruciale nella nostra società attuale, tanto che da quest’anno a maggio si celebra il mese europeo della diversità in tutta l’UE. Con questa iniziativa la Commissione Europea incoraggia tutte le aziende a promuovere le politiche in materia di diversità e inclusione, coinvolgendo il personale in occasione di workshop o sui social, utilizzando ad esempio l’hashtag #EUDiversityMonth. 

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Ma perché rappresentare la diversità è così importante? Francesca Vecchioni spiega: “Ci sono ovviamente vari aspetti. Partiamo da quello più importante: la società è tutta diversa e quindi se non riesci a rappresentarla non stai parlando con tutte le persone. Se la persona non riesce ad identificarsi con la tua rappresentazione, non stai parlando con lei. Questo è essenziale nel marketing: se qualcuno non si sente protagonista del dialogo che stai attivando, ti ascolterà di meno. 

Ma questo primo punto è insufficiente perché la verità è che quando parli in maniera inclusiva non parli solo alle persone che stai coinvolgendo ma parli anche a tutte quelle persone che hanno a cuore quelle tematiche, anche se non sono parte di quelle comunità. Quindi i numeri che raggiungi sono ancora più ampi perché l’inclusione è un meccanismo di empatia fortissimo e le persone che raggiungi, riesci a raggiungerle con una forza e con un legame che è molto più forte di tanti altri legami perché è un legame di valore, perché ha a che fare con i valori profondi che ci portano verso le altre persone, che ce le fanno difendere, che ce le fanno tutelare. 

Poi c’è un aspetto che è legato all’immagine di un brand che non è solo i prodotti e i servizi che vuole vendere, ma è anche quanto vuole attirare valore su di sé anche per altre ragioni. Se il tuo brand sarà in grado di mostrare la propria inclusione e di farla anche al proprio interno significa che crea ancora più innovazione perché attirerai anche nuovo personale che avrà voglia di lavorare dentro un’organizzazione così e avrà un parco di talenti diversificato nell’ambito della diversità capace appunto di creare innovazione. 

Questo cerchio si chiude ricordandosi che più un’azienda è in grado di inglobare la diversità nella propria organizzazione più sarà in grado di scrivere e parlare verso l’esterno, di creare prodotti, servizi e comunicazione perché disegni già un ambiente che rispecchia meglio la società. Tutto questo ha un valore di benessere che ha un impatto sulla società e come brand attivi un valore di responsabilità verso il resto della società perché stai modificando un immaginario collettivo e quando lo fai in positivo stai abbattendo dei limiti e quindi crei valore. Questa cosa crea un benessere che ricade anche sull’economia naturalmente. Tutte le società che riducono le diseguaglianze sono società che aumentano il proprio benessere economico”.

A che punto è la situazione in Italia? 

Nonostante i brand che investono nella diversity & inclusion siano aumentati del +23%, in Italia siamo ancora lontani sul piano dell’inclusività. 

Ci sono tanti indici a livello internazionale per misurare le diseguaglianze e molti indicatori ci danno sempre indietro. L’Italia è indietro a partire dalla consapevolezza. Però siamo anche in grado di svegliarci perché siamo noi che facciamo la cultura di un Paese e l’advertising e il marketing fa parte di questo. Un’azienda deve essere consapevole dell’impatto che ha sull’immaginario collettivo. E sono felice che si possa rendere conto di quanto anche economicamente possa fare la differenza perché questo può spingerla a muoversi. L’aspetto economico, chiaramente, deve combaciare con l’aspetto culturale di coerenza, altrimenti è un rischio e basta”. 

Diversity, un punto di riferimento per la cultura dell’inclusione

Fondata nel 2013 da Francesca Vecchioni e Gabriella Crafa, “l’idea di Diversity è nata su un terrazzo di una notte d’estate in compagnia di amici. Eravamo io e Gabriella che siamo le due socie fondatrici e stavamo pensando in quel momento alle tematiche LGBTQIA+, ma da subito Diversity è nata su tutte le aree perché era impossibile concepirla solo su un’area. Stavamo ragionando sulla necessità di influenzare positivamente chi lavora nel mondo dei media per cercare di dare una rappresentazione che impattasse sull’immaginario collettivo e abbattesse gli stereotipi e i pregiudizi, ribaltando il pensiero negativo legato alla diversità in un pensiero positivo. Eravamo convinte che questo fosse più potente di tante altre battaglie.

francesca vecchioni inclusione

Come Diversity noi lavoriamo in tanti ambiti legati all’inclusione, sia sui media che sulle aziende. Ed è un lavoro che non finisce mai perché il linguaggio, la comunicazione sono in continuo movimento e noi lavoriamo mettendo insieme più soggetti e quindi anche noi continuiamo ad imparare. Lavoriamo con la ricerca, con le università, con gli osservatori per reperire i dati, lavoriamo con le comunità e con le associazioni, lavoriamo con chi fa comunicazione, con chi si occupa di idiomi e di linguaggio”.

Certo, fare campagne di marketing inclusivo è complesso. Richiede preparazione, studio, dialogo con le persone chiamate in causa, consapevolezza e coraggio. Ma quando decidi di farlo bene il riscontro che hai non è potente solo dal punto di vista dell’immagine del brand ma anche del fatturato. 

LEGGI ANCHE: Inclusione e diversità danno forza alla tua strategia di comunicazione: ecco come

La campagna di IKEA Israele

Una campagna molto bella è “ThisAbles” di IKEA che ha realizzato add-on per i loro mobili. Hanno creato i file per fare la stampa digitale di questi oggetti da aggiungere ai loro mobili per renderli fruibili per tutte le disabilità motorie o difficoltà legate alla salute mentale. IKEA ha mostrato i dati e quei prodotti avevano aumentato le loro vendite del 30%. Questo non è solo marketing inclusivo, è design inclusivo. E il concetto è che al tavolo hai portato le persone con disabilità altrimenti non saresti riuscito a farlo”.

Il punto chiave di tutto sono le persone. Non puoi fare a meno di parlare di loro dopo averle ascoltate, dopo aver capito le loro istanze e dopo averle portate a credere nei tuoi valori. Valori che prevedono etica, rispetto, inclusione e benessere. 

Francesca Vecchioni, che di recente ha pubblicato con Luca Trapanese il libro per bambine e bambini “Le avventure del SottoSotto – una città segreta sotto la 3° C”, ha saputo sintetizzare tutto questo in poche parole: «Nel marketing l’impatto sull’immaginario collettivo è enorme, quindi la responsabilità nel saper usare questo strumento eccezionale è fondamentale».

marketing trends 2023

Marketing Outlook 2023: scenari, tendenze e tecnologie su cui investire

Ogni anno vengono pubblicati innumerevoli articoli e analisi che provano a indicare la strada in termini di strategie e azioni da intraprendere. La redazione di Ninja aveva individuato ben oltre 70 report lo scorso anno.

Se da un lato è sempre bene prepararsi con un piano di azione, negli ultimi anni abbiamo compreso quanto sia fondamentale l’essere pronti a rivedere tutto in corso d’opera. Come pianificare i prossimi mesi e dove investire sforzi e risorse?

Al fine di facilitare nell’impresa, abbiamo sintetizzato il punto di vista delle principali società di consulenza e Big Tech. Partendo dal contesto e dal consumatore, abbiamo identificato quelle aree strategiche e le tecnologie in cui sia le aziende B2C e sia quelle B2B dovranno investire.

Il contesto

 

“Marketing is the force that shapes our wants and lifestyles more than we really realize” 

Philip Kotler 

 

Certe cose non cambieranno mai, una di queste è il cliente al centro di tutto. Questo presupposto – per nulla scontato ancora oggi – comprenderlo e assecondarlo risulterà sempre più importante e allo stesso tempo complesso. Sarà inutile portare avanti attività di branding senza considerare l’inflazione e l’effetto sui suoi comportamenti d’acquisto; investire in tecnologie all’avanguardia senza considerare l’esperienza d’acquisto; fare grandi promesse senza considerare la complessità dei suoi valori e delle sue reali preoccupazioni.

È per questo motivo che l’analisi parte da alcuni eventi e dati del 2022 al fine di delineare il contesto in cui ci stiamo muovendo.

L’impatto dell’inflazione sulla fedeltà di marca

Dal punto di vista politico, abbiamo aperto l’anno con la Guerra in Ucraina. Abbiamo assistito quindi alla conseguente crisi alimentare ed energetica, oltre all’inasprirsi della crisi climatica. Sullo sfondo l’aumento dell’inflazione:  secondo l’ISTAT il dato del 2022 è il più alto dal 1985.

Per delineare gli effetti del contesto economico sul consumatore che sta inevitabilmente rivedendo la propria “spesa”, Deloitte ci fornisce una fotografia con il Consumer Tracker, osservatorio attivato durante la pandemia e che mensilmente monitora il sentiment del consumatore in 24 Paesi. 

Stando ai dati relativi all’ultima rilevazione in Italia (25/12/2022):

  • il 53% degli intervistati italiani ritiene peggiorata la propria condizione finanziaria;
  • solo il 29% riesce a risparmiare alla fine del mese; 
  • il 27% ritiene di potersi permettere dei beni voluttuari.

Secondo la stessa survey, l’Italia risulta essere il Paese in cui la preoccupazione sull’aumento dei prezzi è sentita maggiormente (68%).

Preoccupazione inflazione a livello globale

Nella testa di un consumatore alle prese con nuovi modi per risparmiare, risulterà fondamentale essere o diventare un brand insostituibile. Sarà un termometro della fedeltà dei propri clienti. Secondo il Guardian, infatti, circa un quinto dei consumatori non cambierà brand a favore di un prezzo più basso.

Nel corso dell’analisi, approfondiremo alcuni dei fattori che possono agevolare nel diventarlo.

Gartner Il Comportamento acquisto con l'inflazione

Il panorama dei Social Media

È stato l’anno in cui Meta ha perso un milione e mezzo di utenti per la prima volta con conseguenti effetti sul titolo a Wall Street (-20%, febbraio 2022); Elon Musk ha acquistato Twitter per 44 miliardi di dollari; Tik Tok ha superato 1 miliardo di utenti attivi.

Gli investimenti in Influencer Marketing sfiorano i 300 milioni di euro con un incremento dell’8% rispetto al 2021 (Fonte: UPA). Se alcune testate parlano già della fine dei social media, i dati sull’utilizzo mostrano un trend del numero di iscrizioni in aumento. La crescita più importante è quella di Tik Tok con un engagement rate medio del 4.1% (6 volte superiore a quello medio di Instagram).

Trend iscrizioni Social Media - marketing

Se da un lato, il 2022 è stato l’anno della nascita e della fine del Live Shopping (Tik Tok e Meta hanno preferito disabilitare la funzione, mentre YouTube ha accelerato annunciando la collaborazione con Shopify), dall’altro rappresenteranno ancora un’importante “piazza” in cui essere presenti per rafforzare la relazione con la nostra audience, ma in modalità diverse.

Secondo eMarketer, la crescita si avrà anche nel numero di acquisti. Un altro dato ce lo fornisce Deloitte con le recenti TMT Predictions 2023 in cui si stima una spesa a livello globale superiore ai 1.000 miliardi di dollari.  

Trend acquisti Social eMarketer

Valori e Purpose

 I Valori e il Porpuse sono gli elementi comuni agli insight analizzati e l’imperativo per il 2023. Abbiamo fatto i conti con la più grande siccità da 500 anni a questa parte, mentre in America viene cancellato il diritto all’aborto. Great Resignation e Quite Quitting sono le tendenze che stanno caratterizzando il mercato del lavoro.

Le big tech licenziano oltre 150.000 dipendenti (52.000 solo nel mese di novembre). 

Solo in Europa le imprese sono state multate per oltre 830 milioni di euro per violazioni del GDPR, l’80% è attribuito a Meta. L’anno si è concluso con una diretta del Parlamento Europeo “Corporate Sustainability Reporting Directive” con cui si stabilisce che i dati relativi alla sostenibilità dell’impresa assumono gli stessi valori dei dati finanziari. 

Parlare di Purpose e di Valori significherà fare i conti con una società stanca che pretende una presa di posizione da parte dei brand. Vedremo in seguito ulteriori dettagli.

Partendo dal contesto e dagli insight abbiamo identificato le tre aree strategiche in cui non si potrà sbagliare:

  1. La sfida dei dati
  2. First-data experience
  3. Customer Engagement 
  4. Brand Values

Marketing Trend: la sfida dei dati

Tendenze come l’intelligenza artificiale, i metaversi, le ricerche vocali avranno un ruolo importante ed è bene conoscerle e valutarle per il proprio business. Tuttavia, se le risorse sono scarse sarà necessario concentrarsi sulla principale sfida dei prossimi anni: i dati e tutto quello che ruota intorno a questo concetto (privacy, sicurezza e fiducia). 

Il 2022 doveva essere l’anno dell’eliminazione dei cookie di terze parti, rinviata successivamente al 2024. Si è rivelato poi essere l’anno in cui il leader di mercato Google Analytics è stato messo in discussione: una sentenza ha spinto molti brand europei a sostituirlo senza indugio. In questi due eventi è possibile intravedere il peso che la gestione del dato avrà sul business, influenzando direttamente il comportamento d’acquisto. 

La ricerca CISCO Customer Privacy lo conferma: l’81% dei consumatori intervistati vede nel modo in cui un’azienda è trasparente sul trattamento dei dati personali una prova del rispetto che ha per i consumatori.

Lo sostiene anche Matt Brittin, Presidente Google Europa, Medio Oriente e Africa, menzionando una ricerca simile condotta da Google: il 43% degli intervistati una cattiva gestione della privacy può portare a scegliere un altro brand.

L’imprevedibilità del comportamento digitale

Non è un caso che Gartner abbia indicato nella recente pubblicazione Chief Marketing Officer Leadership Vision 2023 la forte attenzione alla gestione dei dati e la conseguente imprevedibilità del comportamento digitale del consumatore come uno dei principali trend con cui fare i conti.

Stando alla ricerca, circa il 73% dei consumatori naviga ormai in modalità anonima e circa l’81% disabilita notifiche. Il grafico mostra le principali misure adottate dal consumatore per proteggere i propri dati:

Gartner | Azioni privacy utenti - marketing

Tali azioni e il contesto giuridico non facilitano quelle aziende non ancora mature dal punto di vista di analisi del dato (33% secondo l’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano).

Il traguardo è arrivare alle Predictive Analytics, essenziali nei prossimi anni e il cui giro di affari si stima supererà 100 miliardi di dollari entro il 2027 (fonte: DatatoBiz). 

Non solo GDPR, anche altre norme avranno impatto sul marketing digitale con modalità diverse: il Regolamento ePrivacy rimandato più volte dal 2017 e al momento previsto nel 2025, il Digital Markets Act, il Privacy Shield e il Google Privacy Sandbox.

First-data experience

Da Deloitte a PwC, Google, Gartner, la personalizzazione è al centro delle indicazioni strategiche per i prossimi anni: dai touchpoint digitali e fisici ai messaggi in fase di acquisto e alla relazione post-vendita. L’utente che trova intrusivi il geotracking, il device listening e notifiche continuerà ad aspettarsi un’esperienza dedicata a lui, che magari vada al di là del prodotto stesso.

Deloitte parla di Human First – Data Experience finalizzata a conquistare la fiducia partendo dalla relazione. In questa espressione sono presenti due elementi che definiranno la Customer Experience nel 2023: First – Party Data e l’interazione umana.

I dati di prima parte – ovvero tutte quelle interazioni che un utente ha con un brand, dalla visita al sito alla vendita passando per newsletter, chiamate al call center, visite in negozio – rappresenteranno il patrimonio informativo da raccogliere in modo integrato (davvero).

Customer Engagement 

Riprendendo Gartner, il Marketing avrà il ruolo di “orchestrare” le customer journey  e il customer engagement, creando valore reciproco tra i canali digitali. Gli investimenti dovranno essere quindi orientati a migliorare l’esperienza degli utenti in tutti i touchpoint, fisici e digitali, considerandoli come un unicum

Gartner Customer Journey Orchestration - marketing

Nel delineare le tendenze e le previsioni per il marketing digitale del 2023, Google menziona le super app come un benchmark che alza molto le aspettative. Non potremo ambire a creare “l’app di tutto”alla Elon Musk, ma sarà importante coinvolgere l’utente in una relazione più ampia che non termina con la mera vendita del prodotto. Con le super app le possibilità per i brand sono infinite.

Brand Purpose e valori nella strategia di Marketing

Riepilogando, la gestione della privacy determinerà la fiducia che il consumatore vorrà dare al nostro brand; l’interazione umana, la personalizzazione, la convenienza e l’efficienza saranno alla base della relazione. Tutto questo però non basterà per mantenerla in futuro.

Valori e Purpose rappresentano gran parte delle raccomandazioni per il prossimi anno dei leader di Google: inclusività, purpose e autenticità insieme dovranno far parte del DNA delle aziende.

Evitando quindi il “purpose-washing”, pubblicità e comunicazione dovranno essere supportate da azioni concrete e i valori proclamati dovranno diventare tangibili nelle componenti. 

Secondo Hubspot, l’89% dei brand che hanno investito in contenuti relativi alla responsabilità sociale d’impresa stanno pianificando d’incrementare i loro budget.

Per riepilogare abbiamo creato un’infografica che riassume i principali trend e le sfide per i marketing manager del 2023.

Infografica Marketing Outlook 2023Trend e Scenari

Tech Trends

Identificate le aree strategiche, non ci resta che focalizzarci sulle tecnologie abilitanti considerate strategiche per i prossimi anni. Per farlo ci riferiremo all’ultimo report pubblicato da Deloitte Tech Trends 2023. Dalla ricerca emergono – tra gli altri – 2 principali trend che coinvolgono direttamente la direzione marketing e che si collegano al discorso fatto finora:

Artificial Intelligence

 

Think of deploying AI like onboarding a new team member. We know generally what makes for effective teams: openness, rapport, the ability to have honest discussions, and a willingness to accept feedback to improve performance.

Partiamo dall’Intelligenza Artificiale perché è riguarda tutti i punti analizzati.

Ormai si parla solo di ChatGPT, ma le potenzialità sono enormi: dall’analisi predittiva alla personalizzazione delle comunicazioni. KPMG stima che l’investimento totale in intelligenza artificiale raggiungerà i 150 miliardi entro il 2025.

La fiducia che emerge nei confronti dell’AI è ancora contenuta. Se il 73% delle aziende afferma che l’intelligenza artificiale è fondamentale per il loro successo, d’altra parte c’è ancora qualche resistenza nell’affidarle mansioni strategiche. Il 41% degli intervistati, infatti, è preoccupato per le implicazioni etiche; il 47% dei CEO è preoccupato per la trasparenza, ovvero la possibilità per gli utenti di comprendere i dati che sono vengono utilizzati.

L’esperienza immersiva

Si stima un mercato di 800 miliardi di dollari entro il 2024 quello delle tecnologie di realtà aumentata e virtuale (AR/VR) e nello specifico dei metaversi. Le aziende hanno raddoppiato l’interesse per i mondi virtuali, con decine di miliardi di investimenti in venture capital solo nell’ultimo anno.

Eppure Deloitte ridimensiona tutta l’attenzione che ruota attorno il metaverso.

Lo presenta come alternativa alle e-mail, alle chat e alle videocall, non come un sostituto delle esperienze dal vivo. A conferma della Human First – Data Experience di cui abbiamo parlato in apertura.  In altre parole, è meglio pensare al metaverso come a una versione più coinvolgente di Internet o internet+, citando testualmente.

 

Deloitte Tech Trends 2023

parole keyword 2023

10 keyword del 2022 che useremo sempre di più nel 2023

Il nostro linguaggio si evolve a un ritmo sempre più veloce. Negli ultimi anni, la tecnologia ci ha catapultato nel futuro. Le parole si sono trasformate sotto i nostri occhi per permetterci di continuare a comunicare in maniera corretta ed efficace. Alcuni termini arrivano dal passato, altri sono neologismi o crasi tra parole di utilizzo comune.

Quali sono dunque le parole su cui i professionisti del marketing e della comunicazione digitale dovranno concentrarsi? Quelle che permetteranno di raccontare la complessa realtà contemporanea?

Esploriamo insieme le 10 parole che continueranno ad avere un ruolo chiave nel 2023, dalle esperienze digitali nel metaverso alla centralità delle persone e alla loro capacità di esprimersi nella società odierna.

1. Metaverso

Il termine è comparso la prima volta nel romanzo cyberpunk Snow crash scritto da Neal Stephenson nel 1992. Indica uno spazio tridimensionale all’interno del quale persone fisiche hanno la possibilità di muoversi, condividere e interagire tra loro. Al centro di tutto troviamo la personalizzazione.

5 trend sul metaverso per il 2023

Un numero crescente di marketer sta abbracciando questa nuova era di esperienze virtuali e sta raccogliendo risultati notevoli.
Anche le aziende non possono più ignorare questa enorme opportunità per raggiungere il proprio pubblico in maniera unica e creativa.

Ma non è un Eden. Anche il Metaverso ha i suoi lati oscuri. Il Darkverse, infatti, è l’altro concetto che sta prendendo forma attraverso i nostri visori, diventando un luogo di florida e pericolosa proliferazione di illegalità come reati finanziari, sabotaggi, minacce o altre tipologie di estorsioni

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2. Cryptoeconomy

La criptoeconomia descrive un campo interdisciplinare, emergente e sperimentale che attinge a idee e concetti dell’economia, della teoria dei giochi e da altre discipline correlate nella progettazione di sistemi crittografici peer-to-peer.

L’economia delle criptovalute ci ha fatto fare un passo avanti verso l’immaginazione di un futuro alternativo per Internet, in cui la decentralizzazione è protagonista.

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3. Shrinkflation

Con shrinkflation si indica la pratica di ridurre le dimensioni di un prodotto mantenendone il prezzo di riferimento. È un fenomeno a cui fare attenzione soprattutto tra gli scaffali del supermercato alla luce della crescente inflazione.

Chiamata anche sgrammatura, è una strategia adottata dalle aziende, principalmente nel settore alimentare e delle bevande, per aumentare furtivamente i margini di profitto o mantenerli di fronte all’aumento dei costi di input.

4. Quiet Quitting

Nell’era della post pandemia, il quiet quitting diventa una forma di resistenza diretta e di protesta verso l’hustle culture, quella che ci vede impegnati al lavoro 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Lasciare silenziosamente il proprio lavoro è una pratica (purtroppo) comune. È il risultato di anni di burnout che hanno registrato un picco durante il periodo di lockdown.

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Il nuovo approccio al mondo del lavoro, partito dagli Stati Uniti, è chiaramente una risposta alla cultura della competizione. Con il quiet quitting si intende dare più peso alla qualità della vita privata rispetto alla crescita lavorativa.

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5. Gaslighting

Gaslighting è la parola dell’anno 2022 secondo il dizionario statunitense Merriam-Webster. Il termine è associato alla manipolazione e all’abuso psicologico: “Manipolazione psicologica che durante un lasso di tempo prolungato induce la vittima a mettere in dubbio la validità dei propri pensieri, la propria percezione della realtà o dei ricordi, e porta a confusione, perdita di sicurezza e autostima, incertezza delle proprie emozioni e salute mentale”.

Le ricerche di questa parola sono aumentate in maniera vertiginosa del 1740% nel giro di due anni. Le persone sono sempre più interessate a capire esattamente cosa significhi, non solo nell’ambito delle relazioni sentimentali ma anche in molti altri contesti.

6. Permacrisis

In questo periodo di sconvolgimenti continui e senza precedenti, una singola parola è stata elegantemente creata per dare voce alla nostra esperienza collettiva: “permacrisi”.

parole

Definita dal Collins Dictionary come parola dell’anno per il 2022, permacrisis è formata da “permanente” e “crisi”, e incarna un’epoca prolungata caratterizzata da instabilità, insicurezza e ansia. Con le guerre, le pandemie e la recessione economica che incombono sull’attuale instabilità, non sorprende che questo termine emergente nell’uso popolare superi anche parole più consolidate come “lockdown” o “pandemia”.

7. Ecoansia

Sul tema ambientale sentiremo ancora molto parlare di ecoansia e di quella profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali.

Insieme ad ecoansia arrivano altre parole come simbiocene, che designa una nuova era, caratterizzata dalla necessità di progettare il futuro oltre il pessimismo ambientale. Ma anche solastalgia: il disagio causato dai cambiamenti negativi che si verificano nell’ambiente, una combinazione del latino sōlācium (conforto) e della radice greca -algia (dolore).

8. Goblin mode

Le persone di tutto il mondo stanno dicendo addio alle imposizioni estetiche della società per abbracciare una vita più libera.

È stata soprannominata “Modalità Goblin”, in cui oziare sul divano, mangiare pizza e guardare programmi televisivi viene incoraggiato come strumento per affrontare lo stress o l’ansia.

Il trend è diventato virale sui social già l’anno scorso ed è destinato a consolidarsi. Non si tratta di pigrizia, ma di uno stile di vita che può aiutare a superare i periodi difficili e a dimenticare per qualche tempo i problemi che affliggono il mondo.

9. Non binario

Parliamo di non-binario quando le persone rifiutano lo schema maschile-femminile nel genere sessuale e, a prescindere dal sesso attribuito alla nascita, non riconoscono di appartenere al genere maschile né a quello femminile.

L’identità di molte persone non si limita più alla concezione tradizionale di maschio e femmina: per alcuni il loro genere trascende queste due categorie. Parole come cisgender, transgender, agender e non-binary sono entrate a far parte del nostro vocabolario quotidiano, a testimonianza di quanta strada è stata percorsa in termini di accettazione delle diverse esperienze di identità di genere.

La consapevolezza e l’apprezzamento di queste terminologie permette a tutte le persone, non solo a quelle che si identificano in questo modo, di sentirsi viste e ascoltate senza giudizi o esclusioni.

10. Schwa

Tra le altre parole di cui sentiremo ancora molto parlare c’è lo schwa con il simbolo “ə”, citato sempre più spesso nel dibattito per una lingua italiana più inclusiva. Per anni, i linguisti hanno utilizzato lo schwa, vocale sconosciuta a molti parlanti di lingue europee. Nonostante la sua oscurità, anche se non c’è un modo per digitarlo facilmente su tastiere di computer e smartphone, è presente nell’alfabeto fonetico internazionale e fornisce la pronuncia corretta di innumerevoli lingue in tutto il mondo.

Nel sistema fonetico lo schwa identifica una vocale intermedia, il cui suono si pone esattamente a metà strada fra le vocali esistenti. Si pronuncia tenendo rilassate tutte le componenti della bocca, senza deformarla in alcun modo e aprendola leggermente.

Ad oggi l’Accademia della Crusca si è espressa negativamente dicendo che è una forma non accettabile per la lingua italiana. Non ci resta che aspettare di vedere se la lingua evolverà insieme alla società e se sarà lo schwa a testimoniare questa trasformazione.

cercare lavoro nel 2023

Come e dove cercare lavoro nel 2023: consigli per il tuo CV

Il 2022 è ormai finito, stai cercando lavoro e la pandemia ha cambiato alcune delle regole del gioco accelerando processi che stavano solo per affacciarsi all’orizzonte e rendendo possibili condizioni lavorative inimmaginabili, soprattutto se si parla di Smart Working e di PMI italiane.

In questo scenario, quindi, è utile orientare la stesura del proprio CV diversamente, tralasciando informazioni fisiche, come la residenza o il solo titolo di studio, per evidenziare le proprie specializzazioni o soft skill calate sul ruolo per il quale ci si sta candidando.

Ci troviamo, di fatto, al centro della quarta rivoluzione industriale in cui le nuove tecnologie si fanno sempre più centrali nella vita delle persone e dei lavoratori.

Buoni consigli: cosa non inserire in un CV del 2023

Chi cerca un nuovo posto di lavoro o si sta inserendo in questo mondo per la prima volta scandaglia il web alla ricerca di informazioni utili, di buoni consigli e di modelli efficaci. Oggi più che mai anche i social si fanno densi di tutti questi temi, TikTok compreso.

Proprio su TikTok troviamo Erica Rivera, una recruiter Google, che dispensa consigli di to do e not to do per la stesura di un CV nel 2022 scatenando commenti ed interazioni, anche contrarie, da parte della community. Una cosa è certa, di candidature ne deve aver viste molte nella sua carriera.

Ecco i 5 punti che per Erica Rivera oramai sono Old:

  1. Indirizzo di residenza. Non è più necessario includere il tuo indirizzo completo, abbiamo tutti imparato a convivere con lo Smart Working
  2. Dimentica la lettera di presentazione, almeno come la ricordavi. Una lettera accompagnatoria, oggi, non è più fondamentale. Lo stesso Linkedin dà la possibilità di caricare il CV completo e una piccola descrizione introduttiva
  3. Sapere tutto quello che hai fatto nella tua carriera non è necessario, dritto al punto, ultime posizioni lavorative e soprattutto quelle che possano portare valore aggiunto per l’attuale ricerca di lavoro
  4. Scrivi sempre dalla prima linea, usa verbi e frasi che dicano al recruiter che tu eri lì, protagonista
  5. Avere delle buone referenze è sempre utile, ma scriverlo sul proprio cv non è più necessario. Se dovessero interessare al recruiter te le chiederà.

Le Best Practice non riguardano solo il CV, Mrs Rivera incoraggia i candidati a porre domande durante il colloquio e a presentarsi preparati sull’azienda che andranno a conoscere e, dall’altra parte, si rivolge agli intervistatori ricordando loro che fare dei colloqui non è come uno sprint, do tutto subito, ma è più come una maratona, ci vuole tempo e dedizione per raggiungere il risultato.

Nonostante i consigli di Erica la nostra premessa è stata chiara: questi sono solo consigli e le reazioni sotto i TikTok dell’esperta lo hanno dimostrato. Alcuni recruiter o CEO non hanno espresso il loro consenso, ma rimane un punto fermo il fatto che con nuove posizioni aperte e la voglia di cambiare, i candidati si trovano in un mondo sempre più disorientante.

Ora poniamo un focus sulle skill. Il mondo del lavoro e di vedere le competenze è cambiato nell’ultimo decennio e lo vediamo sia nelle capacità acquisite scolasticamente, sia in quelle personali.

LEGGI ANCHE: Employer branding: guida aggiornata al 2022

Partiamo dalle cosiddette Hard Skill, quelle, cioè, testimoniate da un diploma o una laurea.

Nel mondo del lavoro di oggi queste non sono più in primo piano, non perché non siano importanti, ma perché l’intervistatore le dà per scontate se si è fatta domanda per quel ruolo o azienda.

Soprattutto per skill tecnologiche o digitali che, almeno le basi, sono entrate nella nostra vita quotidiana e da questa non scindibili.

Inoltre il periodo pandemico ha portato, in alcuni casi, ad una ricerca disperata di risorse da parte delle aziende sorvolando su quelle che erano le qualifiche per puntare ad una formazione interna. Le conseguenze? Le aziende hanno acquisito una visione in cui la risorsa è molto più della sua qualifica e il collaboratore ha imparato anche “soft skill riciclabili” in altri settori o realtà.

Ecco quindi come le tanto chiacchierate Soft Skill hanno incrementato la loro rilevanza e sono diventate il fattore decisivo per concludere positivamente un colloquio di lavoro.

Devi dimostrare di essere la persona giusta al momento giusto attraverso le esperienze che ti hanno portato ad apprendere determinate capacità, oltre che cercare di fare il colloquio in presenza e dimostrare un discreto livello di resilienza e di adattamento culturale.

Come sta cambiando il mondo del lavoro, le predizioni fino al 2025

Machines will overtake humans in terms of performing more tasks at the workplace by 2025 — but there could still be 58 million net new jobs created in the next five years, the World Economic Forum (WEF) said in a report.

Questo potrebbe essere un fedele riassunto di quella che sarà la quarta rivoluzione industriale e di quello che rappresenterà per la forza lavoro umana.

L’automazione, quindi, dilagherà e lo farà in modo inevitabile, ma lascerà più spazio ai lavoratori “umani” per quelle attività in cui l’umanità è necessaria togliendo tutti quei compiti invece più ripetitivi e adatti ad intelligenze artificiali.

Questo avrà un risvolto rilevante su quello che è il mondo del lavoro nella creazione di un tessuto mutevole e in cui la percentuale di ore lavorate sarà inferiore, ma in cui la formazione interna deve, necessariamente, rimanere al primo posto per continuare ad essere competitivi.

I settori in cui si vede una crescita più importante nel numero di posti di lavoro generati sono quello medico, dopo la pandemia l’assistenza medica e sanitaria è tornata a essere un cavallo di battaglia, dopo di questo tutto quello che riguarda la governabilità della tecnologia ed, infine, tutto il settore di customer care e attenzione al cliente; settore in cui la tecnologia può fare meno che in altri.

Ad oggi, però, le risorse richieste dalle aziende sono poche o sotto qualificate.

Questo è dovuto anche al fatto che il mondo accademico e quello del lavoro sono sempre stati distanti tra loro e i giovani hanno sempre dovuto passare per lavori inadatti prima di approdare al lavoro dei sogni per il quale si è studiato.

Quali saranno le professioni più ricercate in futuro? Eccone alcune

In un mercato del lavoro che cambia, non solo il CV o le soft skill sono al centro, ma anche il collaboratore con la sue esigenze e la sua voglia di maggior tempo libero a disposizione grazie ad orari e luoghi di lavoro che ne permettono una maggiore flessibilità.

Più del 50% della forza lavoro sta pensando di cambiare l’attuale posto di lavoro per un altro che gli permetta di avere più tempo libero o che concili meglio lo smart working con il lavoro in presenza.

E l’altro 50% che invece sta bene dov’è ha preso consapevolezza nel chiedere una promozione o un aumento.

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Ma vediamo un elenco di quelle che secondo le ricerche potranno essere i lavori del futuro

  • Ingegnere robotico
  • Ingegnere del machine learning
  • Cloud architect
  • Data engineer
  • Sustainability manager
  • Consulente di data management
  • Analista delle risorse umane
  • Talent acquisition specialist
  • Software account executive
  • Cyber security specialist
  • Banker
  • Data scientist
  • Sviluppatore back-end
  • Product Manager
  • Clinic manager
  • Consulente di vendita al dettaglio
  • Business developer
  • Client manager
  • Gestore degli investimenti
  • Ingegnere full stack
  • Infrastructure architect
  • Payroll specialist
  • Sviluppatore front-end
  • Consulente ERP (Enterprise Resources Planning)
  • Addetto all’assistenza dei clienti

Nella lista compaiono molti ruoli relativi alla programmazione, tecnologia e protezione dei dati. Ma anche posizioni dedicate alla vendita e al customer care non mancano.

intelligenza artificiale

Il punto sull’Intelligenza Artificiale: percezione e applicazioni

Non da poco l’intelligenza artificiale (IA) è entrata a far parte del nostro quotidiano. Il termine è familiare a molte persone, addette o meno al settore tecnologico ed informatico, che grosso modo collegano l’espressione ad una capacità decisionale avanzata legata ai computer, insomma qualcosa di più evoluto rispetto al classico “IF THEN ELSE”.

Spesso il riferimento è rivolto a funzionalità avanzate di vari dispositivi, dai comuni elettrodomestici ai telefonini fino alle automobili; in tanti utilizzano quotidianamente l’intelligenza artificiale senza rendersene conto.

Obiettivo di questo articolo è quello di fare il punto sullo sviluppo o meglio su quanto sia realmente evoluta oggi l’intelligenza artificiale e cosa dobbiamo attenderci nel breve termine.

Perché ne parliamo

Secondo recenti ricerche da parte dell’Osservatorio Artificial Intelligence, solo il 5% dei consumatori non ha mai sentito parlare di intelligenza artificiale il che dimostra una conoscenza diffusa pressoché nella totalità degli utenti, ma a livello superficiale, se si considera che solo il 60% ha la capacità di riconoscere la presenza di funzionalità di IA nei prodotti/servizi utilizzati.

Complessivamente buono il giudizio: l’80% degli intervistati ha un’opinione abbastanza o molto positiva dell’IA.

Il tema dell’intelligenza artificiale riveste un suo particolare fascino e le sue origini vanno indietro nel tempo di parecchi decenni, tanto che alcuni tipi di intelligenza artificiale esistono da più di 50 anni, ma i progressi nella potenza dei computer, la disponibilità di enormi quantità di dati e lo sviluppo di nuovi algoritmi hanno portato a grandi balzi in avanti nella tecnologia negli ultimi anni.

L’IA riveste un ruolo centrale nella trasformazione digitale della società e si presta a utilizzi legati ai settori più disparati: dalle vendite al marketing passando per la cybersecurity, l’automotive, dalla logistica alla sicurezza pubblica fino alla sanità; per non parlare degli usi più comuni come gli assistenti personali come Google e Alexa e delle ricerche online.

Da qui ne deduciamo che l’intelligenza artificiale è molto più che una qualsiasi funzionalità, dato che fornisce i processi e le capacità per potenziare al massimo la riflessione e l’analisi dei dati.

Sebbene nell’immaginario collettivo sia associato all’ immagine di robot simili agli esseri umani, completamente funzionanti e in grado di conquistare il mondo, l’intelligenza artificiale non è destinata a sostituire l’uomo dato che il suo scopo è quello di migliorare in modo significativo le abilità e le attività degli esseri umani.

Per questo motivo, è una risorsa molto preziosa per le aziende.

Perché è importante

Nella sua accezione più semplice, il termine “AI” (Artificial Intelligence) si riferisce a sistemi o macchine che imitano l’intelligenza umana per eseguire certe attività e che sono in grado di migliorarsi continuamente in base alle informazioni raccolte.

Al giorno d’oggi, per sfruttare appieno il valore e il potenziale dell’intelligenza artificiale, molte aziende stanno investendo in modo significativo nei team addetti al data science, ossia in quel campo interdisciplinare che utilizza metodi scientifici e di altro tipo per estrarre valore dai dati e combina le competenze di settori quali la statistica e l’informatica con le conoscenze aziendali per analizzare i dati raccolti da più fonti e fornire un supporto al processo decisionale umano.

La tecnologia AI sta migliorando le performance e la produttività delle aziende grazie all’automazione dei processi o delle attività che in passato richiedevano l’intervento umano.

Inoltre, l’intelligenza artificiale può sfruttare i dati a un livello che nessun essere umano potrebbe mai raggiungere e questa capacità consente di ottenere notevoli vantaggi economici come dimostrato da Netflix che fa uso del machine learning per offrire un livello di personalizzazione che ha consentito di aumentare la base clienti di più del 25% nel 2017.

Cosa c’è da sapere

A questo punto la domanda da porsi riguarda come sta evolvendo la diffusione dell’ AI nelle aziende e quindi nel nostro quotidiano; ebbene secondo un sondaggio condotto da Harvard Business Review, le imprese fanno uso dell’intelligenza artificiale principalmente per conseguire i seguenti obiettivi:

  • Rilevare e impedire le intrusioni di sicurezza (44%)
  • Risolvere i problemi tecnologici degli utenti (41%)
  • Ridurre le attività di gestione della produzione (34%)
  • Misurare la compliance interna relativa all’utilizzo dei fornitori approvati (34%)

Sulla base di questi dati possiamo stabilire quali siano i fattori alla base della diffusione e sviluppo dell’intelligenza artificiale in vari settori e sono:

  • Capacità computazionali altamente performanti a prezzi accessibili dovute specialmente all’evoluzione e diffusione dei cloud, dato che prima dell’avvento di questa tecnologia gli ambienti di elaborazione disponibili per l’intelligenza artificiale avevano costi proibitivi.
  • Grandi volumi di dati disponibili per la formazione della stessa AI che deve essere sottoposta ad un processo di apprendimento per poter eseguire previsioni corrette.
  • Vantaggio competitivo dell’intelligenza artificiale applicata ai contesti aziendali.

Per quanto riguarda la trasformazione digitale della società per effetto della AI, si è reso necessario creare osservatori dedicati e le stesse istituzioni hanno compiuti importanti passi avanti nella regolamentazione dell’ intelligenza artificiale.

La Commissione Europea ha presentato di recente la proposta di regolamento, che rappresenta oggi una pietra fondamentale nella costruzione di una fiducia nelle tecnologie e l’Italia ha lanciato il nuovo Programma Strategico, che grazie al lavoro congiunto di tre Ministeri ha prodotto 24 raccomandazioni di azione, con un approccio collaborativo e inclusivo, che affronta in modo esplicito alcuni mali cronici dell’innovazione nel nostro Paese.

Ninja Upshot

L’importanza dell’intelligenza artificiale è dimostrabile attraverso moltissime storie di successo dove le aziende che aggiungono machine learning e interazioni cognitive ai processi e alle applicazioni aziendali tradizionali possono migliorare notevolmente la propria user experience e la produttività.

Nonostante il quadro fin qui delineato, esistono alcuni ostacoli alla diffusione di massa della AI, tra questi i progetti basati sull’intelligenza artificiale che non utilizzano il cloud computing spesso implicano costi di elaborazione elevati, sono complessi da realizzare e necessitano di esperti del settore, molto richiesti ma difficili da trovare.

Sapere quando e dove integrare l’intelligenza artificiale e quando rivolgersi a una terza parte consentirà di ridurre al minimo queste difficoltà.

Oltre a questo aspetto, abbiamo che flussi di lavoro inefficienti possono impedire alle aziende di sfruttare appieno il valore delle implementazioni AI.

Concludiamo sfatando un particolare mito diffuso nell’immaginario collettivo: ad oggi siamo ben lontani da una AI che possa essere minimamente paragonabile a quella umana.

A dirlo sono Jerome Pesenti, uno dei massimi esperti mondiali di intelligenza artificiale oggi a capo del dipartimento Ai di Facebook, Andrew Ng (co-fondatore di Google Brain), Yann LeCun e Yoshua Bengio, entrambi vincitori del Turing Award 2018.