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Digital Divide e competenze digitali in Italia: a che punto siamo

  • I motivi di esclusione dalle cosiddette ICT, Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, possono essere molteplici: la condizione economica, l’età, la mancanza di competenze digitali e la provenienza geografica
  • È importante non lasciare indietro nessuno, fornendo le stesse possibilità digitali a tutti, formando le persone all’utilizzo di questi nuovi strumenti e fortificando le skill di chi è già dentro il mondo digitale

 

In un momento delicato e di isolamento, come quello che sta attraversando da febbraio tutta Italia, le possibilità di connettersi con le persone care o di poter condividere un hashtag o una battuta per sdrammatizzare la situazione, rappresentano un barlume di speranza e stanno mettendo in risalto il lato più caloroso e orgoglioso del popolo italiano: ci si fa compagnia dai balconi e da tutte le terrazze e si organizzano contest sui social network, pur di non darla vinta a questo nemico invisibile.

Connessione è unione, e come recita il famoso detto “l’unione fa la forza”.

Il Digital Divide in Italia

Purtroppo oggi, ma anche in altri momenti, una parte della popolazione italiana non può accedere a questi servizi. Questa disuguaglianza sociale è conosciuta come Digital Divide e con una formula ormai standard, è possibile definirlo come “il divario esistente tra chi ha possibilità di accesso effettivo alla tecnologia e chi invece no, parzialmente o completamente”.

Secondo il Report dell’Istat “Cittadini e ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), pubblicato a dicembre 2019, la percentuale di famiglie italiane che dispongono di una connessione a banda larga è pari al 74,7%, mentre la percentuale degli individui che hanno utilizzato Internet, negli ultimi 3 mesi precedenti l’intervista, è pari al 67,9% (entrambi dati in crescita rispetto alla medesima rilevazione dell’anno precedente).

Indipendentemente dal numero o dalla percentuale, nel 2020 tutti dovrebbero avere accesso a questo genere di opportunità, colmando questo gap, in quanto il non poterlo fare comporta una serie di conseguenze negative su questa parte di popolazione, che possono essere sintetizzate in due enormi svantaggi:

  • il primo di natura culturale: si immagini di non poter ascoltare un interessante podcast, di non poter leggere un quotidiano digitale o di non conoscere gli ultimi trend sui social network (anche un meme ritrae l’attualità e l’attualità è cultura)
  • il secondo di carattere economico: dall’implementazione di una suite mail fino all’installazione di un repositor file condiviso con i colleghi, passando per tutti gli strumenti che rendono possibile lo smart working. Beh, le conclusioni in questo caso sono ancora più immediate.

I motivi di esclusione dalle cosiddette ICT, Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, possono essere molteplici: la condizione economica, l’età, la mancanza di competenze digitali e la provenienza geografica.

Ad esempio, una delle categorie più colpite dal Digital Divide è la fascia che comprende i soggetti anziani (65+): questo fenomeno è anche conosciuto come “digital divide intergenerazionale”. Infatti tra le famiglie composte esclusivamente da persone ultrasessantacinquenni, solo il 34,0% ha accesso a una connessione internet a banda larga.

Una sorta di paradosso se si pensa che una delle categorie che più avrebbe bisogno dei vantaggi del digitale, è quella che ne ha meno accesso.

Gli italiani e il mondo digitale

A sostenere l’importanza della connessione fra le persone, è un altro dato emerso dall’ultimo Report dell’Istat “Cittadini e ICT, secondo cui i servizi di messaggeria istantanea rappresenterebbero le attività digitali più diffuse fra le famiglie italiane.

Indipendentemente dal device (smartphone, pc, tablet o wearable), le attività legate all’utilizzo di servizi di comunicazione, che consentono di entrare in contatto con più persone contemporaneamente, sono le più comuni, forse perché sono quelle che riescono a far sentire gli utenti come parte di un unico mondo: più di otto internauti su dieci hanno utilizzato, nei tre mesi prima della rilevazione Istat, servizi di messaggeria istantanea e circa il 64,5% ha effettuato chiamate via Internet.

A seguire in questa classifica sui servizi del web più utilizzati dalle famiglie italiane:

  • Lettura di informazioni e notizie (57,0%)
  • Intrattenimento (film, musica e/o giochi) (47,3%)
  • Home banking (46,4%).

Inoltre più della metà degli utenti di Internet (di almeno 14 anni) ha effettuato almeno un acquisto online: precisamente il 57,2%, pari a 20 milioni 403 mila persone.

Ora chi vuol provare ad immaginare questo periodo di isolamento domestico, senza la possibilità di connettersi ad una linea veloce internet? Questo vuol dire senza serie tv on demand, senza videochiamata multipla (un must di questo periodo), senza tutto quello che prevede una connessione con una certa potenza.

Le competenze digitali

Altra storia sono poi le competenze digitali.

Si può partire da questo dato (Istat 2019): fra le famiglie che per scelta non hanno a casa una connessione a banda larga, la maggior parte indica come principale motivo la mancanza di capacità (56,4%) mentre il 25,5% di esse non considera Internet uno strumento interessante.

Osservando i dati del Report emerge che gli utenti (che invece hanno una connessione internet domestica) che hanno competenze digitali basse sono il 41,6%, di base il 25,8% e nulle il 3,4% (pari a 1 milione e 135 mila). Il 29,1% ha competenze digitali elevate.

Va ricordato che dal 2015 la Commissione Europea, in accordo con gli Istituti nazionali di statistica, ha definito un metodo per calcolare la qualità delle competenze digitali degli utenti. Infatti le capacità degli utenti devono corrispondere (con una graduatoria da 0 a 2) a quattro domini di competenza:

  • Information skill: identificare ed utilizzare di informazioni digitali
  • Communication skill: comunicare in ambienti digitali (attraverso strumenti digitali)
  • Problem solving skill: risolvere problemi tecnici, aggiornare le proprie e le altrui competenze.
  • Software skills for content manipulation: creare ed elaborare contenuti digitali.

Ad esempio per essere un utente con capacità digitali avanzate, bisogna ottenere un livello 2 per tutti i domini di competenza.

L’Italia sta percorrendo la strada della digital transformation, implementando le ultime tecnologie in molti campi professionali e nei servizi al cittadino.

Sarebbe altrettanto importante non lasciare indietro nessuno, fornendo le stesse possibilità a tutti, formando le persone all’utilizzo di questi nuovi strumenti e fortificando le skills di chi già fa parte di questo meraviglioso meccanismo tecnologico.

Anche chi ha competenze elevate può aiutare gli altri: forse ora è proprio il momento giusto.

È possibile conciliare produttività individuale e produttività aziendale?

  • Produttività individuale e produttività aziendale sono due universi che tendiamo a vedere (e a vivere) come elementi di una sommatoria;
  • Ispirandosi alle startup è possibile trovare i punti chiave e le strategie da adottare per diventare più produttivi in tutte le attività lavorative.

 

Avete presente quando eravate semplici studenti e, tornati dai colloqui scolastici, vostra madre vi rimproverava con la solita frase che ogni professore amava ripetere: “è intelligente, ma non si impegna?” Una cosa del genere potremmo associarla al concetto di produttività di un’azienda. In che senso?

Nella sua forma più elementare, il concetto di produttività è il rapporto tra la quantità prodotta in una data unità di tempo e i mezzi impiegati per produrla. Una definizione abbastanza semplice da capire, ma le strategie per ottimizzarla sono cambiate e si sono evolute negli ultimi due decenni. La tecnologia ha consentito enormi guadagni di produttività personale: computer, fogli di calcolo, email e altri progressi hanno reso possibile per un knowledge worker produrre apparentemente di più in un giorno di quanto in precedenza fosse possibile in un anno.

È allettante concludere che, se gli individui sono in grado di svolgere il proprio lavoro meglio e più rapidamente, la produttività complessiva, quindi aziendale, dovrà essere in forte aumento. Ma non è così. I dati del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti mostrano che, nonostante il boom tecnologico, la produttività complessiva del lavoro è cresciuta solo dell’1-2% all’anno. Con trilioni di dollari investiti durante questo periodo di tempo, è abbastanza alienante come risultato. Non è che forse ci stiamo concentrando sul tipo sbagliato di produttività e, a sua volta, sul tipo sbagliato di gestione?

woman sitting on chair front of black Lenovo laptop

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Il paradosso della produttività sul posto di lavoro 

La produttività aziendale è diversa dalla semplice somma della produttività personale. La maggior parte dei dirigenti ritiene che la produttività aziendale sia semplicemente la somma della produttività dei singoli dipendenti. Si sbaglia di grosso. Per migliorare davvero la produttività è necessario avere un livello di autocoscienza organizzativa per capire quale lavoro spinga effettivamente il valore della propria azienda e indirizzare, di conseguenza, i dipendenti verso questi compiti.

Produttività individuale 

La produttività individuale può assumere significati diversi secondo ognuno di noi. C’è chi crede che essere produttivi significa portar a termine più compiti possibili in poco tempo. Chi crede sia semplicemente raggiungere i propri obiettivi personali. Ma in realtà può essere la somma delle due cose.

La produttività individuale sul posto di lavoro significa portare a termine compiti che ci avvicinano al raggiungimento degli obiettivi prefissati in modo tempestivo e aiutano a portare più equilibrio e semplicità nella propria vita lavorativa. Ogni azienda dovrebbe incoraggiare e rendere possibile la produttività individuale fornendo l’ambiente lavorativo e la tecnologia giusta. Raggiungere la produttività personale significa che i dipendenti hanno maggiore attenzione e sono in grado di produrre più risultati e più velocemente.

Produttività aziendale

La produttività aziendale viene anche definita produttività organizzativa e rientra nella sfera delle prestazioni aziendali. Abbiamo diversi termini per indicarla, ma non esiste una definizione precisa per descriverla.

Come per la produttività individuale, le definizioni organizzative variano. Alcuni credono che la produttività aziendale ruoti intorno all’efficienza e al lavoro svolto nel modo più smart possibile, mentre altri pensano che avvenga quando si bilanciano correttamente i maggiori profitti con un uso efficace delle risorse.

Al di là delle definizioni, ciò che conta, per un manager, è porsi questa domanda: quale lavoro porta valore all’azienda? I dipendenti possono essere altamente produttivi individualmente, ma una gran produttività individuale non è necessariamente convertibile come valore assoluto per l’azienda.

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Come promuovere la produttività aziendale e quella personale?

L’attenzione alla produttività individuale è un obiettivo necessario perché significa avere dipendenti altamente coinvolti e felici, mentre l’attenzione alla produttività aziendale è ciò che rende le imprese competitive e sostenibili.

I dirigenti aziendali sono costantemente sotto pressione per aumentare la produttività e la crescita sul posto di lavoro, ottimizzando al contempo le loro risorse. Ovviamente le due tipologie di produttività non potranno mai essere in competizione, ma devono essere complementari. È chiaro che l’obiettivo deve essere quello di promuovere la produttività sia individuale che aziendale per offrire un vantaggio competitivo tanto necessario nel mondo degli affari.

Quindi da dove iniziare? Quali passi intraprendere per incoraggiare entrambi i tipi di produttività?

1. Passare ad una mentalità organizzativa

Gli atteggiamenti di chi è al capo di un’attività influenzano quelli di tutti gli altri. Bisogna smettere di pensare alla produttività a livello individuale, o di pensarci a livello di squadra. Abbiamo bisogno di una mentalità organizzativa e dobbiamo far in modo che ogni dipendente faccia lo stesso. La natura umana è un po’ egoista e si preoccupa solo di quali attività vengono svolte in un giorno o come fare per far raggiungere al proprio team gli obiettivi prefissati. Portare i propri dipendenti verso una mentalità organizzativa sarà un beneficio sia individuale che per l’intera azienda.

2. Utilizzare strumenti che consentono una visibilità totale della gestione del lavoro

Gli strumenti giusti aiutano a svolgere un lavoro nel migliore dei modi. E in questo caso, sono necessari strumenti che offrano una visibilità completa sul lavoro quotidiano svolto e sulla creazione o meno del valore. Sarà indispensabile un sistema di gestione e un modo per tenere traccia del tempo dei dipendenti in modo che tutti abbiano una comprensione migliore e più chiara delle attività quotidiane della propria azienda. Questa visibilità avrà un ampio impatto sulla struttura e sui processi aziendali.

3. Avere una comunicazione efficace

La necessità di visibilità ci porta ad avere una comunicazione efficace. Una comunicazione chiara ed efficace consente una maggiore visibilità. Se i dipendenti riferiscono regolarmente ai capi dipartimento e i team tengono riunioni regolari per discutere dei progressi sui progetti, allora tutti restano aggiornati e sanno cosa sta accadendo intorno a loro. Investire in strumenti di collaborazione, come app di comunicazione in tempo reale e software di gestione delle riunioni, per facilitare un migliore lavoro di squadra, comporterà una migliore produttività individuale e aziendale.

L’obiettivo finale, sebbene difficile da raggiungere, è una grande organizzazione in cui tutti i lavoratori hanno pieno contesto, strumenti e supporto per concentrare il loro tempo sui principali aspetti di valore dell’azienda. Ciò è entusiasmante non solo per gli effettivi guadagni di produttività che si tradurranno a livello organizzativo, ma anche per ogni dipendente che avrà finalmente un chiaro senso di ciò che conta e di come avere successo nel proprio ambito.

Una società saprà di aver raggiunto questo stato quando i guadagni di produttività personale si sommeranno a quelli aziendali.

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Ispirazione startup: come incrementare la produttività aziendale 

Se avete un’azienda già consolidata, ma credete sia fondamentale non smettere mai d’imparare, dovete assolutamente dare un’occhiata al modo di fare delle piccole startup. Come fanno a incrementare la propria produttività nel mondo competitivo delle aziende?

Le start-up più ambiziose lavorano, giorno dopo giorno, per raggiungere agilità, efficienza e innovazione a livello mondiale. Quella che segue è una lista di 27 punti, differenziati in base ai casi di utilizzo in cui vengono descritti processi e tecniche che hanno generato un aumento delle prestazioni in diverse imprese. Parliamo dei settori più disparati, da quello high-tech, a quello bancario, per poi passare da quello sanitario fino ai settori produzione e ricerca. Gli ambiti presi in considerazione sono 4:

1. Casi di utilizzo generale: aumentare le prestazioni in tutte le discipline attraverso comunicazioni più convenienti e organizzate meglio della posta elettronica.

2. Casi d’uso DevOps: per le aziende in cui la tecnologia è vitale per il successo, i casi d’uso DevOps accelerano lo sviluppo, aumentando al contempo qualità e affidabilità (comunicazione, collaborazione e integrazione tra sviluppatori e addetti alle operations della information technology).

3. Casi di utilizzo organizzativo: per le grandi organizzazioni, questi casi di utilizzo semplificano la collaborazione con un elevato numero di parti interessate.

4. Casi d’uso di automazione avanzata: quando c’è la necessità che i propri team lavorino con tecnologie all’avanguardia, considerare questi casi d’uso avanzati per raggiungere le massime prestazioni.

E ora tuffiamoci nei dettagli di ogni categoria!.

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Casi di uso generale

1. Messaggistica a livello aziendale

Consolidare i sistemi di messaggistica istantanea con un unico e moderno sistema progettato per raggiungere chiunque lavori in azienda o anche i clienti. Connettersi con chiunque, ovunque. Un singolo messenger riduce la ridondanza, semplificando al contempo la verifica della disponibilità, facilitando le chat di gruppo in tempo reale, inviando messaggi privati ​​e comunicando in modo asincrono con chiunque e su qualsiasi dispositivo. Tutte le comunicazioni vengono archiviate per creare una cronologia persistente disponibile su tutti i dispositivi con funzionalità di ricerca istantanea e avvisi unificati.

2. Formazione per nuovi assunti

Invitare i nuovi assunti a unirsi ai canali chiave in modo che possano leggere rapidamente la cronologia delle chat e aggiornarsi da soli sui lavori e i progetti in atto. Una volta che un nuovo assunto si unisce a canali pertinenti, può rendersi conto del lavoro del team e capire rapidamente come interagisce e opera il proprio gruppo di lavoro.

3. Omologazioni e feed

Allo stesso modo, si può utilizzare la messaggistica per aiutare i revisori e i manager a valutare con precisione lo sviluppo di un progetto o un’iniziativa in un dato momento. Chi si occupa della revisione di un lavoro, potrebbe semplicemente rivedere i progressi compiuti leggendo la cronologia dei canali quando e dove vuole, secondi i suoi tempi.

4. Creazione di notizie e avvisi

È possibile creare canali autonomi per pubblicare e archiviare notizie e avvisi che vengono automaticamente pubblicati tramite bot o aggiunti manualmente dalle parti interessate.

5. Monitoraggio aziendale

Aumentare la consapevolezza e accelerare il processo decisionale collegando le applicazioni aziendali, come SAP o Oracle, ai canali di messaggistica in tempo reale per gli ultimi aggiornamenti. Ad esempio, è possibile trasmettere in streaming i report di vendita giornalieri per una specifica linea di prodotti attraverso aree geografiche in un canale per monitorare l’attività aziendale e porre domande agli stakeholder sull’azienda e avviare piani di reazione e ottimizzazione. Può essere fatto per l’assistenza clienti, per i social media e molte altre funzioni aziendali standard, facilmente gestibili canale per canale.

6. Gruppi specifici dell’argomento

Creare canali specifici per gruppi specifici in base agli argomenti in modo che le parti interessate possano facilmente condividere le informazioni pertinenti tra loro. Questi canali dedicati possono fungere da comunità in cui professionisti appassionati potranno apprendere e condividere le conoscenze reciproche discutendo suggerimenti e trucchi, informazioni sulle tendenze del settore, notizie su nuovi strumenti e gadget che supportano le funzioni lavorative e altro ancora. Ciascuno di questi canali potrebbe pullulare di dipendenti che parlano di come diventare più produttivi e più influenti nei propri campi. Come bonus aggiuntivo, i canali potrebbero anche essere utilizzati per organizzare eventi e incontri di team building.

DevOps Use Cases

7. ChatOps

ChatOps è un modo nuovo di lavorare che riunisce persone, strumenti e discussioni per aumentare la produttività e aiutare le aziende a muoversi più velocemente. Monitoraggio automatizzato, risoluzione del sistema con supervisione e analisi per massimizzare i tempi di attività e di efficienza. Fornisce maggiore affidabilità, tempi di risposta agli incidenti più rapidi e migliaia di ore di risparmio in termini di produttività.

8. Codifica sociale

Negli ultimi anni, il social coding è diventato un modello di grande successo nella comunità open source, in cui gli sviluppatori si incoraggiano reciprocamente a contribuire ai progetti più importanti. La messaggistica consente alle aziende di sfruttare internamente il potere della codifica sociale. Qualità, coerenza e velocità sono notevolmente migliorate quando gli sviluppatori possono richiedere e condividere in modo efficiente feedback su approcci tecnici.

9. War rooms

Quando si verificano le crisi, le persone sanno dove andare. Ciò consente di risparmiare tempo cruciale, consentendo alle aziende di riunire rapidamente team dinamici per raggiungere obiettivi specifici (es. come ripristinare la rete online).

10. Ops Theater

Durante un’interruzione critica, è fondamentale che gli stakeholder di un’azienda ne comprendano lo stato. In un’interruzione, i canali di messaggistica fungono da Ops Theater, dove gli ingegneri stanno lavorando per risolvere il problema mentre centinaia di parti interessate monitorano il canale di aggiornamento in tempo reale per fornire aggiornamenti ai clienti. Ops Theater offre una consapevolezza efficace, su larga scala e in tempo reale, all’interno di un’azienda da qualsiasi luogo e dispositivo.

11. NoOps

NoOps entra in gioco quando i team hanno implementato sistemi altamente automatizzati per operazioni, monitoraggio e ripristino. Quando si verificano interruzioni o i bug vengono identificati da un bot, un processo automatizzato esegue le procedure per il ripristino. La messaggistica consente alle organizzazioni di avvicinarsi a NoOps, passando da persone che monitorano attivamente macchine e flussi di lavoro, a robot che le monitorano, con persone che supervisionano i bot secondo necessità.

12. Hub di notifica

Le soluzioni di messaggistica open source sono completamente personalizzabili. È possibile integrare sistemi standard, personalizzati nell’interfaccia di messaggistica centrale per fungere da hub di notifica e allo stesso tempo ottimizzare i flussi di lavoro. Ciò comporta una riduzione del “rumore” da un panorama di comunicazioni ingombro eliminando il rischio di mancate notifiche.

13. Osservazione e coaching

Le piattaforme di messaggistica sono anche strumenti preziosi per la gestione delle prestazioni dei team. Invece di dover faticosamente intervistare i membri del team, i manager e altri esperti possono usare i loro messaggi per esaminare i flussi di lavoro ai fini di osservazione e coaching. Ciò avvantaggia la trasparenza. I manager possono utilizzare una piattaforma di messaggistica con una cronologia persistente per rivedere occasionalmente le cronologie delle chat e diagnosticare problemi di comunicazione per migliorare i processi in futuro. La piattaforma può anche essere utilizzata per valutazioni e coaching sia formali che informali, fornendo feedback in tempo reale.

produttività individuale e produttività aziendale

Casi di utilizzo organizzativo

Questi casi d’uso condividono esempi di come i canali di messaggistica possono essere utilizzati per semplificare le comunicazioni per scopi diversi.

14. Progetti

Creare canali dedicati per progetti specifici e invitare tutti i membri e le parti interessate a partecipare. In questo modo, tutti coloro che sono coinvolti sanno dove si svolgono le discussioni e dove sono archiviati i file e le altre risorse pertinenti.

L’idea in più è quella di organizzare riunioni e facilitare le discussioni apertamente, all’interno del canale e direttamente sulla piattaforma. Ciò consente di risparmiare tempo che sarebbe speso per rispondere alle richieste o riferire su aggiornamenti o altre tipologie di notizie. I partecipanti alla riunione possono controllare il canale a loro piacimento per vedere che cosa ha fatto l’intero team. I manager possono imparare quali sono i problemi che possono frenare i lavoratori e tutto in tempo reale.

15. Team e sottogruppi

Creare canali per ciascun team e ciascun sotto-team che collaborano a un progetto. I sottogruppi consentono conversazioni efficaci e specifiche per il team secondario. I nuovi assunti possono anche unirsi ai canali del team per aggiornarsi rapidamente su cosa si sta lavorando.

16. Canali di discussioni

La creazione di canali per argomenti di discussione specifici, per esempio, un canale sull’intelligenza artificiale, o un canale che facilita le discussioni sul marketing degli sviluppatori.

Funzionano allo stesso modo delle chat room basate su argomenti, ma aggiungono il vantaggio della comunicazione in tempo reale. I partecipanti possono porre domande urgenti a un pubblico di esperti coinvolti e appassionati che possono quindi rispondere immediatamente.

17. Occhio alla geografia

Ogni azienda ha un team distribuito i vari parti del mondo, che siano persone che lavorano in sede, ma anche da casa o che si collegano con il resto del team da una caffetteria. Può essere utile utilizzare una piattaforma di messaggistica per riunire i dipendenti in regioni geografiche simili, creando canali per ogni posizione. Questa funzionalità è utile per eventi di rete o memo amministrativi. I nuovi arrivati ​​possono anche vedere facilmente cosa sta succedendo nelle vicinanze e unirsi.

18. Riunioni

Le riunioni non sono necessariamente produttive. Tutti devono viaggiare dal punto A al punto B e arrivarci contemporaneamente. Si possono spostare le riunioni per risparmiare tempo, aumentare il coinvolgimento e migliorare la produttività. Come? Si può impostare un canale specifico per una riunione ricorrente, pubblicare i nuovi argomenti sul canale prima dell’inizio della riunione, in modo che i dipendenti abbiano il tempo di porre domande.

19. Help Desk

La piattaforma di messaggistica può essere utilizzata per aiutare i lavoratori a imparare come fare tutte le operazioni. Creare un canale di Help Desk esclusivo per indirizzare ad esso tutti i dipendenti. In questo modo, ogni volta che qualcuno non è sicuro di come agire o ha una domanda su argomenti o sistemi particolari, saprà esattamente dove andare. Successivamente, si possono raccogliere tutte le informazioni per compilare un documento FAQ.

20. Outsider Onboarding

Usare la piattaforma di messaggistica per far accedere un consulente, o un membro del team in visita ogni volta che è necessario un aiuto esterno, mettendoli su un piano di parità con il resto del team. Invitare il consulente a entrare temporaneamente in un canale pertinente in modo che possa leggere cosa sta succedendo prima di offrire i propri consigli e iniziare il proprio lavoro. Una volta terminato il lavoro del consulente, ne si può limitare l’accesso.

produttività individuale e produttività aziendale

Casi d’uso di automazione avanzata

21. Monitoraggio dei problemi chiave

Creare bot per monitorare sistemi o altre code per determinate parole chiave e far filtrare automaticamente le informazioni alle persone giuste al momento giusto. Utilizzare la messaggistica sul posto di lavoro per individuare problemi specifici nei sistemi, ad esempio, bug critici. In questo modo i dipendenti verranno avvisati solo quando è necessario.

22. Notifiche

La messaggistica sul posto di lavoro può essere utilizzata per notificare automaticamente ai team i principali eventi di sistema e altri errori. I bot possono pubblicare automaticamente queste informazioni, consentendo ai dipendenti di concentrarsi su altre attività. Si possono creare bot per intensificare i problemi che potrebbero essere stati persi. Come avvisare i team leader se nessuno risponde a un problema/notifica entro un tot di tempo. 

23. Domande e risposte automatizzate

Creare un bot che fornisca automaticamente informazioni su uptime, statistiche di sistema e record basati su ID o attributi. Così i dipendenti chiedono al bot e quest’ultimo risponde automaticamente. Questa funzionalità è particolarmente utile per le discussioni in chat. Nessuno deve lasciare la piattaforma per rintracciare le informazioni di cui necessita.

24. Rimedio automatizzato

Utilizzare i bot per riparare automaticamente i servizi e informare le parti interessate su ciò che è accaduto. Ad esempio, un bot può rilevare errori in base alle notifiche in un canale specifico e riavviare automaticamente un servizio senza richiedere input umani. Il risanamento automatico è un altro modo per recuperare i tempi aumentando la produttività e garantendo una migliore esperienza utente.

25. Aggiornamenti di sistema in linea

I bot possono anche essere usati per trasformare messenger in un’interfaccia di chat per ticketing e altri sistemi di stato del lavoro. Gli utenti possono digitare semplici comandi per aggiornare direttamente i ticket all’interno del proprio strumento di chat. Un ulteriore vantaggio derivante dall’impostazione degli attributi in linea è che tutti possono, in seguito, vedere la cronologia delle operazioni, proprio nella cronologia della chat.

26. Diagnostica

Creare un bot e usare la messaggistica sul posto di lavoro per eseguire la diagnostica e pubblicare i risultati quando richiesto. Questi possono riferire in base a un orario programmato o possono essere attivati ​​su richiesta dell’utente. Questa funzionalità è utile sia per il monitoraggio di routine che per la risoluzione dei problemi.

27. Verificare lo stato di salute

I bot possono anche segnalare gli stati del sistema all’interno della piattaforma di messaggistica, fornendo collegamenti a dashboard pertinenti. Ciò è utile per controlli a campione e iniziative di automazione in corso per assicurarsi che tutto funzioni in modo ottimale e come progettato.

*Questo contenuto è stato liberamente tradotto da “27 things enterprises can learn from startups to increase productivity”.

tecnologia 4.0

Che cos’è la Robotica, spiegato con una mini-serie TV

  • “Societing4.0 – Che cosa sono le tecnologie 4.0″ è una miniserie per capire le principali tecnologie 4.0 (dalla Robotica all’Intelligenza Artificiale, dalla Stampa 3D alla Realtà Aumentata/Virtuale, dai Big Data all’Internet delle cose) e per dare maggiore consapevolezza e strumenti critici sulla loro applicazione a cittadini curiosi, PMI, studenti e insegnanti.
  • Per ciascuna tecnologia le telecamere dei giovani ricercatori entrano nei laboratori dell’Università Federico II dove sono studiate le tecnologie e dove sei luminari rispondono alle domande dei ragazzi, sotto la direzione scientifica del Professore Alex Giordano, tra i massimi esperti di trasformazione digitale in Italia.

I giovani ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II hanno intervistato Bruno Siciliano, Professore di Automatica presso il DIETI (Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione), Coordinatore del PRISMA Lab (Projects of Industrial and Service Robotics, Mechatronics and Automation) e Direttore del Centro ICAROS (Interdepartmental Center for Advances in Robotic Surgery).

Puoi guardare la video-intervista integrale sul portale di Rai Scuola a questo link.

Il Prof. Siciliano ritiene che sia necessario pensare alla robotica come una tecnologia di supporto all’uomo. Non c’è nulla di più falso di attribuire all’automazione la perdita di posti di lavoro, quelli che saranno sostituiti saranno lavori pericolosi, alienanti o ripetitivi”.

Un aspetto questo che suscita le preoccupazioni di chi vede in generale, nell’avvento delle tecnologie all’avanguardia, un problema e non un’opportunità per l’uomo. L’idea del Prof. è molto stimolante: Se pensiamo alla robotica, essa consentirà, da qui a qualche anno, una forma di nuovo umanesimo digitale, avremo molto più tempo per essere creativi, per pensare, per realizzare, e creare degli oggetti che possono portare al miglioramento della nostra vita”.

Una visione che vede certamente proficuo il rapporto tra uomo e tecnologia e aggiunge: “La scommessa della robotica e la sua direzione guardano verso dei sistemi sempre più intelligenti, grazie alla tecnologia e agli algoritmi di intelligenza artificiale che comunque saranno sempre il frutto dell’ingegno e della creatività di chi li ha progettati. È questa la vena creativa che rende la robotica così affascinante tra i giovani, da quelli che giocano col kit di Arduino e realizzano in casa un sistema di tipo artigianale, a quelli che sviluppano sistemi più avanzati”. Il suo pensiero infatti va ai giovani: Il mio compito da professore non è solo quello di formare ricercatori, ma anche quello di formare i giovani che saranno i futuri professionisti dell’economia del Paese”.

E a proposito di economia, il Prof. Siciliano pensa che la tecnologia, la robotica, nello specifico, possa essere d’aiuto anche alle piccole e medie imprese: La robotica è diventata di grande interesse per le piccole e medie imprese da circa 5 anni perché il robot può essere personalizzato in base alla particolare applicazione senza che l’operatore debba conoscere come programmarlo, dal momento che è possibile sviluppare un’applicazione in maniera intuitiva con un livello di intuitività pari all’utilizzo di uno smartphone. Tutto ciò sta diventando sempre più allettante per le piccole e medie imprese, perché con un investimento modesto che riguarda il costo della macchina e magari un costo di integrazione, installazione e manutenzione, l’operatore può eseguire delle lavorazioni utilizzando il cobot in maniera intuitiva alla stregua della robotica domestica”.

Alla domanda sulla possibilità di trovare un approccio mediterraneo alla robotica, il Prof. precisa: Il fatto che mi interessi di robotica e che lo faccia a Napoli, una città che allena alla complessità, ha permesso che fosse proprio la mia città e la sua gente a fornirmi ispirazioni per alcune delle idee più creative”.

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Approfondimenti

A cura dei giovani ricercatori dell’Università degli Studi di Napoli Federico II

La robotica è nata come quel settore dell’ingegneria che si occupa della realizzazione di macchine (robot) e dello sviluppo di metodologie che consentono a queste ultime di eseguire compiti specifici atti a riprodurre il lavoro umano in ambienti vari e per scopi diversi. Nella robotica confluiscono sia discipline scientifiche come l’elettronica, l’informatica, l’intelligenza artificiale, la meccatronica, la bioingegneria, le nanotecnologie, le neuroscienze, sia umanistiche come l’etica, la sociologia, la filosofia, la giurisprudenza, l’etologia e, pertanto, ha assunto via via la connotazione di una scienza interdisciplinare.

Uno dei manuali punti di riferimento del settore è il monumentale (229 gli autori coinvolti), “Springer Handbook of Robotics”. Il volume curato da due esperti di fama internazionale: il professor Bruno Siciliano, dell’Ateneo di Napoli Federico II e Oussama Khatib, dell’Università di Stanford, ha ottenuto il maggior riconoscimento per l’editoria scientifica: 2008 PROSE Award for Excellence in Physical Sciences & Mathematics. In un passo del manuale si prefigura tutta la portata della robotica che è: “fortemente coinvolta nelle sfide crescenti dei nuovi settori emergenti. Interagendo, esplorando e lavorando con gli umani, la nuova generazione di robot è destinata a entrare sempre di più in contatto con gli individui e le loro vite quotidiane”, costantemente alla ricerca di nuovi utilizzi e applicazioni “mirando a raggiungere e oltrepassare i limiti umani”.

La robotica attualmente rappresenta uno degli ambiti di maggiore investimento in termini di ricerca e costituisce, nell’interazione con altre tecnologie come i big data e l’intelligenza artificiale, il futuro dell’innovazione tecnologica o meglio dire il presente, dal momento che a detta di molti esperti tra cui il prof. Siciliano: “oggi, siamo nel pieno dell’era della robotica”.     

Esordi e cenni storici sulla Robotica

Ciò che definisce meglio la robotica nel suo progredire sta nella definizione di “connessione intelligente tra percezione e azione”. Grazie a sensori e attuatori i robot raccolgono informazioni dall’ambiente circostante, le elaborano e compiono le azioni utili a raggiungere i compiti loro assegnati. Questo tipo di “intelligenza” conferisce ai robot ampi margini di autonomia. Tali margini diventano sempre maggiori con l’avanzare della ricerca scientifica e della tecnologia, all’insegna di una storia che parte da lontano.

La prima tappa si colloca attorno al 1200, quando il matematico e ingegnere arabo Al-Jazari, primo pare ad aver realizzato macchinari dotati di forme umane, mise a punto un sistema con sembianze di donna per il lavaggio delle mani. Dall’automa cavaliere di Leonardo da Vinci (1495) alle Karakuri dolls, bambole meccaniche tradizionali del Giappone (XVII-XIX secolo) la storia dei robot si caratterizza per una dicotomia fondamentale: quella tra il bisogno dell’uomo di realizzare delle macchine utili e il sogno di replicare se stesso.

Il termine robot fu coniato nel 1920 dal commediografo ceco Karel Čapek nell’opera I robot universali di Rossum. Non ci deve sorprendere che la parola robot, (dal ceco robota, cioè lavoro esecutivo) sia comparsa per la prima volta nella sua accezione moderna in un’opera teatrale: per via della doppia faccia di questa tecnologia, tra ricerca di soluzioni di questioni meramente pratiche e  tentativo di forgiare un alter ego dell’uomo, essa ha stretto sin dall’inizio un legame indissolubile con l’immaginario collettivo. 

Dal teatro ai film, 2001: Odissea nello spazio, Blade Runner, fino ad arrivare al film d’animazione Wall-e, e non solo, i robot hanno popolato pagine di libri, serie tv e videogiochi. Il mondo dei media si è da sempre occupato del tema declinandolo in maniera diversa, contribuendo però il più delle volte a trasmettere una rappresentazione distopica delle società tecnologiche.

Nella storia recente, dal 1960 al 1980, la robotica si è andata affermando nel settore manifatturiero per via di una sempre maggiore automatizzazione dei processi produttivi

Nei decenni successivi, la nuova generazione di robot ha iniziato a esplorare pianeti, a compiere operazioni di salvataggio, a entrare nelle case per aiutare nelle faccende domestiche, in sala operatoria, nelle strade, addosso ai nostri corpi. “Viviamo in una nuova era robotica, un’era in cui i robot convivono con noi, ci aiutano, ci connettono, a volte ci sostituiscono”. Queste le parole del prof. Siciliano che aggiunge: “per quanto riguarda il futuro (che è alle porte) il trend principale sarà quello della robotica personale.”

Bill Gates, fondatore di Microsoft, in un articolo pubblicato nel 2006 su Scientific American, sostiene che la robotica, di lì a poco, sarebbe diventata l’hot topic del momento. L’articolo non a caso s’intitola “A robot in every home” e in esso Gates spiega la sua prospettiva riguardo i futuri sviluppi del settore. “Nonostante le difficoltà – scrive il fondatore di Microsoft – quando parlo con persone coinvolte nella robotica, siano essi ricercatori universitari, imprenditori, hobbysti o studenti delle superiori, il livello di eccitazione e aspettative mi ricorda incredibilmente dei tempi in cui Paul Allen e io osservavamo la convergenza delle nuove tecnologie e sognavamo un mondo in cui ci sarebbe stato un computer su ogni scrivania e in ogni casa. E guardando alle tendenze che ora stanno iniziando a confluire, non mi riesce difficile immaginare un futuro in cui i devices robotici diventeranno una componente praticamente ubiquitaria nelle nostre vite quotidiane”.     

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Service Robotics: il futuro (prossimo) della robotica e le implicazioni etiche

Per una tecnologia che promette di essere così diffusa, integrata e pervasiva nelle nostre vite i potenziali problemi non sono di certo pochi, né di poco conto: a tal proposito, centrale è il tema della sicurezza —si pensi ai pericoli fisici per gli individui a stretto contatto con questi dispositivi— e le diverse controversie etiche riguardanti l’utilizzo degli automi.

Tali questioni sono oggetto della roboetica, ovvero l’etica applicata ai robot. Nata ufficialmente in Italia, nel 2004 con il primo Simposio Internazionale di Roboetica, affronta una serie di argomenti che nascono dalla fondamentale differenza tra i robot e la maggior parte delle altre innovazioni: i robot infatti non sono soltanto oggetti tecnologici ma sono, sempre di più, ‘soggetti dotati di capacità decisionali‘. 

Durante il Simposio Internazionale di Roboetica, organizzato in collaborazione con la Scuola di Robotica e l’Arts Lab della scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Gianmarco Verruggio, scienziato robotico sperimentale, ha ideato il concetto di roboetica per indicare il “rapporto positivo che dovrebbe intercorrere fra progettista/produttore/utente di robot e queste macchine intelligenti. Non solo norme negative, dunque, ma la complessa relazione che collega gli umani ai loro artefatti intelligenti e autonomi”. Ciò che è emerso dal simposio a cui hanno partecipato filosofi, giuristi, sociologi, antropologi e scienziati robotici provenienti da Europa, Stati Uniti e Giappone, e che ancora oggi costituisce il nucleo di base della disciplina, è il dovere degli specialisti del settore di accrescere la consapevolezza del pubblico circa le problematiche legate all’utilizzo dei robot. Scopo della roboetica è quello di attuare una divulgazione estesa “affinché la società possa prendere parte attiva nel processo di creazione di una coscienza collettiva, in grado di individuare e prevenire un uso errato della tecnologia. La speranza è che si possa giungere a un’etica condivisa da tutte le culture, tutte le nazioni e le religioni, così che la costruzione e l’impiego di robot contro gli esseri umani sia considerato un crimine contro l’umanità”.

Una delle domande della roboetica riguarda la “titolarità della responsabilità” a proposito dell’eventuale errore o danno provocato da una macchina. In particolare, le inquietudini e le perplessità si moltiplicano con l’aumentare delle applicazioni degli automi in ambiti come l’assistenza medica, personale, la biorobotica e la robotica militare. 

Oggi, è evidente, la roboetica e le sue questioni costituiscono un tema di discussione centrale in una società in cui aumentano sempre di più le applicazioni dei robot in ambienti cosiddetti antropici, in coabitazione con gli esseri umani. È proprio per la natura della robotica, sostiene l’esperto Siciliano, per le molte questioni che solleva e per la varietà delle forme che essa può e potrà assumere nel futuro prossimo, che tale disciplina chiama in causa tutta una serie di studi e considerazioni diverse. L’ingegneria, l’informatica, la fisica, la biologia e anche la sociologia, la filosofia e la cultura d’impresa

Il PRISMA Lab

Da trentacinque anni il laboratorio PRISMA del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione della Federico II si occupa di progetti di robotica industriale e di servizio, meccatronica e automazione. Vincenzo Lippiello, professore associato di Automatica, racconta la storia del laboratorio, partendo dai primi robot entrati in loro possesso, dei COMAU di prima generazione, con cui si è perseguito l’intento di far progredire i sistemi di controllo di tali robot con tecniche di evoluzione sempre più avanzate.

Con il tempo la robotica è progredita verso tecnologie sempre più sofisticate, che hanno la capacità di misurare interazioni fisiche lungo tutta la propria struttura, percependo le forze con cui interagiscono. I robot presenti in laboratorio diventano sempre più piccoli e leggeri, sicuri e intelligenti.

Dal più conosciuto RoDyMan, piattaforma semi-umanoide, capace di manipolare oggetti deformabili grazie alla sua facoltà di comprendere quanta forza applicare durante il trattamento, a robot di piccole dimensioni che riescono a percepire il contatto non solo attraverso i loro bracci meccanici, ma anche attraverso la propria base, fino alla MERO Hand di Fanny Ficuciello, ricercatrice di Bioingegneria Industriale: progetto di una mano antropomorfa, soluzione di particolare rilievo e interesse nell’ambito della ricerca sulle protesi robotiche della mano.

Il PRISMA Lab si occupa anche di robotica aerea, disponendo di un’arena di volo a San Giovanni a Teduccio. Vanta una collaborazione con Eni, azienda che ha dimostrato interesse verso lo sviluppo di nuove tecnologie robotiche.

In particolare la ricerca si concentra sullo sviluppo di droni ibridi, composti da un multimotore, una base mobile e un braccio robotico per l’ispezione di impianti petrolchimici.

Bonus Pubblicità: cosa cambia con il decreto Cura Italia e quali sono le opportunità per il tuo business

  • Il Bonus Pubblicità è una interessante agevolazione fiscale per le aziende e il decreto Cura Italia introdotto in occasione dell’emergenza Covid-19 ha introdotto alcune novità;
  • Il bonus pubblicità viene ora concesso sul 30% dell’intero investimento effettuato nel 2020. Ecco tutti i dettagli.

 

Creato con la Legge di Bilancio del 2018, il Bonus Pubblicità offre interessanti agevolazioni fiscali ad organizzazioni e professionisti che decidono di investire in campagne pubblicitarie per raggiungere i propri obiettivi di comunicazione e business.

Infatti aziende, enti non commerciali o lavoratori autonomi che pianificano advertising su testate anche online, televisioni, radio possono richiedere un’agevolazione erogata sotto forma di credito d’imposta corrispondente al 75% della spesa incrementale sostenuta in pubblicità rispetto all’anno passato.

L’investimento pubblicitario deve superare almeno dell’1% l’importo investito nell’anno precedente.

Naturalmente, il credito d’imposta si ferma alle spese relative alla pura pianificazione di campagne: non sono ammesse spese accessorie o spese per advertising su piattaforme digitali che non siano testate editoriali, come ad esempio i social media.

Tutti i titolari di partita iva possono beneficiarne: dalla grande azienda multinazionale con sede in Italia all’agenzia di comunicazione, dal consulente libero professionista all’esercente commerciale, dalle aziende industriali a quelle agricole di cui è costellato il nostro paese. 

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Cosa cambia per il Bonus Pubblicità con il Cura Italia

L’emergenza Coronavirus ha imposto cambiamenti sostanziali per sostenere anche la ripresa delle aziende dopo questo periodo di stasi: infatti l’articolo 98 del decreto legge del 16 marzo 2020 apporta modifiche eccezionali al Bonus Pubblicità valide solo per il 2020.

I cambiamenti principali che abbiamo individuato sono due: 

  • Il bonus pubblicità viene concesso sul 30% dell’intero investimento effettuato nel 2020 e non più sul 75% del valore incrementale dall’anno precedente. L’investimento deve essere sempre di almeno l’1% rispetto all’anno precedente e il limite di spesa è di 27,5 milioni di euro. Quindi a fronte di un investimento in pubblicità di € 10.000 + IVA per una campagna su una testata editoriale online, un’azienda potrà diminuire le proprie imposte di € 3.000 + IVA.
  • Le nuove domande potranno essere presentate online sul sito dell’Agenzia delle Entrate tra il 1° ed il 30 settembre 2020. Restano valide quelle già presentate nel mese di marzo 2020. Periodo e scadenze cambiano in via eccezionale e solo per quest’anno.

Come richiedere il Bonus Pubblicità

Le aziende e i professionisti potranno fare domanda accedendo ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Come prima cosa, andrà caricata il documento di “Comunicazione per l’accesso al credito d’imposta”  prevista dall’articolo 5, comma 1, del D.P.C.M. n. 90 del 2018, che illustra i dati degli investimenti pubblicitari da realizzare nell’anno di riferimento (o già realizzati) per il quale si chiede l’agevolazione. A questo link è possibile scaricare il modello per presentare la propria richiesta. 

Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria elabora l’elenco dei soggetti che hanno fatto domanda. 

Dal 1° al 31 gennaio dell’anno successivo è necessario inviare la “Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati”, ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l’effettiva realizzazione degli investimenti realizzati nell’anno presentati e che gli stessi soddisfano i requisiti di cui all’articolo 3 del D.P.C.M. n. 90 del 2018.

Dopo questo passaggio, sarà pubblicato sul sito del Dipartimento l’elenco dei soggetti ammessi: chi risulterà idoneo potrà usare il credito d’imposta dopo il quinto giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del provvedimento di ammissione, solo in compensazione con il modello F24 che deve essere presentato sempre attraverso i canali online dell’Agenzia delle entrate. Attenzione: se l’investimento è consistente e la somma supera i € 150.000, sarà necessario attendere una comunicazione di abilitazione.

Il Coronavirus ci obbliga ad accelerare e così la digital transformation diventa virale

  • L’epidemia ci ha costretti a fermarci ma anche ad accelerare, per dare una risposta nuova alla sfida della produttività da casa;
  • Smart working, telelavoro, videoconferenze ed eLearning sono diventati gli strumenti più utili per fronteggiare l’emergenza e hanno dato una scossa alla digital transformation.

 

È venerdì mattina e come ogni venerdì mattina suona la sveglia, ma è venerdì e sorridi pensando al weekend, al carnevale. Davanti al primo caffè della giornata, come di consueto, apri il tablet controlli l’agenda del lavoro e quella personale, poi apri un quotidiano online per i soliti aggiornamenti tra economia, cultura, sport e cronaca.

Il Coronavirus è argomento che tiene banco da qualche tempo, preoccupa, in parte inquieta ma Wuhan è distante. Tante polemiche, tanto razzismo, tanta disinformazione, tanti luoghi comuni.

Pensi a come la loro economia stia risentendo di una situazione da film apocalittico, di come le persone siano obbligate a non uscire e a non avere contatti, a come le aziende abbiano modificato le loro organizzazioni per continuare a produrre, non cedendo allo stato di immobilismo creato dal virus stesso.

Per un attimo ribalti la situazione di Wuhan qua, per un attimo fai un parallelismo, come gestiremmo la situazione qui in Italia?

Inizi a pensare a delle soluzioni ma ti fermi, non è qui.

Non è così.

coronavirus digital transformation

Venerdì 21 Febbraio 2020

È venerdì 21 febbraio, mattina, il Coronavirus, non più distante, è a pochi km da te.

In un attimo cambia tutto.

La notizia si diffonde, inizia il tam tam mediatico in pochissimo tempo si parla di contagi che salgono, ospedali al collasso, zone rosse, zone gialle, quarantena, isolamento, chiusura di uffici, scuole, esercizi pubblici.

Si blocca la provincia di Lodi, in poco tempo si blocca la zona metropolitana di Milano, si blocca una regione si blocca una nazione.

Evitare gli assembramenti! Provvedimento doveroso, precauzionalmente corretto ma le conseguenze sono altrettanto importanti.

L’economia italiana, in generale, è composta primariamente da piccole e medie aziende (anche di grandi aziende, in minoranza). Nella zona del primo focolaio, il lodigiano, l’economia è composta primariamente da aziende legate all’agricoltura.

La Lombardia traina gran parte dell’economia italiana insieme alle altre regioni del nord, anche loro rallentate, fermate.

Come affrontare uno stop così pesante? Come garantire continuità lavorativa?

Le persone entrano nel panico, non vogliono raggiungere il posto di lavoro, non prendono i mezzi pubblici, anzi è il governo che invita tutte le imprese a fermarsi, invita le persone a non uscire di casa.

Stop. Fermiamoci. Ma il nord produttivo, come dicono spesso, si sa non si ferma.

Non si ferma per mentalità, per orgoglio, per deformazione professionale perché il passato agricolo legato al sacrificio è sempre vivo.

Non si ferma la produttività, intendiamoci, nel rispetto delle regole imposte dal governo.

Ecco che l’emergenza virus diventa un’occasione da cogliere, se il virus blocca gli spostamenti e svuota gli uffici, la tecnologia è pronta per essere messa sotto stress e diventare essa stessa virale.

Ecco che in meno di due giorni, il weekend per intenderci, cambia la mentalità, cambia la prospettiva. Parte la rivoluzione culturale.

Perché la digital transformation è innanzitutto questo, cambiare prospettiva.

smart working consigli

E quale occasione migliore se non un’emergenza di questo tipo, per poter assimilare e interiorizzare un cambio culturale che stavamo faticando a recepire?

Nei settori produttivi ove ciò è possibile.

In un weekend le aziende attivano in poco tempo:

  • Smartworking
  • Telelavoro
  • Task force tramite chat
  • Videoconferenze

Si creano VPN, desktop remoti, si configurano pc, si testano connessioni lo si fa in estrema naturalezza e non lo fanno solo i manutentori delle infrastrutture IT lo fanno direttamente le risorse interne alle aziende, quelle che nella quotidianità non hanno mai creato un tunnel vpn.

Perché la digital transformation parte dalla consapevolezza interna delle persone, dall’accettazione del cambiamento come naturale, dalla presa di coscienza che certe digital skill si apprendono anche senza averle già nel proprio background, che una volta apprese aprono le porte al cambiamento e la tecnologia ci segue, si adatta a noi e non viceversa.

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Come il digital è diventato virale?

Smart working

Al fine di limitare i contatti e gli assembramenti i datori sono invitati ad attivare, velocemente, la modalità di lavoro smartworking anche in assenza di accordo individuale (DPCM 11 Marzo 2020).

È importante la continuità lavorativa in un momento così difficile per evitare che le aziende vadano in crisi.

Secondo l’art. 2, c.1, lett. r) del DPCM 8/03/2020, è possibile applicare lo smart working, senza ricorrere all’accordo di cui alla Legge 81/2017, per tutta la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020. Lo stato di emergenza dovuto a coronavirus, ha una durata di 6 mesi decorrenti dal 31 gennaio 2020. Ne consegue che il termine ultimo per la durata degli smart working non può essere superiore al 31/07/2020 (ossia la scadenza dei 6 mesi).

Salva la deroga dell’accordo individuale, rimangono tutti gli altri adempimenti legati all’attivazione dello smart working individuati dalla Legge 81/2017.

Al fine di semplificare questo adempimento, vista la particolarità del periodo in corso, il DPCM 8/03/2020 prevede che quest’obbligo “possa essere assolto in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile dall’INAIL”. Invece l’accordo individuale può essere sostituito con una semplice lettera da consegnare ai lavoratori e da un file excel. Quest’ultimo va inoltrato al Ministero del lavoro con la procedura telematica (Fonte: lavorofacile.it).

Formazione aziendale/professionale a distanza

In un periodo di limitata mobilità e di riduzione del contatto sociale la formazione tradizionale, in aula, viene messa da parte per lasciare spazio alla formazione in modalità e-learning.

Consulenti del Lavoro, Commercialisti e professionisti in genere che necessitano di formazione aggiornata e costante possono continuare a formarsi, anche in questo momento difficile. Possono fare rete, porre quesiti e confrontarsi con gli esperti del settore e dare quindi continuità al loro lavoro e risposte alle aziende.

Non solo formazione per l’aggiornamento professionale normativo, ma anche formazione per sviluppare le digital skill, ora che oltre ad apprenderle, si possono da subito provare direttamente sul campo.

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Formazione a distanza digital transformation coronavirus

Meeting online

Riunioni vietate, ma call e meeting online sono forse gli strumenti che da più tempo fanno parte della nostra routine lavorativa.

È possibile organizzare e partecipare alle riunioni in un click via web.

Sono tool davvero molto evoluti, che vanno ben oltre la semplice telefonata, si possono condividere schermi e lavorare su documenti a più mani, da più pc.

Cloud

Il cloud, i nostri dati dove e come vogliamo i server online ci salvano in questo periodo di difficoltà.

Le informazioni organizzate in un unico punto, raggiungibile anche all’esterno dell’aziende, permettono una corretta circolazione delle informazioni e un processo lavorativo continuo e condiviso.

Le software house che hanno investito in questa direzione stanno oggi dando un servizio di valore aggiunto, aiutando i loro clienti a recuperare documentazione e a condividerla in libertà e sicurezza (da qualsiasi dispositivo).

Tele-assistenza

In un momento così delicato l’utilizzo di strumenti di teleassistenza consente alle aziende di potersi affiancare ai propri clienti dando supporto tecnico e pratico senza la presenza fisica dell’operatore.

La configurazione di un pc, di un server può avvenire a distanza così come il supporto sui macchinari.

Scuola Online

Le scuole di ogni genere e grado sono chiuse. Le università sono quelle che da tempo hanno adottato strumenti di distance learning e, quindi, quelle che in meno tempo e con un minor sforzo hanno potuto dare continuità alla didattica.

Discorso differente per primarie, medie e superiori.

Ogni scuola si è organizzata autonomamente, chi con video su YouTube, chi con video sui social, chi con Skype ma c’è chi ha osato utilizzando strumenti evoluti quali Google Classroom o WeSchool di Tim.

La scuola online è un tema delicato, spesso gli studenti della primaria necessitano di un affiancamento costante di un adulto che molto probabilmente sarà accanto al figlio, in smartworking e quindi impegnato nella sua attività lavorativa.

Il nostro sistema scolastico è pronto per essere digitalizzato ma, forse non è pronto per organizzarsi in così poco tempo.

Le Università da diversi anni utilizzano sistemi di insegnamento a distanza, con ottimi risultati e con soddisfazione alta degli utenti.

Primarie, medie e superiore hanno più che altro sperimentato pillole di insegnamento online, per un periodo limitato ma mai per un periodo di emergenza così prolungato nel tempo (salvo piccole eccezioni).

Grazie alle iniziative promosse dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica e l’Agenzia per l’Italia digitale, è stata creata una bellissima iniziativa denominata “solidarietà digitale” attraverso la quale le aziende, privati e associazioni mettono a disposizione servizi tecnologici gratuiti per affrontare al meglio l’emergenza.

Tra questi servizi si annoverano anche strumenti per la didattica a distanza, utili anche per le scuole di grado inferiore.

Il 26 Marzo la minstra dell’Istruzione Azzolina, ha affermato che la didattica ha distanza ha raggiunto più di 6,7 milioni di alunni e che il 67% delle scuole che hanno attivato l’attività a distanza, prevede per essa specifiche forme di valutazione.

L’89% delle scuole ha anche predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con disabilità. Il 48% delle scuole ha svolto riunioni degli organi collegiali a distanza. Per spingerla ulteriormente sono stati stanziati 85 milioni (Fonte: Ilsole24ore).

Scuola online

Scuola online digital transformation coronavirus

Solidarietà digitale

Alla luce degli aggiornamenti contenuti nel Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020, che amplia le zone soggette a restrizioni per le misure di emergenza sanitaria a contrasto della diffusione del Coronavirus (SARS-CoV-2), MID e AGID hanno trovato un accordo aziende e associazioni per consentire a queste ultime di mettere a disposizione servizi gratuiti utili a:

  • Agevolare il lavoro da remoto, con connettività veloce e attraverso corrette piattaforme di Smart working;
  • Promuovere la didattica a distanza nelle scuole (su consiglio del MIUR);
  • Permettere lo svolgimento della vita quotidiana come: fare la spesa, attività sportiva, vita politica o religiosa;
  • Permettere la lettura di libri e quotidiani tramite smartphone o tablet.

A questa iniziativa possono partecipare tutte le aziende, che erogano servizi digitali, da fornire gratuitamente per un periodo limitato di tempo a tutta la popolazione.

Tutti i cittadini italiani possono usufruire dell’iniziativa.

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E-Salute e Telemedicina

I medici si stanno attrezzando per contattare virtualmente i pazienti in quarantena domiciliare, per poterli assistere anche a distanza, soprattutto in un momento in cui la sanità è al collasso e tutto il personale medico sanitario è impegnato h24 per affrontare l’emergenza.

La tecnologia ci viene incontro anche per istituire task force tra medici, scienziati e ricercatori. Analizzare i dati del contagio, attraverso evoluti sistemi di Intelligenza Artificiale, aiuterà gli addetti ai lavori a comprendere come il virus muta e si comporta e per prevedere quali cure sono più efficaci.

Come riporta il Mise, partono i nuovi incentivi previsti dal Decreto #CuraItalia per la produzione e fornitura di dispositivi medici e di protezione individuale per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19.

In tutto 50 milioni di euro per sostenere le aziende italiane che vogliono ampliare o riconvertire la propria attività per produrre ventilatori, mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza.

Si tratta di risorse che, rientrando nel regime degli aiuti di Stato, sono state autorizzate in meno di 48 ore dalla Commissione europea, dopo che la scorsa settimana il Ministero dello Sviluppo economico aveva immediatamente notificato alla Ue la misura introdotta nel Dl Cura Italia, in modo da consentirne un veloce utilizzo.

Problemi di Connessione

La viralità della DT ha certamente evidenziato evidenti problemi di stabilità della connessione, di copertura della connessione sul territorio nazionale e di saturazione delle reti dati.

Le nostre reti non erano pronte ad uno smart working forzato e di massa.

Secondo una ricerca della giornalista Manuela Gabbanelli, circa 11 milioni di italiani si trovano a lavorare da casa in assenza di connessione.

Questo è un tema importante e cha va affrontato subito. Essere pronti a remotizzare il lavoro passa anche da connettività efficaci ed efficienti.

In questo l’Italia sembra essere ancora indietro rispetto agli altri paesi europei.

Il commissario UE per il mercato interno per evitare il sovraccarico di rete, ha alle piattaforme di streaming video di non utilizzare l’alta definizione in questo periodo. Netflix ha risposto riducendo la definizione dei suoi contenuti per circa 30 giorni, lo stesso ha fatto Youtube.

La viralità non convenzionale della digital transformation

L’Italia in questa emergenza si è dimostrata pessima per alcuni comportamenti irrispettosi e irresponsabili ma, come sempre, ha mostrato il suo lato creativo e pragmatico.

Sono nate differenti iniziative che hanno portato la digitalizzazione e la tecnologia in settori dove la socialità e l’aggregazione sono il punto forte.

Ristoranti o servizi di ristorazione

Le attività di ristorazione, bar, locali sono stati duramente colpiti dalle misure restrittive, emanate dal Governo, e si sono attivate per trovare nuove modalità di lavoro.

Menù smartworking, ordina su whatsapp e ricevi il tuo smartlunch a domicilio, chiusi al pubblico attivi direttamente da te: queste alcune delle iniziative intraprese da bar, ristoranti e locali.

La consegna? Rigorosamente con guanti, mascherina e distanza di sicurezza.

Supporto psicologico online

Iniziativa di Luca Mazzucchelli per dare supporto alla prima zona rossa del lodigiano, quelli che sono stati subito “chiusi” per 15 giorni al fine di contenere il contagio.

Un utile supporto per chi ha visto cambiare la sua vita in poco tempo.

Sport online

Palestre e centri sportivi chiusi, ma l’allenamento non è compromesso!

Sono numerose le iniziate legate alle lezioni online, ai workout personalizzati, alle sessioni di allenamento via skype, zoom ecc.

I coach analizzano le attrezzature a disposizione e creano il corretto mix di esercizi. Il tutto diventa virale, perché la socialità fisica è inibita, ma la socialità virtuale no.

Ecco che quindi i centri sportivi spingono a condividere l’allenamento, a mostrarsi attivi nonostante il virus tenda invece a collocarci sul divano.

Spesa OnLine

Qui nulla di nuovo ma solo un’impennata di richiesta di consegne a domicilio che hanno stressato il sistema portandolo in alcuni casi al collasso. Esselunga, Amazon, Carrefour e Bennet ecc si sono trovate subissate di richieste.

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Cambiamenti digital transformation coronavirus

Quando cambiamento vuol dire digital transformation

La grave situazione di emergenza sanitaria che si è abbattuta sull’Italia ha rivoluzionato, in poco tempo, il tempo di vita e il tempo di lavoro di tutti gli italiani. Ha però evidenziato quanto siamo capaci di adattarci velocemente ai cambiamenti, sfruttando la tecnologia in modo attivo e non passivo.

Questo passaggio mostra un forte cambio culturale, quello necessario per intraprendere il percorso di digitalizzazione.

Nella crisi ci siamo trasformati, abbiamo appreso nuove skill digitali ci siamo evoluti e se il virus ci ha chiuso nelle nostre case (#iorestoacasa) la tecnologia ci ha aperto verso nuove frontiere. Verso un nuovo modo di lavorare.

In un modo o in un altro, usciremo da questa crisi cambiati.

Certamente la tecnologia non avrà aiutato la maggior parte delle attività che hanno un contatto, quasi esclusivo, con il pubblico. Il danno economico rimane, quello non si cancella ed è anche grande.

Il governo deve vigilare e intervenire subito, con interventi reali a sostegno dell’economia, delle imprese e delle famiglie.

L’Europa deve fare cerchio su questa situazione, tutelare il mercato interno, tutelare le persone.

Gli altri siamo noi, non solo uno spot ma una vera attualità.

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MSD Italia dona tecnologie e strumenti per supportare le Istituzioni Italiane nell’emergenza COVID-19

MSD Italia si schiera al fianco delle Istituzioni italiane con la donazione di tecnologie e strumenti che consentono il monitoraggio, il trattamento e il controllo dei pazienti cronici da remoto per un valore di mercato fino a 1,5 milioni di euro.

“Come ricordato dal Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro – ha dichiara Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore di MSD Italia – se vogliamo che la curva dei contagi scenda, dobbiamo fare in modo che le misure di distanziamento sociale funzionino anche grazie al supporto fondamentale che le nuove tecnologie di telemedicina e tecno-assistenza sono in grado di garantire grazie alla possibilità, per il paziente, di farsi curare da casa”.

msd italia

Gli strumenti per fronteggiare l’emergenza

L’emergenza sanitaria creata dalla pandemia del coronavirus sta generando una serie di pericolosi corollari, tra i quali la difficoltà di accesso alle strutture ospedaliere e territoriali da parte dei pazienti, soprattutto quelli più fragili, anziani, cronici e con comorbidità. Difficoltà di accesso che riguardano anche la medicina generale, primo punto di ingresso dei pazienti italiani alle prestazioni e servizi sanitari, come più volte segnalato sia dalla FIMMG che dalla SIMG.

Ma oltre alla difficoltà di accesso, c’è un aspetto ancor più grave. È il sacrificio di tante vite umane – trentanove tra medici specialisti e di famiglia – vittime del contagio da coronavirus.

Strumenti come il telemonitoraggio domiciliare, il consulto a distanza, il video consulto – come recentemente dichiarato dal Segretario Generale Nazionale della FIMMG Silvestro Scotti – possono servire a fermare questa strage. La criticità dei sistemi di telemonitoraggio domiciliare e di tecnoassistenza è stata opportunamente rilevata anche dal progetto “Innova per l’Italia”, recentemente lanciato dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, insieme al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, al Ministro dell’Università e Ricerca Gaetano Manfredi e a Invitalia, a sostegno della struttura del Commissario Straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri.

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msd italia

La donazione nasce da una peculiarità distintiva del Gruppo MSD Italia al cui interno opera la società Vree Health, azienda leader nella progettazione, sviluppo e commercializzazione di servizi innovativi e soluzioni di Connected Health per migliorare la qualità di vita e la salute dei pazienti.

Le piattaforme, le app e i kit di telemonitoraggio con device certificati consentono soluzioni di Disease Management in grado di assistere il paziente cronico e supportare il medico nel monitoraggio costante dello stato di salute e nella migliore gestione delle condizioni cliniche.

“MSD Italia – prosegue Nicoletta Luppi – ha deciso di rispondere alla call for action del Governo con un atto di responsabilità sociale che è nel DNA della nostra Azienda. Vogliamo offrire un contributo distintivo e coerente con le richieste del nostro Governo e annunceremo presto i primi
soggetti istituzionali beneficiari della nostra donazione. Il contributo che MSD Italia intende offrire non si esaurisce con questa significativa donazione che rappresenta solo il primo sprint di una ‘maratona di donazioni’ per testimoniare la vicinanza della nostra Azienda al Sistema Paese in questa grave situazione di emergenza sanitaria, sociale ed economica”.

documentari-food

Storie di cibo e sostenibilità: 10 documentari sul food che dovresti vedere

  • Il cibo è portatore di valori culturali in declino a causa del mercato alimentare globale 
  • Molti registi hanno raccontato nei loro documentari come l’industrializzazione stia distruggendo la biodiversità nel food
  • Una panoramica sulle questioni più dibattute sul tema, passando attraverso dieci documentari recenti

 

“Siamo ciò che mangiamo”, in questo momento storico forse più che mai. Il cibo è senza ombra di dubbio uno dei topic più discussi del momento, spesso al centro non solo della nostra tavola, ma anche delle nostre conversazioni, online e non.

Non si tratta di una mera questione di nutrizione, il food è cultura e aggregazione. Le tradizioni culinarie locali che si tramandano di generazione in generazione raccontano la storia dei popoli e dei territori in cui sono radicate.

Negli anni, però, le regole dettate dal mercato globale hanno dato il via a un progressivo e sempre più rapido impoverimento dei valori della tradizione e della diversità culturale, in uno scenario in cui l’operato delle piccole comunità locali è asservito alle grandi multinazionali.

Quando ogni forma di contatto tra il consumatore finale e la provenienza di ciò che mangia sembra svanire; le tradizioni culinarie locali diventano sempre più un patrimonio a rischio estinzione, da difendere ad ogni costo.

Food, cinema e vita vera

Da dove arrivano e come vengono prodotti gli alimenti ogni giorno sulle nostre tavole? Qual è l’impatto di ciò che mangiamo sul nostro organismo e sul pianeta?

A queste domande hanno cercato di rispondere molti registi che si sono interrogati sul legame tra il cibo e i consumatori, alcuni approfondendone l’aspetto sociologico, altri dando ai loro film la forma di un’inchiesta di taglio giornalistico.

Ecco una rassegna di dieci documentari a tema food che offrono punti di vista diversi, talvolta anche divergenti tra loro, sulle questioni riguardanti l’industria alimentare in relazione alla salute degli individui e alla sostenibilità ambientale.

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Food Inc. (2008) – Robert Kenner

Candidato all’Oscar come miglior documentario nel 2010, Food Inc. è un film diretto dal regista e autore televisivo Robert Kenner, che pone sotto analisi il sistema produttivo alimentare su vasta scala negli Stati Uniti (e quindi, per ovvie ragioni, interessa tutto il mondo occidentale).

Negli ultimi 50 anni il nostro modo di nutrirci è cambiato più di quanto non sia avvenuto in 10 mila anni, eppure per vendere i prodotti alimentari ci si serve dell’immagine di un mondo rurale e agreste.

Kenner esordisce puntando il dito contro la comunicazione fuorviante e distorta del prodotto alimentare che arriva al consumatore finale.

Con l’obiettivo di tirare su il “sipario” che viene interposto tra noi e il luogo di provenienza di ciò che mangiamo, Food Inc. pone sotto accusa lo strapotere dei colossi dell’industria alimentare, consolidato grazie all’impiego di manodopera a basso costo e materie prime scadenti, che porta sul mercato prodotti omologati ed economici che sono spesso tra le poche alternative abbordabili per molte famiglie americane a basso reddito.

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COWSPIRACY (2014) – Kip Andersen, Keegan Kuhn

Disponibile su Netflix, Cowspiracy è il primo, ma non l’unico, frutto di una collaborazione tra i due registi californiani Kip Andersen e Keegan Kuhn.

Il progetto nasce dal basso grazie a una campagna di crowfounding lanciata dai due film maker, per poi catturare le attenzioni di Leonardo Di Caprio, che dopo poco tempo ne è diventato il produttore esecutivo.

Non sorprende che sia stato proprio Di Caprio a finanziarlo: l’attore hollywoodiano è tra i personaggi di spicco al momento più impegnati nella tutela dell’ambiente e il film è incentrato sull’impatto ambientale che hanno gli allevamenti e le colture massive.

Il sistema di allevamenti industriali genera una quantità di gas serra maggiore dell’intero sistema di trasporti e “per produrre un hamburger occorrono 2500 litri d’acqua”: i dati riportati mostrano uno scenario a dir poco allarmante e derivano da studi condotti da organizzazioni internazionali come FAO, Science Mag, Nasa, World Watch.

What the health (2017) – Kip Andersen, Keegan Kuhn

Se sei tra coloro che faticano ancora a capire perché al mondo ci sono persone che scelgono una dieta vegana, la visione di What The Health potrebbe servire per chiarirti un po’ le idee.

Il film pone il focus sull’aumento esponenziale registrato negli ultimi anni del numero di persone affette da tumori, malattie cardiovascolari e diabete – individuando la causa nel consumo di proteine di origine animale – e tenta di svelare collegamenti poco trasparenti tra le istituzioni governative e le multinazionali del food.

Accusato su molti fronti di essere eccessivamente fazioso e di adottare toni un po’ troppo apocalittici, il film si fa portavoce di quell’ideologia alla base del veganismo secondo cui una dieta onnivora è innaturale per gli esseri umani; punto di vista opinabile, tuttavia largamente condiviso.

What The Health è il secondo prodotto della coppia Andersen-Kuhn, ed è uscito in concomitanza con l’omonimo libro scritto da Eunice Wong, moglie del giornalista Chris Hedges.

Supersize me (2004) – Morgan Spurlock

Grande classico intramontabile e in un certo senso capostipite di un nuovo format di documentari a tema food, si può dire che Supersize me ha spianato la strada a molto di ciò che è stato fatto dopo.

15 anni fa, il regista Morgan Spurlock fu la cavia del suo stesso esperimento, sottoponendosi per 30 giorni ad una dieta esclusivamente a base di cibo proveniente dalla più grande catena di fast food al mondo, McDonald’s, che a Manhattan, dove il regista vive da sempre, ha un punto vendita ogni 0,7 km².

Nel corso del mese, Spurlock fu seguito da un team di medici, che evidenziarono un progressivo deterioramento dello stato della sua salute (aumento di peso, affaticamento, inclinazione alla depressione e disfunzioni sessuali), che richiese al regista 6 mesi di disintossicazione per tornare alle sue condizioni fisiche precedenti.

Il documentario fece parlare di sé, non senza suscitare le reazioni del colosso americano, che emanò poco tempo dopo un comunicato stampa in cui dichiarò che la quantità di junky food ingerita da Spurlock in un mese equivale a quella di un consumatore medio in 6 anni e che gli eccessi sono nocivi in qualunque caso.

That Sugar Film (2015) Damon Gameau

Restando in tema di registi che scelgono di mettere a dura prova il proprio organismo, 10 anni dopo l’uscita di Supersize me, l’attore televisivo australiano Damon Gameau nel primo film diretto da lui replicò l’esperienza di Spurlock, adottando per 60 giorni una dieta ad alto contenuto di zuccheri raffinati.

Secondo i dati raccolti da Gameau, lo zucchero è presente nell’80% dei normali prodotti da banco confezionati, anche di quelli considerati salutari o ipocalorici, e la quantità media di zucchero assunta da un maschio adulto occidentale è l’equivalente di 40 cucchiaini al giorno.

Per tutta la durata dell’esperimento, il regista è seguito da un patologo, una nutrizionista e un medico di base che alla fine del periodo gli diagnosticano un principio di obesità, un altissimo rischio di diabete e un preoccupante ingrossamento del fegato. Damon inoltre riscontrò un senso di affaticamento generale, forti sbalzi d’umore, sintomi della depressione e problemi del sonno.

Per disintossicarsi e riportare i suoi valori al livello cui si trovavano prima dell’esperimento, sono serviti altri due mesi.

The World according Monsanto (2008) – Marie-Monique Robin

Pubblicato lo stesso anno dell’omonimo libro, Il mondo secondo Monsanto riassume un’inchiesta condotta dalla giornalista francese Marie-Monique Robin, durata complessivamente tre anni.

Al centro dell’inchiesta, come da titolo, c’è Monsanto, la più grande multinazionale dell’industria chimica, prima in assoluto sul mercato mondiale degli OGM.

Monsanto si presenta come compagnia agricola con una forte spinta all’innovazione, in realtà è responsabile della diffusione di alcuni tra i prodotti diserbanti più tossici in circolazione nel XX secolo e di epidemie di tumori che hanno colpito la popolazione delle cittadine più esposte.

Robin passò in rassegna un fitto elenco di processi, manipolazioni di dati e ricerche scientifiche, persone messe a tacere dopo aver provato a segnalare attività illecite, episodi di omertà da parte di organi di regolamentazione, quali l’EPA (Environmental Protection Agency) o l’FDA (Food and Drug Administration). L’inchiesta volle portare alla luce come Monsanto abbia di fatto consolidato il suo impero imponendo un nuovo ordine agricolo attraverso i brevetti sulle sementi, e distruggendo le piccole comunità rurali.

 Sustainable (2016) – Matt Wechsler

Disponibile su Netflix, Sustainable è il racconto di un viaggio intrapreso dallo chef Rick Bayless alla riscoperta del legame tra l’uomo e ciò che mangia.

Attraverso il confronto con agricoltori ed esperti del settore, si ripercorrono le tappe che hanno condotto alla nascita del movimento per promuovere la sostenibilità ambientale e alimentare negli USA come negli altri paesi occidentali.

Il film evidenzia come in America (così come in Europa) si stia aprendo un divario sempre più profondo che vede da una parte i fast food e tutti i cibi di produzione industriale a basso costo e dall’altra la cucina d’élite che gli americani vedono per lo più nei programmi televisivi.

Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una grossa crisi alimentare dovuta alla mancanza di consapevolezza da parte del consumatore e ad una perdita di valori culturali legati al cibo.

Sustainable fa appello proprio al recupero di questi valori, nell’ottica di riavvicinare il consumatore al prodotto e innescare un meccanismo virtuoso in cui un antico know how nel settore incontri l’innovazione e le moderne tecnologie.

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ROTTEN – docuserie Netflix

Questa volta non parliamo proprio di un film, ma di una serie documentaristica di cui al momento sono disponibili su Netflix 2 stagioni da 6 episodi l’una.

“Se mangi cibo, questo è un problema di cui devi preoccuparti” è il messaggio fondamentale che viene dato al pubblico: Rotten è un invito alla riflessione e un appello al senso etico e critico tanto del produttore, quanto del consumatore.

Prodotta da Zero Point Zero Production, si tratta di una docuserie in cui ogni episodio è dedicato a un cibo differente e affronta questioni che legano il consumatore al prodotto, svelando uno scenario in cui le grandi aziende alimentari si impossessano del lavoro dei piccoli produttori locali, che non hanno molte alternative.

In tutta la serie si cerca di far luce su meccanismi di frode, corruzione, speculazione che dominano il mercato alimentare mondiale, in uno scenario in cui sono i margini di profitto a decidere cosa diventerà cibo nei nostri piatti e la spregiudicatezza nel vendere oltre misura.

Connected By Coffee (2014) – Aaron Dennis

Connected By Coffee è una storia che inizia con un viaggio tra le regioni dell’America Latina maggiori produttrici di caffè. Il regista e attivista Aaron Dennis raccolse le testimonianze di tantissimi coltivatori e piccoli imprenditori del territorio che stanno plasmando insieme un nuovo modello basato sulla gestione cooperativa dei terreni e delle aziende.

Il film spiega come l’andamento del mercato globale non lasci un grande margine di sviluppo per modelli di business come questo che spesso sono obbligati a sopportare anche condizioni di vita poco dignitose.

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Our daily bread (2010) – Nikolaus Geyrhalter 

Il film diretto da Nikolaus Geyrhalter si potrebbe dire un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dell’industria alimentare, freddo e diretto, che lascia parlare le immagini, senza aggiungere interviste, dati, commenti o speech di alcun tipo.

È irrilevante per questo film se una società che produce pulcini si trovi in Austria, Spagna o Polonia, o quanti suini siano trattati ogni anno nel grande macello mostrato nel film. A mio parere questo è il compito dei giornalisti e della televisione, non di un lungometraggio.

Le riprese sono state effettuate dal regista austriaco all’interno delle strutture in cui i prodotti alimentari vengono lavorati e confezionati, per gettare una panoramica dietro le quinte che lasci intendere come non sia sufficiente molto spesso optare per un’alimentazione a base di prodotti bio e priva di proteine animali, perché gli effetti dell’industrializzazione alimentare e della globalizzazione impattano molto più che sul solo cibo.

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Gli eroi che combattono il Coronavirus sono anche nella filiera alimentare

  • Questo periodo di emergenza è stato paragonato alla peggiore crisi dopo il secondo dopoguerra ma a quei tempi il cibo non era così scontato 
  • Gli attori della filiera agroalimentare a casa non possono stare devono garantire il cibo a tutti gli italiani che restano a casa
  • Come tranquillizzare gli operatori della filiera agroalimentare in tutte le fasi del processo attuando nuove regole che possano far lavorare tutti in serenità?    

Eroi nelle corsie degli ospedali italiani in questo momento ce ne sono tanti, ma oggi sono qui per parlarvi di altri eroi.

Noi restiamo a casa e diamo per scontato che il cibo sia sempre garantito (anche troppo a vedere le bacheche sui social network di noi italiani in quarantena) anche grazie ad esplicite indicazioni del Presidente del Consiglio, che anche nell’ultimo Decreto del Consiglio dei Ministri, ha chiarito che i negozi alimentari sarebbero rimasti aperti e che i trasporti per le merci di prima necessità sarebbero circolati normalmente.

Questo periodo è stato paragonato alla peggiore crisi dopo il secondo dopoguerra ma a quei tempi il cibo non era così scontato: in tempi di guerra e di epidemie l’approvvigionamento alimentare non era garantito o lo era solo con le razioni settimanali di beni di prima necessità.

Hanno sofferto la fame i nostri nonni o i nostri padri.

Proprio per questo oggi voglio parlare di altri eroi: voglio mettere in evidenza il lavoro svolto da tutti gli operatori che lavorano nella filiera alimentare e che danno a tutti noi la possibilità stare a casa tranquilli e a pancia piena e, ogni tanto, di andare a fare la spesa e trovare comodamente i prodotti necessari sugli scaffali del negozio e del supermercato.

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La filiera alimentare ai tempi del Coronavirus

Voglio parlare di tutti gli attori della filiera agroalimentare: operatori agricoli, operatori nelle industrie alimentari, impiegati nel settore alimentare, addetti nelle aree portuali o doganali, fornitori di materie prime alle industrie, trasportatori, salumieri, macellai e cassieri.

Loro a casa non possono stare, devono garantire il cibo a tutti gli italiani che restano a casa e, anche se la mattina escono con la paura di poter contrarre il virus essendo a contatto con tanta gente, ti accolgono nel loro negozio con il sorriso, ora nascosto sotto una mascherina.

Anche loro hanno una gran paura e anche loro hanno un padre o una madre anziana o dei bambini che vorrebbero proteggere e potrebbero infettare.

Gli imprenditori alimentari sono in emergenza: come garantire la produzione e la distribuzione degli alimenti rispettando le regole igienico sanitarie e le norme specifiche per ogni tipologia di prodotto, garantendo allo stesso tempo la sicurezza sanitaria ai propri lavoratori? Come tranquillizzare i propri operatori in tutte le fasi del processo attuando nuove regole che possano far lavorare tutti in serenità?

Ristoranti e bar chiudono, e con loro molte aziende collegate al settore HO.RE.CA. (acronimo di Hotellerie-Restaurant-Café), ma altre imprese collegate al settore retail (vendita al dettaglio) assumono personale perché si mangia di più in casa e si fa quindi più spesa. Dati Nielsen ci dicono che durante la settimana tra lunedì 24 febbraio e domenica 1° marzo (ancora non in piena emergenza) le vendite della Grande Distribuzione Organizzata continuano la crescita rispetto alla stessa settimana del 2019: +12,2% a valore a parità di negozi. Più spesa si traduce in una quantità maggiore di alimenti da produrre e confezionare, per cui il riflesso diretto sulle industrie è evidente.

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Ci sono poi imprenditori alimentari che si rendono conto del sacrificio emotivo e fisico che stanno chiedendo ai loro dipendenti così stanziano premi e aumentano gli stipendi, come il Sig. Giovanni Rana, che aumenta gli stipendi ai 700 dipendenti del 25% per ogni giorno lavorato e concede un ticket mensile straordinario di 400 euro per le spese di babysitting, come speciale riconoscimento dell’impegno profuso ai lavoratori impiegati nei cinque stabilimenti in Italia che stanno garantendo, anche in questo momento così difficile dovuto all’emergenza sanitaria del Covid-19, la continuità negli approvvigionamenti alimentari.

È stato necessario quindi in tutte le aziende alimentari ancora aperte per lavorare in modo sicuro per tutti e tranquillizzare gli operatori della filiera alimentare, stabilire nuove procedure e consolidarne di vecchie per evitare che nelle singole aziende possa nascere un focolaio della malattia.

Nei negozi e supermercati le regole da rispettare sono state chiare fin da subito: ingresso scaglionato, sanificanti all’ingresso dei negozi e supermercati, evitare assembramento in ogni fase e indossare guanti e mascherine da sostituire periodicamente. I cassieri, forse i più esposti al contatto con tante persone, puliscono e sanificano la loro postazione con oculatezza e la paura nascosta negli occhi.

Alcune catene come Coop hanno cominciato ad istallare nei loro punti vendita delle barriere in plexigass alle casse per garantire la protezione dei clienti e dei lavoratori.

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Ma chi c’è dietro i prodotti alimentari che arrivano nei supermercati o nei negozi?

Ci sono le aziende alimentari che sono già solite avere norme igieniche di produzione molto restrittive e da questo punto di vista, applicandole severamente, l’operatore che vi lavora dovrebbe sentirsi già più tranquillo. Ecco alcune delle più frequenti e più pertinenti al controllo ambientale del Coronavirus:

  • lavarsi accuratamente le mani con acqua calda, asciugarle e disinfettarle con i sanificanti presenti (generalmente) all’ingresso della sala di produzione degli alimenti, ripetere l’operazione dopo essere stati in bagno, dopo aver mangiato, dopo aver toccato parti del corpo, tossito o starnutito, ad ogni ripresa del lavoro, dopo brevi pause per qualsiasi motivo;
  • le unghie devono essere corte, curate e senza smalto. Non usare trucco, profumi e creme profumate o con odori persistenti. Vietato usare unghie e ciglia finte che posso essere veicoli di contaminazione chimica, fisica e microbiologica;
  • indossare guanti in nitrile (nelle azienda alimentari si esclude il lattice) che vanno cambiati e disinfettati prima di riprendere il proprio lavoro e periodicamente in base ad una accurata analisi del rischio.
  • indossare gli indumenti protettivi relativi alla funzione aziendale ricoperta: la divisa di lavoro non è mai utilizzata esternamente all’azienda alimentare per evitare una possibile contaminazione crociata di natura microbiologica, fisica o chimica degli alimenti; molte aziende si preoccupano di lavare la divisa degli operatori dopo qualche giorno di lavoro (questo elemento è molto variabile in relazione alla mansione svolta in azienda) in modo da essere sicuri della modalità e della temperatura di lavaggio;
  • indossare sempre i dispositivi di protezione individuale relativi alla mansione svolta, tra questi: la cuffia (o un copricapo), calzari o scarpe da lavoro, guanti in nitrile blu usa e getta e la mascherina chirurgica indossata posizionandola sul naso.
  • pulire la postazione di lavoro di ogni operatore con frequenza prestabilita con un sanificante e in assenza di alimenti e, più in generale, intensificare le sanificazioni ambientali in tutti i locali e su tutte le attrezzature preoccupandosi di verificarne l’efficacia.

La mascherina era già un accessorio presente ed indispensabile in molte aziende alimentari. Con l’avvento del Coronavirus ho visto gli operatori alzare la soglia di attenzione e stringere bene la mascherina sul naso, gli stessi operatori che, prima di questa pandemia, la abbassavano scoprendo il naso per parlare con qualcuno.

Le stesse mascherine prima tante fastidiose adesso diventato l’oggetto del desiderio per sé e per i propri familiari.

Le mascherine che nelle aziende alimentari già si usavano, finiscono più velocemente ma oggi gli abituali fornitori rispondono all’ufficio acquisti aziendale che hanno difficoltà ad evadere l’ordine periodico e che la consegna sarà rimandata.

Si consumano quindi più mascherine ed i fornitori aziendali non te ne mandano altre. Questa è la situazione emergente. E le aziende alimentari come faranno finite le scorte?

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Oltre a queste regole di igiene intensificate, l’imprenditore alimentare deve preoccuparsi di evitare gli assembramenti e il contatto ravvicinato degli operatori: a livello logistico si mettono a punto sistemi di segnaletica orizzontali per garantire le distanze di sicurezza, si allargano le postazioni di lavoro o in alcuni casi si montano dei veri e propri divisori in plexiglas per rendere il lavoro più sicuro per l’operatore e per l’azienda; nelle mense e negli spogliatoi si scaglionano i turni per le pause e gli ingressi così da evitare il transito contemporaneo del personale, si migliora l’areazione dei locali e si chiudono le porte agli esterni.

Infatti per adempiere al D.P.C.M. e non mettere a rischio il proprio personale, l’azienda alimentare blocca o limita gli ingressi delle ditte esterne o ne limita l’accesso nelle aree aziendali, evita di far entrare consulenti o altre persone esterne; vieta l’ingresso in azienda di trasportatori o fornitori, obbligandoli dove necessario all’applicazione delle sue regole igieniche. Regole quest’ultime, molto spesso già presenti in azienda ma che adesso prendono corpo e si rafforzano.

Gli imprenditori alimentari si trovano inoltre a combattere con ordini tagliati, soprattutto quelli destinati all’estero, con fatture pagate meno per cambi sfavorevoli e la preoccupazione di non riuscire a produrre ancora alimenti perché se dovesse scoppiare un focolaio in azienda, tutto verrebbe chiuso.

Dobbiamo ricordarci che le aziende della filiera alimentare italiana sono soprattutto piccole o medie aziende in cui il cui grado di digitalizzazione è spesso basso e il lavoro a distanza, il cosiddetto smart working, non è applicabile nella maggior parte dei casi, per fattori intrinseci al prodotto, oltre che per fattori culturali.

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Cosa significa avere un approccio mobile first e quali sono i vantaggi per le aziende italiane

Non è certo una novità che il mondo digitale stia ormai nel palmo della mano: i tempi in cui gli utenti utilizzavano internet come un sistema asincrono, preventivo, facendo ricerche e richieste per il futuro sono ormai lontani.

Oggi chi accede alla rete cerca informazioni puntuali, in tempo reale. Vuole sapere ciò che lo circonda, e dà per scontata la geolocalizzazione. Si aspetta notizie aggiornate al secondo, in un mondo in cui ormai spesso i social forniscono aggiornamenti su temi scottanti più in fretta dei media. Dà per scontato che i brand, quando interagiscono online, siano tanto veloci, tecnologici e smart quanto lo è lui stesso.

Anche quando parliamo di eCommerce, secondo l’ultimo Report Digital 2020 di We Are Social, “quasi 3 utenti internet su 4 (74%) hanno acquistato prodotti online nell’ultimo mese con device mobili, che superano desktop e laptop attestandosi al 52% di device share per pagamenti online: è la prima volta che registriamo questo sorpasso”.

È un mondo nuovo, diverso, a cui chi voglia sfruttare le potenzialità del digitale si deve adeguare e anche velocemente.

Se da un lato Google sta lavorando da diversi anni a soluzioni e strumenti per il mobile, anticipando il mercato e le esigenze di imprese, brand e consumatori, anche Accenture ha colto questa grande sfida con la recente creazione della sua Mobile Factory, con team dedicati che possano traghettare in maniera molto veloce le aziende da una sponda all’altra di questo cambiamento.

La collaborazione fa leva sulla capacità di adattare e rendere fruibile la tecnologia per andare veramente verso il mondo mobile, abbracciando un paradigma completamente nuovo nella sua interezza, con metodologie e programmi che possano essere adottati velocemente e accelerare la crescita delle performance mobile.

Le esigenze del nuovo mondo mobile first

Sull’onda di questo crescente trend, già dalla fine del 2015 Google aveva iniziato a dare centralità alle AMP, acronimo di Accelerated Mobile Pages, con un progetto Open Source pensato per rendere più accessibili i contenuti via mobile web e per migliorare le prestazioni dei siti su questi device. Un progetto che si è evoluto negli anni successivi all’interno di un ecosistema mobile nel quale oggi termini come speed e PWA (progressive web App) sono ormai entrati a far parte del linguaggio comune nel mondo digitale.

Lo ha confermato Davide Contrini, Managing Director Accenture Interactive, responsabile per il Digital Marketing: “L’utente ormai ha accesso all’informazione via mobile in maniera totale, continua. La fruizione di qualunque contenuto tramite questi device deve essere molto più veloce, tenendo anche conto delle esigenze di localizzazione e di sincronicità: gli utenti spesso cercano risposte da un brand, e vogliono da esso una risposta istantanea e precisa”.

Più veloce è il caricamento di una pagina, più velocemente questa potrà essere visualizzata dai visitatori. Dal punto di vista del consumatore, questo è uno degli elementi più importanti di un sito. Come dicevamo, le persone non vogliono aspettare. Un ritardo di un secondo può significare la differenza tra una conversione o un abbandono.

In effetti, lo dimostrano chiaramente i dati: i tassi di abbandono se non viene erogato un contenuto in meno di 3 secondi aumentano esponenzialmente. Sopra questo tempo, più di due terzi dei consumatori lascia il sito. Questo ovviamente ha un impatto enorme, specie nel mondo degli acquisti online.

La capacità di fornire il contenuto in maniera veloce e allineata all’immagine del brand, specie se il canale online è transazionale, è fondamentale.

Per molto tempo le aziende e gli enti italiani non hanno tenuto conto dell’evoluzione delle esigenze e del comportamento dei propri clienti, ma ormai nessuno può negare che i tempi siano cambiati. È già storia come l’uso di internet da mobile abbia superato quello da desktop anche nel nostro Paese.

Google ha registrato questo cambiamento dal punto di vista delle queries effettuate da questi dispositivi: l’incremento di ricerche del tipo “pizzeria più vicina aperta adesso” denotano un cambio totale di scenario. La necessità oggi è quella di rispondere a un bisogno in tempo reale, con informazioni minimali (e pochi passaggi intermedi per ottenerle) ma accurate. Non importa a nessuno sapere le pizzerie vicine se sono chiuse, o quelle aperte adesso che però non sono a portata (quindi, ricerche anche geolocalizzate). È richiesto un approccio totalmente diverso da quello del mondo desktop, e le aziende che non riescono a stare al passo moriranno presto.

Lo conferma Paola Marazzini, Director Agency and Strategic Partnerships di Google Italia: “In questo scenario è fondamentale per le aziende avere asset digitali che forniscano un’esperienza informativa, di consumo e di intrattenimento all’altezza delle aspettative, sempre più alte.

I consumatori sono sempre più curiosi, cercano di tutto, non solo informazioni ad alto valore aggiunto: sono loro stessi a stabilire il valore di ciò che c’è online”.

Spesso l’ottimizzazione per il mobile è stata considerata come l’ “ultimo miglio” delle strategie digitali, utilizzando plugin che facessero velocemente il lavoro di convertire pagine tradizionali in pagine veloci e mobile-friendly. Con il rischio però di non rendersi conto che, se non si cura adeguatamente questo aspetto, si rischia di vanificare tutto il resto del lavoro.

Uno scenario cambiato che unisce Accenture e Google nel sostenere che parlare di AMP ormai non è più sufficiente: è tutto l’ecosistema web che deve essere preso in considerazione in veste mobile.

Aziende e addetti ai lavori hanno estremo bisogno di soluzioni che permettano di fornire ai propri clienti la miglior modalità di accesso a quello che è il sistema più utilizzato per navigare in rete.

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Le skill per portare la tua azienda nel futuro

Per “fare mobile” internamente è necessario allocare risorse importanti: il supporto di un partner esterno e di fiducia può essere fondamentale per ottenere metodologie e skill che aiutino le aziende attraverso questa straordinariamente delicata trasformazione.

mobile

Nelle esperienze multicanale, il mobile è sia il punto d’ingresso che l’ultimo miglio dei consumatori. Tutti i settori industriali sono impattati, il B2C in maniera solo apparentemente più diretta che il B2B.

Skill e competenze tecniche sono indispensabili per acquisire la giusta tecnologia, ma anche i corretti metodi e una visione di indirizzo di un mercato in continua evoluzione.

Se ne parla da molto tempo, certo, ma ora ci stiamo davvero addentrando in questo nuovo mondo anche in termini di offerte create ad hoc per il mobile. La capacità di guidare l’evoluzione su questo tipo di tematiche sarà quindi fondamentale.

In un mondo sempre più connesso e sempre più mobile, i confini fisici decadono: l’esperienza utente e la capacità delle aziende di non sprecare il patrimonio di relazione costruito finora saranno sempre più importanti. L’obiettivo finale è quello di cavalcare davvero quest’onda con una visione integrata della navigazione mobile.

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5 consigli per affrontare l’emergenza Coronavirus in business, finanza, psicologia e salute

Siamo tutti disorientati e a caccia di consigli, specie quelli di esperti che possono aiutarci a comprendere il periodo storico che stiamo vivendo.

Come l’emergenza per Covid -19 cambierà il mio business? I miei investimenti sono al sicuro? Qual è il modo migliore per affrontare l’isolamento senza che l’ansia prenda il sopravvento?

Sono queste alcune delle domande che hanno trovato risposta a Insieme Ce la Faremo, l’evento che Banca Mediolanum ha ideato in collaborazione con ClassCNBC, per offrire consigli su come affrontare l’emergenza Covid-19, con il parere di esperti dal campo della medicina, della psichiatria, dell’economia e della finanza.

Per fare chiarezza e avere un orizzonte entro il quale orientarsi, ecco alcune delle indicazioni condivise dagli esperti che abbiamo raccolto per te.

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1. Come gestire l’ansia recuperando le proprie passioni

I rischi per la nostra psiche in questo periodo di isolamento forzato sono uno degli argomenti affrontati da Raffaele Morelli nel suo intervento. Lo psichiatra ha sottolineato come la quarantena stia provocando l’aumento del senso di solitudine e di angoscia e il rischio di una fase di eccessiva autocritica: «Diventiamo fragili, iniziamo a chiederci quali sono gli errori della nostra vita, se abbiamo sbagliato lavoro o abbiamo un partner sbagliato. Questo non è il modo giusto per vivere il disagio».

I consigli di Morelli vanno tutti in un’altra direzione. Spiega che l’ansia che proviamo va ascoltata senza cercare una risposta, che bisogna imitare i bambini, sfruttare il potere della nostra immaginazione per distrarci, disegnare, scrivere, piantare semi, “svolgere attività con le mani”: «Approfittiamo di questo momento per spostare la nostra attenzione su immagini e azioni, e per rivedere il rapporto con noi stessi. Allontanarci dalla fretta che abbiamo tutti i giorni e ritrovare le nostre passioni soffocate da tempo. La distrazione ci aiuta a scacciare la paura, la stessa paura che indebolisce le nostre difese immunitarie e ci porta ad ammalarci più facilmente».

2. Gli imprenditori trasformino la paura in coraggio

Dove gli imprenditori possono trovare la forza di reagire? Questa è la domanda che Andrea Cabrini ha rivolto a Oscar Farinetti. Quest’ultimo ha invitato gli imprenditori a non andare in panico, ricordando un insegnamento di suo padre: “È dalla paura che nasce il coraggio”.

L’imprenditore ha poi offerto i suoi consigli per il rilancio del Paese, evidenziando come questa crisi abbia messo in risalto il meglio degli italiani: «Siamo un popolo di furbetti nell’ordinario, ma di comportamenti straordinari nelle emergenze. Per ripartire, occorre soprattutto avere rispetto degli altri popoli, non accusare gli altri o sentirsi superiori poiché nessuno compra da un Paese di antipatici. E poi preparare, una volta finita la crisi, una grande operazione di marketing con personalità come Andrea Bocelli, Valentino Rossi, Renzo Piano e altri, che vadano nel mondo a raccontare che abbiamo sconfitto il virus e che tutti possono tornare nel nostro Paese, che li accoglieremo. La speranza? Di riuscire a sconfiggere il virus per il 25 aprile: sarebbe un’altra Liberazione per il Paese».

Infine, ha sottolineato come in questa fase della nostra economia sia decisivo un sostegno alle aziende, poiché “il lavoro si crea dentro le imprese”: «Il nostro modello sociale si basa sui consumi, se li fermiamo sarà un crack. Bisogna fare interventi per aiutare le aziende a risalire, non fare operazioni esclusivamente sul welfare, di orientamento populista. Allo stesso tempo, rendere i nostri comportamenti più sostenibili e i consumi più consapevoli».

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3. L’isolamento, l’unico vaccino per preservare la nostra salute

Massimo Galli ha offerto i suoi consigli a chi è preoccupato degli effetti del Covid-19 sulla sua salute. Il medico ha sottolineato che “l’unica via di uscita sono le misure di contenimento” e che l’isolamento è la strada più sicura per garantire l’incolumità propria e della propria famiglia: «La strada maestra che tutti devono seguire sono le misure di contenimento, supportando di più le persone in quarantena attraverso la telemedicina. Il vaccino arriverà, ma è utopico pensare che succederà in tempi brevi. Per uscirne dobbiamo stare separati fisicamente ma vicini nella volontà di aiutarci, medici, cittadini e istituzioni».

L’isolamento per evitare nuovi contagi, tanto più necessaria data la precarietà che vivono oggi i medici e il personale sanitario, “in ospedale, ci sentiamo come chi è in punta di piedi su uno scoglio nella speranza che non arrivi mai l’onda”.

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4. Il protocollo vincente per investire in tempi di crisi

Sono tre le regole di comportamento che Stefano Volpato, direttore commerciale di Banca Mediolanum, ha svelato. Un “protocollo vincente” per non rischiare di perdere soldi sui mercati in quest’emergenza:

  1. Diversificare gli investimenti nel mondo, agganciandosi all’economia globale.
  2. Rimanere investiti. “Come dice Warren Buffett, i mercati sono redistributiva di ricchezza, la danno a chi ha pazienza e la tolgono a chi ha fretta”.
  3. Mettere da parte l’emotività e ragionare. “L’emotività sta spingendo i prezzi in zona saldi o super saldi. Il sottostante è rappresentato, tuttavia, dalle più grandi aziende del mondo, che una volta superata questa crisi, torneranno a macinare utili”.

Volpato ha poi spiegato perché questa crisi è in realtà una grande opportunità, se sapremo adottare le regole di comportamento sopracitate: «I “virus” del mercato li conosciamo bene. Dalla crisi petrolifera, alla Bolla delle dot-com, fino all’ultima crisi di Lehman Brothers. Quello che fa innescare le crisi è sempre diverso, eppure gli eventi che succedono prima o dopo sono molto simili. Se ne esce adottando questo protocollo vincente».

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5. Come coltivare la speranza con “i fatti”

Il presidente di Banca Mediolanum, Ennio Doris, ha invitato tutti all’ottimismo, prendendo ad esempio la Cina, dove il numero dei contagi è in nettissimo calo, e dove si avverte già un rilancio importante dell’economia.

Ha poi evidenziato come la “medicina monetaria” stia per essere iniettata nei mercati, con i 750 miliardi di euro promessi dalla BCE per l’acquisto di titoli di Stato, “anche se con ritardo”. E poi ha passato in rassegna tutte le aziende che sono oggi impegnate nella ricerca di un vaccino, come Gilead, Moderna, Migal: «A differenza di altre crisi finanziarie, come l’ultima del 2008, che sono nate dall’interno del sistema e c’è voluto tempo per assorbirle, questa crisi avrà tempi più brevi, perché riguarda un evento esterno ai mercati che si risolverà non appena arriverà sul mercato il “cigno bianco”, il vaccino. Da lì partirà una rapida ripresa. Il clima che immagino è simile a quello che abbiamo sperimentato alla fine della Guerra: ci riverseremo in strada, ci sarà euforia. Allora faremo il viaggio che abbiamo sempre rimandato e acquisteremo l’auto dei nostri sogni…».

In prima linea per la lotta al Covid -19

Il presidente ha poi sottolineato l’impegno di Banca Mediolanum nella lotta al Covid-19: «Abbiamo donato 240mila euro per il Sacco di Milano e aperto una sottoscrizione di fondi per gli ospedali per 422 mila euro. Insieme ad altre donazioni che complessivamente raggiungono il milione di euro. Abbiamo realizzato poi uno spot per sollecitare donazioni per le strutture e i medici che sono in prima linea per la lotta al virus. Mentre come famiglia, a titolo personale, abbiamo donato cinque milioni di euro alla fondazione che si occupa di tutti gli ospedali veneti».