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È possibile conciliare produttività individuale e produttività aziendale?

  • Produttività individuale e produttività aziendale sono due universi che tendiamo a vedere (e a vivere) come elementi di una sommatoria;
  • Ispirandosi alle startup è possibile trovare i punti chiave e le strategie da adottare per diventare più produttivi in tutte le attività lavorative.

 

Avete presente quando eravate semplici studenti e, tornati dai colloqui scolastici, vostra madre vi rimproverava con la solita frase che ogni professore amava ripetere: “è intelligente, ma non si impegna?” Una cosa del genere potremmo associarla al concetto di produttività di un’azienda. In che senso?

Nella sua forma più elementare, il concetto di produttività è il rapporto tra la quantità prodotta in una data unità di tempo e i mezzi impiegati per produrla. Una definizione abbastanza semplice da capire, ma le strategie per ottimizzarla sono cambiate e si sono evolute negli ultimi due decenni. La tecnologia ha consentito enormi guadagni di produttività personale: computer, fogli di calcolo, email e altri progressi hanno reso possibile per un knowledge worker produrre apparentemente di più in un giorno di quanto in precedenza fosse possibile in un anno.

È allettante concludere che, se gli individui sono in grado di svolgere il proprio lavoro meglio e più rapidamente, la produttività complessiva, quindi aziendale, dovrà essere in forte aumento. Ma non è così. I dati del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti mostrano che, nonostante il boom tecnologico, la produttività complessiva del lavoro è cresciuta solo dell’1-2% all’anno. Con trilioni di dollari investiti durante questo periodo di tempo, è abbastanza alienante come risultato. Non è che forse ci stiamo concentrando sul tipo sbagliato di produttività e, a sua volta, sul tipo sbagliato di gestione?

woman sitting on chair front of black Lenovo laptop

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Il paradosso della produttività sul posto di lavoro 

La produttività aziendale è diversa dalla semplice somma della produttività personale. La maggior parte dei dirigenti ritiene che la produttività aziendale sia semplicemente la somma della produttività dei singoli dipendenti. Si sbaglia di grosso. Per migliorare davvero la produttività è necessario avere un livello di autocoscienza organizzativa per capire quale lavoro spinga effettivamente il valore della propria azienda e indirizzare, di conseguenza, i dipendenti verso questi compiti.

Produttività individuale 

La produttività individuale può assumere significati diversi secondo ognuno di noi. C’è chi crede che essere produttivi significa portar a termine più compiti possibili in poco tempo. Chi crede sia semplicemente raggiungere i propri obiettivi personali. Ma in realtà può essere la somma delle due cose.

La produttività individuale sul posto di lavoro significa portare a termine compiti che ci avvicinano al raggiungimento degli obiettivi prefissati in modo tempestivo e aiutano a portare più equilibrio e semplicità nella propria vita lavorativa. Ogni azienda dovrebbe incoraggiare e rendere possibile la produttività individuale fornendo l’ambiente lavorativo e la tecnologia giusta. Raggiungere la produttività personale significa che i dipendenti hanno maggiore attenzione e sono in grado di produrre più risultati e più velocemente.

Produttività aziendale

La produttività aziendale viene anche definita produttività organizzativa e rientra nella sfera delle prestazioni aziendali. Abbiamo diversi termini per indicarla, ma non esiste una definizione precisa per descriverla.

Come per la produttività individuale, le definizioni organizzative variano. Alcuni credono che la produttività aziendale ruoti intorno all’efficienza e al lavoro svolto nel modo più smart possibile, mentre altri pensano che avvenga quando si bilanciano correttamente i maggiori profitti con un uso efficace delle risorse.

Al di là delle definizioni, ciò che conta, per un manager, è porsi questa domanda: quale lavoro porta valore all’azienda? I dipendenti possono essere altamente produttivi individualmente, ma una gran produttività individuale non è necessariamente convertibile come valore assoluto per l’azienda.

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Come promuovere la produttività aziendale e quella personale?

L’attenzione alla produttività individuale è un obiettivo necessario perché significa avere dipendenti altamente coinvolti e felici, mentre l’attenzione alla produttività aziendale è ciò che rende le imprese competitive e sostenibili.

I dirigenti aziendali sono costantemente sotto pressione per aumentare la produttività e la crescita sul posto di lavoro, ottimizzando al contempo le loro risorse. Ovviamente le due tipologie di produttività non potranno mai essere in competizione, ma devono essere complementari. È chiaro che l’obiettivo deve essere quello di promuovere la produttività sia individuale che aziendale per offrire un vantaggio competitivo tanto necessario nel mondo degli affari.

Quindi da dove iniziare? Quali passi intraprendere per incoraggiare entrambi i tipi di produttività?

1. Passare ad una mentalità organizzativa

Gli atteggiamenti di chi è al capo di un’attività influenzano quelli di tutti gli altri. Bisogna smettere di pensare alla produttività a livello individuale, o di pensarci a livello di squadra. Abbiamo bisogno di una mentalità organizzativa e dobbiamo far in modo che ogni dipendente faccia lo stesso. La natura umana è un po’ egoista e si preoccupa solo di quali attività vengono svolte in un giorno o come fare per far raggiungere al proprio team gli obiettivi prefissati. Portare i propri dipendenti verso una mentalità organizzativa sarà un beneficio sia individuale che per l’intera azienda.

2. Utilizzare strumenti che consentono una visibilità totale della gestione del lavoro

Gli strumenti giusti aiutano a svolgere un lavoro nel migliore dei modi. E in questo caso, sono necessari strumenti che offrano una visibilità completa sul lavoro quotidiano svolto e sulla creazione o meno del valore. Sarà indispensabile un sistema di gestione e un modo per tenere traccia del tempo dei dipendenti in modo che tutti abbiano una comprensione migliore e più chiara delle attività quotidiane della propria azienda. Questa visibilità avrà un ampio impatto sulla struttura e sui processi aziendali.

3. Avere una comunicazione efficace

La necessità di visibilità ci porta ad avere una comunicazione efficace. Una comunicazione chiara ed efficace consente una maggiore visibilità. Se i dipendenti riferiscono regolarmente ai capi dipartimento e i team tengono riunioni regolari per discutere dei progressi sui progetti, allora tutti restano aggiornati e sanno cosa sta accadendo intorno a loro. Investire in strumenti di collaborazione, come app di comunicazione in tempo reale e software di gestione delle riunioni, per facilitare un migliore lavoro di squadra, comporterà una migliore produttività individuale e aziendale.

L’obiettivo finale, sebbene difficile da raggiungere, è una grande organizzazione in cui tutti i lavoratori hanno pieno contesto, strumenti e supporto per concentrare il loro tempo sui principali aspetti di valore dell’azienda. Ciò è entusiasmante non solo per gli effettivi guadagni di produttività che si tradurranno a livello organizzativo, ma anche per ogni dipendente che avrà finalmente un chiaro senso di ciò che conta e di come avere successo nel proprio ambito.

Una società saprà di aver raggiunto questo stato quando i guadagni di produttività personale si sommeranno a quelli aziendali.

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Ispirazione startup: come incrementare la produttività aziendale 

Se avete un’azienda già consolidata, ma credete sia fondamentale non smettere mai d’imparare, dovete assolutamente dare un’occhiata al modo di fare delle piccole startup. Come fanno a incrementare la propria produttività nel mondo competitivo delle aziende?

Le start-up più ambiziose lavorano, giorno dopo giorno, per raggiungere agilità, efficienza e innovazione a livello mondiale. Quella che segue è una lista di 27 punti, differenziati in base ai casi di utilizzo in cui vengono descritti processi e tecniche che hanno generato un aumento delle prestazioni in diverse imprese. Parliamo dei settori più disparati, da quello high-tech, a quello bancario, per poi passare da quello sanitario fino ai settori produzione e ricerca. Gli ambiti presi in considerazione sono 4:

1. Casi di utilizzo generale: aumentare le prestazioni in tutte le discipline attraverso comunicazioni più convenienti e organizzate meglio della posta elettronica.

2. Casi d’uso DevOps: per le aziende in cui la tecnologia è vitale per il successo, i casi d’uso DevOps accelerano lo sviluppo, aumentando al contempo qualità e affidabilità (comunicazione, collaborazione e integrazione tra sviluppatori e addetti alle operations della information technology).

3. Casi di utilizzo organizzativo: per le grandi organizzazioni, questi casi di utilizzo semplificano la collaborazione con un elevato numero di parti interessate.

4. Casi d’uso di automazione avanzata: quando c’è la necessità che i propri team lavorino con tecnologie all’avanguardia, considerare questi casi d’uso avanzati per raggiungere le massime prestazioni.

E ora tuffiamoci nei dettagli di ogni categoria!.

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Casi di uso generale

1. Messaggistica a livello aziendale

Consolidare i sistemi di messaggistica istantanea con un unico e moderno sistema progettato per raggiungere chiunque lavori in azienda o anche i clienti. Connettersi con chiunque, ovunque. Un singolo messenger riduce la ridondanza, semplificando al contempo la verifica della disponibilità, facilitando le chat di gruppo in tempo reale, inviando messaggi privati ​​e comunicando in modo asincrono con chiunque e su qualsiasi dispositivo. Tutte le comunicazioni vengono archiviate per creare una cronologia persistente disponibile su tutti i dispositivi con funzionalità di ricerca istantanea e avvisi unificati.

2. Formazione per nuovi assunti

Invitare i nuovi assunti a unirsi ai canali chiave in modo che possano leggere rapidamente la cronologia delle chat e aggiornarsi da soli sui lavori e i progetti in atto. Una volta che un nuovo assunto si unisce a canali pertinenti, può rendersi conto del lavoro del team e capire rapidamente come interagisce e opera il proprio gruppo di lavoro.

3. Omologazioni e feed

Allo stesso modo, si può utilizzare la messaggistica per aiutare i revisori e i manager a valutare con precisione lo sviluppo di un progetto o un’iniziativa in un dato momento. Chi si occupa della revisione di un lavoro, potrebbe semplicemente rivedere i progressi compiuti leggendo la cronologia dei canali quando e dove vuole, secondi i suoi tempi.

4. Creazione di notizie e avvisi

È possibile creare canali autonomi per pubblicare e archiviare notizie e avvisi che vengono automaticamente pubblicati tramite bot o aggiunti manualmente dalle parti interessate.

5. Monitoraggio aziendale

Aumentare la consapevolezza e accelerare il processo decisionale collegando le applicazioni aziendali, come SAP o Oracle, ai canali di messaggistica in tempo reale per gli ultimi aggiornamenti. Ad esempio, è possibile trasmettere in streaming i report di vendita giornalieri per una specifica linea di prodotti attraverso aree geografiche in un canale per monitorare l’attività aziendale e porre domande agli stakeholder sull’azienda e avviare piani di reazione e ottimizzazione. Può essere fatto per l’assistenza clienti, per i social media e molte altre funzioni aziendali standard, facilmente gestibili canale per canale.

6. Gruppi specifici dell’argomento

Creare canali specifici per gruppi specifici in base agli argomenti in modo che le parti interessate possano facilmente condividere le informazioni pertinenti tra loro. Questi canali dedicati possono fungere da comunità in cui professionisti appassionati potranno apprendere e condividere le conoscenze reciproche discutendo suggerimenti e trucchi, informazioni sulle tendenze del settore, notizie su nuovi strumenti e gadget che supportano le funzioni lavorative e altro ancora. Ciascuno di questi canali potrebbe pullulare di dipendenti che parlano di come diventare più produttivi e più influenti nei propri campi. Come bonus aggiuntivo, i canali potrebbero anche essere utilizzati per organizzare eventi e incontri di team building.

DevOps Use Cases

7. ChatOps

ChatOps è un modo nuovo di lavorare che riunisce persone, strumenti e discussioni per aumentare la produttività e aiutare le aziende a muoversi più velocemente. Monitoraggio automatizzato, risoluzione del sistema con supervisione e analisi per massimizzare i tempi di attività e di efficienza. Fornisce maggiore affidabilità, tempi di risposta agli incidenti più rapidi e migliaia di ore di risparmio in termini di produttività.

8. Codifica sociale

Negli ultimi anni, il social coding è diventato un modello di grande successo nella comunità open source, in cui gli sviluppatori si incoraggiano reciprocamente a contribuire ai progetti più importanti. La messaggistica consente alle aziende di sfruttare internamente il potere della codifica sociale. Qualità, coerenza e velocità sono notevolmente migliorate quando gli sviluppatori possono richiedere e condividere in modo efficiente feedback su approcci tecnici.

9. War rooms

Quando si verificano le crisi, le persone sanno dove andare. Ciò consente di risparmiare tempo cruciale, consentendo alle aziende di riunire rapidamente team dinamici per raggiungere obiettivi specifici (es. come ripristinare la rete online).

10. Ops Theater

Durante un’interruzione critica, è fondamentale che gli stakeholder di un’azienda ne comprendano lo stato. In un’interruzione, i canali di messaggistica fungono da Ops Theater, dove gli ingegneri stanno lavorando per risolvere il problema mentre centinaia di parti interessate monitorano il canale di aggiornamento in tempo reale per fornire aggiornamenti ai clienti. Ops Theater offre una consapevolezza efficace, su larga scala e in tempo reale, all’interno di un’azienda da qualsiasi luogo e dispositivo.

11. NoOps

NoOps entra in gioco quando i team hanno implementato sistemi altamente automatizzati per operazioni, monitoraggio e ripristino. Quando si verificano interruzioni o i bug vengono identificati da un bot, un processo automatizzato esegue le procedure per il ripristino. La messaggistica consente alle organizzazioni di avvicinarsi a NoOps, passando da persone che monitorano attivamente macchine e flussi di lavoro, a robot che le monitorano, con persone che supervisionano i bot secondo necessità.

12. Hub di notifica

Le soluzioni di messaggistica open source sono completamente personalizzabili. È possibile integrare sistemi standard, personalizzati nell’interfaccia di messaggistica centrale per fungere da hub di notifica e allo stesso tempo ottimizzare i flussi di lavoro. Ciò comporta una riduzione del “rumore” da un panorama di comunicazioni ingombro eliminando il rischio di mancate notifiche.

13. Osservazione e coaching

Le piattaforme di messaggistica sono anche strumenti preziosi per la gestione delle prestazioni dei team. Invece di dover faticosamente intervistare i membri del team, i manager e altri esperti possono usare i loro messaggi per esaminare i flussi di lavoro ai fini di osservazione e coaching. Ciò avvantaggia la trasparenza. I manager possono utilizzare una piattaforma di messaggistica con una cronologia persistente per rivedere occasionalmente le cronologie delle chat e diagnosticare problemi di comunicazione per migliorare i processi in futuro. La piattaforma può anche essere utilizzata per valutazioni e coaching sia formali che informali, fornendo feedback in tempo reale.

produttività individuale e produttività aziendale

Casi di utilizzo organizzativo

Questi casi d’uso condividono esempi di come i canali di messaggistica possono essere utilizzati per semplificare le comunicazioni per scopi diversi.

14. Progetti

Creare canali dedicati per progetti specifici e invitare tutti i membri e le parti interessate a partecipare. In questo modo, tutti coloro che sono coinvolti sanno dove si svolgono le discussioni e dove sono archiviati i file e le altre risorse pertinenti.

L’idea in più è quella di organizzare riunioni e facilitare le discussioni apertamente, all’interno del canale e direttamente sulla piattaforma. Ciò consente di risparmiare tempo che sarebbe speso per rispondere alle richieste o riferire su aggiornamenti o altre tipologie di notizie. I partecipanti alla riunione possono controllare il canale a loro piacimento per vedere che cosa ha fatto l’intero team. I manager possono imparare quali sono i problemi che possono frenare i lavoratori e tutto in tempo reale.

15. Team e sottogruppi

Creare canali per ciascun team e ciascun sotto-team che collaborano a un progetto. I sottogruppi consentono conversazioni efficaci e specifiche per il team secondario. I nuovi assunti possono anche unirsi ai canali del team per aggiornarsi rapidamente su cosa si sta lavorando.

16. Canali di discussioni

La creazione di canali per argomenti di discussione specifici, per esempio, un canale sull’intelligenza artificiale, o un canale che facilita le discussioni sul marketing degli sviluppatori.

Funzionano allo stesso modo delle chat room basate su argomenti, ma aggiungono il vantaggio della comunicazione in tempo reale. I partecipanti possono porre domande urgenti a un pubblico di esperti coinvolti e appassionati che possono quindi rispondere immediatamente.

17. Occhio alla geografia

Ogni azienda ha un team distribuito i vari parti del mondo, che siano persone che lavorano in sede, ma anche da casa o che si collegano con il resto del team da una caffetteria. Può essere utile utilizzare una piattaforma di messaggistica per riunire i dipendenti in regioni geografiche simili, creando canali per ogni posizione. Questa funzionalità è utile per eventi di rete o memo amministrativi. I nuovi arrivati ​​possono anche vedere facilmente cosa sta succedendo nelle vicinanze e unirsi.

18. Riunioni

Le riunioni non sono necessariamente produttive. Tutti devono viaggiare dal punto A al punto B e arrivarci contemporaneamente. Si possono spostare le riunioni per risparmiare tempo, aumentare il coinvolgimento e migliorare la produttività. Come? Si può impostare un canale specifico per una riunione ricorrente, pubblicare i nuovi argomenti sul canale prima dell’inizio della riunione, in modo che i dipendenti abbiano il tempo di porre domande.

19. Help Desk

La piattaforma di messaggistica può essere utilizzata per aiutare i lavoratori a imparare come fare tutte le operazioni. Creare un canale di Help Desk esclusivo per indirizzare ad esso tutti i dipendenti. In questo modo, ogni volta che qualcuno non è sicuro di come agire o ha una domanda su argomenti o sistemi particolari, saprà esattamente dove andare. Successivamente, si possono raccogliere tutte le informazioni per compilare un documento FAQ.

20. Outsider Onboarding

Usare la piattaforma di messaggistica per far accedere un consulente, o un membro del team in visita ogni volta che è necessario un aiuto esterno, mettendoli su un piano di parità con il resto del team. Invitare il consulente a entrare temporaneamente in un canale pertinente in modo che possa leggere cosa sta succedendo prima di offrire i propri consigli e iniziare il proprio lavoro. Una volta terminato il lavoro del consulente, ne si può limitare l’accesso.

produttività individuale e produttività aziendale

Casi d’uso di automazione avanzata

21. Monitoraggio dei problemi chiave

Creare bot per monitorare sistemi o altre code per determinate parole chiave e far filtrare automaticamente le informazioni alle persone giuste al momento giusto. Utilizzare la messaggistica sul posto di lavoro per individuare problemi specifici nei sistemi, ad esempio, bug critici. In questo modo i dipendenti verranno avvisati solo quando è necessario.

22. Notifiche

La messaggistica sul posto di lavoro può essere utilizzata per notificare automaticamente ai team i principali eventi di sistema e altri errori. I bot possono pubblicare automaticamente queste informazioni, consentendo ai dipendenti di concentrarsi su altre attività. Si possono creare bot per intensificare i problemi che potrebbero essere stati persi. Come avvisare i team leader se nessuno risponde a un problema/notifica entro un tot di tempo. 

23. Domande e risposte automatizzate

Creare un bot che fornisca automaticamente informazioni su uptime, statistiche di sistema e record basati su ID o attributi. Così i dipendenti chiedono al bot e quest’ultimo risponde automaticamente. Questa funzionalità è particolarmente utile per le discussioni in chat. Nessuno deve lasciare la piattaforma per rintracciare le informazioni di cui necessita.

24. Rimedio automatizzato

Utilizzare i bot per riparare automaticamente i servizi e informare le parti interessate su ciò che è accaduto. Ad esempio, un bot può rilevare errori in base alle notifiche in un canale specifico e riavviare automaticamente un servizio senza richiedere input umani. Il risanamento automatico è un altro modo per recuperare i tempi aumentando la produttività e garantendo una migliore esperienza utente.

25. Aggiornamenti di sistema in linea

I bot possono anche essere usati per trasformare messenger in un’interfaccia di chat per ticketing e altri sistemi di stato del lavoro. Gli utenti possono digitare semplici comandi per aggiornare direttamente i ticket all’interno del proprio strumento di chat. Un ulteriore vantaggio derivante dall’impostazione degli attributi in linea è che tutti possono, in seguito, vedere la cronologia delle operazioni, proprio nella cronologia della chat.

26. Diagnostica

Creare un bot e usare la messaggistica sul posto di lavoro per eseguire la diagnostica e pubblicare i risultati quando richiesto. Questi possono riferire in base a un orario programmato o possono essere attivati ​​su richiesta dell’utente. Questa funzionalità è utile sia per il monitoraggio di routine che per la risoluzione dei problemi.

27. Verificare lo stato di salute

I bot possono anche segnalare gli stati del sistema all’interno della piattaforma di messaggistica, fornendo collegamenti a dashboard pertinenti. Ciò è utile per controlli a campione e iniziative di automazione in corso per assicurarsi che tutto funzioni in modo ottimale e come progettato.

*Questo contenuto è stato liberamente tradotto da “27 things enterprises can learn from startups to increase productivity”.

rebranding marzo

Rebranding di marzo: OnePlus, BMW, Qvc e WINDTRE

  • Il restyling soft di OnePlus per comunicare in maniera più coerente con i propri consumatori
  • Dopo oltre 20 anni, il marchio BMW ha una nuova identità aziendale per la comunicazione online e offline
  • Qvc cambia volto dopo 10 anni con un logo in linea con i nuovi trend digitali
  • WINDTRE lancia il nuovo brand unico e si prepara alla sfida del 5G

 

Sono diverse le ragioni per cui un’azienda decide di attuare un processo di rebranding, prima fra tutte la necessità di comunicare meglio al pubblico i propri valori e la propria filosofia; ma anche la possibilità di emergere in un mercato sempre più saturo e creare un’esperienza costantemente positiva e di alta qualità tra il brand e i consumatori.

Scopriamo nel dettaglio le riprogettazioni del mese appena concluso.

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Il rebranding soft di OnePlus

Fondata nel 2013, OnePlus è diventata presto popolare per la progettazione, produzione e vendita al dettaglio del proprio smartphone.

La società con l’operazione rebranding intende assicurarsi che l’immagine e il messaggio siano più coerenti in tutti i punti di contatto. Le modifiche sono poche, infatti la composizione principale del logo rimane la stessa.

rebranding

“Sappiamo che la nostra community ama il nostro logo, quindi il nostro obiettivo era chiaro: mantenere il design generale risolvendo alcuni dei problemi che abbiamo identificato che renderebbero il nostro logo più accessibile a più persone” si legge sul loro forum.

In generale emerge un forte senso di fiducia che intende valorizzare ancora di più al posizionamento premium del brand.

Le modifiche hanno lo scopo principale di creare un’associazione chiara tra il logo e il marchio migliorando la leggibilità e la visibilità. Per raggiungere questo obiettivo, è stato aumentato lo spessore del logo, dando al numero 1 una curva in più per renderlo riconoscibile.

Rebranding di marzo: OnePlus, BMW, Qvc e WINDTRE

Un rebranding soft che prevede tra i piccoli ritocchi anche la rimozione del box dietro la parola “OnePlus”. Anche il peso dell’intero logo è stato rivisto per migliorare l’equilibrio generale.

Nella sua interezza, il logo è molto più bilanciato e uniforme. Il posizionamento sui vari punti di interazione appare giocoso, colorato e cool, con applicazioni interessanti e del tutto inaspettate.

Un’altra modifica sostanziale riguarda lo slogan, di cui è stato aggiornato lo stile e il carattere, avvicinando le lettere e scambiando le maiuscole con le minuscole.

Il rebranding è anche l’occasione per cambiare il carattere tipografico. Partendo da OnePlus Slate, altamente funzionale e versatile, sono stati inseriti una gamma di caratteri diversi per garantire una migliore esperienza di lettura per l’utente.

Tutti questi elementi sono stati combinati per ottenere un’immagine più coerente, unica e riconoscibile. Il risultato è un migliore utilizzo dei colori del marchio che trasmette una finitura audace ma di alta qualità, mantenendo un approccio visivo fresco e vivace.

BMW presenta il nuovo logo di comunicazione

Dopo oltre 20 anni, il marchio BMW ha una nuova identità aziendale per la comunicazione online e offline. Il nuovo logo segna il più grande cambiamento nel marchio dell’azienda da quando l’emblema iconico è stato introdotto nel 1917.

rebranding bmw

I loghi di comunicazione della casa automobilistica tedesca sono stati completamente rielaborati, con un nuovo logotipo e nuovi principi di progettazione. L’estetica è moderna e si ispira allo stile di tendenza ultra-minimalista e flat.

Il nuovo marchio BMW non delude le aspettative e lo stile visivo contemporaneo è adatto all’era digitale.

Il design è espressione dell’identità rivisitata del brand che pone il cliente al centro di tutte le attività. Ridotto e bidimensionale, trasmette apertura e chiarezza. BMW ritorna a un design più piatto ed elimina gli effetti e le ombre 3D molto datate.

“BMW sta diventando un marchio di relazione. Il nuovo logo di comunicazione è sinonimo di apertura e chiarezza” afferma Jens Thiemer, Vicepresidente senior per il cliente e il marchio BMW.

La versione trasparente del logo è un invito aperto ai clienti a unirsi al mondo BMW. Il cambiamento riflette la transizione dell’azienda dal centrarsi esclusivamente sul mondo automobilistico a quello della tecnologia e delle connessioni.

Un’identità orientata alle sfide e alle opportunità della digitalizzazione. Il logotipo ridisegnato esprime apertura e forza del carattere per garantire una presenza contemporanea, a prova di futuro, sia online che offline.

rebranding

Il cambiamento più grande è la perdita dello sfondo nero, che ha reso l’immagine di BMW così iconica ed elegante durante il corso del tempo. Questo nuovo contrasto ha destato subito lo stupore del pubblico, abituato al vecchio emblema, che è intervenuto sui social.

Il lancio globale del nuovo design è partito i primi di marzo e si completerà a maggio 2021. Il nuovo logo è un nuovo marchio multimediale e verrà utilizzato in aggiunta al logo esistente.

Sul loro sito è possibile scoprire il significato dell’emblema BMW e come il cambiamento del marchio si riflette nel nuovo logo di comunicazione.

Qvc cambia volto dopo 10 anni

Nel mese di marzo cambia aspetto anche Qvc. Presente in nove paesi, il retailer multimediale coinvolge ogni giorno milioni di acquirenti in un viaggio alla scoperta di nuovi marchi e prodotti: dagli oggetti per la casa all’abbigliamento, passando per bellezza, elettronica e gioielli.

Rebranding Qvc

La strategia di rebranding prevede il rinnovo del logo e dell’identità su tutte le piattaforme: TV, eshop e social.

Dopo aver analizzato le abitudini d’acquisto dei suoi consumatori, ormai sempre più multiscreen e mobile, Qvc ha creato un’immagine in linea con i nuovi trend digitali.

Al centro di tutto c’è il cliente sempre più informato e propenso ad adottare nuove tecnologie. Questa strategia è indirizzata a utenti sensibili al video storytelling che rappresenta lo strumento per scoprire e conoscere al meglio i prodotti dei loro desideri.

I nuovi elementi del rebranding di Qvc sono progettati per catturare l’attenzione già dallo schermo dello smartphone.

Il nuovo logo combina tre elementi geometrici: un quadrato che rappresenta i diversi schermi attraverso i quali i clienti entrano in contatto con il mondo Qvc; un cerchio che riflette l’idea di networking e di dialogo costante con i consumatori; una linea che fa eco e rimanda all’immagine di una porta aperta sulla vasta community del retailer, al contempo ricorda l’impugnatura di una lente di ingrandimento che simboleggia ricerca e innovazione.

Rebranding di marzo: OnePlus, BMW, Qvc e WINDTRE

Il risultato è una “Q” reinventata in un formato elegante e ottimizzato per dispositivi mobili e una combinazione di colori che sottolinea l’approccio social-first e shopping video di Qvc.

Il nuovo brand unico WINDTRE

WINDTRE lancia il nuovo brand unico e la nuova infrastruttura ‘Top Quality’ di ultima generazione per prepararsi alla sfida del 5G.

“Il lancio di WINDTRE in un unico nuovo marchio rappresenta una svolta decisiva per la nostra azienda, l’inizio di una nuova fase per i nostri clienti consumer e business” dichiara il Ceo Jeffrey Hedberg.

rebranding windtre

Sul sito corporate, così come su tutti gli altri principali touchpoint digitali dell’azienda, è online da marzo una pagina dedicata al brand unico che permette di esplorare la genesi del marchio, i suoi valori, la forza del suo network e la capillarità della sua rete vendita.

Il nuovo marchio consumer WINDTRE e la nuova veste grafica di WINDTRE Business puntano al concetto di tecnologia più vicina alla vita quotidiana delle persone. Forme arrotondate e liquide consolidano il posizionamento valoriale dell’azienda anche grazie al colore arancione, eredità del vecchio logo Wind.

Il risultato del rebranding è un vero e proprio mix tra i loghi precedenti delle aziende, da notare le striature che hanno contraddistinto il marchio TRE sin dalla sua nascita diventano più lineari e vengono applicate anche sulla W.

 

La nascita del nuovo brand unico WINDTRE è annunciata da una campagna media on air dai primi marzo. Il primo spot, diretto da Gabriele Muccino, proietta lo spettatore in una storia emozionante che descrive come la tecnologia possa avvicinare generazioni e riunire un gruppo di amici da tempo lontani. Tra gli storici brand ambassador ritroviamo Rosario Fiorello.

 

Il claim ‘molto più vicini’ è in linea con il posizionamento valoriale del marchio:

“Il ruolo di un’azienda di tlc come la nostra deve essere quello di facilitatore delle relazioni umane. Con il nuovo brand unico e l’infrastruttura mobile più grande d’Italia, potremo proporre nuove ed efficaci soluzioni commerciali, attraverso una rinnovata rete di negozi su tutto il territorio nazionale” afferma Gianluca Corti, Chief Commercial Officer.

tecnologia 4.0

Che cos’è la Robotica, spiegato con una mini-serie TV

  • “Societing4.0 – Che cosa sono le tecnologie 4.0″ è una miniserie per capire le principali tecnologie 4.0 (dalla Robotica all’Intelligenza Artificiale, dalla Stampa 3D alla Realtà Aumentata/Virtuale, dai Big Data all’Internet delle cose) e per dare maggiore consapevolezza e strumenti critici sulla loro applicazione a cittadini curiosi, PMI, studenti e insegnanti.
  • Per ciascuna tecnologia le telecamere dei giovani ricercatori entrano nei laboratori dell’Università Federico II dove sono studiate le tecnologie e dove sei luminari rispondono alle domande dei ragazzi, sotto la direzione scientifica del Professore Alex Giordano, tra i massimi esperti di trasformazione digitale in Italia.

I giovani ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli Federico II hanno intervistato Bruno Siciliano, Professore di Automatica presso il DIETI (Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione), Coordinatore del PRISMA Lab (Projects of Industrial and Service Robotics, Mechatronics and Automation) e Direttore del Centro ICAROS (Interdepartmental Center for Advances in Robotic Surgery).

Puoi guardare la video-intervista integrale sul portale di Rai Scuola a questo link.

Il Prof. Siciliano ritiene che sia necessario pensare alla robotica come una tecnologia di supporto all’uomo. Non c’è nulla di più falso di attribuire all’automazione la perdita di posti di lavoro, quelli che saranno sostituiti saranno lavori pericolosi, alienanti o ripetitivi”.

Un aspetto questo che suscita le preoccupazioni di chi vede in generale, nell’avvento delle tecnologie all’avanguardia, un problema e non un’opportunità per l’uomo. L’idea del Prof. è molto stimolante: Se pensiamo alla robotica, essa consentirà, da qui a qualche anno, una forma di nuovo umanesimo digitale, avremo molto più tempo per essere creativi, per pensare, per realizzare, e creare degli oggetti che possono portare al miglioramento della nostra vita”.

Una visione che vede certamente proficuo il rapporto tra uomo e tecnologia e aggiunge: “La scommessa della robotica e la sua direzione guardano verso dei sistemi sempre più intelligenti, grazie alla tecnologia e agli algoritmi di intelligenza artificiale che comunque saranno sempre il frutto dell’ingegno e della creatività di chi li ha progettati. È questa la vena creativa che rende la robotica così affascinante tra i giovani, da quelli che giocano col kit di Arduino e realizzano in casa un sistema di tipo artigianale, a quelli che sviluppano sistemi più avanzati”. Il suo pensiero infatti va ai giovani: Il mio compito da professore non è solo quello di formare ricercatori, ma anche quello di formare i giovani che saranno i futuri professionisti dell’economia del Paese”.

E a proposito di economia, il Prof. Siciliano pensa che la tecnologia, la robotica, nello specifico, possa essere d’aiuto anche alle piccole e medie imprese: La robotica è diventata di grande interesse per le piccole e medie imprese da circa 5 anni perché il robot può essere personalizzato in base alla particolare applicazione senza che l’operatore debba conoscere come programmarlo, dal momento che è possibile sviluppare un’applicazione in maniera intuitiva con un livello di intuitività pari all’utilizzo di uno smartphone. Tutto ciò sta diventando sempre più allettante per le piccole e medie imprese, perché con un investimento modesto che riguarda il costo della macchina e magari un costo di integrazione, installazione e manutenzione, l’operatore può eseguire delle lavorazioni utilizzando il cobot in maniera intuitiva alla stregua della robotica domestica”.

Alla domanda sulla possibilità di trovare un approccio mediterraneo alla robotica, il Prof. precisa: Il fatto che mi interessi di robotica e che lo faccia a Napoli, una città che allena alla complessità, ha permesso che fosse proprio la mia città e la sua gente a fornirmi ispirazioni per alcune delle idee più creative”.

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Approfondimenti

A cura dei giovani ricercatori dell’Università degli Studi di Napoli Federico II

La robotica è nata come quel settore dell’ingegneria che si occupa della realizzazione di macchine (robot) e dello sviluppo di metodologie che consentono a queste ultime di eseguire compiti specifici atti a riprodurre il lavoro umano in ambienti vari e per scopi diversi. Nella robotica confluiscono sia discipline scientifiche come l’elettronica, l’informatica, l’intelligenza artificiale, la meccatronica, la bioingegneria, le nanotecnologie, le neuroscienze, sia umanistiche come l’etica, la sociologia, la filosofia, la giurisprudenza, l’etologia e, pertanto, ha assunto via via la connotazione di una scienza interdisciplinare.

Uno dei manuali punti di riferimento del settore è il monumentale (229 gli autori coinvolti), “Springer Handbook of Robotics”. Il volume curato da due esperti di fama internazionale: il professor Bruno Siciliano, dell’Ateneo di Napoli Federico II e Oussama Khatib, dell’Università di Stanford, ha ottenuto il maggior riconoscimento per l’editoria scientifica: 2008 PROSE Award for Excellence in Physical Sciences & Mathematics. In un passo del manuale si prefigura tutta la portata della robotica che è: “fortemente coinvolta nelle sfide crescenti dei nuovi settori emergenti. Interagendo, esplorando e lavorando con gli umani, la nuova generazione di robot è destinata a entrare sempre di più in contatto con gli individui e le loro vite quotidiane”, costantemente alla ricerca di nuovi utilizzi e applicazioni “mirando a raggiungere e oltrepassare i limiti umani”.

La robotica attualmente rappresenta uno degli ambiti di maggiore investimento in termini di ricerca e costituisce, nell’interazione con altre tecnologie come i big data e l’intelligenza artificiale, il futuro dell’innovazione tecnologica o meglio dire il presente, dal momento che a detta di molti esperti tra cui il prof. Siciliano: “oggi, siamo nel pieno dell’era della robotica”.     

Esordi e cenni storici sulla Robotica

Ciò che definisce meglio la robotica nel suo progredire sta nella definizione di “connessione intelligente tra percezione e azione”. Grazie a sensori e attuatori i robot raccolgono informazioni dall’ambiente circostante, le elaborano e compiono le azioni utili a raggiungere i compiti loro assegnati. Questo tipo di “intelligenza” conferisce ai robot ampi margini di autonomia. Tali margini diventano sempre maggiori con l’avanzare della ricerca scientifica e della tecnologia, all’insegna di una storia che parte da lontano.

La prima tappa si colloca attorno al 1200, quando il matematico e ingegnere arabo Al-Jazari, primo pare ad aver realizzato macchinari dotati di forme umane, mise a punto un sistema con sembianze di donna per il lavaggio delle mani. Dall’automa cavaliere di Leonardo da Vinci (1495) alle Karakuri dolls, bambole meccaniche tradizionali del Giappone (XVII-XIX secolo) la storia dei robot si caratterizza per una dicotomia fondamentale: quella tra il bisogno dell’uomo di realizzare delle macchine utili e il sogno di replicare se stesso.

Il termine robot fu coniato nel 1920 dal commediografo ceco Karel Čapek nell’opera I robot universali di Rossum. Non ci deve sorprendere che la parola robot, (dal ceco robota, cioè lavoro esecutivo) sia comparsa per la prima volta nella sua accezione moderna in un’opera teatrale: per via della doppia faccia di questa tecnologia, tra ricerca di soluzioni di questioni meramente pratiche e  tentativo di forgiare un alter ego dell’uomo, essa ha stretto sin dall’inizio un legame indissolubile con l’immaginario collettivo. 

Dal teatro ai film, 2001: Odissea nello spazio, Blade Runner, fino ad arrivare al film d’animazione Wall-e, e non solo, i robot hanno popolato pagine di libri, serie tv e videogiochi. Il mondo dei media si è da sempre occupato del tema declinandolo in maniera diversa, contribuendo però il più delle volte a trasmettere una rappresentazione distopica delle società tecnologiche.

Nella storia recente, dal 1960 al 1980, la robotica si è andata affermando nel settore manifatturiero per via di una sempre maggiore automatizzazione dei processi produttivi

Nei decenni successivi, la nuova generazione di robot ha iniziato a esplorare pianeti, a compiere operazioni di salvataggio, a entrare nelle case per aiutare nelle faccende domestiche, in sala operatoria, nelle strade, addosso ai nostri corpi. “Viviamo in una nuova era robotica, un’era in cui i robot convivono con noi, ci aiutano, ci connettono, a volte ci sostituiscono”. Queste le parole del prof. Siciliano che aggiunge: “per quanto riguarda il futuro (che è alle porte) il trend principale sarà quello della robotica personale.”

Bill Gates, fondatore di Microsoft, in un articolo pubblicato nel 2006 su Scientific American, sostiene che la robotica, di lì a poco, sarebbe diventata l’hot topic del momento. L’articolo non a caso s’intitola “A robot in every home” e in esso Gates spiega la sua prospettiva riguardo i futuri sviluppi del settore. “Nonostante le difficoltà – scrive il fondatore di Microsoft – quando parlo con persone coinvolte nella robotica, siano essi ricercatori universitari, imprenditori, hobbysti o studenti delle superiori, il livello di eccitazione e aspettative mi ricorda incredibilmente dei tempi in cui Paul Allen e io osservavamo la convergenza delle nuove tecnologie e sognavamo un mondo in cui ci sarebbe stato un computer su ogni scrivania e in ogni casa. E guardando alle tendenze che ora stanno iniziando a confluire, non mi riesce difficile immaginare un futuro in cui i devices robotici diventeranno una componente praticamente ubiquitaria nelle nostre vite quotidiane”.     

LEGGI ANCHE: Vi spiego come la robotica può aiutare anche i manager a stare meglio in azienda

Service Robotics: il futuro (prossimo) della robotica e le implicazioni etiche

Per una tecnologia che promette di essere così diffusa, integrata e pervasiva nelle nostre vite i potenziali problemi non sono di certo pochi, né di poco conto: a tal proposito, centrale è il tema della sicurezza —si pensi ai pericoli fisici per gli individui a stretto contatto con questi dispositivi— e le diverse controversie etiche riguardanti l’utilizzo degli automi.

Tali questioni sono oggetto della roboetica, ovvero l’etica applicata ai robot. Nata ufficialmente in Italia, nel 2004 con il primo Simposio Internazionale di Roboetica, affronta una serie di argomenti che nascono dalla fondamentale differenza tra i robot e la maggior parte delle altre innovazioni: i robot infatti non sono soltanto oggetti tecnologici ma sono, sempre di più, ‘soggetti dotati di capacità decisionali‘. 

Durante il Simposio Internazionale di Roboetica, organizzato in collaborazione con la Scuola di Robotica e l’Arts Lab della scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Gianmarco Verruggio, scienziato robotico sperimentale, ha ideato il concetto di roboetica per indicare il “rapporto positivo che dovrebbe intercorrere fra progettista/produttore/utente di robot e queste macchine intelligenti. Non solo norme negative, dunque, ma la complessa relazione che collega gli umani ai loro artefatti intelligenti e autonomi”. Ciò che è emerso dal simposio a cui hanno partecipato filosofi, giuristi, sociologi, antropologi e scienziati robotici provenienti da Europa, Stati Uniti e Giappone, e che ancora oggi costituisce il nucleo di base della disciplina, è il dovere degli specialisti del settore di accrescere la consapevolezza del pubblico circa le problematiche legate all’utilizzo dei robot. Scopo della roboetica è quello di attuare una divulgazione estesa “affinché la società possa prendere parte attiva nel processo di creazione di una coscienza collettiva, in grado di individuare e prevenire un uso errato della tecnologia. La speranza è che si possa giungere a un’etica condivisa da tutte le culture, tutte le nazioni e le religioni, così che la costruzione e l’impiego di robot contro gli esseri umani sia considerato un crimine contro l’umanità”.

Una delle domande della roboetica riguarda la “titolarità della responsabilità” a proposito dell’eventuale errore o danno provocato da una macchina. In particolare, le inquietudini e le perplessità si moltiplicano con l’aumentare delle applicazioni degli automi in ambiti come l’assistenza medica, personale, la biorobotica e la robotica militare. 

Oggi, è evidente, la roboetica e le sue questioni costituiscono un tema di discussione centrale in una società in cui aumentano sempre di più le applicazioni dei robot in ambienti cosiddetti antropici, in coabitazione con gli esseri umani. È proprio per la natura della robotica, sostiene l’esperto Siciliano, per le molte questioni che solleva e per la varietà delle forme che essa può e potrà assumere nel futuro prossimo, che tale disciplina chiama in causa tutta una serie di studi e considerazioni diverse. L’ingegneria, l’informatica, la fisica, la biologia e anche la sociologia, la filosofia e la cultura d’impresa

Il PRISMA Lab

Da trentacinque anni il laboratorio PRISMA del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione della Federico II si occupa di progetti di robotica industriale e di servizio, meccatronica e automazione. Vincenzo Lippiello, professore associato di Automatica, racconta la storia del laboratorio, partendo dai primi robot entrati in loro possesso, dei COMAU di prima generazione, con cui si è perseguito l’intento di far progredire i sistemi di controllo di tali robot con tecniche di evoluzione sempre più avanzate.

Con il tempo la robotica è progredita verso tecnologie sempre più sofisticate, che hanno la capacità di misurare interazioni fisiche lungo tutta la propria struttura, percependo le forze con cui interagiscono. I robot presenti in laboratorio diventano sempre più piccoli e leggeri, sicuri e intelligenti.

Dal più conosciuto RoDyMan, piattaforma semi-umanoide, capace di manipolare oggetti deformabili grazie alla sua facoltà di comprendere quanta forza applicare durante il trattamento, a robot di piccole dimensioni che riescono a percepire il contatto non solo attraverso i loro bracci meccanici, ma anche attraverso la propria base, fino alla MERO Hand di Fanny Ficuciello, ricercatrice di Bioingegneria Industriale: progetto di una mano antropomorfa, soluzione di particolare rilievo e interesse nell’ambito della ricerca sulle protesi robotiche della mano.

Il PRISMA Lab si occupa anche di robotica aerea, disponendo di un’arena di volo a San Giovanni a Teduccio. Vanta una collaborazione con Eni, azienda che ha dimostrato interesse verso lo sviluppo di nuove tecnologie robotiche.

In particolare la ricerca si concentra sullo sviluppo di droni ibridi, composti da un multimotore, una base mobile e un braccio robotico per l’ispezione di impianti petrolchimici.

La musica del mondo è nella tua tasca!

YouTube vuole lanciare una sua applicazione in risposta a TikTok

  • YouTube sta pianificando il lancio di una funzione di condivisione video di breve durata entro la fine del 2020;
  • La funzione, chiamata “Shorts”, vivrà come un feed all’interno dell’applicazione mobile di YouTube esistente, il che significa che gli utenti potranno utilizzare la musica e le canzoni di YouTube su licenza;
  • TikTok si avvicina ai 2 miliardi di download in tutto il mondo. L’app è esplosa in popolarità e influenza, soprattutto come piattaforma per la Generazione Z basata sulla creatività e sulla community.

 

Secondo quanto riferito da diverse The Infrmation, YouTube sta pianificando di lanciare un’applicazione in-app rivale di TikTok per la condivisione di video virali. Si chiamerà Shorts e dovrebbe arrivare prima della fine del 2020.

La feature dovrebbe vivere all’interno della stessa applicazione mobile esistente di YouTube. A quanto è dato di capire, sembra che la funzionalità si ispiri al concetto di TikTok: un feed di video super-brevi che fungono da alternativa a vlog e clip più lunghi che appaiono su YouTube.

Con quasi 2 miliardi di download, TikTok è diventato il palcoscenico per la creatività da quando è stato lanciato nel settembre 2017. Meno di un anno dopo la piattaforma ha debutatto negli Stati Uniti, dove è diventato subito un must per i creator, che sentivano la mancanza di uno strumento simile a Vine dopo la decisione di Twitter ne aveva deciso la chiusura nel 2016.

Oggi quei video brevi, con la loro capacità di adattarsi ai temi più svariati, dal beauty alla salute, dall’intrattenimento all’educational, iniziano a rappresentare una vera e propria minaccia per YouTube, la condivisione di condivisione video più longeva.

LEGGI ANCHE: A casa con TikTok: al via le live streaming con artisti e creator

YouTube-TikTok

Come funzionerà la feature di YouTube

La scelta di mantenere i video all’interno dell’app madre, permetterà agli utenti di sfruttare la vasta libreria di musica e colonne sonore su licenza della piattaforma.

Ciò significa anche che YouTube non dovrà convincere gli utenti a scaricare un’altra app sui loro telefoni per utilizzare Shorts, e i creator che hanno accumulato milioni di iscritti sui canali YouTube esistenti non dovranno convincere la loro fanbase a migrare verso un’altra app per avere più contenuti.

YouTube Smartphone

Tutti alla rincorsa di TikTok

Altre aziende e startup con sede negli Stati Uniti hanno fatto diversi tentativi con le proprie app per imitare TikTok, ma nessuna è riuscita a raggiungere il livello di popolarità che TikTok ha raggiunto e sta continuando a costruire.

Anche Facebook ha rilasciato un concorrente di TikTok nel novembre 2018, Lasso, ma senza troppo clamore dal suo debutto. Il cofondatore di Vine ha lanciato un’app chiamata Byte all’inizio del 2020, che ha visto un certo successo iniziale nei numeri di download, ma non ha ancora dato vita a stelle di internet o a meme virali.

tedtalks

5 TED Talks da guardare se sei un Social Media Manager

  • Approfitta di questa pausa forzata e concentrati su come puoi migliorare il modo di lavorare online, creando giuste strategie
  • Ecco i 5 TED Talks che non puoi assolutamente perdere

 

Abbiamo selezionato cinque TED Talks che potranno ispirare e donare un po’ di ispirazione per sfruttare a pieno il vero potenziale dei social media, soprattutto in questi giorni sospesi, in cui ci ritroviamo a casa a dover fronteggiare una crisi, consigliare i clienti, gestire giorno per giorno le nostre attività, trasformando il nostro lavoro.

Può essere interessante, oggi forse più che mai, usare il nostro nuovo tempo libero per la formazione, per lavorare sul domani, pensare alla ripartenza e a cosa fare dopo, quando speriamo inizieremo a lasciarci piano piano tutto alle spalle. Ripensare al valore e al ruolo dei social media nella società.

A cosa dovrebbe prestare attenzione un social media marketer per migliorare il suo modo di lavorare online? Come riflettere sulle difficoltà e trovare soluzioni efficaci per le proprie strategie? Vediamo insieme i TED Talks che ci potranno aiutare a trovare delle risposte.

1. Veronica Civiero: “How social media can share energy”

LEGGI ANCHE: Come cambia il ruolo del social media manager in situazioni di emergenza.

Docente di digital marketing e social media nelle principali università italiane, Verona Civiero lavora per Facebook. Ha strutturato la sua strategy sulla forza positiva dei social media, considerati come veicoli di energia, forza, tenacia e resilienza.

In una realtà virtuale sempre più inquinata da fake news, pubblicità, haters e cyberbullismo, Veronica ci mostra in che modo e quanto questa vicinanza virtuale possa fare la differenza nel mondo offline. Facebook ha ridotto i 6 gradi di separazione della teoria di Frigyes Karinthy a 3,5. Oggi più che mai questo Talk risulta attuale.

2. Jennifer Golbeck: “Your social media likes expose more than you think”

Jennifer  Goldbeck è un’esperta di informatica capace di creare modelli per predire varie caratteristiche su tutto ciò di cui condividiamo dati e informazioni sui social media. L’interpretazione di questi dati si usa per semplificare il modo in cui gli utenti interagiscono fra loro, ma anche per scopi meno altruistici, senza che gli utenti abbiano alcun controllo. Si possono prevedere le preferenze politiche, il tipo di personalità, il genere, l’orientamento sessuale ecc.

Come i video virali, anche i “mi piace” si diffondono e contagiano altri utenti come una malattia grazie alla teoria sociologica dell’omofilia e ad altre teorie del comportamento. Qualcuno è in grado di ottenere molte informazioni su di noi. Non è forse arrivato il momento di segnalare agli utenti il rischio delle proprie scelte di  condivisione di certi dati e renderli consapevoli sul potere che hanno aziende come Facebook sulle nostre vite?

3. Ruby Bandiera: “Le 7 regole per vivere online”

Autore di libri su innovazione, tecnologia e comunicazione, Rudy Bandiera spiega come ottimizzare la propria presenza online. Siamo tutti online, ma siamo sicuri di conoscere le regole educative comuni per viverci bene?

L’effetto della disibinizione online permette di non sentirsi stressati nell’insultare e diffamare altre persone online, cosa che non sarebbe possibile fare dal vivo. Come ci possiamo proteggere da questi fenomeni? È importante curarsi di ciò che pensano gli altri ma solo di ciò che non giudica. Da questo assioma Bandiera declinca 7 regole per comunicare online in modo consapevole, educato ed efficace per i propri obiettivi, focalizzandosi sull’offrire un’esperienza positiva invece che chiedere qualcosa in cambio.

4. Simon Sinek: “How great leader inspire action”

Lo scrittore e saggista Simon Sinek affronta la questione della comunicazione online codificando il modello del cerchio d’oro, ossia il modo di agire e di comunicare dei grandi leader mondiali. Esso è diviso in tre aree come nella sezione di un cervello umano. Spesso le aziende e i leader comunicano spiegando cosa producono, poi come lo fanno e infine perché, mentre per essere efficaci è importante partire dal motivo per cui facciamo ciò che facciamo, che stimola direttamente la parte più antica del nostro cervello, che guarda caso si trova all’interno: il sistema limbico.

Questo è colui che ci fa prendere decisioni, ma non si esprime con il nostro linguaggio razionale. Le persone compreranno i nostri prodotti o servizi ispirati da ciò in cui crediamo e ci seguiranno più per la nostra capacità di essere guide ispirate da un sogno e da una forte fede piuttosto che leader con un piano preciso, ottime qualifiche e lauti finanziamenti.

LEGGI ANCHE: 7 Ted Talks che ogni social media marketer dovrebbe seguire

5. Raffaele Gaito: “Il segreto del successo è la pazienza”

In questo periodo di quarantena, forse potrà risultare utile rispolverare un’antica virtù: la pazienza. Il digitale, infatti, sembra averci portati a rincorrere la cosiddetta gratificazione istantanea, seguita spesso nei più giovani da problemi di scarsa autostima e scarsa capacità di attenzione. In questo ultimo video Raffaele Gaito, imprenditore digitale, punta i riflettori sull’arte della pazienza: la qualità che ci aiuterà a contrastare la smania di velocità e di scorciatoie verso il successo, che i social media sembrano aver più o meno consapevolmente alimentato.

Essa ci donerà 4 vantaggi, che speriamo potranno tornarci utili quando tutto questo sarà finito:

  • la tolleranza verso i propri errori;
  • il tempo per innamorarci del processo (lavorativamente parlando e sì, anche quello da casa);
  • la riflessione adeguata per prendere decisioni ponderate e
  • qualche lezione da imparare e portare con sé nel porci obiettivi a lungo termine.

Bonus TED Talks

Ma non poteva terminare qui questo elenco. Perché il mondo dei social media manager è un universo complesso, che non si ferma alle piattaforme e a come utilizzarle, ma spazia dalle visioni sul futuro delle tecnologie a quelle sul marketing e sulla sua evoluzione. Ecco perché abbiamo voluto aggiungere a questa lista altri due contenuti davvero Ninja.

Adele Savarese: “Onde Esponenziali”

Mirko Pallera: “Il nuovo paradigma del marketing trans-personale”

google my business covid 19

COVID-19: come gestire la chiusura temporanea delle schede di Google My Business

  • Google ha contrassegnato le schede GMB “temporaneamente chiuse”
  • I proprietari possono aggiornare le schede con le info suggerite
  • Intanto è aumentato il tempo necessario per l’assistenza e il supporto

 

Causa COVID-19,  “chiuse temporaneamente” o “chiuse definitivamente”, gettando nel panico moltissimi proprietari di attività e marketer.

A quanto si legge nei thread dei forum delle Community di Google My Business si tratterebbe di un’azione intrapresa dal motore di ricerca per verificare quali esercizi commerciali non aggiornano le informazioni relative alla propria attività da tempo, a maggior ragione dopo l’emergenza sanitaria. Sono sempre di più le persone che cercano online quali sono le attività aperte:

Aperto ora Google Trends

Google vuole lasciare spazio alle attività aperte, per aiutare le aziende, ma soprattutto gli utenti che vogliono usufruire del prodotto o del servizio.

La cura della scheda è da sempre fondamentale, ma in questo periodo di emergenza è molto utile fornire informazioni accurate, perché possono risultare molto preziose per i potenziali fornitori o clienti.

Per definire la chiusura di un’attività la società ha affermato sfruttare i dati ricevuti dalle fonti autorevoli, come ad esempio i governi nazionali, le amministrazioni locali, le organizzazioni non-profit, le istituzioni educative, etc. Alla fine dell’emergenza, questo status verrà tolto in automatico tuttavia, in qualsiasi momento, la singola attività può collegarsi al pannello di controllo e riaprirla immediatamente.

Perché è un problema avere la scheda “chiusa”? Contrassegnare la scheda con questo status può causare la perdita di traffico, ranking e visibilità. Una volta riaperta la scheda riacquisterà il proprio posizionamento, seppur con qualche fluttuazione iniziale.

LEGGI ANCHE: Cos’è Google My Business e come funziona

Google My Business vs covid19

Quali sono le modifiche da fare sulla scheda?

Riaprire la scheda Google My Business

In caso la scheda risultasse “chiusa definitivamente” riaprite la sede della vostra attività, cliccando sul messaggio che appare nella tab “informazioni”. Successivamente segnalarla come “chiusa temporaneamente” (nel caso l’attività sia soggetta a chiusura a causa dell’ordinanza), oppure lasciare aperta segnalando le variazioni.

Scheda GMB chiusa

Modificare gli orari dell’attività

Se il vostro orario di lavoro è cambiato modificatelo, in modo che i clienti sappiano se la vostra attività è normalmente aperta o usufruisce di orari ridotti (orari speciali). Se gestite molte località, potete utilizzare il caricamento collettivo o utilizzare l’API Google My Business.

orari speciali GMB

 

Gestire le informazioni personali

Spiegate se la vostra attività è influenzata dall’emergenza sanitaria: grazie agli attributi e alla descrizione potete condividere informazioni su eventuali precauzioni extra che la vostra azienda sta prendendo, come lavorare a porte chiuse e passare al take away, oppure se state riscontrando ritardi nelle consegne.

descrizione GMB

 

Creare uno o più post di aggiornamento

Condividi gli aggiornamenti più dettagliati e tempestivi sulle scelte intraprese dall’attività, tramite dei post: in questo modo sarà più chiaro se il business è aperto e come opera in questo periodo.

Google ha anche lanciato una nuova tipologia di post dedicata al COVID-19, che al momento è solo testuale, ma non è escluso che possa subire variazioni nel corso delle prossime settimane.

Vi suggerisco di creare un messaggio formale, comprensivo di recapiti, ad esempio “In ottemperanza al DPCM dell’11 marzo 2020 e fino a cessata emergenza operiamo a porte chiuse. Contattateci al numero xxxxxxx”.

Attualmente questa tipologia di post sarà disponibile per 14 giorni, ma potrà variarne la durata in base alle effettive necessità dipendenti dal virus. Ad esempio, Fastweb ha lanciato questo messaggio:

Fastweb Coronavirus

LEGGI ANCHE: Cinque consigli per affrontare l’emergenza coronavirus

Le modifiche su Google My Business sono immediate?

Come affermato da Google, verrà data precedenza alla modifica delle schede delle attività relative alla salute, in secondo luogo alle modifiche essenziali, ovvero relative agli orari, allo status, alle descrizioni e agli attributi, delle restanti attività verificate.

Queste modifiche potrebbero subire ritardi, ulteriori a tre giorni. In seguito alla riduzione del team di assistenza di Google, a causa della situazione, infatti, è aumentato il tempo necessario per l’assistenza, come riportato ufficialmente da Google nella pagina di supporto.

Le recensioni e le domande, invece, non saranno disponibili per tutto questo periodo. Vista la costante variabilità della situazione raccomandiamo di verificare gli aggiornamenti sull’argomento sulla pagina del Centro Assistenza.

Bonus Pubblicità: cosa cambia con il decreto Cura Italia e quali sono le opportunità per il tuo business

  • Il Bonus Pubblicità è una interessante agevolazione fiscale per le aziende e il decreto Cura Italia introdotto in occasione dell’emergenza Covid-19 ha introdotto alcune novità;
  • Il bonus pubblicità viene ora concesso sul 30% dell’intero investimento effettuato nel 2020. Ecco tutti i dettagli.

 

Creato con la Legge di Bilancio del 2018, il Bonus Pubblicità offre interessanti agevolazioni fiscali ad organizzazioni e professionisti che decidono di investire in campagne pubblicitarie per raggiungere i propri obiettivi di comunicazione e business.

Infatti aziende, enti non commerciali o lavoratori autonomi che pianificano advertising su testate anche online, televisioni, radio possono richiedere un’agevolazione erogata sotto forma di credito d’imposta corrispondente al 75% della spesa incrementale sostenuta in pubblicità rispetto all’anno passato.

L’investimento pubblicitario deve superare almeno dell’1% l’importo investito nell’anno precedente.

Naturalmente, il credito d’imposta si ferma alle spese relative alla pura pianificazione di campagne: non sono ammesse spese accessorie o spese per advertising su piattaforme digitali che non siano testate editoriali, come ad esempio i social media.

Tutti i titolari di partita iva possono beneficiarne: dalla grande azienda multinazionale con sede in Italia all’agenzia di comunicazione, dal consulente libero professionista all’esercente commerciale, dalle aziende industriali a quelle agricole di cui è costellato il nostro paese. 

LEGGI ANCHE: Il Coronavirus ci obbliga ad accelerare e così la digital transformation diventa virale

Cosa cambia per il Bonus Pubblicità con il Cura Italia

L’emergenza Coronavirus ha imposto cambiamenti sostanziali per sostenere anche la ripresa delle aziende dopo questo periodo di stasi: infatti l’articolo 98 del decreto legge del 16 marzo 2020 apporta modifiche eccezionali al Bonus Pubblicità valide solo per il 2020.

I cambiamenti principali che abbiamo individuato sono due: 

  • Il bonus pubblicità viene concesso sul 30% dell’intero investimento effettuato nel 2020 e non più sul 75% del valore incrementale dall’anno precedente. L’investimento deve essere sempre di almeno l’1% rispetto all’anno precedente e il limite di spesa è di 27,5 milioni di euro. Quindi a fronte di un investimento in pubblicità di € 10.000 + IVA per una campagna su una testata editoriale online, un’azienda potrà diminuire le proprie imposte di € 3.000 + IVA.
  • Le nuove domande potranno essere presentate online sul sito dell’Agenzia delle Entrate tra il 1° ed il 30 settembre 2020. Restano valide quelle già presentate nel mese di marzo 2020. Periodo e scadenze cambiano in via eccezionale e solo per quest’anno.

Come richiedere il Bonus Pubblicità

Le aziende e i professionisti potranno fare domanda accedendo ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Come prima cosa, andrà caricata il documento di “Comunicazione per l’accesso al credito d’imposta”  prevista dall’articolo 5, comma 1, del D.P.C.M. n. 90 del 2018, che illustra i dati degli investimenti pubblicitari da realizzare nell’anno di riferimento (o già realizzati) per il quale si chiede l’agevolazione. A questo link è possibile scaricare il modello per presentare la propria richiesta. 

Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria elabora l’elenco dei soggetti che hanno fatto domanda. 

Dal 1° al 31 gennaio dell’anno successivo è necessario inviare la “Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati”, ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l’effettiva realizzazione degli investimenti realizzati nell’anno presentati e che gli stessi soddisfano i requisiti di cui all’articolo 3 del D.P.C.M. n. 90 del 2018.

Dopo questo passaggio, sarà pubblicato sul sito del Dipartimento l’elenco dei soggetti ammessi: chi risulterà idoneo potrà usare il credito d’imposta dopo il quinto giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del provvedimento di ammissione, solo in compensazione con il modello F24 che deve essere presentato sempre attraverso i canali online dell’Agenzia delle entrate. Attenzione: se l’investimento è consistente e la somma supera i € 150.000, sarà necessario attendere una comunicazione di abilitazione.

Il Coronavirus ci obbliga ad accelerare e così la digital transformation diventa virale

  • L’epidemia ci ha costretti a fermarci ma anche ad accelerare, per dare una risposta nuova alla sfida della produttività da casa;
  • Smart working, telelavoro, videoconferenze ed eLearning sono diventati gli strumenti più utili per fronteggiare l’emergenza e hanno dato una scossa alla digital transformation.

 

È venerdì mattina e come ogni venerdì mattina suona la sveglia, ma è venerdì e sorridi pensando al weekend, al carnevale. Davanti al primo caffè della giornata, come di consueto, apri il tablet controlli l’agenda del lavoro e quella personale, poi apri un quotidiano online per i soliti aggiornamenti tra economia, cultura, sport e cronaca.

Il Coronavirus è argomento che tiene banco da qualche tempo, preoccupa, in parte inquieta ma Wuhan è distante. Tante polemiche, tanto razzismo, tanta disinformazione, tanti luoghi comuni.

Pensi a come la loro economia stia risentendo di una situazione da film apocalittico, di come le persone siano obbligate a non uscire e a non avere contatti, a come le aziende abbiano modificato le loro organizzazioni per continuare a produrre, non cedendo allo stato di immobilismo creato dal virus stesso.

Per un attimo ribalti la situazione di Wuhan qua, per un attimo fai un parallelismo, come gestiremmo la situazione qui in Italia?

Inizi a pensare a delle soluzioni ma ti fermi, non è qui.

Non è così.

coronavirus digital transformation

Venerdì 21 Febbraio 2020

È venerdì 21 febbraio, mattina, il Coronavirus, non più distante, è a pochi km da te.

In un attimo cambia tutto.

La notizia si diffonde, inizia il tam tam mediatico in pochissimo tempo si parla di contagi che salgono, ospedali al collasso, zone rosse, zone gialle, quarantena, isolamento, chiusura di uffici, scuole, esercizi pubblici.

Si blocca la provincia di Lodi, in poco tempo si blocca la zona metropolitana di Milano, si blocca una regione si blocca una nazione.

Evitare gli assembramenti! Provvedimento doveroso, precauzionalmente corretto ma le conseguenze sono altrettanto importanti.

L’economia italiana, in generale, è composta primariamente da piccole e medie aziende (anche di grandi aziende, in minoranza). Nella zona del primo focolaio, il lodigiano, l’economia è composta primariamente da aziende legate all’agricoltura.

La Lombardia traina gran parte dell’economia italiana insieme alle altre regioni del nord, anche loro rallentate, fermate.

Come affrontare uno stop così pesante? Come garantire continuità lavorativa?

Le persone entrano nel panico, non vogliono raggiungere il posto di lavoro, non prendono i mezzi pubblici, anzi è il governo che invita tutte le imprese a fermarsi, invita le persone a non uscire di casa.

Stop. Fermiamoci. Ma il nord produttivo, come dicono spesso, si sa non si ferma.

Non si ferma per mentalità, per orgoglio, per deformazione professionale perché il passato agricolo legato al sacrificio è sempre vivo.

Non si ferma la produttività, intendiamoci, nel rispetto delle regole imposte dal governo.

Ecco che l’emergenza virus diventa un’occasione da cogliere, se il virus blocca gli spostamenti e svuota gli uffici, la tecnologia è pronta per essere messa sotto stress e diventare essa stessa virale.

Ecco che in meno di due giorni, il weekend per intenderci, cambia la mentalità, cambia la prospettiva. Parte la rivoluzione culturale.

Perché la digital transformation è innanzitutto questo, cambiare prospettiva.

smart working consigli

E quale occasione migliore se non un’emergenza di questo tipo, per poter assimilare e interiorizzare un cambio culturale che stavamo faticando a recepire?

Nei settori produttivi ove ciò è possibile.

In un weekend le aziende attivano in poco tempo:

  • Smartworking
  • Telelavoro
  • Task force tramite chat
  • Videoconferenze

Si creano VPN, desktop remoti, si configurano pc, si testano connessioni lo si fa in estrema naturalezza e non lo fanno solo i manutentori delle infrastrutture IT lo fanno direttamente le risorse interne alle aziende, quelle che nella quotidianità non hanno mai creato un tunnel vpn.

Perché la digital transformation parte dalla consapevolezza interna delle persone, dall’accettazione del cambiamento come naturale, dalla presa di coscienza che certe digital skill si apprendono anche senza averle già nel proprio background, che una volta apprese aprono le porte al cambiamento e la tecnologia ci segue, si adatta a noi e non viceversa.

LEGGI ANCHE: La Digital Transformation dovrebbe partire dalle risorse umane per essere vincente

Come il digital è diventato virale?

Smart working

Al fine di limitare i contatti e gli assembramenti i datori sono invitati ad attivare, velocemente, la modalità di lavoro smartworking anche in assenza di accordo individuale (DPCM 11 Marzo 2020).

È importante la continuità lavorativa in un momento così difficile per evitare che le aziende vadano in crisi.

Secondo l’art. 2, c.1, lett. r) del DPCM 8/03/2020, è possibile applicare lo smart working, senza ricorrere all’accordo di cui alla Legge 81/2017, per tutta la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020. Lo stato di emergenza dovuto a coronavirus, ha una durata di 6 mesi decorrenti dal 31 gennaio 2020. Ne consegue che il termine ultimo per la durata degli smart working non può essere superiore al 31/07/2020 (ossia la scadenza dei 6 mesi).

Salva la deroga dell’accordo individuale, rimangono tutti gli altri adempimenti legati all’attivazione dello smart working individuati dalla Legge 81/2017.

Al fine di semplificare questo adempimento, vista la particolarità del periodo in corso, il DPCM 8/03/2020 prevede che quest’obbligo “possa essere assolto in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile dall’INAIL”. Invece l’accordo individuale può essere sostituito con una semplice lettera da consegnare ai lavoratori e da un file excel. Quest’ultimo va inoltrato al Ministero del lavoro con la procedura telematica (Fonte: lavorofacile.it).

Formazione aziendale/professionale a distanza

In un periodo di limitata mobilità e di riduzione del contatto sociale la formazione tradizionale, in aula, viene messa da parte per lasciare spazio alla formazione in modalità e-learning.

Consulenti del Lavoro, Commercialisti e professionisti in genere che necessitano di formazione aggiornata e costante possono continuare a formarsi, anche in questo momento difficile. Possono fare rete, porre quesiti e confrontarsi con gli esperti del settore e dare quindi continuità al loro lavoro e risposte alle aziende.

Non solo formazione per l’aggiornamento professionale normativo, ma anche formazione per sviluppare le digital skill, ora che oltre ad apprenderle, si possono da subito provare direttamente sul campo.

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Formazione a distanza digital transformation coronavirus

Meeting online

Riunioni vietate, ma call e meeting online sono forse gli strumenti che da più tempo fanno parte della nostra routine lavorativa.

È possibile organizzare e partecipare alle riunioni in un click via web.

Sono tool davvero molto evoluti, che vanno ben oltre la semplice telefonata, si possono condividere schermi e lavorare su documenti a più mani, da più pc.

Cloud

Il cloud, i nostri dati dove e come vogliamo i server online ci salvano in questo periodo di difficoltà.

Le informazioni organizzate in un unico punto, raggiungibile anche all’esterno dell’aziende, permettono una corretta circolazione delle informazioni e un processo lavorativo continuo e condiviso.

Le software house che hanno investito in questa direzione stanno oggi dando un servizio di valore aggiunto, aiutando i loro clienti a recuperare documentazione e a condividerla in libertà e sicurezza (da qualsiasi dispositivo).

Tele-assistenza

In un momento così delicato l’utilizzo di strumenti di teleassistenza consente alle aziende di potersi affiancare ai propri clienti dando supporto tecnico e pratico senza la presenza fisica dell’operatore.

La configurazione di un pc, di un server può avvenire a distanza così come il supporto sui macchinari.

Scuola Online

Le scuole di ogni genere e grado sono chiuse. Le università sono quelle che da tempo hanno adottato strumenti di distance learning e, quindi, quelle che in meno tempo e con un minor sforzo hanno potuto dare continuità alla didattica.

Discorso differente per primarie, medie e superiori.

Ogni scuola si è organizzata autonomamente, chi con video su YouTube, chi con video sui social, chi con Skype ma c’è chi ha osato utilizzando strumenti evoluti quali Google Classroom o WeSchool di Tim.

La scuola online è un tema delicato, spesso gli studenti della primaria necessitano di un affiancamento costante di un adulto che molto probabilmente sarà accanto al figlio, in smartworking e quindi impegnato nella sua attività lavorativa.

Il nostro sistema scolastico è pronto per essere digitalizzato ma, forse non è pronto per organizzarsi in così poco tempo.

Le Università da diversi anni utilizzano sistemi di insegnamento a distanza, con ottimi risultati e con soddisfazione alta degli utenti.

Primarie, medie e superiore hanno più che altro sperimentato pillole di insegnamento online, per un periodo limitato ma mai per un periodo di emergenza così prolungato nel tempo (salvo piccole eccezioni).

Grazie alle iniziative promosse dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica e l’Agenzia per l’Italia digitale, è stata creata una bellissima iniziativa denominata “solidarietà digitale” attraverso la quale le aziende, privati e associazioni mettono a disposizione servizi tecnologici gratuiti per affrontare al meglio l’emergenza.

Tra questi servizi si annoverano anche strumenti per la didattica a distanza, utili anche per le scuole di grado inferiore.

Il 26 Marzo la minstra dell’Istruzione Azzolina, ha affermato che la didattica ha distanza ha raggiunto più di 6,7 milioni di alunni e che il 67% delle scuole che hanno attivato l’attività a distanza, prevede per essa specifiche forme di valutazione.

L’89% delle scuole ha anche predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con disabilità. Il 48% delle scuole ha svolto riunioni degli organi collegiali a distanza. Per spingerla ulteriormente sono stati stanziati 85 milioni (Fonte: Ilsole24ore).

Scuola online

Scuola online digital transformation coronavirus

Solidarietà digitale

Alla luce degli aggiornamenti contenuti nel Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020, che amplia le zone soggette a restrizioni per le misure di emergenza sanitaria a contrasto della diffusione del Coronavirus (SARS-CoV-2), MID e AGID hanno trovato un accordo aziende e associazioni per consentire a queste ultime di mettere a disposizione servizi gratuiti utili a:

  • Agevolare il lavoro da remoto, con connettività veloce e attraverso corrette piattaforme di Smart working;
  • Promuovere la didattica a distanza nelle scuole (su consiglio del MIUR);
  • Permettere lo svolgimento della vita quotidiana come: fare la spesa, attività sportiva, vita politica o religiosa;
  • Permettere la lettura di libri e quotidiani tramite smartphone o tablet.

A questa iniziativa possono partecipare tutte le aziende, che erogano servizi digitali, da fornire gratuitamente per un periodo limitato di tempo a tutta la popolazione.

Tutti i cittadini italiani possono usufruire dell’iniziativa.

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E-Salute e Telemedicina

I medici si stanno attrezzando per contattare virtualmente i pazienti in quarantena domiciliare, per poterli assistere anche a distanza, soprattutto in un momento in cui la sanità è al collasso e tutto il personale medico sanitario è impegnato h24 per affrontare l’emergenza.

La tecnologia ci viene incontro anche per istituire task force tra medici, scienziati e ricercatori. Analizzare i dati del contagio, attraverso evoluti sistemi di Intelligenza Artificiale, aiuterà gli addetti ai lavori a comprendere come il virus muta e si comporta e per prevedere quali cure sono più efficaci.

Come riporta il Mise, partono i nuovi incentivi previsti dal Decreto #CuraItalia per la produzione e fornitura di dispositivi medici e di protezione individuale per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19.

In tutto 50 milioni di euro per sostenere le aziende italiane che vogliono ampliare o riconvertire la propria attività per produrre ventilatori, mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza.

Si tratta di risorse che, rientrando nel regime degli aiuti di Stato, sono state autorizzate in meno di 48 ore dalla Commissione europea, dopo che la scorsa settimana il Ministero dello Sviluppo economico aveva immediatamente notificato alla Ue la misura introdotta nel Dl Cura Italia, in modo da consentirne un veloce utilizzo.

Problemi di Connessione

La viralità della DT ha certamente evidenziato evidenti problemi di stabilità della connessione, di copertura della connessione sul territorio nazionale e di saturazione delle reti dati.

Le nostre reti non erano pronte ad uno smart working forzato e di massa.

Secondo una ricerca della giornalista Manuela Gabbanelli, circa 11 milioni di italiani si trovano a lavorare da casa in assenza di connessione.

Questo è un tema importante e cha va affrontato subito. Essere pronti a remotizzare il lavoro passa anche da connettività efficaci ed efficienti.

In questo l’Italia sembra essere ancora indietro rispetto agli altri paesi europei.

Il commissario UE per il mercato interno per evitare il sovraccarico di rete, ha alle piattaforme di streaming video di non utilizzare l’alta definizione in questo periodo. Netflix ha risposto riducendo la definizione dei suoi contenuti per circa 30 giorni, lo stesso ha fatto Youtube.

La viralità non convenzionale della digital transformation

L’Italia in questa emergenza si è dimostrata pessima per alcuni comportamenti irrispettosi e irresponsabili ma, come sempre, ha mostrato il suo lato creativo e pragmatico.

Sono nate differenti iniziative che hanno portato la digitalizzazione e la tecnologia in settori dove la socialità e l’aggregazione sono il punto forte.

Ristoranti o servizi di ristorazione

Le attività di ristorazione, bar, locali sono stati duramente colpiti dalle misure restrittive, emanate dal Governo, e si sono attivate per trovare nuove modalità di lavoro.

Menù smartworking, ordina su whatsapp e ricevi il tuo smartlunch a domicilio, chiusi al pubblico attivi direttamente da te: queste alcune delle iniziative intraprese da bar, ristoranti e locali.

La consegna? Rigorosamente con guanti, mascherina e distanza di sicurezza.

Supporto psicologico online

Iniziativa di Luca Mazzucchelli per dare supporto alla prima zona rossa del lodigiano, quelli che sono stati subito “chiusi” per 15 giorni al fine di contenere il contagio.

Un utile supporto per chi ha visto cambiare la sua vita in poco tempo.

Sport online

Palestre e centri sportivi chiusi, ma l’allenamento non è compromesso!

Sono numerose le iniziate legate alle lezioni online, ai workout personalizzati, alle sessioni di allenamento via skype, zoom ecc.

I coach analizzano le attrezzature a disposizione e creano il corretto mix di esercizi. Il tutto diventa virale, perché la socialità fisica è inibita, ma la socialità virtuale no.

Ecco che quindi i centri sportivi spingono a condividere l’allenamento, a mostrarsi attivi nonostante il virus tenda invece a collocarci sul divano.

Spesa OnLine

Qui nulla di nuovo ma solo un’impennata di richiesta di consegne a domicilio che hanno stressato il sistema portandolo in alcuni casi al collasso. Esselunga, Amazon, Carrefour e Bennet ecc si sono trovate subissate di richieste.

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Cambiamenti digital transformation coronavirus

Quando cambiamento vuol dire digital transformation

La grave situazione di emergenza sanitaria che si è abbattuta sull’Italia ha rivoluzionato, in poco tempo, il tempo di vita e il tempo di lavoro di tutti gli italiani. Ha però evidenziato quanto siamo capaci di adattarci velocemente ai cambiamenti, sfruttando la tecnologia in modo attivo e non passivo.

Questo passaggio mostra un forte cambio culturale, quello necessario per intraprendere il percorso di digitalizzazione.

Nella crisi ci siamo trasformati, abbiamo appreso nuove skill digitali ci siamo evoluti e se il virus ci ha chiuso nelle nostre case (#iorestoacasa) la tecnologia ci ha aperto verso nuove frontiere. Verso un nuovo modo di lavorare.

In un modo o in un altro, usciremo da questa crisi cambiati.

Certamente la tecnologia non avrà aiutato la maggior parte delle attività che hanno un contatto, quasi esclusivo, con il pubblico. Il danno economico rimane, quello non si cancella ed è anche grande.

Il governo deve vigilare e intervenire subito, con interventi reali a sostegno dell’economia, delle imprese e delle famiglie.

L’Europa deve fare cerchio su questa situazione, tutelare il mercato interno, tutelare le persone.

Gli altri siamo noi, non solo uno spot ma una vera attualità.

msd italia

MSD Italia dona tecnologie e strumenti per supportare le Istituzioni Italiane nell’emergenza COVID-19

MSD Italia si schiera al fianco delle Istituzioni italiane con la donazione di tecnologie e strumenti che consentono il monitoraggio, il trattamento e il controllo dei pazienti cronici da remoto per un valore di mercato fino a 1,5 milioni di euro.

“Come ricordato dal Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro – ha dichiara Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore di MSD Italia – se vogliamo che la curva dei contagi scenda, dobbiamo fare in modo che le misure di distanziamento sociale funzionino anche grazie al supporto fondamentale che le nuove tecnologie di telemedicina e tecno-assistenza sono in grado di garantire grazie alla possibilità, per il paziente, di farsi curare da casa”.

msd italia

Gli strumenti per fronteggiare l’emergenza

L’emergenza sanitaria creata dalla pandemia del coronavirus sta generando una serie di pericolosi corollari, tra i quali la difficoltà di accesso alle strutture ospedaliere e territoriali da parte dei pazienti, soprattutto quelli più fragili, anziani, cronici e con comorbidità. Difficoltà di accesso che riguardano anche la medicina generale, primo punto di ingresso dei pazienti italiani alle prestazioni e servizi sanitari, come più volte segnalato sia dalla FIMMG che dalla SIMG.

Ma oltre alla difficoltà di accesso, c’è un aspetto ancor più grave. È il sacrificio di tante vite umane – trentanove tra medici specialisti e di famiglia – vittime del contagio da coronavirus.

Strumenti come il telemonitoraggio domiciliare, il consulto a distanza, il video consulto – come recentemente dichiarato dal Segretario Generale Nazionale della FIMMG Silvestro Scotti – possono servire a fermare questa strage. La criticità dei sistemi di telemonitoraggio domiciliare e di tecnoassistenza è stata opportunamente rilevata anche dal progetto “Innova per l’Italia”, recentemente lanciato dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, insieme al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, al Ministro dell’Università e Ricerca Gaetano Manfredi e a Invitalia, a sostegno della struttura del Commissario Straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri.

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msd italia

La donazione nasce da una peculiarità distintiva del Gruppo MSD Italia al cui interno opera la società Vree Health, azienda leader nella progettazione, sviluppo e commercializzazione di servizi innovativi e soluzioni di Connected Health per migliorare la qualità di vita e la salute dei pazienti.

Le piattaforme, le app e i kit di telemonitoraggio con device certificati consentono soluzioni di Disease Management in grado di assistere il paziente cronico e supportare il medico nel monitoraggio costante dello stato di salute e nella migliore gestione delle condizioni cliniche.

“MSD Italia – prosegue Nicoletta Luppi – ha deciso di rispondere alla call for action del Governo con un atto di responsabilità sociale che è nel DNA della nostra Azienda. Vogliamo offrire un contributo distintivo e coerente con le richieste del nostro Governo e annunceremo presto i primi
soggetti istituzionali beneficiari della nostra donazione. Il contributo che MSD Italia intende offrire non si esaurisce con questa significativa donazione che rappresenta solo il primo sprint di una ‘maratona di donazioni’ per testimoniare la vicinanza della nostra Azienda al Sistema Paese in questa grave situazione di emergenza sanitaria, sociale ed economica”.

documentari-food

Storie di cibo e sostenibilità: 10 documentari sul food che dovresti vedere

  • Il cibo è portatore di valori culturali in declino a causa del mercato alimentare globale 
  • Molti registi hanno raccontato nei loro documentari come l’industrializzazione stia distruggendo la biodiversità nel food
  • Una panoramica sulle questioni più dibattute sul tema, passando attraverso dieci documentari recenti

 

“Siamo ciò che mangiamo”, in questo momento storico forse più che mai. Il cibo è senza ombra di dubbio uno dei topic più discussi del momento, spesso al centro non solo della nostra tavola, ma anche delle nostre conversazioni, online e non.

Non si tratta di una mera questione di nutrizione, il food è cultura e aggregazione. Le tradizioni culinarie locali che si tramandano di generazione in generazione raccontano la storia dei popoli e dei territori in cui sono radicate.

Negli anni, però, le regole dettate dal mercato globale hanno dato il via a un progressivo e sempre più rapido impoverimento dei valori della tradizione e della diversità culturale, in uno scenario in cui l’operato delle piccole comunità locali è asservito alle grandi multinazionali.

Quando ogni forma di contatto tra il consumatore finale e la provenienza di ciò che mangia sembra svanire; le tradizioni culinarie locali diventano sempre più un patrimonio a rischio estinzione, da difendere ad ogni costo.

Food, cinema e vita vera

Da dove arrivano e come vengono prodotti gli alimenti ogni giorno sulle nostre tavole? Qual è l’impatto di ciò che mangiamo sul nostro organismo e sul pianeta?

A queste domande hanno cercato di rispondere molti registi che si sono interrogati sul legame tra il cibo e i consumatori, alcuni approfondendone l’aspetto sociologico, altri dando ai loro film la forma di un’inchiesta di taglio giornalistico.

Ecco una rassegna di dieci documentari a tema food che offrono punti di vista diversi, talvolta anche divergenti tra loro, sulle questioni riguardanti l’industria alimentare in relazione alla salute degli individui e alla sostenibilità ambientale.

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Food Inc. (2008) – Robert Kenner

Candidato all’Oscar come miglior documentario nel 2010, Food Inc. è un film diretto dal regista e autore televisivo Robert Kenner, che pone sotto analisi il sistema produttivo alimentare su vasta scala negli Stati Uniti (e quindi, per ovvie ragioni, interessa tutto il mondo occidentale).

Negli ultimi 50 anni il nostro modo di nutrirci è cambiato più di quanto non sia avvenuto in 10 mila anni, eppure per vendere i prodotti alimentari ci si serve dell’immagine di un mondo rurale e agreste.

Kenner esordisce puntando il dito contro la comunicazione fuorviante e distorta del prodotto alimentare che arriva al consumatore finale.

Con l’obiettivo di tirare su il “sipario” che viene interposto tra noi e il luogo di provenienza di ciò che mangiamo, Food Inc. pone sotto accusa lo strapotere dei colossi dell’industria alimentare, consolidato grazie all’impiego di manodopera a basso costo e materie prime scadenti, che porta sul mercato prodotti omologati ed economici che sono spesso tra le poche alternative abbordabili per molte famiglie americane a basso reddito.

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COWSPIRACY (2014) – Kip Andersen, Keegan Kuhn

Disponibile su Netflix, Cowspiracy è il primo, ma non l’unico, frutto di una collaborazione tra i due registi californiani Kip Andersen e Keegan Kuhn.

Il progetto nasce dal basso grazie a una campagna di crowfounding lanciata dai due film maker, per poi catturare le attenzioni di Leonardo Di Caprio, che dopo poco tempo ne è diventato il produttore esecutivo.

Non sorprende che sia stato proprio Di Caprio a finanziarlo: l’attore hollywoodiano è tra i personaggi di spicco al momento più impegnati nella tutela dell’ambiente e il film è incentrato sull’impatto ambientale che hanno gli allevamenti e le colture massive.

Il sistema di allevamenti industriali genera una quantità di gas serra maggiore dell’intero sistema di trasporti e “per produrre un hamburger occorrono 2500 litri d’acqua”: i dati riportati mostrano uno scenario a dir poco allarmante e derivano da studi condotti da organizzazioni internazionali come FAO, Science Mag, Nasa, World Watch.

What the health (2017) – Kip Andersen, Keegan Kuhn

Se sei tra coloro che faticano ancora a capire perché al mondo ci sono persone che scelgono una dieta vegana, la visione di What The Health potrebbe servire per chiarirti un po’ le idee.

Il film pone il focus sull’aumento esponenziale registrato negli ultimi anni del numero di persone affette da tumori, malattie cardiovascolari e diabete – individuando la causa nel consumo di proteine di origine animale – e tenta di svelare collegamenti poco trasparenti tra le istituzioni governative e le multinazionali del food.

Accusato su molti fronti di essere eccessivamente fazioso e di adottare toni un po’ troppo apocalittici, il film si fa portavoce di quell’ideologia alla base del veganismo secondo cui una dieta onnivora è innaturale per gli esseri umani; punto di vista opinabile, tuttavia largamente condiviso.

What The Health è il secondo prodotto della coppia Andersen-Kuhn, ed è uscito in concomitanza con l’omonimo libro scritto da Eunice Wong, moglie del giornalista Chris Hedges.

Supersize me (2004) – Morgan Spurlock

Grande classico intramontabile e in un certo senso capostipite di un nuovo format di documentari a tema food, si può dire che Supersize me ha spianato la strada a molto di ciò che è stato fatto dopo.

15 anni fa, il regista Morgan Spurlock fu la cavia del suo stesso esperimento, sottoponendosi per 30 giorni ad una dieta esclusivamente a base di cibo proveniente dalla più grande catena di fast food al mondo, McDonald’s, che a Manhattan, dove il regista vive da sempre, ha un punto vendita ogni 0,7 km².

Nel corso del mese, Spurlock fu seguito da un team di medici, che evidenziarono un progressivo deterioramento dello stato della sua salute (aumento di peso, affaticamento, inclinazione alla depressione e disfunzioni sessuali), che richiese al regista 6 mesi di disintossicazione per tornare alle sue condizioni fisiche precedenti.

Il documentario fece parlare di sé, non senza suscitare le reazioni del colosso americano, che emanò poco tempo dopo un comunicato stampa in cui dichiarò che la quantità di junky food ingerita da Spurlock in un mese equivale a quella di un consumatore medio in 6 anni e che gli eccessi sono nocivi in qualunque caso.

That Sugar Film (2015) Damon Gameau

Restando in tema di registi che scelgono di mettere a dura prova il proprio organismo, 10 anni dopo l’uscita di Supersize me, l’attore televisivo australiano Damon Gameau nel primo film diretto da lui replicò l’esperienza di Spurlock, adottando per 60 giorni una dieta ad alto contenuto di zuccheri raffinati.

Secondo i dati raccolti da Gameau, lo zucchero è presente nell’80% dei normali prodotti da banco confezionati, anche di quelli considerati salutari o ipocalorici, e la quantità media di zucchero assunta da un maschio adulto occidentale è l’equivalente di 40 cucchiaini al giorno.

Per tutta la durata dell’esperimento, il regista è seguito da un patologo, una nutrizionista e un medico di base che alla fine del periodo gli diagnosticano un principio di obesità, un altissimo rischio di diabete e un preoccupante ingrossamento del fegato. Damon inoltre riscontrò un senso di affaticamento generale, forti sbalzi d’umore, sintomi della depressione e problemi del sonno.

Per disintossicarsi e riportare i suoi valori al livello cui si trovavano prima dell’esperimento, sono serviti altri due mesi.

The World according Monsanto (2008) – Marie-Monique Robin

Pubblicato lo stesso anno dell’omonimo libro, Il mondo secondo Monsanto riassume un’inchiesta condotta dalla giornalista francese Marie-Monique Robin, durata complessivamente tre anni.

Al centro dell’inchiesta, come da titolo, c’è Monsanto, la più grande multinazionale dell’industria chimica, prima in assoluto sul mercato mondiale degli OGM.

Monsanto si presenta come compagnia agricola con una forte spinta all’innovazione, in realtà è responsabile della diffusione di alcuni tra i prodotti diserbanti più tossici in circolazione nel XX secolo e di epidemie di tumori che hanno colpito la popolazione delle cittadine più esposte.

Robin passò in rassegna un fitto elenco di processi, manipolazioni di dati e ricerche scientifiche, persone messe a tacere dopo aver provato a segnalare attività illecite, episodi di omertà da parte di organi di regolamentazione, quali l’EPA (Environmental Protection Agency) o l’FDA (Food and Drug Administration). L’inchiesta volle portare alla luce come Monsanto abbia di fatto consolidato il suo impero imponendo un nuovo ordine agricolo attraverso i brevetti sulle sementi, e distruggendo le piccole comunità rurali.

 Sustainable (2016) – Matt Wechsler

Disponibile su Netflix, Sustainable è il racconto di un viaggio intrapreso dallo chef Rick Bayless alla riscoperta del legame tra l’uomo e ciò che mangia.

Attraverso il confronto con agricoltori ed esperti del settore, si ripercorrono le tappe che hanno condotto alla nascita del movimento per promuovere la sostenibilità ambientale e alimentare negli USA come negli altri paesi occidentali.

Il film evidenzia come in America (così come in Europa) si stia aprendo un divario sempre più profondo che vede da una parte i fast food e tutti i cibi di produzione industriale a basso costo e dall’altra la cucina d’élite che gli americani vedono per lo più nei programmi televisivi.

Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una grossa crisi alimentare dovuta alla mancanza di consapevolezza da parte del consumatore e ad una perdita di valori culturali legati al cibo.

Sustainable fa appello proprio al recupero di questi valori, nell’ottica di riavvicinare il consumatore al prodotto e innescare un meccanismo virtuoso in cui un antico know how nel settore incontri l’innovazione e le moderne tecnologie.

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ROTTEN – docuserie Netflix

Questa volta non parliamo proprio di un film, ma di una serie documentaristica di cui al momento sono disponibili su Netflix 2 stagioni da 6 episodi l’una.

“Se mangi cibo, questo è un problema di cui devi preoccuparti” è il messaggio fondamentale che viene dato al pubblico: Rotten è un invito alla riflessione e un appello al senso etico e critico tanto del produttore, quanto del consumatore.

Prodotta da Zero Point Zero Production, si tratta di una docuserie in cui ogni episodio è dedicato a un cibo differente e affronta questioni che legano il consumatore al prodotto, svelando uno scenario in cui le grandi aziende alimentari si impossessano del lavoro dei piccoli produttori locali, che non hanno molte alternative.

In tutta la serie si cerca di far luce su meccanismi di frode, corruzione, speculazione che dominano il mercato alimentare mondiale, in uno scenario in cui sono i margini di profitto a decidere cosa diventerà cibo nei nostri piatti e la spregiudicatezza nel vendere oltre misura.

Connected By Coffee (2014) – Aaron Dennis

Connected By Coffee è una storia che inizia con un viaggio tra le regioni dell’America Latina maggiori produttrici di caffè. Il regista e attivista Aaron Dennis raccolse le testimonianze di tantissimi coltivatori e piccoli imprenditori del territorio che stanno plasmando insieme un nuovo modello basato sulla gestione cooperativa dei terreni e delle aziende.

Il film spiega come l’andamento del mercato globale non lasci un grande margine di sviluppo per modelli di business come questo che spesso sono obbligati a sopportare anche condizioni di vita poco dignitose.

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Our daily bread (2010) – Nikolaus Geyrhalter 

Il film diretto da Nikolaus Geyrhalter si potrebbe dire un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dell’industria alimentare, freddo e diretto, che lascia parlare le immagini, senza aggiungere interviste, dati, commenti o speech di alcun tipo.

È irrilevante per questo film se una società che produce pulcini si trovi in Austria, Spagna o Polonia, o quanti suini siano trattati ogni anno nel grande macello mostrato nel film. A mio parere questo è il compito dei giornalisti e della televisione, non di un lungometraggio.

Le riprese sono state effettuate dal regista austriaco all’interno delle strutture in cui i prodotti alimentari vengono lavorati e confezionati, per gettare una panoramica dietro le quinte che lasci intendere come non sia sufficiente molto spesso optare per un’alimentazione a base di prodotti bio e priva di proteine animali, perché gli effetti dell’industrializzazione alimentare e della globalizzazione impattano molto più che sul solo cibo.