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ChatGPT a scuola: perché non dovremmo vietarlo e come possiamo usarlo per insegnare

Quali rischi ci sono nell’utilizzo di ChatGPT a scuola?

ChatGPT è una tecnologia nuova: è un chatbot specializzato nella conversazione con gli essere umani basato su intelligenza artificiale e machine learning.

Sviluppato da OpenAI, è stato addestrato a partire dai modelli Instruct GPT ed è in grado di generare testi di varia lunghezza e complessità in base alle richieste dell’utilizzatore. L’applicazione può essere utilizzata attualmente per diversi scopi: instaurare un modello di conversazione, scrivere email e messaggi commerciali, redigere descrizioni di prodotti, creare contenuti per i social e compilare script di codice con una certa affidabilità.

La diffusione di massa ha già mandato nel panico molti insegnanti. Gli studenti lo usano per fare i compiti, spacciando per propri saggi e i contenuti generati dall’IA.

Gli insegnanti e gli amministratori scolastici si affannano a scoprire chi lo strumento per imbrogliare, e sono preoccupati per il caos che ChatGPT potrebbe creare.

LEGGI ANCHE: Un articolo sull’Intelligenza Artificiale scritto da una AI

C’è chi si è spinto a dichiarare che l’Intelligenza Artificiale ha reso del tutto inutili i compiti a casa.

Il timore immediato e pratico è quello che gli studenti possano imbrogliare spacciando per propri i contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale, insieme al rischio che il bot possa fornire risposte sbagliate o fuorvianti.

L’altro lato della medaglia è che gli insegnanti stessi potrebbero usare ChatGPT per correggere compiti, equazioni ed elaborati in una frazione minima del tempo che sarebbe stato necessario per farlo, incorrendo nelle stesse problematiche.

Alcune scuole hanno affrontato la situazione con un giro di vite. Le scuole pubbliche di New York, per esempio, hanno recentemente bloccato l’accesso a ChatGPT sui computer e sulle reti scolastiche, citando “preoccupazioni per l’impatto negativo sull’apprendimento degli studenti e per la sicurezza e l’accuratezza dei contenuti”.

Anche le scuole di altre città americane, tra cui Seattle, hanno limitato l’accesso.

È facile capire perché gli educatori si sentano minacciati: ChatGPT è uno strumento straordinariamente capace approdato senza alcun preavviso e ha prestazioni ragionevolmente buone in un’ampia varietà di compiti e materie accademiche.

Ovviamente esistono sono domande legittime sull’etica della scrittura generata dall’IA e il problema principale è che le risposte fornite da ChatGPT potrebbero non essere accurate o addirittura fuorvianti. Ma è evidente che una piccola rivoluzione nel mondo della scuola è già iniziata.

Nonostante i dubbi e le perplessità, ChatGPT potrebbe essere impiegato come un ausilio all’insegnamento (non in sostituzione, quindi), stimolando la creatività degli studenti e offrendo un tutoraggio personalizzato in grado di prepararli meglio a lavorare con le Intelligenze Artificiali da adulti. Ecco perché il fenomeno non andrebbe osteggiato.

chatgpt per la scuola

ChatGPT a scuola: il ban non funzionerà

Il primo motivo per non vietare ChatGPT nelle scuole è che, onestamente, non funzionerà.

La scuola può bloccare l’accesso sui dispositivi di sua proprietà, ma gli studenti hanno a disposizione smartphone e computer e possono accedervi in qualunque altro modo fuori dall’orario delle lezioni.

Per esempio, ho chiesto proprio allo strumento in che modo si possano eludere queste limitazioni. Questo è quello che mi ha detto.

Per superare un blocco ai servizi serve conoscere la causa del blocco. Se il blocco è stato imposto dal tuo provider di servizi Internet o da un’altra autorità, potresti voler contattarli per chiedere informazioni su come sbloccare l’accesso. Se il blocco è stato causato da un problema tecnico, potresti voler provare a riavviare il tuo dispositivo o a contattare il supporto tecnico per ulteriore assistenza. In alcuni casi, è possibile utilizzare una VPN (Virtual Private Network) per aggirare il blocco e accedere ai servizi desiderati.

La soluzione, quindi, la offre proprio l’intelligenza artificiale.

LEGGI ANCHE: 7 cose da sapere su ChatGPT prima di utilizzarlo per i contenuti e per la SEO

Puoi bloccare ChatGPT a scuola ma non a casa

Alcuni insegnanti ripongono grandi speranze in strumenti come GPTZero, un programma costruito da uno studente di Princeton che sostiene di essere in grado di rilevare la scrittura generata dall’IA. Ma questi strumenti non sono accurati al 100% ed è relativamente facile ingannarli cambiando qualche parola o usando un altro programma di I.A. per parafrasare alcuni passaggi.

Una possibile soluzione è che i chatbot dell’IA vengano programmati per “filigranare” i loro risultati in qualche modo, così che gli insegnanti possano individuare più facilmente il testo generato dall’IA. Ma anche questa è una difesa inconsistente. Al momento, ChatGPT è l’unico chatbot gratuito e facile da usare adottato dalla massa, ma siamo certi che a breve l’offerta aumenterà, diversificandosi.

Anche se fosse tecnicamente possibile bloccare ChatGPT, gli insegnanti dovrebbero impiegare moltissimo tempo alla ricerca dei contenuti teoricamente generati dall’Intelligenza Artificiale, rischiando poi di bollare come “artefatto” un elaborato invece del tutto originale. Ne vale davvero la pena?

Invece di iniziare una guerra senza fine con un esercito di chatbot, un primo valido approccio potrebbe essere quello di considerare ChatGPT alla stregua delle calcolatrici, permettendone l’utilizzo in alcune situazioni e vietandolo in altre e dando per scontato che, appena ne avranno l’opportunità, gli studenti lo utilizzeranno.

A conclusione dell’anno scolastico, si dovranno invece considerare strategie a medio e lungo termine.

ChatGPT può essere il migliore amico degli insegnanti

Il secondo motivo per non bandire ChatGPT a scuola è che, con il giusto approccio, può essere uno strumento didattico efficace.

Ad esempio, può essere utilizzato per creare delle linee guida per la composizione di elaborati testuali, che poi gli studenti dovranno seguire.

Da un lato, questa metodologia permetterebbe di spostare il focus sulla capacità di produrre un output sulla base di un riferimento; dall’altro, insegnerà ai giovani come relazionarsi con queste nuove tecnologie e trarne il massimo beneficio.

Ma la creazione di schemi è solo uno dei molti modi in cui ChatGPT potrebbe essere utilizzato in classe. Potrebbe invece essere utilizzato per scrivere piani di apprendimento personalizzati per ogni studente, sulla base delle attitudini individuali. Oppure, potrebbe generare idee per attività da sviluppare in classe.

La strategia dovrebbe essere quella di utilizzarlo come punto di partenza per migliorare le attività di base o per fornire un sistema di tutoraggio fuori dagli orari scolastici.

studenti che usano chatgpt a scuola

Conclusioni

La tecnologia su cui si basa ChatGPT non scomparirà magicamente: è arrivata ed è qui per restare.

Anzi, è probabile che le performance di questi algoritmi crescano in modo esponenziale, allargano i propri confini fino a inglobare molte più attività di quelle di cui si possono occupare attualmente.

Gli educatori che si oppongono a questi strumenti non sono affatto irrazionali: la tecnologia utilizzata è dirompente e richiede un adeguamento di diversi processi legati all’insegnamento.

Gli studenti di oggi si diplomeranno in un mondo pieno di programmi di intelligenza artificiale generativi. Dovranno conoscere questi strumenti, i loro punti di forza e di debolezza e le loro caratteristiche per poterli utilizzare nel mondo del lavoro.

Per essere buoni cittadini, avranno bisogno di un’esperienza pratica per capire come funziona questo tipo di I.A., quali tipi di bias ha alla base e e come non vada usato in modo improprio.

Inclusione significa dare valore alla diversità, l’intervista a Francesca Vecchioni

Fare campagne di marketing inclusivo è complesso. Richiede preparazione, studio, dialogo con le persone chiamate in causa, consapevolezza e coraggio. Ma quando decidi di farlo bene il riscontro che hai non è potente solo dal punto di vista dell’immagine del brand ma anche del fatturato.  

Ne abbiamo parlato insieme a Francesca Vecchioni e abbiamo fatto il punto della situazione in Italia rispetto alle tematiche di diversità e inclusione che, fin troppe volte, vengono sottovalutate o trattate guardando solo ai benefici economici.

Scrittrice, formatrice, attivista, esperta di linguaggi inclusivi, hate speech, unconscious bias e diritti civili, Francesca Vecchioni è Presidente di Diversity, fondazione no profit impegnata contro ogni forma di discriminazione e nella promozione del valore della diversità e della cultura dell’inclusione nel mondo dei media, delle aziende e nella società civile. 

L’intervista a Francesca Vecchioni

Sicuramente è uno dei volti più autorevoli in Italia rispetto alle tematiche legate alla diversity & inclusion, tanto da aver ideato i Diversity Media Awards, progetto di ricerca ed evento mediatico dedicato alla rappresentazione della diversità nei media nazionali di informazione e intrattenimento, e il Diversity Brand Summit, che identifica i brand considerati più inclusivi e ne misura il valore economico generato sulla base di una ricerca annuale consumer based (Diversity Brand Index). 

francesca-vecchioni-inclusione

I numeri del marketing inclusivo

Molto spesso si pensa che il marketing inclusivo sia solo il linguaggio e la comunicazione, poi ci si dimentica che per essere autentici e consistenti ed essere considerati “no washing” in realtà il valore che passa da un brand non passa solo attraverso le parole e la comunicazione che usa o le immagini in advertising, ma anche rispetto a quello che si sa, si pensa o si conosce di com’è anche internamente il brand. Per esempio quanto sia in grado, in qualche modo, di valorizzare e restituire l’inclusione verso le comunità. Quindi, essere inclusivi dipende molto da tanti fattori perché c’è una maturità anche nella valutazione dell’inclusione del brand” esordisce Francesca durante la nostra intervista. 

Proprio Diversity, insieme a Focus MGMT, si occupa ogni anno di un progetto di ricerca volto a misurare la capacità delle aziende di sviluppare con efficacia una cultura orientata alla diversity & inclusion, il Diversity Brand Index. 

Una cosa è certa, anche dai dati che emergono dal nostro report annuale, il posizionamento, cioè il coraggio del brand di posizionarsi su tematiche di inclusione è premiato da parte delle persone ed ha un ritorno positivo e non ha un ritorno negativo come ci si potrebbe immaginare. Il ritorno negativo ce l’ha quando il brand lo fa in maniera non autentica. Il Net Promote Score, cioè l’indice di passaparola positivo su internet che è direttamente collegato con i profitti dell’azienda, ha un valore positivo enorme riferito alle tematiche dell’inclusione, cioè se un brand sa parlare in maniera inclusiva. L’autenticità, in tal senso, è fondamentale perché esiste anche un modo di parlare, di essere inclusivi, di far percepire il marketing che si sta utilizzando, un modo che può essere percepito come autentico e una modalità che, invece, può essere percepita come strumentale. Questo fa molto la differenza, perché siamo in una fase storica in cui le persone hanno sempre più consapevolezza e comprensione dei valori che li circondano”.

I dati del Diversity Brand Index 2022 parlano chiaro.

I marchi percepiti come inclusivi registrano un Net Promoter Score in ulteriore crescita (+5,3p.p.) rispetto all’anno precedente, attestandosi a +86,5%; per gli altri, l’NPS rimane invece molto basso, sebbene in attenuazione rispetto al 2021 (-77,2% vs -90,9%). Si conferma inoltre il differenziale della crescita dei ricavi tra i due gruppi di aziende, con un +23% a favore di quelle percepite come maggiormente inclusive.

Di fatto, fare scelte che volte al mondo dell’inclusione non porta solo a benefici in termini di brand positioning ma anche in termini di profitto. 

LEGGI ANCHE: Marketing inclusivo, perché i brand non possono ignorarlo

Come fare marketing inclusivo senza commettere errori

A questo punto la domanda viene naturale: perché le aziende sono così reticenti a fare delle operazioni di marketing inclusivo?

Penso che ci siano diverse ragioni. Partiamo dalla più banale: la non conoscenza e non competenza e quindi la paura di fare errori. Questa è una cosa a cui si può ovviare tranquillamente rivolgendosi a chi lo sa fare”.

Un bellissimo esempio, in tal senso, è l’advertising mondiale di Diesel, “Francesca”, realizzato da Publicis Italia con la consulenza di Diversity. Il corto, diretto da Francois Rousselet e interpretato dalla modella e attivista Harlow Monroe, riprende la transizione di Francesca nel tempo fino al momento in cui giunge alla sua vera identità. Il video si conclude con la realizzazione del suo sogno: entrare in convento e diventare suora.

Per farlo hanno chiesto sin dall’inizio il nostro intervento proprio per evitare di fare qualcosa di sbagliato, anche perché il tema metteva insieme identità di genere e religione. In quel caso, oltre ad aver seguito tutta la parte di casting, della gestione dello storyboard, ci siamo occupate anche di come la protagonista utilizza i farmaci. Ci sono tutta una serie di aspetti da seguire. Naturalmente il fatto che la protagonista sia una persona trans è essenziale. Quando fai comunicazione, è fondamentale avere sempre le persone che rappresenti sedute al tavolo. Una campagna così non può essere sul prodotto, deve essere sul brand e, soprattutto, valorizzare un tema attraverso il brand, ma nello stesso tempo deve parlare di quel tema con le comunità. E poi alla fine ci siamo occupati della restituzione, facendo un’analisi delle migliori associazioni al mondo a cui fare una donazione e abbiamo selezionato per loro un’associazione che si occupa di accessibilità al lavoro per le persone trans”. 

Quello che è chiaro è che per lanciare un messaggio inclusivo le aziende devono avere coraggio, essere autentiche e mantenere una coerenza tra l’interno e l’esterno. 

Il coraggio serve. Se decidi di lavorare su certi temi devi sederti con le persone con cui si parla perché altrimenti non sai parlare nella maniera corretta, hai bisogno di avere chiaro il registro narrativo perché se devi parlare in maniera inclusiva non puoi usare un registro paternalistico o pietistico, ma devi saperlo fare. Cosa che, invece, nella comunicazione purtroppo stereotipizzata classica è frequente. Se vuoi raggiungere e parlare di alcune persone che in qualche modo si sentono già marginalizzate non le raggiungerai mai se ne parlerai in maniera pietistica. Il paternalismo è uno degli errori più eclatanti dei linguaggi del marketing che vorrebbe essere inclusivo ma che di fatto non lo è” ha commentato Francesca.

Ma come possono i brand essere davvero inclusivi?L’inclusione non deve essere un atteggiamento paternalistico, deve essere piuttosto creare un ambiente in cui dare valore alla diversità. Questo significa non farlo dall’alto perché ho il potere di farlo, ma al contrario significa farlo insieme e scendere dal piedistallo in cui sono, nel momento in cui mi accorgo che questo mondo è disegnato in maniera scorretta. È per questo che nell’advertising, nelle aziende, nel marketing deve esserci un’accessibilità più ampia al lavoro, perché devono esserci le persone che pensano, che disegnano, che creano contenuti facenti parte di tutte le categorie della diversity. Invece noi continuiamo a far parte di un mondo che non mette tutti sulla stessa linea di partenza, c’è sempre qualcuno che parte con dei metri di svantaggio o di vantaggio. Il problema è che chi disegna il mondo ha dei metri di vantaggio, costringendo le persone che partono indietro a dover recuperare, ma naturalmente non è così semplice”.

LEGGI ANCHE: Nike, IKEA e altre campagne di marketing inclusivo che celebrano la diversità

Rappresentare la diversità come tema principale nella nostra società

Eppure il tema dell’inclusione è sempre più cruciale nella nostra società attuale, tanto che da quest’anno a maggio si celebra il mese europeo della diversità in tutta l’UE. Con questa iniziativa la Commissione Europea incoraggia tutte le aziende a promuovere le politiche in materia di diversità e inclusione, coinvolgendo il personale in occasione di workshop o sui social, utilizzando ad esempio l’hashtag #EUDiversityMonth. 

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Ma perché rappresentare la diversità è così importante? Francesca Vecchioni spiega: “Ci sono ovviamente vari aspetti. Partiamo da quello più importante: la società è tutta diversa e quindi se non riesci a rappresentarla non stai parlando con tutte le persone. Se la persona non riesce ad identificarsi con la tua rappresentazione, non stai parlando con lei. Questo è essenziale nel marketing: se qualcuno non si sente protagonista del dialogo che stai attivando, ti ascolterà di meno. 

Ma questo primo punto è insufficiente perché la verità è che quando parli in maniera inclusiva non parli solo alle persone che stai coinvolgendo ma parli anche a tutte quelle persone che hanno a cuore quelle tematiche, anche se non sono parte di quelle comunità. Quindi i numeri che raggiungi sono ancora più ampi perché l’inclusione è un meccanismo di empatia fortissimo e le persone che raggiungi, riesci a raggiungerle con una forza e con un legame che è molto più forte di tanti altri legami perché è un legame di valore, perché ha a che fare con i valori profondi che ci portano verso le altre persone, che ce le fanno difendere, che ce le fanno tutelare. 

Poi c’è un aspetto che è legato all’immagine di un brand che non è solo i prodotti e i servizi che vuole vendere, ma è anche quanto vuole attirare valore su di sé anche per altre ragioni. Se il tuo brand sarà in grado di mostrare la propria inclusione e di farla anche al proprio interno significa che crea ancora più innovazione perché attirerai anche nuovo personale che avrà voglia di lavorare dentro un’organizzazione così e avrà un parco di talenti diversificato nell’ambito della diversità capace appunto di creare innovazione. 

Questo cerchio si chiude ricordandosi che più un’azienda è in grado di inglobare la diversità nella propria organizzazione più sarà in grado di scrivere e parlare verso l’esterno, di creare prodotti, servizi e comunicazione perché disegni già un ambiente che rispecchia meglio la società. Tutto questo ha un valore di benessere che ha un impatto sulla società e come brand attivi un valore di responsabilità verso il resto della società perché stai modificando un immaginario collettivo e quando lo fai in positivo stai abbattendo dei limiti e quindi crei valore. Questa cosa crea un benessere che ricade anche sull’economia naturalmente. Tutte le società che riducono le diseguaglianze sono società che aumentano il proprio benessere economico”.

A che punto è la situazione in Italia? 

Nonostante i brand che investono nella diversity & inclusion siano aumentati del +23%, in Italia siamo ancora lontani sul piano dell’inclusività. 

Ci sono tanti indici a livello internazionale per misurare le diseguaglianze e molti indicatori ci danno sempre indietro. L’Italia è indietro a partire dalla consapevolezza. Però siamo anche in grado di svegliarci perché siamo noi che facciamo la cultura di un Paese e l’advertising e il marketing fa parte di questo. Un’azienda deve essere consapevole dell’impatto che ha sull’immaginario collettivo. E sono felice che si possa rendere conto di quanto anche economicamente possa fare la differenza perché questo può spingerla a muoversi. L’aspetto economico, chiaramente, deve combaciare con l’aspetto culturale di coerenza, altrimenti è un rischio e basta”. 

Diversity, un punto di riferimento per la cultura dell’inclusione

Fondata nel 2013 da Francesca Vecchioni e Gabriella Crafa, “l’idea di Diversity è nata su un terrazzo di una notte d’estate in compagnia di amici. Eravamo io e Gabriella che siamo le due socie fondatrici e stavamo pensando in quel momento alle tematiche LGBTQIA+, ma da subito Diversity è nata su tutte le aree perché era impossibile concepirla solo su un’area. Stavamo ragionando sulla necessità di influenzare positivamente chi lavora nel mondo dei media per cercare di dare una rappresentazione che impattasse sull’immaginario collettivo e abbattesse gli stereotipi e i pregiudizi, ribaltando il pensiero negativo legato alla diversità in un pensiero positivo. Eravamo convinte che questo fosse più potente di tante altre battaglie.

francesca vecchioni inclusione

Come Diversity noi lavoriamo in tanti ambiti legati all’inclusione, sia sui media che sulle aziende. Ed è un lavoro che non finisce mai perché il linguaggio, la comunicazione sono in continuo movimento e noi lavoriamo mettendo insieme più soggetti e quindi anche noi continuiamo ad imparare. Lavoriamo con la ricerca, con le università, con gli osservatori per reperire i dati, lavoriamo con le comunità e con le associazioni, lavoriamo con chi fa comunicazione, con chi si occupa di idiomi e di linguaggio”.

Certo, fare campagne di marketing inclusivo è complesso. Richiede preparazione, studio, dialogo con le persone chiamate in causa, consapevolezza e coraggio. Ma quando decidi di farlo bene il riscontro che hai non è potente solo dal punto di vista dell’immagine del brand ma anche del fatturato. 

LEGGI ANCHE: Inclusione e diversità danno forza alla tua strategia di comunicazione: ecco come

La campagna di IKEA Israele

Una campagna molto bella è “ThisAbles” di IKEA che ha realizzato add-on per i loro mobili. Hanno creato i file per fare la stampa digitale di questi oggetti da aggiungere ai loro mobili per renderli fruibili per tutte le disabilità motorie o difficoltà legate alla salute mentale. IKEA ha mostrato i dati e quei prodotti avevano aumentato le loro vendite del 30%. Questo non è solo marketing inclusivo, è design inclusivo. E il concetto è che al tavolo hai portato le persone con disabilità altrimenti non saresti riuscito a farlo”.

Il punto chiave di tutto sono le persone. Non puoi fare a meno di parlare di loro dopo averle ascoltate, dopo aver capito le loro istanze e dopo averle portate a credere nei tuoi valori. Valori che prevedono etica, rispetto, inclusione e benessere. 

Francesca Vecchioni, che di recente ha pubblicato con Luca Trapanese il libro per bambine e bambini “Le avventure del SottoSotto – una città segreta sotto la 3° C”, ha saputo sintetizzare tutto questo in poche parole: «Nel marketing l’impatto sull’immaginario collettivo è enorme, quindi la responsabilità nel saper usare questo strumento eccezionale è fondamentale».

notizie della settimana - weekly recap copertina

ChatGPT a pagamento e le altre notizie Ninja della settimana

Tra le notizie della settimana diamo grande spazio alle conversazioni su AI e ChatGPT.

L’intelligenza artificiale non è affatto un concetto nuovo, ma quando uno strumento così potente conquista l’adozione di massa, l’effetto è disruptive e destabilizzante.

Avevamo iniziato a parlare dell’esplosione di ChatGPT prima della pausa natalizia (in questo articolo abbiamo “intervistato” l’AI di OpenAI e qui abbiamo parlato con gli autori del Manifesto italiano dell’AI), ma proprio alla fine dell’anno il generatore di testi ha monopolizzato i feed dei social network.

E non sono solo i Copywriter a tremare per l’introduzione di questa tecnologia a livello massivo: immagini, modelli 3D, avatar e persino musiche e voci possono essere generate da questi strumenti (qui trovi una bella lista di tool), mentre le Big del Tech studiano diversi livelli di introduzione del sistema nei loro prodotti e crescono le preoccupazioni sulla regolamentazione dei diritti d’autore.

Occhi, quindi, ben aperti sugli sviluppi di questa tecnologia nel 2023 appena iniziato, su come impatteranno sul mondo del lavoro, sulla SEO, sui processi aziendali e i trend di marketing e sulla Creator Economy.

Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.

OpenAI inizia la sperimentazione di ChatGPT Professional

La startup ha annunciato su Discord che presto lancerà una versione premium del suo chatbot diventato virale. OpenAI ha dichiarato che sta “iniziando a pensare a come monetizzare ChatGPT per garantire la redditività a lungo termine dello strumento“.

Per accedere alla versione a pagamento al momento c’è una waitlist.

Come funzionerà il copyright per i contenuti generati dall’AI

Se lo chiede Chris Sutcliffe in un articolo su TheDrum, per capire in che modo la pubblicità e il marketing potranno effettivamente sfruttare l’intelligenza artificiale. Non esiste ancora uno standard su “quanto” sia necessario l’intervento umano perché l’output sia considerato tutelabile e, anzi, probabilmente sarà una questione che spetterà ai tribunali valutare.

OpenAI potrebbe valere 29 miliardi di dollari

L’azienda creatrice di ChatGPT starebbe discutendo la vendita di azioni ai fondi di venture Thrive Capital e Founders Fund. Secondo il WSJ l’offerta valuterebbe la società intorno a 29 miliardi di dollari, rendendola una delle startup più preziose degli USA.

Le notizie della settimana: i rischi SEO dei contenuti generati con l’AI

Uno strumento potente con delle limitazioni che è importante conoscere, prima di decidere di utilizzarlo per un progetto SEO.

Leggi qui potenzialità e limiti di questa pratica.

Microsoft vuole aggiungere Chat GPT a Office

Secondo quanto riportato da The Information, l’azienda intende incorporare l’intelligenza artificiale alla base di ChatGPT in Word, Outlook, Powerpoint e altre applicazioni. Gli utenti avranno così la possibilità di arricchire un documento con porzioni di testo generati automaticamente, sulla base di una richiesta digitata.

Instagram inizia il rilascio del badge “Trending”

La funzione per gli account business identificherà quei brand che riescono a ottenere più visite da parte degli utenti a parità di follower.

notizie della settimana funzione trending di instagram

Il “vero metaverso” ancora non esiste, ma interessa sempre più brand

Secondo l’analisi dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, dei 141 mondi virtuali esistenti solo il 44% (62 piattaforme) è già Metaverse Ready, ossia liberamente accessibile da chiunque, persistente, economicamente attivo e con componenti di interoperabilità.

Rientrano in questa categoria piattaforme come Decentraland, The Sandbox o l’italiana The Nemesis.

Le aziende però stanno già dimostrando forte interesse e stanno testando l’ingresso in mondi virtuali, con ben 308 progetti realizzati da 220 aziende. La maggioranza riguarda i settori Retail (30%) ed Entertainment (30%), ma si trova anche un 9% di progetti Finance and Insurtech e il 5% Food&Beverage.

H&M punta sulla sostenibilità con un’attivazione su Roblox

Il marchio ha creato un nuovo regno virtuale chiamato Loooptopia Experience.

Gli utenti possono esplorare una varietà di mondi alternativi e interagire con mini-giochi, sessioni di styling ed eventi dal vivo per raccogliere ingredienti e creare capi di abbigliamento che possono essere indossati dal proprio avatar digitale. I giocatori possono anche scambiare i vestiti con gli amici o riciclarli per guadagnare “elementi super-rari”.

Il 2023 sarà l’anno dell’esplosione della creator economy

Man mano che l’economia dei creatori diventa un punto di riferimento per il settore, i marketer dovranno trattare queste partnership come investimenti utili, invece che come aggiunte dell’ultimo minuto ed economicamente vantaggiose per le campagne.

Tra la rapida ascesa di TikTok, l’espansione di Instagram e la proliferazione di nuove piattaforme di social media, non è mai stato così facile per i marchi entrare in contatto diretto con i consumatori. L’analisi è di AdWeek.

I giorni migliori per postare sui social nel 2023

A fare il punto sul timing giusto arriva in soccorso di tutti i social media manager un’agile infografica di Giraffe.

notizie della settimana - i giorni migliori per postare sui social

Il lunedì va bene solo per Facebook e TikTok, mentre via libera su (quasi) tutti i social il venerdì.

Le notizie della settimana: Marketing Outlook 2023

Con la Marketing Manager Marianna Tramontano, abbiamo sintetizzato il punto di vista delle principali società di consulenza e Big Tech.

Partendo dal contesto e dal consumatore, abbiamo identificato quelle aree strategiche e le tecnologie in cui sia le aziende B2C e sia quelle B2B dovranno investire.

Ascolta qui quello che ha detto ai nostri microfoni.

 

marketing trends 2023

Marketing Outlook 2023: scenari, tendenze e tecnologie su cui investire

Ogni anno vengono pubblicati innumerevoli articoli e analisi che provano a indicare la strada in termini di strategie e azioni da intraprendere. La redazione di Ninja aveva individuato ben oltre 70 report lo scorso anno.

Se da un lato è sempre bene prepararsi con un piano di azione, negli ultimi anni abbiamo compreso quanto sia fondamentale l’essere pronti a rivedere tutto in corso d’opera. Come pianificare i prossimi mesi e dove investire sforzi e risorse?

Al fine di facilitare nell’impresa, abbiamo sintetizzato il punto di vista delle principali società di consulenza e Big Tech. Partendo dal contesto e dal consumatore, abbiamo identificato quelle aree strategiche e le tecnologie in cui sia le aziende B2C e sia quelle B2B dovranno investire.

Il contesto

 

“Marketing is the force that shapes our wants and lifestyles more than we really realize” 

Philip Kotler 

 

Certe cose non cambieranno mai, una di queste è il cliente al centro di tutto. Questo presupposto – per nulla scontato ancora oggi – comprenderlo e assecondarlo risulterà sempre più importante e allo stesso tempo complesso. Sarà inutile portare avanti attività di branding senza considerare l’inflazione e l’effetto sui suoi comportamenti d’acquisto; investire in tecnologie all’avanguardia senza considerare l’esperienza d’acquisto; fare grandi promesse senza considerare la complessità dei suoi valori e delle sue reali preoccupazioni.

È per questo motivo che l’analisi parte da alcuni eventi e dati del 2022 al fine di delineare il contesto in cui ci stiamo muovendo.

L’impatto dell’inflazione sulla fedeltà di marca

Dal punto di vista politico, abbiamo aperto l’anno con la Guerra in Ucraina. Abbiamo assistito quindi alla conseguente crisi alimentare ed energetica, oltre all’inasprirsi della crisi climatica. Sullo sfondo l’aumento dell’inflazione:  secondo l’ISTAT il dato del 2022 è il più alto dal 1985.

Per delineare gli effetti del contesto economico sul consumatore che sta inevitabilmente rivedendo la propria “spesa”, Deloitte ci fornisce una fotografia con il Consumer Tracker, osservatorio attivato durante la pandemia e che mensilmente monitora il sentiment del consumatore in 24 Paesi. 

Stando ai dati relativi all’ultima rilevazione in Italia (25/12/2022):

  • il 53% degli intervistati italiani ritiene peggiorata la propria condizione finanziaria;
  • solo il 29% riesce a risparmiare alla fine del mese; 
  • il 27% ritiene di potersi permettere dei beni voluttuari.

Secondo la stessa survey, l’Italia risulta essere il Paese in cui la preoccupazione sull’aumento dei prezzi è sentita maggiormente (68%).

Preoccupazione inflazione a livello globale

Nella testa di un consumatore alle prese con nuovi modi per risparmiare, risulterà fondamentale essere o diventare un brand insostituibile. Sarà un termometro della fedeltà dei propri clienti. Secondo il Guardian, infatti, circa un quinto dei consumatori non cambierà brand a favore di un prezzo più basso.

Nel corso dell’analisi, approfondiremo alcuni dei fattori che possono agevolare nel diventarlo.

Gartner Il Comportamento acquisto con l'inflazione

Il panorama dei Social Media

È stato l’anno in cui Meta ha perso un milione e mezzo di utenti per la prima volta con conseguenti effetti sul titolo a Wall Street (-20%, febbraio 2022); Elon Musk ha acquistato Twitter per 44 miliardi di dollari; Tik Tok ha superato 1 miliardo di utenti attivi.

Gli investimenti in Influencer Marketing sfiorano i 300 milioni di euro con un incremento dell’8% rispetto al 2021 (Fonte: UPA). Se alcune testate parlano già della fine dei social media, i dati sull’utilizzo mostrano un trend del numero di iscrizioni in aumento. La crescita più importante è quella di Tik Tok con un engagement rate medio del 4.1% (6 volte superiore a quello medio di Instagram).

Trend iscrizioni Social Media - marketing

Se da un lato, il 2022 è stato l’anno della nascita e della fine del Live Shopping (Tik Tok e Meta hanno preferito disabilitare la funzione, mentre YouTube ha accelerato annunciando la collaborazione con Shopify), dall’altro rappresenteranno ancora un’importante “piazza” in cui essere presenti per rafforzare la relazione con la nostra audience, ma in modalità diverse.

Secondo eMarketer, la crescita si avrà anche nel numero di acquisti. Un altro dato ce lo fornisce Deloitte con le recenti TMT Predictions 2023 in cui si stima una spesa a livello globale superiore ai 1.000 miliardi di dollari.  

Trend acquisti Social eMarketer

Valori e Purpose

 I Valori e il Porpuse sono gli elementi comuni agli insight analizzati e l’imperativo per il 2023. Abbiamo fatto i conti con la più grande siccità da 500 anni a questa parte, mentre in America viene cancellato il diritto all’aborto. Great Resignation e Quite Quitting sono le tendenze che stanno caratterizzando il mercato del lavoro.

Le big tech licenziano oltre 150.000 dipendenti (52.000 solo nel mese di novembre). 

Solo in Europa le imprese sono state multate per oltre 830 milioni di euro per violazioni del GDPR, l’80% è attribuito a Meta. L’anno si è concluso con una diretta del Parlamento Europeo “Corporate Sustainability Reporting Directive” con cui si stabilisce che i dati relativi alla sostenibilità dell’impresa assumono gli stessi valori dei dati finanziari. 

Parlare di Purpose e di Valori significherà fare i conti con una società stanca che pretende una presa di posizione da parte dei brand. Vedremo in seguito ulteriori dettagli.

Partendo dal contesto e dagli insight abbiamo identificato le tre aree strategiche in cui non si potrà sbagliare:

  1. La sfida dei dati
  2. First-data experience
  3. Customer Engagement 
  4. Brand Values

Marketing Trend: la sfida dei dati

Tendenze come l’intelligenza artificiale, i metaversi, le ricerche vocali avranno un ruolo importante ed è bene conoscerle e valutarle per il proprio business. Tuttavia, se le risorse sono scarse sarà necessario concentrarsi sulla principale sfida dei prossimi anni: i dati e tutto quello che ruota intorno a questo concetto (privacy, sicurezza e fiducia). 

Il 2022 doveva essere l’anno dell’eliminazione dei cookie di terze parti, rinviata successivamente al 2024. Si è rivelato poi essere l’anno in cui il leader di mercato Google Analytics è stato messo in discussione: una sentenza ha spinto molti brand europei a sostituirlo senza indugio. In questi due eventi è possibile intravedere il peso che la gestione del dato avrà sul business, influenzando direttamente il comportamento d’acquisto. 

La ricerca CISCO Customer Privacy lo conferma: l’81% dei consumatori intervistati vede nel modo in cui un’azienda è trasparente sul trattamento dei dati personali una prova del rispetto che ha per i consumatori.

Lo sostiene anche Matt Brittin, Presidente Google Europa, Medio Oriente e Africa, menzionando una ricerca simile condotta da Google: il 43% degli intervistati una cattiva gestione della privacy può portare a scegliere un altro brand.

L’imprevedibilità del comportamento digitale

Non è un caso che Gartner abbia indicato nella recente pubblicazione Chief Marketing Officer Leadership Vision 2023 la forte attenzione alla gestione dei dati e la conseguente imprevedibilità del comportamento digitale del consumatore come uno dei principali trend con cui fare i conti.

Stando alla ricerca, circa il 73% dei consumatori naviga ormai in modalità anonima e circa l’81% disabilita notifiche. Il grafico mostra le principali misure adottate dal consumatore per proteggere i propri dati:

Gartner | Azioni privacy utenti - marketing

Tali azioni e il contesto giuridico non facilitano quelle aziende non ancora mature dal punto di vista di analisi del dato (33% secondo l’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano).

Il traguardo è arrivare alle Predictive Analytics, essenziali nei prossimi anni e il cui giro di affari si stima supererà 100 miliardi di dollari entro il 2027 (fonte: DatatoBiz). 

Non solo GDPR, anche altre norme avranno impatto sul marketing digitale con modalità diverse: il Regolamento ePrivacy rimandato più volte dal 2017 e al momento previsto nel 2025, il Digital Markets Act, il Privacy Shield e il Google Privacy Sandbox.

First-data experience

Da Deloitte a PwC, Google, Gartner, la personalizzazione è al centro delle indicazioni strategiche per i prossimi anni: dai touchpoint digitali e fisici ai messaggi in fase di acquisto e alla relazione post-vendita. L’utente che trova intrusivi il geotracking, il device listening e notifiche continuerà ad aspettarsi un’esperienza dedicata a lui, che magari vada al di là del prodotto stesso.

Deloitte parla di Human First – Data Experience finalizzata a conquistare la fiducia partendo dalla relazione. In questa espressione sono presenti due elementi che definiranno la Customer Experience nel 2023: First – Party Data e l’interazione umana.

I dati di prima parte – ovvero tutte quelle interazioni che un utente ha con un brand, dalla visita al sito alla vendita passando per newsletter, chiamate al call center, visite in negozio – rappresenteranno il patrimonio informativo da raccogliere in modo integrato (davvero).

Customer Engagement 

Riprendendo Gartner, il Marketing avrà il ruolo di “orchestrare” le customer journey  e il customer engagement, creando valore reciproco tra i canali digitali. Gli investimenti dovranno essere quindi orientati a migliorare l’esperienza degli utenti in tutti i touchpoint, fisici e digitali, considerandoli come un unicum

Gartner Customer Journey Orchestration - marketing

Nel delineare le tendenze e le previsioni per il marketing digitale del 2023, Google menziona le super app come un benchmark che alza molto le aspettative. Non potremo ambire a creare “l’app di tutto”alla Elon Musk, ma sarà importante coinvolgere l’utente in una relazione più ampia che non termina con la mera vendita del prodotto. Con le super app le possibilità per i brand sono infinite.

Brand Purpose e valori nella strategia di Marketing

Riepilogando, la gestione della privacy determinerà la fiducia che il consumatore vorrà dare al nostro brand; l’interazione umana, la personalizzazione, la convenienza e l’efficienza saranno alla base della relazione. Tutto questo però non basterà per mantenerla in futuro.

Valori e Purpose rappresentano gran parte delle raccomandazioni per il prossimi anno dei leader di Google: inclusività, purpose e autenticità insieme dovranno far parte del DNA delle aziende.

Evitando quindi il “purpose-washing”, pubblicità e comunicazione dovranno essere supportate da azioni concrete e i valori proclamati dovranno diventare tangibili nelle componenti. 

Secondo Hubspot, l’89% dei brand che hanno investito in contenuti relativi alla responsabilità sociale d’impresa stanno pianificando d’incrementare i loro budget.

Per riepilogare abbiamo creato un’infografica che riassume i principali trend e le sfide per i marketing manager del 2023.

Infografica Marketing Outlook 2023Trend e Scenari

Tech Trends

Identificate le aree strategiche, non ci resta che focalizzarci sulle tecnologie abilitanti considerate strategiche per i prossimi anni. Per farlo ci riferiremo all’ultimo report pubblicato da Deloitte Tech Trends 2023. Dalla ricerca emergono – tra gli altri – 2 principali trend che coinvolgono direttamente la direzione marketing e che si collegano al discorso fatto finora:

Artificial Intelligence

 

Think of deploying AI like onboarding a new team member. We know generally what makes for effective teams: openness, rapport, the ability to have honest discussions, and a willingness to accept feedback to improve performance.

Partiamo dall’Intelligenza Artificiale perché è riguarda tutti i punti analizzati.

Ormai si parla solo di ChatGPT, ma le potenzialità sono enormi: dall’analisi predittiva alla personalizzazione delle comunicazioni. KPMG stima che l’investimento totale in intelligenza artificiale raggiungerà i 150 miliardi entro il 2025.

La fiducia che emerge nei confronti dell’AI è ancora contenuta. Se il 73% delle aziende afferma che l’intelligenza artificiale è fondamentale per il loro successo, d’altra parte c’è ancora qualche resistenza nell’affidarle mansioni strategiche. Il 41% degli intervistati, infatti, è preoccupato per le implicazioni etiche; il 47% dei CEO è preoccupato per la trasparenza, ovvero la possibilità per gli utenti di comprendere i dati che sono vengono utilizzati.

L’esperienza immersiva

Si stima un mercato di 800 miliardi di dollari entro il 2024 quello delle tecnologie di realtà aumentata e virtuale (AR/VR) e nello specifico dei metaversi. Le aziende hanno raddoppiato l’interesse per i mondi virtuali, con decine di miliardi di investimenti in venture capital solo nell’ultimo anno.

Eppure Deloitte ridimensiona tutta l’attenzione che ruota attorno il metaverso.

Lo presenta come alternativa alle e-mail, alle chat e alle videocall, non come un sostituto delle esperienze dal vivo. A conferma della Human First – Data Experience di cui abbiamo parlato in apertura.  In altre parole, è meglio pensare al metaverso come a una versione più coinvolgente di Internet o internet+, citando testualmente.

 

Deloitte Tech Trends 2023

parole keyword 2023

10 keyword del 2022 che useremo sempre di più nel 2023

Il nostro linguaggio si evolve a un ritmo sempre più veloce. Negli ultimi anni, la tecnologia ci ha catapultato nel futuro. Le parole si sono trasformate sotto i nostri occhi per permetterci di continuare a comunicare in maniera corretta ed efficace. Alcuni termini arrivano dal passato, altri sono neologismi o crasi tra parole di utilizzo comune.

Quali sono dunque le parole su cui i professionisti del marketing e della comunicazione digitale dovranno concentrarsi? Quelle che permetteranno di raccontare la complessa realtà contemporanea?

Esploriamo insieme le 10 parole che continueranno ad avere un ruolo chiave nel 2023, dalle esperienze digitali nel metaverso alla centralità delle persone e alla loro capacità di esprimersi nella società odierna.

1. Metaverso

Il termine è comparso la prima volta nel romanzo cyberpunk Snow crash scritto da Neal Stephenson nel 1992. Indica uno spazio tridimensionale all’interno del quale persone fisiche hanno la possibilità di muoversi, condividere e interagire tra loro. Al centro di tutto troviamo la personalizzazione.

5 trend sul metaverso per il 2023

Un numero crescente di marketer sta abbracciando questa nuova era di esperienze virtuali e sta raccogliendo risultati notevoli.
Anche le aziende non possono più ignorare questa enorme opportunità per raggiungere il proprio pubblico in maniera unica e creativa.

Ma non è un Eden. Anche il Metaverso ha i suoi lati oscuri. Il Darkverse, infatti, è l’altro concetto che sta prendendo forma attraverso i nostri visori, diventando un luogo di florida e pericolosa proliferazione di illegalità come reati finanziari, sabotaggi, minacce o altre tipologie di estorsioni

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2. Cryptoeconomy

La criptoeconomia descrive un campo interdisciplinare, emergente e sperimentale che attinge a idee e concetti dell’economia, della teoria dei giochi e da altre discipline correlate nella progettazione di sistemi crittografici peer-to-peer.

L’economia delle criptovalute ci ha fatto fare un passo avanti verso l’immaginazione di un futuro alternativo per Internet, in cui la decentralizzazione è protagonista.

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3. Shrinkflation

Con shrinkflation si indica la pratica di ridurre le dimensioni di un prodotto mantenendone il prezzo di riferimento. È un fenomeno a cui fare attenzione soprattutto tra gli scaffali del supermercato alla luce della crescente inflazione.

Chiamata anche sgrammatura, è una strategia adottata dalle aziende, principalmente nel settore alimentare e delle bevande, per aumentare furtivamente i margini di profitto o mantenerli di fronte all’aumento dei costi di input.

4. Quiet Quitting

Nell’era della post pandemia, il quiet quitting diventa una forma di resistenza diretta e di protesta verso l’hustle culture, quella che ci vede impegnati al lavoro 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Lasciare silenziosamente il proprio lavoro è una pratica (purtroppo) comune. È il risultato di anni di burnout che hanno registrato un picco durante il periodo di lockdown.

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Il nuovo approccio al mondo del lavoro, partito dagli Stati Uniti, è chiaramente una risposta alla cultura della competizione. Con il quiet quitting si intende dare più peso alla qualità della vita privata rispetto alla crescita lavorativa.

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5. Gaslighting

Gaslighting è la parola dell’anno 2022 secondo il dizionario statunitense Merriam-Webster. Il termine è associato alla manipolazione e all’abuso psicologico: “Manipolazione psicologica che durante un lasso di tempo prolungato induce la vittima a mettere in dubbio la validità dei propri pensieri, la propria percezione della realtà o dei ricordi, e porta a confusione, perdita di sicurezza e autostima, incertezza delle proprie emozioni e salute mentale”.

Le ricerche di questa parola sono aumentate in maniera vertiginosa del 1740% nel giro di due anni. Le persone sono sempre più interessate a capire esattamente cosa significhi, non solo nell’ambito delle relazioni sentimentali ma anche in molti altri contesti.

6. Permacrisis

In questo periodo di sconvolgimenti continui e senza precedenti, una singola parola è stata elegantemente creata per dare voce alla nostra esperienza collettiva: “permacrisi”.

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Definita dal Collins Dictionary come parola dell’anno per il 2022, permacrisis è formata da “permanente” e “crisi”, e incarna un’epoca prolungata caratterizzata da instabilità, insicurezza e ansia. Con le guerre, le pandemie e la recessione economica che incombono sull’attuale instabilità, non sorprende che questo termine emergente nell’uso popolare superi anche parole più consolidate come “lockdown” o “pandemia”.

7. Ecoansia

Sul tema ambientale sentiremo ancora molto parlare di ecoansia e di quella profonda sensazione di disagio e di paura che si prova al pensiero ricorrente di possibili disastri legati al riscaldamento globale e ai suoi effetti ambientali.

Insieme ad ecoansia arrivano altre parole come simbiocene, che designa una nuova era, caratterizzata dalla necessità di progettare il futuro oltre il pessimismo ambientale. Ma anche solastalgia: il disagio causato dai cambiamenti negativi che si verificano nell’ambiente, una combinazione del latino sōlācium (conforto) e della radice greca -algia (dolore).

8. Goblin mode

Le persone di tutto il mondo stanno dicendo addio alle imposizioni estetiche della società per abbracciare una vita più libera.

È stata soprannominata “Modalità Goblin”, in cui oziare sul divano, mangiare pizza e guardare programmi televisivi viene incoraggiato come strumento per affrontare lo stress o l’ansia.

Il trend è diventato virale sui social già l’anno scorso ed è destinato a consolidarsi. Non si tratta di pigrizia, ma di uno stile di vita che può aiutare a superare i periodi difficili e a dimenticare per qualche tempo i problemi che affliggono il mondo.

9. Non binario

Parliamo di non-binario quando le persone rifiutano lo schema maschile-femminile nel genere sessuale e, a prescindere dal sesso attribuito alla nascita, non riconoscono di appartenere al genere maschile né a quello femminile.

L’identità di molte persone non si limita più alla concezione tradizionale di maschio e femmina: per alcuni il loro genere trascende queste due categorie. Parole come cisgender, transgender, agender e non-binary sono entrate a far parte del nostro vocabolario quotidiano, a testimonianza di quanta strada è stata percorsa in termini di accettazione delle diverse esperienze di identità di genere.

La consapevolezza e l’apprezzamento di queste terminologie permette a tutte le persone, non solo a quelle che si identificano in questo modo, di sentirsi viste e ascoltate senza giudizi o esclusioni.

10. Schwa

Tra le altre parole di cui sentiremo ancora molto parlare c’è lo schwa con il simbolo “ə”, citato sempre più spesso nel dibattito per una lingua italiana più inclusiva. Per anni, i linguisti hanno utilizzato lo schwa, vocale sconosciuta a molti parlanti di lingue europee. Nonostante la sua oscurità, anche se non c’è un modo per digitarlo facilmente su tastiere di computer e smartphone, è presente nell’alfabeto fonetico internazionale e fornisce la pronuncia corretta di innumerevoli lingue in tutto il mondo.

Nel sistema fonetico lo schwa identifica una vocale intermedia, il cui suono si pone esattamente a metà strada fra le vocali esistenti. Si pronuncia tenendo rilassate tutte le componenti della bocca, senza deformarla in alcun modo e aprendola leggermente.

Ad oggi l’Accademia della Crusca si è espressa negativamente dicendo che è una forma non accettabile per la lingua italiana. Non ci resta che aspettare di vedere se la lingua evolverà insieme alla società e se sarà lo schwa a testimoniare questa trasformazione.

cercare lavoro nel 2023

Come e dove cercare lavoro nel 2023: consigli per il tuo CV

Il 2022 è ormai finito, stai cercando lavoro e la pandemia ha cambiato alcune delle regole del gioco accelerando processi che stavano solo per affacciarsi all’orizzonte e rendendo possibili condizioni lavorative inimmaginabili, soprattutto se si parla di Smart Working e di PMI italiane.

In questo scenario, quindi, è utile orientare la stesura del proprio CV diversamente, tralasciando informazioni fisiche, come la residenza o il solo titolo di studio, per evidenziare le proprie specializzazioni o soft skill calate sul ruolo per il quale ci si sta candidando.

Ci troviamo, di fatto, al centro della quarta rivoluzione industriale in cui le nuove tecnologie si fanno sempre più centrali nella vita delle persone e dei lavoratori.

Buoni consigli: cosa non inserire in un CV del 2023

Chi cerca un nuovo posto di lavoro o si sta inserendo in questo mondo per la prima volta scandaglia il web alla ricerca di informazioni utili, di buoni consigli e di modelli efficaci. Oggi più che mai anche i social si fanno densi di tutti questi temi, TikTok compreso.

Proprio su TikTok troviamo Erica Rivera, una recruiter Google, che dispensa consigli di to do e not to do per la stesura di un CV nel 2022 scatenando commenti ed interazioni, anche contrarie, da parte della community. Una cosa è certa, di candidature ne deve aver viste molte nella sua carriera.

Ecco i 5 punti che per Erica Rivera oramai sono Old:

  1. Indirizzo di residenza. Non è più necessario includere il tuo indirizzo completo, abbiamo tutti imparato a convivere con lo Smart Working
  2. Dimentica la lettera di presentazione, almeno come la ricordavi. Una lettera accompagnatoria, oggi, non è più fondamentale. Lo stesso Linkedin dà la possibilità di caricare il CV completo e una piccola descrizione introduttiva
  3. Sapere tutto quello che hai fatto nella tua carriera non è necessario, dritto al punto, ultime posizioni lavorative e soprattutto quelle che possano portare valore aggiunto per l’attuale ricerca di lavoro
  4. Scrivi sempre dalla prima linea, usa verbi e frasi che dicano al recruiter che tu eri lì, protagonista
  5. Avere delle buone referenze è sempre utile, ma scriverlo sul proprio cv non è più necessario. Se dovessero interessare al recruiter te le chiederà.

Le Best Practice non riguardano solo il CV, Mrs Rivera incoraggia i candidati a porre domande durante il colloquio e a presentarsi preparati sull’azienda che andranno a conoscere e, dall’altra parte, si rivolge agli intervistatori ricordando loro che fare dei colloqui non è come uno sprint, do tutto subito, ma è più come una maratona, ci vuole tempo e dedizione per raggiungere il risultato.

Nonostante i consigli di Erica la nostra premessa è stata chiara: questi sono solo consigli e le reazioni sotto i TikTok dell’esperta lo hanno dimostrato. Alcuni recruiter o CEO non hanno espresso il loro consenso, ma rimane un punto fermo il fatto che con nuove posizioni aperte e la voglia di cambiare, i candidati si trovano in un mondo sempre più disorientante.

Ora poniamo un focus sulle skill. Il mondo del lavoro e di vedere le competenze è cambiato nell’ultimo decennio e lo vediamo sia nelle capacità acquisite scolasticamente, sia in quelle personali.

LEGGI ANCHE: Employer branding: guida aggiornata al 2022

Partiamo dalle cosiddette Hard Skill, quelle, cioè, testimoniate da un diploma o una laurea.

Nel mondo del lavoro di oggi queste non sono più in primo piano, non perché non siano importanti, ma perché l’intervistatore le dà per scontate se si è fatta domanda per quel ruolo o azienda.

Soprattutto per skill tecnologiche o digitali che, almeno le basi, sono entrate nella nostra vita quotidiana e da questa non scindibili.

Inoltre il periodo pandemico ha portato, in alcuni casi, ad una ricerca disperata di risorse da parte delle aziende sorvolando su quelle che erano le qualifiche per puntare ad una formazione interna. Le conseguenze? Le aziende hanno acquisito una visione in cui la risorsa è molto più della sua qualifica e il collaboratore ha imparato anche “soft skill riciclabili” in altri settori o realtà.

Ecco quindi come le tanto chiacchierate Soft Skill hanno incrementato la loro rilevanza e sono diventate il fattore decisivo per concludere positivamente un colloquio di lavoro.

Devi dimostrare di essere la persona giusta al momento giusto attraverso le esperienze che ti hanno portato ad apprendere determinate capacità, oltre che cercare di fare il colloquio in presenza e dimostrare un discreto livello di resilienza e di adattamento culturale.

Come sta cambiando il mondo del lavoro, le predizioni fino al 2025

Machines will overtake humans in terms of performing more tasks at the workplace by 2025 — but there could still be 58 million net new jobs created in the next five years, the World Economic Forum (WEF) said in a report.

Questo potrebbe essere un fedele riassunto di quella che sarà la quarta rivoluzione industriale e di quello che rappresenterà per la forza lavoro umana.

L’automazione, quindi, dilagherà e lo farà in modo inevitabile, ma lascerà più spazio ai lavoratori “umani” per quelle attività in cui l’umanità è necessaria togliendo tutti quei compiti invece più ripetitivi e adatti ad intelligenze artificiali.

Questo avrà un risvolto rilevante su quello che è il mondo del lavoro nella creazione di un tessuto mutevole e in cui la percentuale di ore lavorate sarà inferiore, ma in cui la formazione interna deve, necessariamente, rimanere al primo posto per continuare ad essere competitivi.

I settori in cui si vede una crescita più importante nel numero di posti di lavoro generati sono quello medico, dopo la pandemia l’assistenza medica e sanitaria è tornata a essere un cavallo di battaglia, dopo di questo tutto quello che riguarda la governabilità della tecnologia ed, infine, tutto il settore di customer care e attenzione al cliente; settore in cui la tecnologia può fare meno che in altri.

Ad oggi, però, le risorse richieste dalle aziende sono poche o sotto qualificate.

Questo è dovuto anche al fatto che il mondo accademico e quello del lavoro sono sempre stati distanti tra loro e i giovani hanno sempre dovuto passare per lavori inadatti prima di approdare al lavoro dei sogni per il quale si è studiato.

Quali saranno le professioni più ricercate in futuro? Eccone alcune

In un mercato del lavoro che cambia, non solo il CV o le soft skill sono al centro, ma anche il collaboratore con la sue esigenze e la sua voglia di maggior tempo libero a disposizione grazie ad orari e luoghi di lavoro che ne permettono una maggiore flessibilità.

Più del 50% della forza lavoro sta pensando di cambiare l’attuale posto di lavoro per un altro che gli permetta di avere più tempo libero o che concili meglio lo smart working con il lavoro in presenza.

E l’altro 50% che invece sta bene dov’è ha preso consapevolezza nel chiedere una promozione o un aumento.

LEGGI ANCHE: Ottimizzare il tuo Curriculum Vitae per farti notare dai recruiter

Ma vediamo un elenco di quelle che secondo le ricerche potranno essere i lavori del futuro

  • Ingegnere robotico
  • Ingegnere del machine learning
  • Cloud architect
  • Data engineer
  • Sustainability manager
  • Consulente di data management
  • Analista delle risorse umane
  • Talent acquisition specialist
  • Software account executive
  • Cyber security specialist
  • Banker
  • Data scientist
  • Sviluppatore back-end
  • Product Manager
  • Clinic manager
  • Consulente di vendita al dettaglio
  • Business developer
  • Client manager
  • Gestore degli investimenti
  • Ingegnere full stack
  • Infrastructure architect
  • Payroll specialist
  • Sviluppatore front-end
  • Consulente ERP (Enterprise Resources Planning)
  • Addetto all’assistenza dei clienti

Nella lista compaiono molti ruoli relativi alla programmazione, tecnologia e protezione dei dati. Ma anche posizioni dedicate alla vendita e al customer care non mancano.

Spot-Natale-2022-erste-group - ninja marketing

Ecco gli spot più emozionanti di questo Natale 2022

Eccoci, il periodo più atteso dell’anno è arrivato. La magia si sente nell’aria e anche attraverso gli spot dei brand che per questo Natale 2022 si raccontano con messaggi di speranza e che ispirano ai buoni gesti.

Carichi di emozioni e colmi di valori che aprono il cuore. I temi di questo Natale, con qualche accenno al sentimento della solitudine, hanno toccato la sempreverde gentilezza, la condivisione, l‘accettazione, l’inclusività, la responsabilità ambientale, la vicinanza e il sostegno ai più deboli.

Ma anche consapevolezza verso quei momenti che devono essere vissuti appieno e che portano con sé impagabili ricordi. Natale, il periodo migliore per riflettere ed emozionarsi.

Pronti per gli spot più strappalacrime di quest’anno?

DISNEY | The Gift

Disney per Natale 2022 lancia il terzo episodio di “From Our Family to Yours” dedicato alla famiglia, all’amore e alla condivisione. Nel 2020 il primo episodio Lola ci è stato presentato con la giovane Nicole a cui la nonna regala un peluche di Topolino, onorando le tradizioni natalizie di famiglia.

L’anno seguente con The Stepdad abbiamo accompagnato la nascita di una nuova famiglia, quella di Nicole e dei suoi figli insieme al suo compagno, il quale entra nel nuovo equilibrio di casa con gentilezza e disponibilità.

Nell’ultimo episodio, “The Gift”, troviamo la piccola Ella impaurita dal perdere l’affetto dei suoi cari a causa del nuovo arrivo. Ci penseranno l’amore del suo primo fratello e le attenzioni del papà ad avvicinarla ad un premuroso sentimento.

JOHN LEWIS & PARTNERS | The Beginner

Una delle più grandi dimostrazioni d’amore è la condivisione delle passioni. In questo film, un uomo dedica la maggior parte del suo tempo ad imparare ad andare sullo skateboard e ad esercitarsi anche a discapito della propria sicurezza.

È ben determinato nel suo intento perché questo sarà per lui e per sua moglie il fondamentale punto di connessione con l’adolescente che presto entrerà nelle loro vite.

Il brand, ci presenta così il suo Natale, facendoci immedesimare in quella insicurezza di non rispondere alle giuste aspettative e che al contempo ci sprona a provare, spinti da empatia e amore. John Lewis & Partner, per questo spot di Natale 2022, supporta il progetto Building Happier Futures, per poter garantire lo stesso futuro agli adolescenti affidati all’assistenza sociale.

SAINSBURY’S | Once Upon a Pud

C’era una volta, in una terra molto molto lontana, il triste destino di un budino. La contessa del reame, interpretata dalla presentatrice Alison Hammond, è entusiasta delle pietanze che le vengono offerte, rifiutando però con disprezzo il dolce di Natale.

Il cuoco sperimenterà diversi ingredienti per impreziosire il budino e per meritare l’approvazione della donna. Potrà fare la differenza l’aggiunta di un biscotto caramellato di Sainsbury’s? Bastava così poco…

PETA | First Christmas Ad

PETA, la più grande organizzazione mondiale per i diritti degli animali, People for Ethical Treatment of Animals, ha lanciato la sua prima campagna di Natale, volta alla sensibilizzazione del consumo massiccio di animali durante le festività.

Il protagonista è un simpatico tacchino che arriva in una delle diverse case inglesi, in veste però di animaletto da compagnia e non come pietanza.

La sua storia fa stringere il cuore ed un pensiero va alla meno fortunata miriade di tacchini, o agnelli nel nostro caso, uccisi per rendere ricche le nostre feste.

La pace sulla Terra inizia dalle nostre case e dalle nostre coscienze.

J&B SPAIN | She

Una delle pubblicità più toccanti e intrise di valori. Una storia di accettazione e inclusività quella del brand di whisky nel suo spot di Natale 2022.

Il film racconta con discrezione e gentilezza il legame intergenerazionale che unisce un nonno, un nipote e più in generale la famiglia. Un amore incondizionato quello dell’anziano verso suo nipote che nasconde timidamente la sua non binarietà. L’uomo aiuterà Alvaro a mostrare il vero io e lo spronerà a non avere nessuna remora a riconoscersi come Ana.

LEGGI ANCHE: “She” è lo spot natalizio di JB che non dovresti perderti

ASDA | Have your Elf a Merry Christmas

L’elfo per antonomasia, Will Ferrel, continua la sua avventura, cercando un posto di lavoro nel negozio Asda. Impacciato nei rapporti formali e pieno di stupore per tutto ciò che ai nostri occhi è normale, l’elfo Buddy scopre e si gode i diversi reparti del supermercato.

Sembra non avere speranze di essere assunto fin quando non rivela le sue stupefacenti doti in fatto di addobbi natalizi. Del resto, chi sa rendere veramente magico il Natale se non un elfo?

DUTCH STATE LOTTERY | Christmas Advert – feat Frida the Husky

C’è qualcosa che i soldi non possono comprare: sono le esperienze vissute insieme, l’amore e la condivisione di emozioni che si trasformano in ricordi indelebili.

Nel commovente spot di Natale 2022 della Lotteria di Stato Olandese, assistiamo ad un suggestivo viaggio intrapreso da padre e figlio, felici di ripercorrere gli stessi spostamenti e rivedere i medesimi paesaggi di un viaggio condiviso molti anni prima.

Il motivo ufficiale del viaggio è la (finta) vincita del giovane alla lotteria di Capodanno, ma in realtà il motivo è molto più profondo e denso di emozioni: le stesse che l’uomo ha intenzione di rivivere in compagnia del padre e del loro amato cane, prima che sia troppo tardi. Non bisogna mai aspettare che la felicità capiti per caso.

THE NATIONAL LOTTERY | A Christmas Love Story

Un piacevole incontro inaspettato sul treno e un numero di telefono incompleto scritto su un biglietto della lotteria. La protagonista proverà in tutti i modi a rintracciare lo sconosciuto di cui si è innamorata ed è ancora più determinata a farlo perché lui è il proprietario del biglietto vincente.

La ragazza riuscirà ad incontrarlo e finalmente a baciarlo… A volte, chi trova l’amore trova un tesoro.

ERSTE GROUP | #believeinchristmas 2022

Qualcuno è intenzionato a rovinare il periodo più bello dell’anno e lo fa cercando di spegnere la magia del Natale: le centraline elettriche sono fuori uso e i serbatoi delle macchine sono svuotati. Di fronte a questa improvvisa crisi, che rimanda velatamente all’attuale situazione economico-politica, c’è però chi non si lascia abbattere.

Un emozionante film di animazione quello di Erste, che ci ricorda che in fondo la vera magia del Natale è la condivisione della gentilezza e di sinceri gesti di affetto.

AMAZON | Joy is Made

La gioia è nelle piccole, grandi cose che facciamo per gli altri. Come questo papà che riesce a progettare e costruire per sua figlia un’emozionante esperienza, e regalarle un momento davvero speciale da vivere insieme. La gioia può realmente essere donata.

POSTEN NORWAY | Father Christmas and Mother Earth

Dal mood decisamente meno allegro e festaiolo, lo spot di Natale 2022 di Posten ci mostra attraverso il suo racconto, la catastrofe ambientale che ci aspetta tra non molto. Il cambiamento climatico sta diventando una realtà molto preoccupante di cui noi siamo i primi responsabili.

Nel film, Babbo Natale e Madre Natura non riescono più a condividere gli stessi valori: il primo è preso dall’esigenza di soddisfare i desideri consumistici; l’altra lo mette in guardia dal pessimo futuro che invece si prospetta.

Bisogna fare un passo in dietro, fare qualche rinuncia e riflettere: il regalo più grande che ognuno di noi possa ricevere è quello di poter vivere, secondo l’equilibrio e i bisogni della terra. Senza mai dimenticare che essa restituisce tutti i doni che noi le offriamo. Positivi e, soprattutto, negativi.

LEGGI ANCHE : Le pubblicità di Natale 2021 ispirano gentilezza. Ecco le 16 più emozionanti

notizie della settimana

ChatGPT, pagamenti digitali, i consumi per le feste e le altre Ninja news della settimana

Tra le notizie della settimana segnaliamo che calano i consumi per le festività, ma forse non c’è da preoccuparsi: come evidenziato da una ricerca condotta da Younited Italia (che puoi approfondire qui), il 20% delle persone procrastina lo shopping natalizio fino alla settimana del 25 dicembre. Nel frattempo, i pagamenti diventano sempre più digitali.

Le piattaforme eCommerce continuano a crescere, ringalluzzite dalle prospettive di nuovi canali di acquisto (leggi Metaverso e Realtà Aumentata).

A far da traino a questa nuova tendenza, Gen Z e Millennial (o, come è stata definita in un recente report che puoi leggere qui, la Generazione Twitch). Soprattutto i più giovani stanno cambiando radicalmente non solo il modo di comprare, ma anche quello di informarsi, mentre da più parti emergono preoccupazioni per la privacy e tutela diritto d’autore sulle nuove AI in grado di generare immagini e testi a partire da pochi input.

Se può servire a tranquillizzarti, questo articolo è (ancora) scritto da un essere umano.

Puoi ascoltare queste e le altre notizie selezionate per i nostri abbonati tra oltre 30 fonti internazionali anche in formato podcast.

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voci banca sella

Consumi per le festività in calo

Le analisi di Ipsos Italia prevedono una sensibile riduzione della spesa per regali, viaggi e cenoni.

La categoria preferita resta l’abbigliamento con il 45%, acquistata principalmente in negozio (75%), seguono i buoni regalo (31%), comprati soprattutto sulle piattaforme digitali (76%) e, a pari merito (30%) libri e articoli per la casa.

Una nuova era per l’eCommerce

A dirlo è il nuovo report della società di ricerca sull’audience GWI. Nel prossimo anno cambierà sempre di più il modo in cui cerchiamo online ciò che vogliamo acquistare e diventeranno sempre più centrali i nostri alter ego nel metaverso.

notizie della settimana

Anche la sostenibilità continuerà a essere al centro del dibattito, mettendo in discussione sempre di più il modello consumistico attuale.

Secondo una stima di Statista contenuta nel report Digital Market Outlook, dal 2020 al 2025, il valore delle transazioni digitali crescerà del 16,3% in Europa, del 15,2% negli Stati Uniti e dell’11,2 in Cina.

Sull’evoluzione delle tecnologie, ma anche su temi come Social Responsibility ed euro digitale, in occasione del Salone dei Pagamenti 2022 abbiamo chiesto un confronto a Giovanni Baglivo – Vice Responsabile Banking e Sistemi di Pagamento Banca Sella, Laura Fineo – Responsabile Marketing Banca Sella e Andrea Tessera – Chief Innovation Officer Banca Sella.

stand banca sella salone dei pagamenti

Clicca sui nomi per ascoltare cosa hanno detto ai nostri microfoni.

Google in allarme per la reputazione dell’azienda

I dipendenti di Google si sono resi conto del clamore intorno a ChatGPT, il chatbot di intelligenza artificiale rilasciato al pubblico alla fine di novembre e diventato rapidamente un fenomeno virale.

Secondo i dirigenti i rischi nel fornire informazioni sbagliate su una tecnologia nuova sono troppo alti e per questo Big G si sta muovendo “in modo più cauto di una piccola startup” su questo fronte.

I giovani si informano sempre più spesso su TikTok

A dirlo è l’ultimo report di Reuters Institute, secondo il quale non sono le fonti di notizie mainstream le principali fonti di contenuti giornalistici sulla piattaforma, bensì le “personalità di internet”, ovvero gli Influencer.

notizie della settimana: i giovani si informano su tiktok

Si tratta di una tendenza significativa, che potrebbe riflettere una più ampia sfiducia nei confronti dei media tradizionali.

Notizie della settimana: Instagram lancia la funzione Note

Si tratta di una funzionalità definita come un nuovo modo per condividere i propri pensieri e vedere cosa stanno facendo gli amici. Brevi post, della lunghezza massima di 60 caratteri, che possono contenere soltanto testo ed emoji.

Elon Musk non è più la persona più ricca del mondo

Dopo il calo del prezzo delle azioni Tesla, l’amministratore delegato di LVMH Bernard Arnault lo ha scalzato dal suo status.

Arnault ha fatto fortuna costruendo il più grande conglomerato del lusso del mondo, che comprende marchi come Louis Vuitton e Tiffany.

Il 55% delle aziende prevede di rafforzare il team di comunicazione corporate

A dirlo è un’indagine realizzata da EY in collaborazione con SWG. Secondo lo studio, la comunicazione corporate oggi, oltre a sostenere prodotti e servizi, assume un ruolo sempre più centrale nello sviluppo e tutela del capitale reputazionale, legandosi così ai processi decisionali e strategici.

“She” è lo spot natalizio che non dovresti perderti

Uno spot davvero bello e delicato quello di J&B Spain, realizzato dall’agenzia El Ruso de Rocky.

 

Nella categoria pubblicità strappalacrime, il film rientra nel filone degli spot dedicati al Natale, in cui i brand concentrano tutta la loro creatività nell’esaltazione dei buoni sentimenti, dell’altruismo e della condivisione.

Personalizzazione e digitalizzazione: come è cambiato il welfare aziendale dopo la pandemia

Come mai è stato prima, il mondo del lavoro gode in questo periodo di una notevole attenzione.

Sono soprattutto le tematiche legate al benessere della persona a farla da padrone: le ondate di manifesta insoddisfazione che sono partite dagli USA per espandersi a macchia d’olio nel vecchio continente hanno monopolizzato le conversazioni online e offline, cavalcando l’onda della viralità social per entrare nelle nostre conversazioni di tutti i giorni.

Abbiamo ampiamente discusso e considerato i fenomeni per i quali un certo numero di lavoratori, soprattutto della Gen Z, hanno iniziato a diffondere sui social (TikTok, tra i più utilizzati) una sorta di festeggiamento pubblico per aver abbandonato il lavoro.

Così, il termine Great Resignation è entrato a far parte del nostro vocabolario professionale grazie anche al tam tam mediatico che, a torto o a ragione, si è sviluppato intorno al tema della rinuncia al posto di lavoro alla ricerca di migliori condizioni.

giovani che cercano lavoro

LEGGI ANCHE: Gli ex dipendenti di Meta e Twitter si sfogano su TikTok dopo il licenziamento

Sebbene l’onda anomala delle dimissioni di massa sia poi risultata decisamente ridimensionata in alcuni contesti locali, come in Italia, la questione della felicità del lavoratore continua a tenere banco, grazie anche alla successiva evoluzione delle Grandi Dimissioni in quell’attitudine che viene definita Quiet Quitting.

In contrapposizione all’Hustle Culture, che promuove uno stile di vita totalmente orientato al lavoro e alla carriera, i sostenitori del Quiet Quitting tendono a circoscrivere l’impegno lavorativo allo stretto necessario, eliminando deroghe all’orario stabilito e rifuggendo gli straordinari, in modo da dedicare più energie (e tempo) alla dimensione personale della vita, agli affetti, alle passioni. A tutto quello che, in sostanza, non attiene alla vita professionale.

La riduzione dell’orario di lavoro e il lavoro ibrido

Tra le proposte che puntano a mantenere uno standard elevato di produttività venendo incontro alle esigenze di un maggior equilibrio tra vita e lavoro delle persone, si registrano diversi tentativi di spalmare gli impegni professionali su un periodo più breve, mantenendo inalterati i compensi.

Il Financial Times ha riportato l’esperienza di quattro aziende che hanno aderito a un periodo di sperimentazione, promosso dalla non-profit 4 Day Week Global.

Tra i benefici riscontrati, un migliore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, senza intaccare la produttività, ma anche benefici sociali più ampi, come una maggiore uguaglianza di genere e una riduzione dell’impronta di carbonio dei lavoratori. I detrattori temono, invece, conseguenze da burnout o l’erosione della cultura del posto di lavoro.

La questione si allarga a uno dei temi che ha condizionato il rientro al lavoro al termine dell’emergenza sanitaria: la necessità (o meno) della presenza fisica sul posto di lavoro.

L’esperienza legata al lavoro da remoto, resa necessaria dalle restrizioni relative al lockdown, ha fortemente condizionato il modo di intendere l’esecuzione delle proprie mansioni, svincolandolo, in gran parte dei casi, dall’esigenza della presenza negli spazi delle aziende.

In particolare, l’erogazione dei servizi ha potuto beneficiare di una spinta già in atto, che le impreviste condizioni hanno agevolato: la trasformazione della misurabilità del lavoro dal numero di ore al raggiungimento degli obiettivi.

Se è vero, da un lato, che il termine Smart Working è stato spesso erroneamente utilizzato per identificare il lavoro da remoto, oggi si va ridisegnando un assetto più puntualmente legato alle prestazioni che consenta al lavoratore di svolgere le sue funzioni, tutte o in parte, in luoghi diversi da quelli delle sedi aziendali.

Forme di lavoro ibrido, da remoto o smart, iniziano a diventare gradualmente diffuse nella quasi totalità delle organizzazioni.

Welfare aziendale: flessibilità e benefit come leva per la felicità

Migliorare le condizioni di lavoro e, in generale, la soddisfazione del proprio team è diventata quindi un’esigenza indispensabile per le organizzazioni di ogni dimensione, soprattutto dopo l’emergenza sanitaria del COVID-19 che ha portato le persone a mettere in discussione le proprie priorità e a stabilire una diversa scala di valori.

Il punto può quindi diventare non tanto “lavorare meno”, quanto lavorare meglio: essere ugualmente produttivi e soddisfatti dell’equilibrio raggiunto vivendo le ore lavorative non come un pesante fardello ma come parte integrante della propria giornata.

In questa direzione, il welfare aziendale assume un ruolo fondamentale, perché in grado di fornire alle persone strumenti (non esclusivamente economici) in grado di agevolare questo percorso.

La soluzione si rivela particolarmente vincente grazie anche ai diversi vantaggi fiscali previsti che permettono alle aziende di distribuire ai lavoratori queste occasioni senza gravare sul bilancio.

Sul panorama in evoluzione e sulle possibilità offerte dalla rapida digitalizzazione dei processi aziendali, abbiamo chiesto un commento ad Anna Maria Mazzini, Chief Growth Officer di Sodexo Benefits & Rewards Services Italia.

welfare aziendale - anna maria mazzini sodexo

Ragionare circa lo scenario attuale del welfare aziendale in Italia significa considerare i cambiamenti che il mondo del lavoro ha vissuto e continua a vivere in seguito alla pandemia. La necessità di rivedere consuetudini e prassi consolidate a favore di nuovi processi, modalità di interazione, gestione degli spazi e della presenza in ufficio ha impattato anche le priorità e gli stili di vita dei lavoratori. Ecco, dunque, che il concetto stesso di welfare e la sua funzione hanno necessità di intercettare queste nuove esigenze ed evolversi di conseguenza“, ci ha detto.

Benefit aziendali e work-life balance

Quando parliamo di benefit aziendali è consueto riferirsi ai fringe benefit più comuni, come i buoni pasto, ma il panorama e l’offerta che le aziende mettono a disposizione dei propri lavoratori è cambiato e si è enormemente ampliato negli ultimi anni, subendo una forte accelerazione proprio dal contesto pandemico.

Secondo il 5° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, la pandemia ha modificato il rapporto delle persone con la propria occupazione e oltre l’85% dei dipendenti oggi manifesta la richiesta alla propria azienda di un numero maggiore di servizi di welfare mirati a raggiungere un migliore equilibrio tra lavoro e vita professionale.

Proprio per questo, il welfare aziendale non punta più, soltanto, a fornire un beneficio economico al dipendente e alla sua famiglia; l’obiettivo è quello di rendere la sua vita migliore nel complesso.

In questa direzione, i benefit aziendali possono comprendere, ad esempio, una previdenza complementare ma anche la possibilità di godere di viaggi ed esperienze tra le più disparate (alcuni esempi? un tour in mongolfiera o un soggiorno in strutture termali), ma anche abbonamenti in palestre o piscine e centri sportivi.

Ma nell’accelerazione dei servizi di welfare aziendale che ha visto nella pandemia il driver principale, gioca un ruolo centrale la digitalizzazione dei servizi offerti.

Sono due in particolare le parole chiave con cui, come Sodexo BRS Italia, analizziamo le dinamiche e i trend che stanno attraversato il settore e che ne definiranno il futuro: la necessità di una forte e sempre più marcata digitalizzazione dei servizi e la richiesta di una maggiore flessibilità nell’utilizzo di questi da parte dei loro fruitori“, ha sottolineato Anna Maria Mazzini.

Il vantaggio della digitalizzazione dei benefit aziendali è duplice: da un lato garantisce una maggiore flessibilità del beneficio, che può essere costruito su misura dall’utilizzatore grazie a una maggiore possibilità di scelta e personalizzazione. Dall’altro, migliorare la qualità generale dell’esperienza offerta

Rispetto al tema della digitalizzazione, riscontriamo ancora una mancata corrispondenza tra competenze digitali degli utilizzatori e le tecnologie dei prodotti e servizi legati al welfare. Da un lato, infatti, abbiamo dipendenti con una consolidata esperienza di utilizzo di applicazioni e servizi digitali innovativi, dall’altro servizi di welfare aziendale che spesso non riescono a rimanere al passo con queste dinamiche di cambiamento e che risultano poco fruibili o caratterizzati da una user experience di scarsa qualità“.

Diversificazione e digitalizzazione nel welfare aziendale

Diversificare l’offerta di possibilità di benefit per il lavoratore sembra quindi la strada giusta per allontanare “gli spettri” delle distorsioni come Great Resignation e Quite Quitting. Ma non solo: rendere fruibile questa offerta diversificata su piattaforme digitali in grado di consentire una personalizzazione delle agevolazioni, economiche o meno, può agevolare un percorso di soddisfazione personale delle persone all’interno delle aziende.

È necessario ragionare su un nuovo modo di concepire l’intero ecosistema dei servizi di welfare, come ad esempio i portali e le app, in un’ottica full digital, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori. Per quanto riguarda la flessibilità, in azienda ormai oggi le soluzioni più apprezzate sono quelle flessibili, pratiche e soprattutto che garantiscono massima libertà di scelta ai dipendenti in un’ampia gamma di settori, dall’abbigliamento, all’elettronica, ai viaggi e molto altro“.