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Non solo eCommerce, il Gruppo Campari compra Champagne Lallier per 21,8 milioni

  • L’operazione, volta ad ampliare la gamma dei prodotti “premium” nel canale dei punti vendita rafforza la presenza di Campari in terra di Francia.
  • L’investimento sembra piacere anche agli azionisti che, attraverso una frenetica attività di compravendita, hanno portato ad un aumento del titolo in Borsa, tutt’ora in crescita ( + 1,80 % rispetto al mese scorso).
  • L’acquisizione di questo “gioiello” enologico, è il terzo colpo messo a segno dal Gruppo Campari nel primo trimestre 2020, oltre a quello della startup italiana Tannico.

Lo scorso 17 aprile Campari aveva avviato una trattativa con la francese SARL FICOMA, holding familiare di Francis Tribaut, per l’acquisizione di una partecipazione dell’80% e, nel medio termine, della totalità del capitale azionario di SARL Champagne Lallier.

L’accordo è stato siglato il 5 maggio, con un esborso di 21,8 milioni di euro da parte della società milanese.

champagne

Campari conquista la Francia e il titolo vola in Borsa

L’operazione, volta ad ampliare la gamma dei prodotti “premium” nel canale dei punti vendita on-premise (ritenuto strategico per le attività di brand building), rafforza la presenza di Campari in terra di Francia, dov’è da poco presente con una propria struttura commerciale.

E l’investimento sembra piacere anche agli azionisti che, attraverso una frenetica attività di compravendita, hanno portato ad un aumento del titolo in Borsa, tutt’ora in crescita.

champagne lallier campari

Lallier, un brand storico

A rendere così appetibile il brand Lallier, oltre che la buona reputazione, è anche la sua grande storicità. La Maison infatti, nasce nel 1906 ad Aÿ, per volere di René Lallier e sua moglie, figlia di importanti vigneron francesi. Sono gli anni dell’ascesa per questo straordinario terroir, riconosciuto e classificato nel 1936 come Village “Gran Cru” in Champagne.

Passa il tempo, ed è il turno di René james Lallier – nipote del fondatore – che, deciso a rivoluzionare l’intera linea di produzione, modernizza gli impianti e le cantine, ormai vetuste.

Anziano, René James Lallier, cede l’attività al suo enologo di fiducia, l’allora giovane Francis Tribaut, che ancora oggi riveste il ruolo di managing director all’interno della società, e continua a dispensare preziosi consigli, forte di una solida esperienza, tra etichette classiche ed esclusive, di cui l’ “Ouvrage” rappresenta la punta di diamante.

Lo Champagne Lallier conserva il proprio posto nell’Olimpo delle bollicine, con una produzione che non supera le 400.000 bottiglie, fedele al celebre motto “less is more”, per un fatturato attorno ai 20 milioni di euro.

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borsa campari

La terza mossa di Campari

L’acquisizione di questo “gioiello” enologico, è il terzo colpo messo a segno dal Gruppo Campari, prima di quella di Tannico, nel primo trimestre 2020, assieme all’acquisto del distributore francese  Baron Philippe de Rothschild France Distribution (Rfd) (per 54,6 milioni di euro) e alla joint-venture con la Ct Spirits Japan.

La scelta di uno Champagne, può sembrare lontana dalla logica Campari, focalizzata soprattutto sui superalcolici – che garantiscono un ritorno di gran lunga superiore a quello del vino -, ma in realtà è motivata da ben due elementi: in primo luogo dalla volontà di aumentare la propria quota di mercato in Francia e, in secondo luogo dal fatto che lo Champagne è considerato un prodotto di lusso, capace di fidelizzare il consumatore al marchio.

Il Gruppo Campari continua dunque, a passo veloce, la marcia conquistatrice in Europa, fagocitando icone alcoliche di forte appeal, che porteranno non solo ad una diversificazione dell’offerta, ma anche ad una maggiore copertura del mercato, e quindi ad un ruolo sempre più rilevante nel commercio mondiale degli spirits e non.

body shaming contro le donne forti

Body shaming e insulti contro le donne forti: come colpiscono i leoni da tastiera

  • La violenza verbale sui social si accanisce sulle donne che non fanno scelte dettate dalla società.
  • Rakete, Botteri, Romano sono solo alcune vittime del bullismo verbale.
  • Il manifesto della comunicazione non ostile contro la violenza delle parole.

 

Il body shaming spesso si presenta travestito da battuta. L’aspetto fisico è ancora oggi un metro di misura diffuso per giudicare se stessi e gli altri. Purtroppo al giorno d’oggi vige la convinzione che magrezza e bellezza sono requisiti fondamentali per avere successo. Il bullismo verbale crea vergogna in coloro che lo subiscono, che a sua volta può scatenare depressione e comportamenti compulsivi.

I commenti sulle donne professioniste spesso vertono sull’apparenza e raramente sui contenuti. Apprezzamenti, battute o insulti, poco importa: il corpo fa discutere più dell’intelletto.

In società maschiliste e populiste emerge una diffusa difficoltà nel ritenere il sesso femminile capace di svolgere determinati incarichi o di occupare posizioni di potere. Abituati a veline, vallette, schedine, Miss Italia ecc., il corpo della donna si riduce ad oggetto di facile giudizio agli sguardi pubblici. La tv diventa veicolo di stereotipi di genere ed alimenta luoghi comuni. Succede dunque che grazie a questo mondo non rappresentativo della società si diffondono rigidi canoni di bellezza. I leoni da tastiera criticano a prescindere:

“In Italia le donne vengono criticate qualunque cosa facciano. Se sei intellettuale, ti criticano perché sei una maestrina. Se ti occupi di moda ti criticano perché sei troppo superficiale, se sei brutta ti criticano perché sei brutta e se sei bella ti criticano perché sei troppo bella”

  • Maura Gancitano su L’Inkiesta

 

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La paura delle donne indipendenti

Spesso dietro l’odio si nasconde la paura di ciò che è ignoto, perché in fondo la figura della donna forte e libera non è ancora radicata nella nostra società. Se guardiamo indietro non sono pochi gli esempi di body shaming avvenuti negli ultimi mesi:
Carola Rakete si è fatta carico della vita di molte persone. Cercando un porto sicuro nelle acque italiane, ha finito poi per essere insultata per i suoi capelli, le ascelle non depilate e il reggiseno non indossato sotto la maglietta.

Poi c’è Silvia Romano: partita per il Kenya ad aiutare il prossimo, sequestrata per 18 mesi, dopo la liberazione si è ritrovata a sua volta messa alla gogna dal terrorismo mediatico. Lì dove dovrebbe sentirsi libera non lo è. Imprigionata dall’odio trasmesso da una fetta d’Italia che non ha saputo accoglierla, accusandola tra l’altro di indossare un velo ed essersi convertita all’Islam.

O ancora la giornalista Giovanna Botteri: poco importano gli innumerevoli riconoscimenti ed i 25 anni di lavoro in zone di guerra, il suo look rimane tema di numerosi commenti sui social. In una recente intervista sulle pagine del Corriere della Sera, la giornalista afferma:

“In generale il problema è quando si confondono i piani, quando la tua immagine diventa notizia. Noi raccontiamo, non siamo quelli che devono essere raccontati: se la donna da soggetto diventa oggetto del racconto c’è qualcosa di sbagliato. I problemi sono sempre legati all’immagine: la giornalista che fa tv non dovrebbe mai rispondere a una serie di canoni legati al suo essere donna piuttosto che giornalista”

 

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Rakete, Romano e Botteri sono solo alcuni esempi dove l’intelletto e l’esperienza sono passati in secondo piano a favore del body shaming. Armandosi di superficialità, c’è chi non è riuscito e non riesce a guardare oltre. Anche nelle realtà più piccole, al di fuori dei grandi riflettori, non mancano episodi di bullismo verbale. Recentemente, in provincia di Bolzano, la capogruppo dei Verdi, Brigitte Foppa, è stata presa di mira da una lettera anonima che insultava lei ed i suoi capelli (!). Nell’intervista con il quotidiano Alto Adige afferma:

“Sono anni che sento parlare dei miei capelli, troppo lunghi, troppo ricci, brizzolati o colorati. Il punto è che disturbiamo.”

Contrastare il body shaming: il manifesto della comunicazione non ostile

Le parole hanno un peso e lo dimostra anche Parole O_Stili, un progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole. Il loro manifesto è composto da dieci principi di stile a cui ispirarsi per scegliere parole giuste, per non dare etichette, isolare o ferire.

Manifesto di Parole O_Stili contro la violenza verbale

Il manifesto di Parole O_Stili contro la violenza verbale

Educazione e prevenzione costruiscono le basi per combattere le discriminazioni, il body shaming e la grassofobia. Sul sito di Paroleostili sono disponibili vari materiali didattici e informazioni per approfondire il tema. Le parole pungono, gli insulti feriscono. Scegliamo con cura le parole che diciamo (e non diciamo)!

LEGGI ANCHE: Da Parole O_Stili arriva un nuovo manifesto per la comunicazione non ostile in azienda

Digital Hubs, l’evento gratuito per scoprire l’evoluzione del banking

La digitalizzazione pervade ormai ogni settore e i mercati, così come le tecnologie, sono in continua evoluzione. Per restare al passo è necessario continuare a informarsi e arrivare per primi a conoscere l’innovazione lì dove avviene.

Venerdì 19 giugno, ad esempio, illimity farà il punto durante il suo evento sul tema della digitalizzazione e sul suo nuovo modello Open Plaform.

Ad appena 9 mesi dal lancio sul mercato illimitybank.com – la banca digitale diretta di illimity – avrai la possibilità di conoscere una novità assoluta per il settore: gli illimity Hubs.

Una banca che va oltre se stessa e si apre fino a diventare una piattaforma cross industry, che mette al centro le persone con un innovativo modello di collaborazione, sviluppato in piena ottica open banking ma anche open platform.

Potrai seguire il debutto dal vivo, con due partner di eccellenza, entrambi con DNA tecnologico: MiMoto, first mover nello sharing di scooter elettrici ha rivoluzionato il concetto di mobilità urbana e sostenibile, e Fitbit, azienda che aiuta le persone a condurre una vita più sana e attiva offrendo dati, ispirazione e consigli per raggiungere obiettivi di forma fisica per il benessere.

Prenota il tuo posto per seguire l’evento in streaming di illimity, venerdì 19 giugno alle ore 14.00

illimity Hubs per una nuova user experience

Si tratta di una vera novità, perché con gli illimity Hubs, la banca vuole andare oltre il tradizionale modello di partnership in un’ottica cross industry finalizzata ad anticipare e rispondere in modo sempre più efficace alle esigenze dei clienti attraverso una user experience unica e integrata, che, per la prima volta, inizia e termina all’interno della piattaforma di illimitybank.com.

All’interno degli illimity Hubs, infatti, è possibile utilizzare le funzionalità offerte dai partner attraverso l’integrazione nella piattaforma di illimitybank.com e attivare servizi sinergici con l’operatività bancaria.

Un esempio? Si può usare la possibilità di creare progetti di spesa connessi alla misurazione dei passi fatti e registrati attraverso Fitbit con l’obiettivo di raggiungere la somma necessaria a realizzare i propri sogni o compiere determinati acquisti.

Oppure, integrando l’app di MiMoto, si può prenotare uno scooter con rapidità grazie alla funzione di Geomapping, ottenere la nota spese dei propri viaggi e avere una carta di debito elettronica personalizzata MiMoto.

Inoltre, grazie ai sistemi evoluti di data analysis e di intelligenza artificiale, vengono forniti suggerimenti personalizzati che combinano l’attività del cliente con i suoi consumi e abitudini quotidiane.

Dalla banca diretta fully digital a un ecosistema evoluto

Gli illimity Hubs disponibili dal 16 giugno e inizialmente riservati ai clienti dei partner che apriranno un nuovo conto illimity, saranno disponibili per tutti i clienti della banca a partire da luglio.

“In piena logica open banking, abbiamo creato un’unica piattaforma che consente ai clienti di accedere alle app di partner d’eccellenza non finanziari in un ecosistema evoluto sia in termini di offerta sia di user experience interconnessa. Grazie al debutto degli illimity Hubs, la banca diretta fully digital di illimity, dimostra ancora una volta di saper andare oltre ridefinendo le frontiere del banking e mettendo al centro il cliente e la sua quotidianità”, ha commentato Carlo Panella, Head of Direct Banking and Chief Digital Operations Officer di illimity.

Per saperne di più sull’evoluzione del banking e su illimity Hubs, prenota il tuo posto per seguire l’evento gratuito in streaming che si terrà il prossimo 19 giugno alle ore 14.00.

way of working

L’importanza del WOW (Way Of Working) per il Team

In questo periodo molte aziende stanno scoprendo che, effettivamente, si può lavorare da remoto senza necessariamente condividere tutti i giorni le scrivanie.

Ma come sta andando? Per alcuni professionisti e team è cambiato poco mentre per altri si è trattato di una mezza rivoluzione: come possiamo migliorare il modo in cui i team lavorano? Partendo dal WOW.

Way Of Working (WOW)

WOW è un acronimo che sta per Way Of Working e che potremmo tradurre con “il modo in cui un gruppo decide di lavorare” ed è un elemento fondamentale per aumentare le probabilità di successo di un team nella realizzazione di un progetto o per il raggiungimento di un obiettivo.

Pensiamo infatti all’ultimo progetto che abbiamo realizzato con altre persone: è stato facile? È andato tutto bene? Molto probabilmente ci sono stati intoppi e screzi, alcune incomprensioni hanno generato ritardi, l’account ha dovuto chiamare il cliente, sono stati necessari quattro rework e via dicendo.

Due buone notizie: quelli elencati sono problemi comuni a molti team di progetto e tutte queste criticità possono essere mitigate. Per arrivare al WOW è necessaria una premessa: un gruppo di persone in una stanza che lavora sullo stesso progetto non è necessariamente un team. Un team è qualcosa di più, sono persone che lavorano insieme e lo fanno perché lo vogliono, perché sanno che cosa devono fare: è un punto di arrivo e non di partenza.

Da dove iniziamo allora per portare questi soggetti eterogenei verso una maggior collaborazione? Aiutandoli a capire come lavorare insieme e supportandoli nella definizione della loro Way Of Working. Parole come “aiutiamo”, “supportandoli” e “loro” non sono casuali e raccontano già molto: si tratta di soluzioni locali (specifiche per ogni gruppo) e non necessariamente trasferibili.

Non è possibile definire una check-list da seguire che si possa replicare esattamente con ogni gruppo sperando di ottenere lo stesso risultato: la cosa bella delle persone e dei team è che sono tutti diversi. Parafrasando Lev Tolstoj “…ogni team infelice è invece disgraziato a modo suo…”.

Come aumentare la reach organica sui canali social

La necessità dei framework

Bisogna quindi definire dei framework, delle soluzioni ad alto livello che poi i singoli team possano calare nella loro realtà definendo così il modo in cui quel gruppo lavora e attenzione: queste soluzioni non sono sempre valide anche all’interno dello stesso gruppo. Uno degli elementi chiave è infatti il contesto.

Pensiamo a questa pandemia: in molti casi è una forzatura parlare di Smart Working o Agile Working. Riflettendo meglio appare chiaro come in realtà alcune persone stanno lavorando da casa (come in ufficio) durante un’emergenza non potendo uscire di casa. È una situazione diversa rispetto a quella nella quale ci si gestisce gli spazi e li modo di lavorare in serenità (che si spera torni presto o si diffonda sempre più).

Ogni team quindi può dover ridefinire al variare del contesto il proprio WOW e questa è la risposta che mediamente nessuno vuole sentirsi dire: non esiste una ricetta, non è facile e ci vuole tempo (praticamente quello che accomuna tutte le cose belle e che meritano di essere fatte).

In questo momento quindi è opportuno che il team si chieda come sta lavorando e se questa modalità sia efficace, quali siano le problematiche e che cosa invece stia funzionando bene. È una riflessione importante che necessita in alcuni casi di essere guidata. Pensiamo ad alcune domande:

  • Come stiamo lavorando oggi? La domanda più difficile è la prima perché bisogna rispondere sinceramente: la tentazione sarà di rispondere più sul “come dovremmo lavorare” o “quali sono i processi standard”. Il consiglio è quello di mappare e descrivere quello che succedere davvero: bisogna visualizzare le inefficienze per risolverle.
  • Che strumenti usiamo per lavorare? Si tratta di un passaggio fondamentale per evitare di perdersi tra Mail, Messenger, Whatsapp e dover cercare ogni volta i documenti
  • È necessario che tutti siano online e disponibili alla stessa ora? Se in questo momento ci sono esigenze specifiche (es. tenere i bambini durante una call) magari ci si può organizzare all’interno del team, oppure valutare le differenze di fuso orario
  • Lavoriamo in maniera sincrona o asincrona? Se in ufficio possiamo abbuffarci di informazioni (tanto i colleghi sono sempre disponibili, al massimo vado alla scrivania, lo interrompo e gli chiedo qualche dettaglio sul brief) spesso da remoto non è possibile e bisogna considerare le implicazioni e come aumentare e strutturare le comunicazioni (ed evitare di vivere in conference infinite)
  • Cosa intendiamo con queste parole? Definire bene il lessico aiuta il team a ridurre le ambiguità e non perdersi. Un esempio su tutti? Finito. Cosa vuol dire “finito”? Che ha mandato all’account? Che è stato approvato dal PM? Che è chiuso il progetto? Bisogna capirlo insieme
  • Sono chiari a tutti il progetto e le tempistiche? Le persone non sono cattive e non sono stupide, partiamo da questo assunto. Se vengono commessi degli errori nella maggior parte dei casi è perché è mancata comunicazione e non c’è stata chiarezza nella definizione del progetto o delle esigenze. Un esempio: “te lo consegno domani” vs “domani verso le 17.40 ti consegno un report in ppt dove ci sono le quattro richieste fatte dal cliente”. Ricchezza informativa e chiarezza che aiutano poi a discutere e fidarsi nel team.

Queste sono solo alcune delle domande che un team si può porre per iniziare a definire il proprio Way Of Working che dovrà poi evolvere nel tempo per aiutare quel gruppo di persone a diventare un team che lavori sempre meglio attraverso piccoli cambiamenti costanti nel tempo, il kaizen del team.

LEGGI ANCHE: Perché le competenze trasversali sono al cuore dello sviluppo professionale

Il ciclo di Deming

Riprendendo infatti la filosofia Lean stiamo semplicemente riportando il ciclo di Deming (PDCA – Plan – Do – Check – Act) a livello di team per definire il WOW, definire dei miglioramenti, metterli alla prova e valutare il risultato: si tratta di portare un mindset differente anche a livello di team e avere un Project Manager con un ruolo che diventa più di supporto e crescita che di comando e controllo.

Le soluzioni per il team

Per identificare i WOW del proprio team e farli evolvere esistono numerose soluzioni e possiamo citarne due: uno più legata ai processi e l’altro è invece uno strumento. L’elemento di processo è la Retrospettiva: si tratta di un momento, normalmente alla conclusione di una fase di progetto, durante il quale il team analizza che cosa ha funzionato e cosa invece può essere migliorato. Dal mio punto di vista l’applicazione ottimale è quella indicata da Scrum (uno dei principali framework di Agile) che prescrive alla fine di ogni ciclo di lavoro, oltre che di progetto, una Retrospettiva dando vita a uno dei principi dell’Agile Manifesto (Regular reflections on how become more effective).

Se infatti nelle metodologie tradizionali la riflessione è relegata alla fine del progetto, in Scrum è obbligatorio fermarsi alla fine di ogni ciclo di lavoro (chiamati Sprint) in modo da migliorare durante lo sviluppo del progetto e non solo tra un progetto e l’altro. In questo momento il team quindi valuta che cosa sta funzionando e può esplorare il modo in cui sta lavorando, identificare alcuni cambiamenti e implementarli per poi verificare i risultati.

Durante le retrospettive possono essere usati vari strumenti e spesso si utilizzano il serious gaming o legate al visual thinking (una raccolta si trova ad esempio su funretrospectives o gamestorming ). Uno degli esercizi più famosi è chiamato “starfish”: si tratta di uno spazio diviso in cinque aree dove troviamo Keep (Cose da tenere), Less (Da fare meno), More (Da fare di più), Start (Esperimenti), Stop (Smettere). Il team a questo punto può discutere di alcuni degli elementi e identificare visivamente alcuni cluster, esperimenti o comportamenti da modificare.

LEGGI ANCHE: Dal Remote Working allo Smart Working: come evolve il lavoro nelle organizzazioni

Starfish per le Retrospettive

Per quanto invece riguarda lo strumento, anche per i team esistono alcuni Canvas, come per qualunque altra cosa (o quasi). Si può scegliere tra il Team Canvas e il Business Model Team. Il secondo è decisamente più strutturato e offre anche una serie di strumenti aggiuntivi per riflettere sul proprio team e sui punti di forza, mentre il primo è disponibile in due versioni, una completa e una basica.

Team Business Model Canvas by Bigname.

Dovendo scegliere un punto di partenza e non avendo fatto lavori analoghi, probabilmente è possibile partire dall’ultimo (Basic) per poi procedere nelle retrospettive successive verso gli elementi più strutturati e le riflessioni più profonde per costruire il proprio WOW.

A ogni caso il suo way of working

Come abbiamo visto si tratta di processi e strumenti che possono facilitare la definizione di un metodo di lavoro (costringendoci a fermarci con le retrospettive e rendendo visibili elementi positivi e inefficienze del nostro team e del mondo in cui sta lavorando con i canvas), ma non ci sono soluzioni pronte.

Sarà ogni contesto a dover analizzare i propri vincoli, il livello di maturità delle persone e dei team e, sulla base degli elementi a disposizione trovare il modo in cui lavorare meglio.

Creator Studio

Come far evolvere l’organizzazione dal Remote Working allo Smart Working: scopri la Guida Interattiva Ninja

Il momento storico in cui siamo stati catapultati, ha davvero scosso i nostri animi. Siamo stati costretti a reinventarci e pensare a nuovi possibili modi di vivere, interagire e lavorare.

In particolare il lavoro da remoto e la sua diretta evoluzione, lo smart working, sono diventate parole chiave fondamentali di questo cambiamento, per garantire la business continuity.

Rispondere in modo efficace a questa nuova necessità presuppone lo sviluppo di un percorso di cambiamento organizzativo che possa attivare il framework per avviare, sostenere e scalare una iniziativa di smart working.

Vuoi saperne di più su come passare dal remote working allo smart working? Scopri la Guida Interattiva Ninja

Cosa trovi all’interno della Guida?

  • Una’analisi dettagliata sulla nuova normalità: gli impatti su persone, organizzazioni e processi di lavoro;
  • Come attivare un progetto di Smart Working, dalle strategie al framework;
  • Le piattaforme abilitanti il remote working e lo smart working;
  • From face to screen: pratiche virtuose per riunioni e presentazioni da remoto.

Una nuova frontiera

Come aiutare le imprese a lavorare con queste nuove dinamiche in modo efficace? Come far evolvere l’organizzazione dal lavorare remote al lavorare smart? Come scalare un reale processo smart in un’organizzazione complessa? 

La guida si pone l’obiettivo di aiutare imprenditori, manager, HR a comprendere i punti saldi di questo nuovo modo di lavorare e applicarli nelle proprie aziende, al fine di trasformarle in vere smart organization.

<<Scopri subito la guida: diventa un PRO>>

buddha and badass vishen lakhiani libro

Come diventare un Buddha duro (e trasformare il tuo approccio al lavoro)

  • Il duro lavoro può non essere l’unica strada per il successo.
  • Nel suo ultimo libro “The Buddha and The Badass”, il fondatore di Mindvalley Vishen Lakhiani spiega come iniziare a vivere la propria vita a un livello diverso, partendo da una nuova concezione.

 

“Oggi in molti credono al mito che l’unica strada per il successo sia il duro lavoro, per di più lo fanno ora in questo grande momento di incertezza per tutti noi. E se tu sei uno di quelli, beh questo libro sarà un gran bel cambiamento di prospettiva“.

Introduce così il suo nuovo libro Vishen Lakhiani, imprenditore, autore, speaker e scrittore di libri che son diventati New York Times best seller. Vishen è anche il fondatore di Mindvalley, un movimento che sta cambiando l’educazione con milioni di studenti in tutto il mondo.

Ve lo avevamo già presentato in una delle prime puntate di Ninja Economy, quando ci aveva spiegato i segreti del successo planetario di Mindvalley nell’intervista realizzata da Mirko Pallera all’A-Fest Sardegna.

Definirlo semplicemente un punto di riferimento come imprenditore è limitativo: per chi si dedica anima e corpo a una impresa, vita e lavoro diventano una cosa sola.

La missione imprenditoriale di Lakhiani è “missione di vita” e il suo agire nel mercato è agire nella società. Così ogni schema, compreso quello canonico della crescita aziendale, deve essere scardinato.

E oggi quello di cui parla in The Buddha and The Badass, il suo nuovo libro, potrebbe cambiare irreversibilmente tutte le tue credenze riguardo il lavoro, il successo e di conseguenza anche riguardo la tua vita.

Se il duro lavoro non è la soluzione, qual è la soluzione?

“Credo fermamente che tutti noi abbiamo due poteri dentro di noi in conflitto l’uno dall’altro. Io le descrivo come… il Buddha o il maestro spirituale e il ‘cazzuto’ o il cambiamondo sempre pronto a sfidare il pensiero tradizionale.

Quando prendi questi due aspetti che ognuno di noi ha e li mixi nell’ambito professionale il tutto diventa magico”, spiega Vishen.

È questo il modo per iniziare a vivere la tua vita ad un livello diverso rispetto a quello che la maggior parte delle persone fa, operando da un punto di vista di ispirazione, di serenità e di ricchezza.

Il suo primo libro, Il Codice della Mente Straordinaria, è diventato un best-seller su Amazon ed era focalizzato sul distruggere tutte quelle stupide regole che ci circondano e che ci vengono trasmesse da generazioni.

Questa settimana uscirà il suo nuovo libro The Buddha and The Badass. Un’occasione da non perdere per conoscere meglio il pensiero di questo straordinario visionario e per scoprire un nuovo modo di guardare al lavoro.

Inoltre, ordinando prima del 14 Giugno avrai anche accesso a bonus fantastici come diventare parte della cerchia personale di Vishen su Facebook.

Il mondo dopo il Covid: dati, previsioni e ipotetici scenari

  • Il Covid ha innescato una serie di cambiamenti, destinati a radicarsi in modo permanente nelle vite degli individui e delle comunità.
  • Nei prossimi mesi, saremo costretti ad affrontare un mondo dopo il Covid, a ridefinire le nostre abitudini, in termini di lavoro, mobilità, socialità ed esperienze di consumo.

 

È iniziata da poche settimane la fase due e ancora molti degli effetti a breve e a lungo termine di questa pandemia, restano incerti.

Fare previsioni su cosa ci attende diventa sempre più difficile, ma di certo il Covid ha innescato un cambiamento di portata globale, il più grande osservato da molto tempo.

Nel documentare l’emergenza vi è stato un ampio uso di espressioni come “economia di guerra” e “trincee negli ospedali” e a ben vedere l’uso del linguaggio bellico non è così improprio. Il clima di paura e incertezza induce le persone a farsi le stesse domande che ci si poneva durante i conflitti mondiali: cosa ci sarà dopo? Quali saranno i nuovi equilibri globali? Come cambierà la nostra vita in termini di lavoro, mobilità, relazioni sociali?

LEGGI ANCHE: Post-covid: l’emergenza cambierà per sempre le nostre abitudini di consumo e di lavoro

Nuovi equilibri geopolitici: tra individualismo e cooperazione internazionale

In un suo articolo per The Gurdian, il giornalista britannico Timothy Garton Ash si domanda se quello che ci attende è uno scenario più affine al secondo dopoguerra o al primo, ovvero se andremo verso una crescita delle democrazie e della comunità globale, o all’avvento di nuovi nazionalismi e una tendenza alla chiusura degli Stati-nazione.

Come scrive Sylvie Kauffmann in un’analisi pubblicata su Le Monde, più che di rottura di equilibri preesistenti, è più corretto parlare di una brutale accelerazione di cambiamenti che erano già in atto prima della crisi.

Mentre negli Stati Uniti abbiamo assistito a un deciso inasprimento della dottrina “America first” del presidente Trump, rimasto sordo a qualunque cooperazione internazionale, la Cina continua la sua campagna di “diplomazia umanitaria”, approfittando della ritirata degli americani.

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L’esplosione dell’epidemia ha portato a galla tutte le criticità dei sistemi governativi delle singole nazioni, così come degli organi sovranazionali, a partire dall’Unione Europea, dimostratasi impreparata e incapace di dare risposte economiche concrete ai suoi stati membri.

Il rischio in l’Europa, scrive Kauffmann, è quello di una più profonda spaccatura tra nord e sud e un consolidamento delle correnti sovraniste.

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Gianpiero Petriglieri, esperto di leadership, ha spiegato che la metafora della guerra mondiale è applicabile anche sul piano politico, oltre che sanitario, perché, con la corsa al vaccino, i leader dei vari stati acquisirebbero un vantaggio competitivo a livello mondiale.

Nella fase in cui stiamo entrando ci sarà un gran bisogno di collettività, come ribadito anche dal viceministro agli affari esteri Emanuela Del Re in un’intervista con l’agenzia di stampa Dire: “La prospettiva multilaterale è fondamentale in questo momento, perché consente di partecipare a tutti i processi decisionali, e consente di mettere in campo la nostra grande esperienza in campo sanitario nel mondo”

La scienza è per sua natura internazionalista e, in una pandemia, ciò che serve è cooperazione globale.

Smart working e telelavoro, lo scenario italiano

Anche sul fronte telelavoro e smart working, i cambiamenti in atto sembrano destinati a radicarsi nelle nostre abitudini ancora per un bel po’. Attualmente, secondo un sondaggio condotto da Eurofound, sono 4 su 10 le persone che stanno lavorando da casa.

Le varie modalità di lavoro a distanza, che a tratti faticavano a farsi strada in Italia, sono dovute necessariamente diventare la nuova normalità, mettendo in luce i numerosi vantaggi del “lavoro agile”.

La filosofia manageriale su cui si basa lo smart working, è totalmente orientata al risultato prevede autonomia e flessibilità del lavoratore nella scelta di tempi e spazi di lavoro.

Se entrasse stabilmente a far parte delle nostre abitudini, potrebbe rappresentare una buona opportunità per le imprese anche in ottica sostenibile, in termini di risparmio su locazione, climatizzazione, pulizia e allestimento dei luoghi di lavoro, oltre che di alleggerimento del traffico e dei mezzi pubblici.

LEGGI ANCHE: Dal Remote Working allo Smart Working: come evolve il lavoro nelle organizzazioni

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Nonostante tutti i rosei presupposti, in Italia i risultati di una ricerca condotta da LinkedIn parrebbero evidenziare una situazione che proprio rosea non è.

Il numero di ore di straordinari da casa come quello dei lavoratori a rischio burnout evidenziano una preoccupante crescita.

Dai risultati è emerso che:

  • Il 46% dei lavoratori italiani si sente più ansioso o stressato perché lavora da casa
  • Il 48% ha sempre lavorato più ore dall’inizio della quarantena
  • Il 18% ha riscontrato un impatto negativo sulla propria salute mentale 
  • Il 16% teme un licenziamento al termine del lockdown

Questo perché nel nostro paese si parla ancora troppo di telelavoro piuttosto che di smart working, che è un concetto un po’ diverso, in primis perché prevede sempre la stessa postazione e orari d’ufficio.

Bisogna pur sempre considerare che parliamo di un cambiamento entrato prepotentemente nelle vite di tutti in un periodo già di per sé psicologicamente duro, in cui il confine tra lavoro, famiglia e tempo libero è diventato sempre più labile.

“Il lavoro da casa e l’impossibilità di uscire ci ha obbligato a una ridefinizione repentina degli equilibri tra lavoro, famiglia e tempo libero” – ha commentato Laura Parolin, vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi“L’organizzazione del lavoro prima della pandemia consentiva di evadere e prendere le distanze dagli altri ambienti di vita, una possibilità che ora manca, costringendoci al confronto costante con l’isolamento o alle relazioni con i conviventi”.

Il mondo dopo il Covid, tra iperconnessione ed esperienze di consumo

Dai meeting di lavoro agli aperitivi in balcone, ogni forma di interazione sociale durante il lockdown è passata attraverso uno schermo. Viene da chiedersi come e in che misura questo influenzerà il nostro modo di relazionarci e la socialità in generale, una volta che l’emergenza sarà rientrata del tutto.

Se da un lato il Covid ha cambiato le abitudini d’acquisto, segnando l’impennata degli eCommerce e in generale aumentando la dimestichezza con il digital anche dei meno giovani; dall’altro i primi a pagarne il prezzo sono i rivenditori al dettaglio.

Con il distanziamento sociale è venuta meno ogni esperienza di consumo per strada legata alla ristorazione e alla convivialità, così come quella di shopping tradizionale.

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LEGGI ANCHE: Post-covid: l’emergenza cambierà per sempre le nostre abitudini di consumo e di lavoro

La pandemia di Coronavirus è il più grande motore globale di cambiamento osservato da molto tempo ha dichiarato Carla Buzasi, Managing Director di WGSN, colosso della ricerca previsionale, commentando un’indagine condotta dalla società sulle abitudini d’acquisto nel mondo dopo il Covid.

La realtà che stiamo vivendo obbliga aziende e lavoratori a far appello a tutta la loro capacità d’adattamento, flessibilità, resilienza. Ma anche creatività.

Nel mondo che ci attende dopo la pandemia, sarà ancora più importante intercettare i bisogni delle persone e creare i prodotti giusti. Perché, come dichiarato ancora da Buzasi: Anche se facciamo affidamento sulla connettività digitale per sopravvivere a questo periodo turbolento, sarà il nostro bisogno di connessione umana che modellerà davvero le nostre vite”.

In particolar modo per i più giovani, i brand dovranno ingegnarsi ulteriormente nella creazione di prodotti e servizi che rispecchino il loro stile di vita, da un lato investendo molto sul digital, dall’altro dando ancora più esclusività all’esperienza di shopping dal vivo, con edizioni limitate e ambienti d’acquisto immersivi (e instagrammabili).

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Ma, come consiglia WGSN:

In una cultura ossessionata dai giovani, i marchi dovranno tuttavia aggiornare le loro rappresentazioni dell’invecchiamento per stabilire un dialogo con tutti e celebrare ogni età.

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Glickon annuncia l’acquisizione della piattaforma Isaak di StatusToday

Glickon era già in crescita come azienda del 116% per quanto riguarda i fatturati, raddoppiando il numero di dipendenti negli ultimi 12 mesi e ora mette a segno un’importante acquisizione: quella della piattaforma Isaak della società britannica StatusToday (Gartner Cool Vendor 2019 e Best AI Startup – AI Summit 2017).

Con questa acquisizione Glickon aumenta la propria capacità di trasformare ogni interazione tra le organizzazioni e le proprie persone in un’esperienza unica e significativa fornendo una potente piattaforma di ascolto, analisi e azione a chi ha il compito di guidare il business.

L’AI per migliorare il benessere di candidati e dipendenti

Con la crescente attenzione sui temi di Agile Working, le imprese stanno cercando strumenti basati sull’intelligenza artificiale per migliorare il benessere e l’impegno di candidati e dipendenti. L’azienda offre una gamma di soluzioni che hanno come obiettivo comune quello di migliorare il rendimento e la soddisfazione della forza lavoro: questa offerta sarà consolidata e arricchita dalle innovazioni tecnologiche della piattaforma Isaak di StatusToday per migliorare l’offerta in ambito People Analytics.

“Stiamo dando un concreto avvio alla fase di crescita di Glickon. L’acquisizione della piattaforma di StatusToday si inserisce nel nostro percorso di espansione e ci fornisce ulteriori innovazioni nel campo della People Analytics. Inoltre, questa prima acquisizione vuole essere uno dei tasselli iniziali per un’espansione all’estero che rappresenta il nostro naturale mercato di riferimento”, ha dichiarato Matteo Corte, Chief Financial Officer di Glickon.

“Un grande passo in avanti verso un mondo in cui le persone si svegliano ispirate e concludono la giornata soddisfatte del lavoro che hanno svolto”, continua Filippo Negri, Chief Executive Officer di Glickon.

L’approccio tailor-made

L’operazione ha avuto come oggetto l’acquisizione di alcuni asset strategici di proprietà intellettuale.

Glickon è una delle principali società tech dedicata alle HR con sede in Italia e un nuovo ufficio nel Regno Unito, è stata fondata nel 2014 e sintetizza la sua attività in un payoff decisamente efficace: Simplify Human Experience. È senza dubbio possibile rendere più semplice ed engaging l’esperienza delle persone in azienda e la selezione dei candidati grazie a un mix di gamification e data science.

“Stiamo arricchendo una piattaforma flessibile che unisce la semplicità del gioco con l’efficienza dei dati avendo come obiettivo di rendere migliore la vita delle persone in azienda e la loro esperienza di lavoro. Tutto questo partendo sempre dall’ascolto”: con queste parole, Carlo Rinaldi, Chief Marketing Officer della società pone l’accento su un approccio consulenziale e tailor-made che non si limita a fornire dei tool efficaci ma segue i clienti da vicino ogni giorno attraverso team dedicati per monitorare l’andamento e i risultati di ogni progetto.

Con l’acquisizione di Isaak di StatusToday, Glickon si arricchisce di una piattaforma di analisi che aiuta le aziende a guidare il cambiamento organizzativo. Attraverso una tecnologia basata su Intelligenza Artificiale, la piattaforma misura la collaborazione, il benessere e l’engagement delle persone per migliorare l’esperienza di lavoro dei dipendenti in azienda. Uno sviluppo naturale degli strumenti quali l’Organizational Network Analysis e la Sentiment Analysis già presenti nell’offerta in ambito di Candidate ed Employee Experience, al fine di ottimizzare, automatizzare e semplificare i processi di selezione, onboarding, formazione e sviluppo e comunicazione interna facendo leva sul coinvolgimento in tutti i momenti salienti nel percorso di carriera delle persone.

Smart Working Guida

Dal Remote Working allo Smart Working: come evolve il lavoro nelle organizzazioni

Viviamo tempi incredibilmente complessi e sfidanti. La pandemia Covid-19 ha scosso le fondamenta del mondo per come lo conosciamo: come ogni crisi improvvisa, ci ha costretto a trovare nuovi modi di pensare, interagire e soprattutto lavorare. Infatti in una manciata di giorni le nostre aziende hanno dovuto cambiare radicalmente processi e operatività, e ci siamo tutti ritrovati a lavorare a distanza, come membri e leader di team virtuali. 

Abbiamo quindi creato una guida interattiva focalizzata su un aspetto importantissimo di questo cambiamento: il lavoro da remoto, remote working o remotely working in inglese, e la sua diretta evoluzione, lo smart working, parole a volta abusate che rappresentano però sfide centrali per garantire la business continuity. 

Come aiutare le imprese a lavorare con queste nuove dinamiche in modo efficace? Come far evolvere l’organizzazione dal lavorare remote al lavorare smart? Come scalare un reale processo di smart working in un’organizzazione complessa? 

Questa guida si pone l’obiettivo di aiutare imprenditori, manager, HR a comprendere i punti saldi di questo nuovo modo di lavorare e applicarli nelle proprie aziende, al fine di trasformarle in vere smart organization.

Gli autori Federica Bulega, Corporate Training Manager Ninja Academy, e Alessandro Prunesti, Consulente Senior in HR Digital Transformation e Digital Marketing, ti guideranno verso paradigmi e nuovi modelli lavorativi.

Che cosa trovi nella guida?

La nuova normalità: gli impatti su persone, organizzazioni e processi di lavoro

  • La necessità di organizzazioni “Change-able”
  • Dal remote working allo smart working
  • Facciamo chiarezza sulla differenza tra smart working e remote working
  • I principali vantaggi dello Smart Working
  • I principali rischi dello smart working

Come attivare un progetto di Smart Working

  • Strategie e tecniche per superare le resistenze
  • Il framework per avviare, sostenere e scalare una iniziativa di smart working
  • Fase 1: Definire la sfida
  • Fase 2: Mobilitare l’organizzazione
  • Fase 3: Focalizzare gli investimenti
  • Fase 4: Rendere scalabile il progetto

Le piattaforme abilitanti il remote working e lo smart working

  • Piattaforme di Enterprise Productivity
  • Piattaforme verticali per la collaboration
  • Soluzioni a supporto delle attività di video conference 
  • Management skills: gestione di team virtuali

From face to screen: pratiche virtuose per riunioni e presentazioni da remoto

  • Il framework degli aspetti operativi e di comunicazione

>>Vai alla Guida interattiva<<

 

Smart Working Guide

La guida interattiva Ninja Pro per i manager e professionisti.

competenze

Perché le competenze trasversali sono al cuore dello sviluppo professionale

La scorsa settimana si è tenuta la terza edizione della Milano Digital Week quest’anno in versione full digital, che ha visto un palinsesto di oltre 500 eventi, panel, webinar e lectio magistralis seguendo il filo rosso di un confronto aperto e inclusivo sul digitale.

Tra questi, anche un interessante webinar tenuto da Emiliano Sironi, Ricercatore in Statistica Sociale dell’Università Cattolica di Milano, sul tema delle competenze trasversali, dette anche soft skill o, in letteratura, “abilità inter e intra-personali di tipo socio-emotivo”.

Mi sono confrontata con il prof. Sironi su questo argomento, cruciale quando si parla di formazione aziendale e sviluppo delle risorse umane ma anche importantissimo se rapportato alle fasce di popolazione più giovane, come studenti o lavoratori che si stanno affacciando adesso a un percorso professionale. 

Cosa intendiamo quando diciamo competenze trasversali

Buongiorno Emiliano, grazie per il suo tempo! Partiamo da una distinzione fondamentale, quella tra hard e soft skill. Le competenze sono quell’insieme di conoscenze, capacità e comportamenti utili nell’attività professionale. Le hard skill, tecnico-professionali, riguardano le conoscenze teoriche e abilità pratiche per svolgere una specifica professione e sono le competenze primarie nel mercato del lavoro. Quale potrebbe essere una definizione di competenze trasversali?

«Possiamo definire le competenze trasversali come quell’insieme di abilità comunicative e relazionali non specifiche di una particolare mansione, ma proprio per questo adattabili ad ogni compito e professione. Esse concorrono, unitamente alle competenze tecniche e in sinergia con esse, al successo professionale. 

Bennet le definisce come abilità generiche che supportano lo studio di ogni disciplina e che possono essere trasferite sia in contesti di studio che lavorativi. Le classifichiamo in quattro aree: gestione del sé, dell’informazione (tra cui ci sono anche le competenze digitali), degli altri e del compito. Quindi rappresentano quel bagaglio di approccio che permette di potenziare le competenze hard»

Tra queste troviamo ad esempio il problem solving, la capacità di assumere decisioni importanti sotto pressione e di lavorare efficacemente in gruppo. In un mercato del lavoro dinamico, dove nel corso dello sviluppo della carriera si cambiano mansioni e contesti relazionali, diventa fondamentale svilupparle. Come si maturano queste competenze e quali sono gli strumenti per coltivarle? 

«Le competenze trasversali maturano nell’arco dell’esperienza complessiva della vita dell’individuo. La scuola concorre in modo rilevante alla formazione di esse, attraverso la trasmissione di nozioni e la formazione della cultura. Ma anche attraverso l’insegnare a relazionarsi con adulti e con soggetti differenti dal contesto familiare e degli amici. 

Tuttavia, la formazione dell’individuo nel suo insieme è un processo permanente nel quale ogni scambio relazionale con l’altro ha il suo contributo. Quindi esperienze di sport, per quello che concerne l’abilità a lavorare in gruppo, così come esperienze di volontariato o di stage e tirocinio concorrono ad affinarle in età giovanile. In età adulta il maturare di diverse esperienze professionali e l’assunzione di ruoli di responsabilità assume via via un ruolo dominante».

Soft skill, smart working e competenze T-Shaped: le parole chiave del lavoro di oggi

Passiamo ad un altro tema cruciale. Stiamo vivendo un periodo storico in cui il lavoro da remoto è ormai al cuore della business continuity. Perché le soft skill sono così fondamentali in questo scenario di remote e smart working?

«Sono importanti in contesti come quelli del lavoro agile, perché modificano, ma non annullano, la centralità dell’aspetto relazionale del lavoro e dello scambio di informazioni. 

Allo stesso modo, il lavoro digitale cambia forme e contenuti del modo di lavorare, ma questo necessita un continuo spirito di adattamento a trasformazioni sempre più rapide e la capacità di far fronte all’imprevisto. Pensiero critico e capacità di governare il cambiamento sono elementi ricompresi nell’insieme delle competenze trasversali».

LEGGI ANCHE: La vera sfida del lavoro da remoto? È per i dirigenti

Cosa pensi delle competenze T-Shaped? Io le reputo imprescindibili nello sviluppo di manager e professionisti di successo. 

«Le competenze T-shaped, ovvero quello che chiamavamo interdisciplinari, sono quelle sempre più rilevanti. Nelle professioni più qualificate, come la ricerca scientifica e nell’impresa, la capacità di dialogare con esperti di differenti mansioni e discipline rappresenta secondo me la sfida più ovvia ma più difficile da realizzare.

Ognuno cerca di misurare il modo di lavorare degli altri, secondo i propri paradigmi e il proprio modo di pensare. Questo va bene fino ad un certo punto, perché professionisti di altre discipline e ambiti lavorativi approcciano i problemi in modo diverso, secondo la sensibilità del proprio tratto caratteriale, della propria cultura e del contesto in cui si è cresciuti.

Il rispetto della qualità del lavoro altrui è il primo passo per dialogare alla pari. Io vedo questo elemento ancora incompleto in molti contesti lavorativi, coinvolgendo anche quelli più evoluti a ad alta professionalità».

LEGGI ANCHE: T-shaped: perché il mondo ha bisogno di persone con competenze “T”

Misurazione e sviluppo delle competenze in azienda: da dove partire

Passiamo ora ad un tema particolarmente critico. Come mai possiamo leggere dati sulle competenze richieste, ma non su quelle effettivamente possedute dai lavoratori?

«È il problema della valutazione. Sono pochi e diseguali i processi di misurazione scientifica e certa delle competenze di dipendenti e collaboratori; si tratta certamente anche di un elemento molto delicato e sensibile da affrontare, che va effettuato anche di concerto con le parti sociali. La necessità di processi di valutazione delle competenze, almeno basati su indagini a campione, sono però necessari per imprese, lavoratori e società.

Del resto alcuni lavoratori, in particolari ambiti, sono sottoposti molto spesso, a volte anche in modo eccessivo alle continue valutazioni del cliente: pensiamo alle rilevazioni di “Customer Satisfaction” ogni qual volta facciamo un acquisto online o utilizziamo un servizio. Forse possiamo fare un passo in avanti e non limitarci alla valutazione delle performance, ma passare a quelle delle competenze, dalle quali gran parte delle performance dipendono. Ma sempre con prudenza e in modo costruttivo».

Ultima domanda su un tema che mi sta molto a cuore perché in Ninja Academy gestisco la business unit dedicata al corporate training. Come dovrebbe agire un’azienda per consentire ai propri dipendenti di massimizzare lo sviluppo di queste competenze? 

«Investire sui propri lavoratori, promuovendo corsi di formazione e aggiornamento e stimolando nuove e diversificate esperienze all’interno dell’impresa. Soprattutto, dovrebbe mettere in relazione persone di ambiti diversi e promuovere un clima positivo di collaborazione, proponendo, nel limite del possibile, compiti diversificati ai lavoratori. Anche affiancare persone con età e percorsi di studio e professionali diversi aiuterebbe non poco.

Ciò ovviamente è più possibile in alcuni contesti piuttosto che in altri. Ma qualcosa si può fare, a patto che non si lavori sempre in emergenza per soddisfare la necessità del domani, ma con programmi nel lungo periodo per una strategia di lavoro diversificata. Qualità del lavoro e programmazione sono essenziali. In questo il ruolo di una leadership responsabile e illuminata è fondamentale».