Le esigenze del momento alzano le aspettative e abbassano la pazienza
Comprendere chi sono le tue buyer personas è fondamentale
Prima di iniziare a produrre contenuti per il B2B devi porti la seguente domanda: cosa fai ogni volta che hai una curiosità, un dubbio o devi acquistare un prodotto? Apri il tuo browser preferito e avvii una ricerca su Internet, alla volta di una risposta che ti soddisfi.
I risultati che appaiono per primi sono quelli che sembrano rispondere meglio al tuo bisogno reale. Questi sono frutto di un grande lavoro di inbound marketing e sono stati concepiti proprio per attrarre, coinvolgere, informare e convertire i visitatori.
Nel B2B il processo decisionale è decisamente improntato alla razionalità: il prospect ha bisogno di quelle informazioni che gli permetteranno di prendere una decisione ragionata e consapevole.
In sostanza, ha bisogno di contenuti informativi, realmente di valore, centrati sugli specifici bisogni degli utenti target. È stato infatti provato che sono 8 su 10 i decision maker in ambito B2B che preferiscono informarsi attraverso un articolo, invece che fidarsi di una pubblicità.
Google ha creato il termine “micro-momento” alcuni anni fa. Il concetto affronta il cambiamento del comportamento del consumatore, in particolare, incorporando la loro dipendenza dai dispositivi mobili. Secondo Google, i micro-momenti sono momenti di processo decisionale e di formazione delle preferenze guidati dall’intenzione che si è durante l’intero viaggio del consumatore .
Un micro-momento si verifica quando una persona si rivolge automaticamente a un dispositivo, il più delle volte uno smartphone, per agire in base alla necessità di imparare qualcosa, fare qualcosa, scoprire qualcosa, guardare qualcosa o comprare qualcosa. Questi momenti sono importanti per i professionisti del marketing, poiché sono ricchi di intenti. Sono punti chiave nel percorso dell’acquirente quando si esaminano le decisioni e si modellano le preferenze.
In questi momenti, le aspettative dei consumatori sono più alte che mai. Quando agiamo in base alle nostre esigenze del momento, le nostre aspettative sono alte e la nostra pazienza è bassa. Ciò rende la qualità, la pertinenza e l’utilità del marketing più importanti che mai.
Per sfruttare i micro-momenti nel 2021, i professionisti del marketing devono garantire che la loro attività possa essere trovata quando i consumatori cercano informazioni in questo momento. Come dice Google, i professionisti del marketing devono ” essere presenti, essere utili, essere veloci “.
La popolarità del content marketing B2B è in crescita
Sono molte le realtà che da un giorno all’altro decidono di iniziare a scrivere o di tenere un podcast. Quello che troppo spesso viene dimenticato, ma che è fondamentale per raggiungere il successo, è che a monte occorre tracciare una rotta da seguire: nella pratica, definire una content strategy. Gli step fondamentali da percorrere prima di lanciarsi nella creazione dei contenuti vera e propria sono tre:
1. Stabilire gli obiettivi da raggiungere
Qual è l’obiettivo che si vuole raggiungere attraverso la creazione di contenuti? È importante definire dei traguardi S.M.A.R.T
Specifici: che non lascino spazio a diverse possibili interpretazioni.
Misurabili: per poter verificare in corso d’opera e al termine delle operazioni se e in quale misura sono stati raggiunti.
Raggiungibili: (Achievable).
Rilevanti: cioè coerenti con il fine che intende perseguire l’azienda.
Temporalmente definiti.
2. Individuare le buyer personas corrette
Chi sono i destinatari dei contenuti che verranno creati? Una buona strategia di marketing B2B passa necessariamente dalla conoscenza dei propri utenti. La chiave è focalizzarsi sulle loro caratteristiche e sulle loro necessità: in che modo possiamo aiutarli?
Al momento di individuare le buyer personas del proprio business bisogna chiedersi: qual è il pain dell’utente? Quali sono le sfide che ogni giorno si trova a dover affrontare, quali gli obiettivi che vuole raggiungere? Soltanto una volta in possesso di queste informazioni sarà possibile creare contenuti in grado di risuonare davvero con il pubblico target.
3. Scegliere il tipo di contenuti più adatto
Che tipo di contenuti si andranno a creare? Se lo scopo è incrementare la brand awareness si sceglieranno formati facili da diffondere (come per esempio blog post, video), mentre se si punta ad ottenere nuovi lead, bisognerà orientarsi su contenuti accessibili dietro registrazione (come ebook, webinar, ricerche di mercato).
Ecco una breve panoramica dei tipi di contenuti a disposizione del marketer B2B.
Contenuti free
Blog (articoli): utile a fare brand awareness e incrementare il traffico verso il sito web (se ben ottimizzato a livello SEO). Si possono pianificare articoli indirizzati a utenti che si trovano in vari stage del customer journey.
Video: sono uno dei contenuti in grado di generare il maggior livello di engagement, anche nel marketing B2B.
Contenuti gated (la cui fruizione è vincolata dalla registrazione)
Ebook, whitepaper, infografiche: ottimi strumenti di lead generation, solitamente ne viene reso possibile il download soltanto dopo aver compilato un form di registrazione.
Case study: sono contenuti pensati per gli utenti che si trovano nella fase consideration o decision del customer journey, vale la pena dedicare loro una sezione del sito ben visibile. Aiutano a far crescere la fiducia nei confronti dell’azienda.
Demo e quotazioni gratuite: sono rivolti a quegli utenti davvero molto vicini alla decisione di acquisto. Anche in questo caso, si può pensare di offrire questo tipo di contenuti dietro compilazione di un form.
Ricerche di mercato: sono documenti in cui vengono presentati dati raccolti dall’azienda in prima persona, non reperibili altrove sul web. Sono tra i tipi di contenuti dal maggiore valore percepito dagli utenti.
Il content marketing è uno strumento molto potente per fare lead generation per il b2b. Per sfruttarlo bene, però è necessario lavorare in maniera sistematica e avere una visione a lungo termine.
In ambito B2B il content marketing è fondamentale soprattutto per il processo di acquisto, che ha caratteristiche specifiche: parliamo infatti di vendite complesse, il cui ciclo di chiusura, dal primo contatto all’ordine vero e proprio, è in genere molto lungo.
Per prima cosa è necessario individuare con precisione il pubblico. Questo ti aiuterà a creare un piano editoriale ben strutturato e con contenuti mirati.
Capire chi leggerà i tuoi testi ti darà la giusta ispirazione per creare contenuti sempre nuovi e in grado di soddisfare i bisogni dei tuoi clienti.
Quando hai un’idea, per risparmiare tempo e capire se avrà successo, prova sempre a testarla e validarla. Così il tuo impegno sarà centrato su argomenti che hanno maggiori probabilità di attirare l’attenzione del tuo pubblico di riferimento.
Andiamo a scoprire nel dettaglio come si attuano queste strategie.
Identifica il tuo pubblico
La prima cosa da fare prima di iniziare a scrivere è capire chi sono le tue buyer personas.
Come si fa a scrivere contenuti B2Bper qualcuno che non si conosce?
In genere si segmenta il pubblico in base allo step che ha raggiunto nel funnel di vendita. Ma questo non è sufficiente. Dietro ad ogni clic ci sono delle persone e, per generare dei lead, è necessario avere indicazioni più precise sulle loro abitudini e preferenze.
A occhio può sembrare complesso riuscire a segmentare il tuo pubblico in maniera approfondita, ma esistono molti strumenti per avere informazioni su chi visita il tuo sito.
Grazie ad un’analisi del tuo target di riferimento, puoi ottenere i dati demografici (età, sesso, posizione) e avere indicazioni sugli interessi dei tuoi utenti.
Conoscere i campi d’interesse ti permette di avere una panoramica più ampia sul tuo pubblico. Non solo. Questa informazione ti fornisce anche uno spunto per gli argomenti da trattare nei post successivi.
A partire dai dati demografici, puoi anche definire il tono di voce da utilizzare, scegliere un linguaggio consono e rivolgerti al tuo target in maniera più chiara.
Dopo aver definito il pubblico è il momento di individuare il contenuto. Che argomenti devi trattare sul tuo sito?
Idee innovative per scrivere i tuoi contenuti
Quando si è agli inizi è semplice trovare nuove idee e sviluppare contenuti. Ma ad un certo punto le idee iniziano a scarseggiare e sembra che gli argomenti da trattare siano esauriti.
Non farti trarre in inganno da questa sensazione. Molti temi possono essere affrontati in modo diverso e raccontati con un punto di vista nuovo.
Una delle tendenze che scatena di più gli utenti è quella basata sul “contrarian content marketing ”, una strategia che basa la sua forza sulla controversia. Per attivarla basta prendere un argomento rilevante per la tua attività e trattarlo in modo contrapposto alla posizione comune.
Quando ti trovi a sviluppare nuove idee per i tuoi contenuti, devi sempre considerare cosa desiderano gli utenti, cercando di anticipare i loro bisogni. Tieni a mente, però, che le persone quando effettuano una ricerca hanno un fine unico: capire cosa possono portare a casa dedicando tempo ad un’attività.
Per cui, nel momento in cui cerchi intercettare i loro bisogni e di dare informazioni in linea con l’intento di ricerca, ricorda sempre che il lettore vuole avere un ritorno di valore
Un ulteriore spunto per individuare dei contenuti interessanti per i tuoi utenti può arrivarti dai social media. Attraverso un’analisi di ciò che la tua nicchia pubblica e condivide sui social o delle conversazioni a cui prende parte, puoi individuare argomenti interessanti da trattare.
No, non sto sostenendo che tutti i tuoi contenuti debbano essere alleggeriti: i pezzi di ingegneria devono essere pezzi di ingegneria. A volte, adottare un tono colloquiale o spingere i confini creativi non è l’approccio giusto.
Quando stai leggendo le istruzioni per installare un nuovo software o sostituire una parte del motore, vuoi una chiarezza inequivocabile e senza ornamenti, presentata nel minor numero di parole possibile, idealmente insieme a semplici diagrammi e immagini.
Ecco perché la scrittura tecnica è una disciplina del tutto separata dalle altre forme di scrittura. La scrittura tecnica non consiste nel fornire ispirazione o piacere. Si tratta di mettere le informazioni in azione.
In questo caso, ciò che conta è quanto tempo impiega il contenuto per arrivare al punto. E questo significa che troppa creatività o narrazione possono anche essere noiose, intralciando il lettore.
Nel Marketing B2B conta la prospettiva
Se l’argomento, il prodotto o il settore ti sembrano noiosi, ovviamente potrebbe sembrare impossibile produrre contenuti interessanti, creativi e coinvolgenti. Quando si lavora sul lato business di un argomento, un prodotto o settore, si può essere concentrati su ciò che il prodotto è piuttosto che su quello che fa. Il tuo punto di vista può essere molto diverso da quello del cliente.
I prodotti e le cose non sono così intrinsecamente interessanti. Sono le persone che li rendono interessanti. Sono le persone che danno loro un significato. Ecco perché un principio centrale del content marketing è che il prodotto non è la storia, le persone lo sono. Il B2C lo sa quasi istintivamente. Il B2B a volte ha problemi a pensare allo stesso modo.
Il prodotto non è la storia: le persone lo sono, anche nel B2B
Invece di scrivere in astratto, posiziona i tuoi contenuti nel mondo reale. Il loro mondo, quello verticale.
Oppure, se il mondo reale delle persone che lavorano con il tuo prodotto è un po’ troppo noioso, fai fare ai tuoi contenuti un passo in avanti. Mescola un po’ di immaginazione ai fatti per creare un mondo iper reale, che il tuo pubblico esplorerà con più leggerezza.
Utilizza i social per vedere se i tuoi contenuti sono funzionali
Uno degli approcci più comuni nel content marketing è quello di pubblicare e pregare che il contenuto funzioni. Purtroppo, in questo modo non è facile ottenere buoni risultati. Affidarsi al caso, alla fortuna o al proprio istinto, può portarti lontano dal tuo obiettivo, facendoti perdere tempo e risorse.
Per capire quali contenuti trattare, puoi utilizzare i social e capire se e quali argomenti suscitano l’interesse degli utenti. Si tratta proprio di analizzare il modo in cui le persone reagiscono ad un determinato input.
Pubblica un post inerente alle tematiche che vuoi affrontare. Puoi utilizzare un post breve, un’infografica, una fotografia. Poi monitora l’andamento e valuta che tipo di reazioni suscita.
Quante condivisioni ottiene? Gli utenti interagiscono con il contenuto che hai condiviso?
Uno dei social più utilizzati in Italia è Facebook, ma una buona idea è anche quella di utilizzare Twitter per questo genere di test.
Gli strumenti di analisi
Da tutto ciò che ci siamo detti, ti sarà chiaro che per far decollare la tua tua azienda B2B, devi avere una strategia di content marketing completa e attraente per il pubblico di riferimento.
Coltiva la relazione con il tuo cliente prima, durante e dopo l’acquisto, attraverso la creazione di contenuti interessanti, differenti e coinvolgenti. Ricorda che il content marketing non riguarda te, ma i valori che la tua audience è in grado di riconoscere nel tuo brand.
Un passo necessario per un’efficace strategia di content marketing per le B2B, è l’uso di strumenti d’analisi che ti aiutano a monitorare il comportamento dell’utente e a seguirlo in ogni fase della canalizzazione di vendita, con l’obiettivo di trasformarlo in un lead qualificato per l’acquisto del tuo prodotto/servizio.
Non puoi sapere fin da subito cosa piacerà al tuo target e questo richiede un lungo processo di analisi e di sperimentazione, con il quale dobbiamo confrontarci ogni giorno per sviluppare strategie di content marketing efficaci e durature, in relazione al comportamento del cliente.
Il pubblico apprezzerà i tuoi contenuti anche quando cambierà gusti e preferenze perché tu sarai in grado, attraverso il monitoraggio costante, di cambiare insieme a lui.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2021/05/contenuti-b2b-1.jpg583880Daniele D'Amicohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngDaniele D'Amico2022-09-28 11:00:472022-09-28 21:19:27Consigli utili per dare il boost ai tuoi contenuti per il B2B
Il 7 ottobre 2022 per i protagonisti del commercio elettronico è una data da segnare in rosso. Dopo due edizioni online, torna dal vivo Ecommerce HUB® l’evento pensato per i player dell’ecommerce che tra workshop, tavole rotonde e masterclass, nelle sale della Multimedia Valley di Giffoni, grazie alla collaborazione con Giffoni Innovation Hub, si confronteranno sui nuovi trend e sulle best practice del digital retail.
Un evento imperdibile per scoprire i dettagli della rivoluzione in corso nel mondo del commercio elettronico che, durante la fase pandemica, ha ripensato se stesso per soddisfare le richieste dei consumatori arrivando così a registrare una straordinaria crescita.
Ma anche un appuntamento in grado di offrire ai partecipanti la possibilità di formarsi, ampliare il ventaglio delle proprie competenze e allo stesso tempo fare networking.
Ecommerce HUB: tendenze e best practice nel digital retail
«Dopo due edizioni tutte online, siamo felici di annunciare il ritorno in presenza di Ecommerce HUB®. L’evento del 7 ottobre sarà l’occasione per confrontarsi sui nuovi trend del digital retail, dopo due anni di crescita straordinaria del commercio elettronico in cui le aziende hanno dovuto adattare in modo repentino i modelli di business alle nuove abitudini dei consumatori”, ha detto Alfonso Annunziata, co-founder dell’evento. “Quest’anno l’evento ospiterà oltre 40 workshop, tavole rotonde e masterclass con alcuni fra i principali player e professionisti del settore, in un intenso programma con al centro dell’agenda le nuove tendenze e best practices nel digital retail. Oltre alla parte formativa, sarà allestita un’ampia area espositiva e di networking, in cui le aziende avranno l’opportunità di incontrarsi e discutere».
Sul palco tanti rappresentanti di importanti aziende dell’eCommerce come Shopify, DHL, Banca Sella, TikTok e Nexi.
Tra questi: Paolo Picazio Country Manager Italia Shopify, Davide Casaleggio CEO & Partner Casaleggio Associati, Vincenzo Cosenza Consulente di marketing, Mario Moroni, conduttore, autore e creatore di contenuti, Francesco Santoro, Responsabile Ecommerce Partnership Nexi, Lorenzo Pozzi, Strategic Partnership Manager TikTok, Paolo Iabichino Scrittore pubblicitario e direttore creativo, Andrea Degl’Innocenti, Direttore Ufficio Servizi Digitali alle Imprese & RTD di ITA – Italian Trade Agency, Ivano Di Biasi, CEO di SEOZoom e tanti altri (l’elenco completo è consultabile alla pagina https://www.ecommercehub.it/home-2022/relatori/ ).
La Multimedia Valley di Giffoni, dove verrà presentato il tema “What’s Next?” e dove saranno consegnati premi 4eCom, si conferma polo innovativo e creativo in grado di incrociare domanda e offerta sul piano della formazione, dell’approfondimento, dello scambio e del confronto su temi che coinvolgono direttamente le nuove generazioni mettendole in contatto con i maggiori esponenti delle più grandi realtà imprenditoriali.
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Tavole rotonde, workshop e masterclass: un evento irrinunciabile per essere aggiornati sui nuovi trend dell’eCommerce Revolution e sfruttare le ottime possibilità di networking con i rappresentanti di importanti aziende del mondo digitale.
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Ci vediamo all’Ecommerce HUB!
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/09/ecommerce-hub-giffoni.jpg6601184Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2022-09-27 12:00:042022-09-28 09:46:47Ecommerce HUB sceglie Giffoni per lanciare i nuovi trend del digital retail
L’influencer marketing è uno dei social media trend principali degli ultimi anni. È uno strumento indispensabile per i business che vogliono promuovere i loro prodotti e servizi.
Ma chi sono esattamente gli influencer? E che cos’è l’influencer marketing?
Se ne senti parlare da tempo, ma non sai esattamente quali benefici possa portare quest’attività, sei nel posto giusto al momento giusto!
Influencer marketing: cos’è?
L’influencer marketing è una forma di marketing online che si basa sulla collaborazione tra un brand e un personaggio influente, finalizzata a far conoscere un particolare prodotto o servizio al pubblico. Generalmente, questa collaborazione prevede la pubblicazione di uno o più contenuti, come foto, video, blog post, in cambio di un compenso monetario, prodotti omaggio o altre forme di retribuzione, con l’obiettivo di ottenere visualizzazioni, commenti, condivisioni e conversioni.
Adottare strategie di influencer marketing per le aziende significa reclutare persone note sui canali di social media più conosciuti, per poter sponsorizzare in modo genuino un prodotto o un servizio che intendono vendere. In questo modo la “fiducia” riservata al creator viene trasferita al prodotto pubblicizzato, con la possibilità di aumentare la brand trust (fiducia nel marchio), incrementare la brand awareness (consapevolezza del marchio) e generare maggiori conversioni.
L’Influencer Marketing è la naturale evoluzione della pubblicità tradizionale: se fino a pochi anni fa le aziende spendevano importanti somme di denaro per accaparrarsi il VIP del momento (un attore, uno sportivo, un cantante famoso), al fine di utilizzarlo come testimonial per pubblicizzare un prodotto o un servizio sui media tradizionali (televisione, radio, riviste, cartelloni pubblicitari), in seguito all’esplosione del web i social media hanno acquisito sempre più potere, sostituendo i media tradizionali, quindi i blogger, gli youtuber e gli influencer hanno preso il posto dei classici testimonial.
L’influencer è una persona capace di “influenzare” la percezione, e dunque il comportamento, della sua community attraverso la pubblicazione di contenuti sui suoi profili. Una persona che ha un seguito appassionato di persone che apprezzano le sue opinioni o che amano osservare quotidianamente il suo stile di vita.
Cosa fa un influencer? Come costruisce la propria autorevolezza? Postando, con regolarità, contenuti di qualità sui suoi canali preferiti e interagendo con utenti e followers interessati alle tematiche proposte. Le persone si fidano di lui, perché lo considerano un vero e proprio punto di riferimento.
Quando un influencer sponsorizza un prodotto, non appare come una vera e propria pubblicità nel senso tradizionale, ma piuttosto come una recensione indipendente e spontanea del prodotto.
I settori d’occupazione possono essere davvero vari: cibo (Food Influencer), moda (Fashion Influencer), bellezza (Beauty Influencer), forma fisica (Fitness Influencer), design (Design Influencer), viaggi (Travel Influencer)…e poi ancora lifestyle, wellness, auto & motori e moltissimi altri.
Gli influencer sono celebrità?
Quando si sente parlare di “influencer”, i nomi che vengono in mente più frequentemente sono Chiara Ferragni, Giulia de Lellis, Fedez. Ma attenzione… non tutti gli influencer sono celebrità! Tra di essi ci sono anche persone “comuni” che hanno saputo costruirsi una reputazione sul web e sui social media creando e condividendo contenuti online.
È possibile suddividere gli influencer, in base al numero di followers, in cinque categorie:
Nano-influencer: influencer di livello inferiore, che di solito operano nel mercato locale e sono caratterizzati da un numero ristretto di followers (tra i 1.000 e i 50.000).
Nonostante questo, hanno un tasso di engagement medio del 5% (superiore a ogni altra categoria) perché sono considerati maggiormente genuini e sinceri. Qualche esempio: Luli (@ilmondodiluli), Chiara Losh (@loshgram), Martina Aiello (@_martina_aiello_).
Micro-influencer: influencer di secondo livello, che hanno un numero di follower leggermente maggiore rispetto ai nano-influencer (tra i 50.000 e i 100.000), ma interagiscono attivamente con i loro seguaci e sono ritenuti esperti affidabili e imparziali della nicchia di mercato in cui operano.
Solitamente, fanno molta presa sulla Generazione Z ed hanno un tasso di engagement medio del 1,7%.
Qualche esempio: Gloria Strabla (@gloriastrabla), Angela Isai (@angelaisai), Jessica Brugali (@jessicabrugali), Giulia Izzo (@giuls.izzo).
Macro-influencer: hanno tra 1 e 10 milioni di follower.
Sono persone affermate che collaborano attivamente con brand e aziende per la promozione di prodotti.
Comprendono sia celebrità di secondo livello, che esperti online di successo che sono partiti da zero, ma hanno scalato la vetta con la propria dedizione e costanza.
Questa categoria è adatta per chi punta ad una clientela di livello nazionale, variegata e ha una discreta somma da investire. Hanno un tasso di engagement medio del 1,3%.
Qualche esempio: Paola Turani (@paolaturani), Diletta Leotta (@dilettaleotta), Luca Vezil (@lucavezil), Valentina Ferragni (@valentinaferragni), Cecilia Rodriguez (@chechurodriguez_real), Valentina Vignali (@valentinavignali), Chiara Biasi (@chiarabiasi), Chiara Nasti (@chiaranasti), Veronica Ferraro (@veronicaferraro), Alice Campello (@alicecampello), Giulia Salemi (@giuliasalemi), Beatrice Valli (@beatricevalli), Ludovica Valli (@valliludovica), Andrea Cerioli (iamandreacerioli), Camilla Boniardi (@camihawke), Camilla Mangiapelo (@ma.pina).
Mega-influencer o celebrities: hanno oltre 10 milioni di follower. Si tratta di personaggi famosi e celebrità, generalmente arruolabili da brand e aziende con un budget importante da dedicare all’influencer marketing.
Ad esempio: Chiara Ferragni (@chiaraferragni), Giulia de Lellis (@giuliadelellis103), Fedez (@fedez), Khaby Lame (@khaby00), Cristiano Ronaldo (@cristiano), Gianluca Vacchi (@gianlucavacchi), Belen Rodriguez (belenrodriguezreal), Michelle Hunzicker.
Come monetizzano gli influencer?
Ancora oggi, dietro al termine “influencer” si cela un certo imbarazzo, forse perché la percezione comune del termine è ancora quella di qualcuno che è “pagato per postare foto e video” della propria vita. A differenza di quanto si possa pensare, però, diventare influencer non è così semplice. Ad oggi è un vero e proprio lavoro che richiede professionalità e costanza.
Un influencer, infatti, lavora tutto il giorno e tutti i giorni e per attirare l’attenzione delle aziende deve costruirsi un solido seguito sul web e un’ottima reputazione. Le caratteristiche che rendono un influencer una persona di successo sono: carisma, autorevolezza, competenza, capacità di coinvolgimento e persuasione.
Gli step che deve compiere un influencer per poter monetizzare:
1# Scegliere una nicchia che si allinei con la sua immagine e permetta di mostrare i suoi punti di forza.
2# Ascoltare il proprio pubblico di destinazione, per capire quali contenuti desidera vedere.
3# Pubblicare contenuti originali, di qualità, con una scadenza regolare.
4# Analizzare i risultati ottenuti nei diversi canali (numero di visualizzazioni, commenti, likes, retweets, condivisioni, link e click)
Quanto guadagna un influencer
L’Influencer viene pagato in base al numero di post sponsorizzati, all’entità dell’engagement generato e alle commissioni sui prodotti venduti.
Secondo una ricerca di Derev, ecco quali sono i prezzi medi degli influencer dal nano al mega testimonial fino alle celebrità:
1# Quanto guadagna un influencer su Facebook?
Facebook non è ideale per l’influencer marketing. Tuttavia, è possibile che qui si trovino influencer rivolti alle fasce di età più elevate. I compensi per Instagram oscillano da 50 a 250 euro a post per i nano influencer e da cinquemila a quindicimila euro a post per le celebrities.
2# Quanto guadagna un influencer su YouTube?
YouTube è il regno dei contenuti di qualità, dove l’utente pesa il valore (anche in termini di intrattenimento) di ciò che sta guardando. Le retribuzioni vanno da 500 a 1000 euro a video per i nano influencer, fino a 25mila / 50mila euro a video per le celebrities.
3# Quanto guadagna un influencer su Instagram?
Instagram è la piattaforma regina degli influencer professionisti. Il social basato sulle immagini e, più recentemente sui video, incentivati da story, IGTV e reel, ha una componente visual che risulta perfetta per le recensioni e il coinvolgimento del pubblico. Su Instagram si possono attivare praticamente tutti i tipi di collaborazione, per questo il compenso può variare significativamente non soltanto in base alla tipologia di influencer, ma anche sulla base del contenuto che questo deve produrre e diffondere. Le tariffe partono dai 50-250 euro dei nano influencer e arrivano fino alla fascia da 15mila a 60mila delle celebrities.
4# Quanto guadagna un influencer su TikTok?
Tik Tok è il social network più giovane di tutti è ancora in profonda evoluzione. Tuttavia, anche in Italia diversi brand hanno cominciato le proprie attività di comunicazione su questa piattaforma fatta di video e musica. Il compenso parte dai 50 ai 250 euro degli influencer con meno follower e arriva alla fascia dai 15mila ai 60mila di quelli con il maggior numero di seguaci. Esistono molti siti che possono aiutare a calcolare il valore economico degli influencer come influencer.co oppure Influencer Marketing Hub.
Influencer famosi: chi sono gli influencer italiani e stranieri più pagati?
Secondo la Instagram Rich List 2022 di Hopper HQ, una delle influencer italiane che guadagnano di più grazie a Instagram è Chiara Ferragni (nella classifica mondiale è 72esima, con un costo di 82.100$ a post).
L’imprenditrice e fashion blogger è seguita da Khaby Lame (con un costo per post di 81.000$) e Gianluca Vacchi (con un costo per post pari a 69.500$).
Per quanto riguarda gli influencer stranieri, invece, Cristiano Ronaldo ha il record con un $2,397,000 per foto. Al secondo posto Kylie Jenner con $1,835,000 e poi Lionel Messi con $1,777,000.
Ecco qui parte della classifica degli influencer più pagati all’estero:
Perché sfruttare l’influencer marketing? I pro e i contro degli influencer
Sfruttare l’influencer marketing ha diversi PRO:
1# Consolidare la brand awareness
L’influencer marketing è una delle strategie più efficaci per potenziare la presenza di un brand sui social media. Ad esempio, in caso di lancio di un nuovo marchio, una campagna di influencer marketing è in grado di aumentare lo user generated content necessario per costruire e mantenere la web reputation del brand, anche in ottica SEO.
2# Raggiungere le persone giuste
Gli influencer possono coinvolgere il pubblico molto più di qualunque altra attività di advertising e la ragione è semplice: gli influencer vengono percepiti come autentici e affidabili da chi li segue. Questo ha come conseguenza la possibilità di raggiungere delle lead più calde, al contrario di quello che accade quando si visualizza una pubblicità più classica, dove il consumatore ha maggiori barriere sociali da abbattere per essere convertito.
3# Eludere gli AdBlock
Un altro vantaggio dell’influencer marketing è quello di “eludere” gli Adblock, perché di fatto si tratta di contenuti veicolati sui social media e non di campagne di advertising. In più, come abbiamo detto, gli influencer vengono percepiti come voci autorevoli e i loro contenuti non sono visti come mere campagne pubblicitarie.
4# Aumentare l’Earned Media Value (EMV)
L’EMV quantifica il ritorno sull’investimento (ROI) ottenuto dalle attività di marketing. Un EMV più elevato significa tendenzialmente che il brand sta ottenendo più menzioni social e costruendo relazioni più autentiche con gli utenti, il che può aiutare ad aumentare le vendite in modo considerevole.
5# Misurare i risultati
Le attività di influencer marketing sono misurabili e il traffico generato dalle campagne può essere monitorato e analizzato in ogni sua fase.
6# Ridurre i costi di marketing complessivi
L’influencer marketing permette di ridurre gli investimenti complessivi. Questo perché consente di avere accesso ad una libreria di contenuti di qualità e di valore, da poter riutilizzare all’interno del proprio piano editoriale, risparmiando tempo e denaro.
Ci possono essere anche dei “CONTRO” all’influencer marketing?
In linea di massima no, ma per questo sono necessarie una buona ricerca e una buona pianificazione a monte della propria campagna.
Influencer Marketing, quindi, funziona davvero?
Si! Il mercato degli influencer è in crescita costante da anni.
Questa rapida crescita non è casuale: l’influencer marketing è diventato uno degli strumenti più efficaci per raggiungere i propri consumatori in modo efficiente, creando una strategia che possa dare frutti sul lungo periodo.
Che possa essere uno strumento di comunicazione ideale per le aziende italiane, lo conferma anche l’edizione 2021 del Report Brand & Marketer di ONIM (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing), un’analisi, condotta coinvolgendo 485 professionisti italiani.
Il 53,9% degli intervistati ha attivato progetti con creator e influencer, con addirittura un 37,3% di questi che hanno realizzato più di 10 campagne negli ultimi 12 mesi. Il 79,99% degli intervistati si dichiara da soddisfatto ad ampiamente soddisfatto.
Il meccanismo che sta alla base del successo della strategia di influencer marketing è piuttosto banale: la riprova sociale.
Per comprendere le radici di questo assunto, dobbiamo chiedere aiuto alla psicologia e alla filosofia, partendo dall’antica Grecia. Secondo Aristotele, l’uomo è un animale sociale, che tende a ricercare l’approvazione e la vicinanza con i suoi simili.
Questo concetto è stato ripreso dal famoso psicologo statunitense Robert Cialdini, nel suo libro “Le armi della persuasione”. Il principio di riprova sociale afferma che le persone, per decidere ciò che è giusto, cercano di conoscere ciò che è giusto per gli altri.
Riportando tutto questo all’influencer marketing, è facile capire come i prodotti e i servizi scelti da persone “influenti” risultino immediatamente più appetibili per i consumatori. Gli individui si fidano più dei propri simili rispetto alle pubblicità, che spesso ritengono essere ingannevoli.
Quindi, si fidano di più di un influencer che apprezza un prodotto mostrandolo sui social ed elogiandolo, piuttosto di una pubblicità che evidenzia gli stessi punti di forza del prodotto. Le statistiche lo confermano: secondo i dati del Digital Marketing Institute, il 49% dei consumatori si affida ai consigli degli influencer per le proprie decisioni di acquisto.
Come sviluppare una campagna di influencer marketing
Quando si comincia a pensare ad una strategia di influencer marketing bisogna stare molto attenti. Se una strategia mirata può essere molto vantaggiosa e redditizia, una scelta sbagliata può causare una spesa inutile e dannosa per le casse societarie. Come sviluppare una campagna di influencer marketing?
#1 Definire la strategia della campagna di influencer marketing
Primo step: la pianificazione strategica
Il primo passaggio per una piano di influencer marketing è la pianificazione strategica: bisogna quindi definire obiettivi, target di riferimento, budget necessario, i canali da presidiare, le tempistiche della campagna e la forma di collaborazione.
Il primo passo è quello di delineare gli obiettivi. Alcuni obiettivi da considerare per una strategia di influencer marketing:
Aumentare la base di follower
Migliorare la brand awareness
Ottenere più engagement
Generare leads
Incrementare le conversioni
Tutti gli obiettivi scelti dovranno essere SMART, cioè specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e a tempo.
Secondo step: delineare il target
Il secondo passaggio per condurre una campagna di influencer marketing di successo, è di individuare il target di riferimento e delineare dettagli specifici riguardo al proprio pubblico ideale, tra cui:
Età
Interessi
Posizione geografica
Canali presidiati
Conoscere il pubblico significa sapere esattamente a chi si rivolge il messaggio, che abitudini ha e in che modo è strutturato il suo processo decisionale.
Terzo step: pianificare il budget
Il terzo passaggio consiste nel pianificare il budget. Il budget da destinare alla campagna è un valore fondamentale per comporre la giusta strategia comunicativa, è inoltre un elemento che influisce fortemente anche sulla scelta dell’influencer con cui collaborare.
Nel definirlo, bisogna tenere conto degli investimenti da fare per:
pianificazione, creazione e distribuzione dei contenuti
compenso per gli influencer
promozione sui canali social e su altri media
attività di marketing offline
Quarto step: delineare i canali da presidiare
Il quarto passaggio è quello di delineare i canali da presidiare. Per massimizzare il profitto di ogni campagna di influencer marketing bisogna investire nei canali giusti, che permettano di raggiungere il pubblico adeguato e di conseguenza personalizzare il messaggio in base a dove andrà veicolato.
Quali sono le principali piattaforme di influencer marketing?
Influencer Marketing su Instagram. Se vendi un prodotto Instagram è quasi sicuramente una piattaforma su cui vorrai essere presente. Attualmente, è considerato il canale principale per l’attività di influencer marketing, ed è utilizzato dal 67% dei brand. È seguito da un target di utenti compreso tra 18 e 34 anni, prettamente femminile, ed è la soluzione migliore per condividere contenuti fotografici o video che hanno lo scopo di catturare l’attenzione.
Influencer Marketing su Facebook. Facebook consente di pubblicare un mix di contenuti, tra cui testi, foto, contenuti video e dirette. Insieme ad instagram, è uno dei canali prediletti per le campagne di influencer marketing. Gli utenti di questo canale sono più adulti, compresi nella fascia tra i 25 e i 34 anni.
Influencer Marketing su Youtube. YouTube è la piattaforma migliore per i contenuti video. Il target è estremamente variegato: nonostante sia più popolare tra gli utenti compresi tra i 18 e i 24 anni, ha un tasso di diffusione del 51% anche tra le persone over 75.
Influencer Marketing su Tik Tok. TikTok è l’ultima frontiera dell’influencer marketing, ideale per chi punta ai teenagers e ad un pubblico giovane. Su questa piattaforma è possibile creare diversi tipi di partnership ma l’unico tipo di contenuto ammesso è il micro filmato.
È bene comprendere anche che ogni settore ha un proprio pubblico e dei social più adatti, ergo ogni settore avrà anche degli influencer più seguiti ed efficaci, attivi proprio su quelle specifiche piattaforme. Ad esempio, se stiamo lanciando una nuova linea di cosmetici vegani 100% naturali, molto probabilmente Instagram sarà un ottimo canale per ottenere recensioni, stories, reel e dirette con le beauty-blogger più in voga. Se ci rivolgiamo a un pubblico estremamente giovane e vogliamo dare un taglio divertente, da valutare TikTok. Invece, se vogliamo mostrare dei veri tutorial di make-up professionali, molto estesi in formato video, la scelta più azzeccata sarà YouTube.
Nulla esclude di ricorrere a un mix di canali diversi, ma tenendo presente che spesso gli influencer sono specializzati e molto seguiti su una singola piattaforma.
Quinto step: definire le tempistiche della campagna
Il quinto passaggio è quello di definire le tempistiche della campagna. È possibile attuare una campagna a breve o a lungo termine:
La strategia a breve termine dura qualche mese ed è utile quando si vogliono ottenere risultati immediati. Questo tipo di strategia è efficace quando si vogliono promuovere eventi, offerte di lancio e altre attività occasionali.
La strategia a lungo termine, invece, si struttura su un arco temporale più ampio, che va da 6 mesi a un anno, e può perseguire diversi obiettivi, come migliorare la brand awareness, aumentare il traffico sui canali dell’azienda, fidelizzare i clienti o conquistare un nuovo segmento di mercato.
Sesto step: individuare la tipologia di contenuto da creare
Infine, il sesto ed ultimo passaggio consiste nell’individuazione della tipologia di contenuto della campagna da creare.
Esistono diverse modalità di collaborazione:
Contenuti sponsorizzati. I contenuti sponsorizzati (tecnicamente branded content) sono il terreno dove si sviluppa il tipo di collaborazione più frequente per i content creator.
Prevede infatti la realizzazione di contenuti specifici – post, storie, video, reels o blogpost – che siano in linea con lo stile narrativo dell’influencer ma dedicati alla presentazione e al racconto del brand (o un suo prodotto).
In questo caso, tutte le attività e le modalità di collaborazione vengono concordate con un contratto che prevede un compenso fisso, a cui si aggiunge eventualmente una parte variabile in base ai risultati.
L’influencer è tenuto a specificare che si tratta di una collaborazione commerciale: può adempiere a questa previsione di legge, inserendo gli hashtag #ad o #adv.
Contest e giveaway.
I contest sono operazioni di comunicazione orientate al pieno coinvolgimento attivo del pubblico. Prevedono la partecipazione dei propri follower attraverso like, commenti e contenuti per poter partecipare all’estrazione di un premio o ricevere dei prodotti in regalo.
In questo caso, la cosa più importante di cui tenere conto, oltre alla finalità della campagna, sono i limiti e le regolamentazioni da rispettare: in Italia, infatti, i giveaway sono equiparati ai concorsi a premi o alle lotterie.
Per questo, le procedure e le autorizzazioni necessarie non rendono questo tipo di influencer marketing particolarmente conveniente per campagne e iniziative con piccoli budget.
Con questo tipo di partnership, l’influencer viene considerato come un vero e proprio ambasciatore del brand.
È una collaborazione spesso di lungo periodo (almeno un anno) e si basa sull’accostamento ripetuto di brand e volto noto: è infatti la forma meno evidente di influencer marketing perché il prodotto entra nella vita quotidiana del personaggio e nel suo stile.
Brand ambassador. In questo caso, il brand invia il prodotto in omaggio chiedendo all’influencer di promuoverlo. Sono collaborazioni spesso senza contratto né remunerazione, a parte il godimento gratuito del bene offerto.
Per questo, si tratta della tipologia più semplice di influencer marketing.
Coupon e affiliazioni. Si tratta dello step successivo al brand ambassador e prevede che l’influencer, oltre a ricevere il prodotto in omaggio, possa anche ottenere sconti e coupon presso lo store del brand o un guadagno in percentuale sugli acquisti effettuati dai propri follower.
La collaborazione prevede la sottoscrizione di un contratto, spesso virtuale attraverso una piattaforma di affiliazione, che stabilisce compenso, modalità di promozione e di pagamento. Questo tipo di partnership è tutta orientata alla conversione, ovvero alla vendita dell’articolo promosso.
Regali e unboxing. Un brand può fornire gratuitamente prodotti agli influencer, sottoforma di regalo inaspettato, con la speranza che il personaggio racconti ciò che ha ricevuto.
Se manca un accordo esplicito tra le parti, infatti, non è affatto detto che l’influencer dia notizia del dono sui propri canali. Inoltre, sempre per lo stesso motivo, è possibile che l’influencer si senta libero di recensire quanto ricevuto, positivamente o negativamente.
Conferenze stampa, sfilate e manifestazioni: prevedere la presenza di una celebrità è da sempre un espediente perfetto per amplificare l’evento o attrarre visitatori.
Per questo tipo di influencer marketing, occorrerà prevedere un cachet tanto più articolato quanto è strutturata la partecipazione. Il contratto dovrà precisare la cifra per la collaborazione e il tipo di contenuti richiesti all’influencer.
Un punto ovvio da cui iniziare è dare un’occhiata a ciò che stanno facendo i concorrenti.
Lo studio della concorrenza è una delle attività più importanti nell’ambito del marketing, ma spesso viene effettuata solo occasionalmente, per esempio nella definizione del posizionamento aziendale.
In mercati dinamici sarebbe opportuno, invece, monitorare costantemente i propri competitor, diretti e indiretti, in modo da tenere sotto osservazione i punti di forza e di debolezza della loro comunicazione e avere a disposizione nuovi spunti da cui trarre ispirazione.
#2 Individuare l’influencer giusto per la propria campagna di influencer marketing
Una volta stabilita la strategia e gli obiettivi da raggiungere, è possibile iniziare la fase di ricerca del “perfetto influencer”, cioè quello che sia in linea con il target di riferimento e abbracci la filosofia dell’azienda in questione. Per individuarlo è necessario fare outreach, cioè ricerca e selezione attiva di profili sul canale scelto durante la definizione della strategia.
Le metriche da valutare durante la scelta sono le “5R” definite da Amanda Russell, esperta di influencer marketing, all’interno del libro “The Influence Code” :
Reach: dimensione totale dei follower dell’influencer su tutte le piattaforme social
Recognition: quanto un influencer sia ‘conosciuto’ o ‘riconosciuto’ nella sua nicchia
Reference: citazioni e recensioni da altre persone
Relevance: quanto un influencer venga associato a uno specifico argomento o nicchia.
Resonance: livello di engagement (commenti, condivisioni, visualizzazioni, retweets, ecc…)
Tuttavia, l’errore da evitare è quello di selezionare gli influencer basandosi sulla mera valutazione del numero dei follower o l’engagement rate, dunque finendo con lo scegliere sempre i soliti nomi noti.
Un influencer con un numero alto di follower, infatti, potrebbe raggiungere un maggior numero di utenti, ma avere un tasso di coinvolgimento più basso, mentre creator con audience più contenute potrebbero generare maggiori interazioni e conversioni.
Riuscire ad individuare influencer poco conosciuti, ma ideali per il brand, sta diventando un elemento differenziante nella costruzione della propria strategia di Influencer Marketing.
Altri fattori importanti da tenere in considerazione:
Allineamento dell’influencer con il brand in questione
Tipologie di contenuti proposti e grado di qualità
Autenticità dell’influencer agli occhi del pubblico
Autenticità dei followers (ci sono influencer che comprano follower!)
Grado di coinvolgimento del pubblico
Grado di interazione con il proprio pubblico
Può essere piuttosto difficile trovare influencer di rilievo senza stare ore sui canali, a esaminare centinaia di account. Ed è qui che strumenti per l’influencer marketing come Buzzsumo, Klout, LittleBird, Talkwalker Influencer One, Buzzoole Discovery ti possono venire in aiuto!
#3 Contattare l’influencer scelto per la campagna di influencer marketing
L’email rimane il mezzo di comunicazione migliore per entrare in contatto con gli influencer.
Prima di scrivergli, però, studia un po’ il suo profilo ed il suo stile di comunicazione: potrai utilizzare quell’analisi per citare nel testo della email alcuni esempi di suoi contenuti precedenti che gli facciano capire che hai dedicato del tempo a studiare il suo lavoro. Spiegagli anche perché il suo profilo sia perfettamente in sintonia con il tuo prodotto e quale sia il valore aggiunto per la sua community.
Inoltre, metti subito in chiaro il budget del progetto, il tipo di creatività richiesta e le tempistiche della campagna.
#4 Concordare una formula di collaborazione
Una volta trovati gli influencer con cui lavorare, devi concordare una formula di collaborazione.
Un accordo scritto potrebbe sembrare non necessario, ma in realtà sarà utile a proteggere entrambe le parti da un punto di vista legale.
Per essere a norma di legge e per tutelare le parti, il contratto dovrà avere delle clausole che sono comuni a molti contratti di digital marketing:
le parti in accordo;
gli obiettivi della campagna
la durata del contratto;
le modalità ufficiali di comunicazione tra le parti;
numero e tipologia di contenuti da creare;
la fee (compenso);
le piattaforme social su cui pubblicare i contenuti;
lunghezza e stile dei contenuti;
hashtag per segnalare il contenuto promozionale del post, es. #Adv #SuppliedBy #GiftedBy;
l’esclusività, oppure patto di non concorrenza;
la proprietà intellettuale dei contenuti creati dallo sponsorizzato;
il diritto d’immagine dell’influencer;
la risoluzione del contratto e il diritto di recesso in caso di inadempimenti delle parti
l’obbligo di riservatezza per le informazioni e i documenti scambiati;
eventuali esoneri di responsabilità;
la previsione di eventuali collaboratori esterni per l’esecuzione delle attività previste dal contratto;
la previsione di report periodici per valutare il raggiungimento dei KPI prefissati;
l’informativa per il trattamento dati ai fini del GDPR;
l’indicazione del foro competente per le eventuali controversie legali.
Nonostante bisognerebbe sempre dare libertà creativa agli influencer per rappresentare il brand, è una buona idea creare una sorta di “guida di stile”, per assicurarsi che gli influencer rappresentino i valori del marchio e che comunichino rispettando quella visione.
Quali sono gli elementi distintivi del brand?
Quali sono le parole chiave fondamentali per identificare il business?
Ci sono argomenti che è meglio non affrontare?
#4 Tenere monitorata la campagna di influencer marketing
Nel momento in cui inizia la campagna di influencer marketing, bisogna continuamente monitorarne l’andamento. I risultati dell’analisi permetteranno di registrare il successo o meno dell’azione promozionale, permettendo inoltre di comprendere eventuali punti di forza e di debolezza.
Potrebbe essere che l’influencer individuato non sia il più indicato per la comunicazione, oppure che il target di utenti si comporti diversamente rispetto all’analisi preliminare.
Quindi diventa fondamentale calibrare la strategia in base a quelle che sono le analisi delle misurazioni.
Tra le metriche più interessanti da considerare, ci sono:
Numero di interazioni ed engagement rate
Copertura e impression
Conversioni
Ci sono moltissime piattaforme di influencer marketing che ti permetteranno di monitorare ogni campagna e misurarne l’efficacia, ad esempio Sprout Social, Hootsuite, Traackr, Buzzoole, PopularRise.
Esempi di campagne di influencer marketing di successo
#1 About You: enorme hype e curiosità tra i followers grazie agli influencer
About You è un e-boutique tedesca fondata nel 2014 e presente in 24 Paesi, che vende oltre più di 400mila capi di abbigliamento e accessori per donne, uomini e bambini di età compresa tra i 18 e 45 anni. La filosofia del brand è molto simile a quella Asos, Zalando e Yoox.
La campagna “Who the f*** is ABOUT YOU?” ha iniziato a circolare in Italia prima del debutto ufficiale della piattaforma il 14 settembre 2021. In quelle settimane, infatti, abbiamo visto circolare video, TikTok, IG story e altri contenuti social ad opera di oltre 300 influencers, tiktokers e Youtubers, dai più famosi come Chiara Ferragni, Giulia Salemi, Valentina Vignali, Taylor Mega, Andrea Damante o Andrea Cerioli, ai più piccoli come Giulia Izzo.
Due giorni prima dell’evento questi influencer hanno condiviso foto e contenuti sulle piattaforme social con la scritta “Who the f**k is About You?”, che rimandavano ad una landing page con un countdown, ed un invito a salvarsi la data del lancio. creando enorme hype e curiosità tra i followers. La cosa incredibile di questa operazione è che ha fatto aumentare l’interesse collettivo degli utenti attorno al marchio prima ancora che fosse lanciato sul mercato. La fase di teaser si è conclusa con l’evento tenutosi il 14 settembre presso i Bagni Misteriosi a Milano ed ha visto special guests come Belén Rodriguez, Valentina Ferragni e Mariano Di Vaio, oltre a moltissimi influencers che hanno condiviso stories, reel, tiktok e mini-vlog sull’evento.
#2 Fitvia: il successo della nuova campagna di influencer marketing #BeTheChange
Fitvia, è un brand specializzato nella produzione di una vasta gamma di body detox tea dalle proprietà depuranti e antiossidanti, che aiutano a bruciare grassi e a sostenere il metabolismo con un programma di 28 giorni che promette, unito ad uno stile di vita sano, una dieta regolare e a movimento, di aumentare il benessere, far ritrovare l’energia e favorire un aspetto brillante e radioso.
Le bevande a marchio Fitvia sono state pubblicizzate da diverse influencer, tra cui Belen e Cecilia Rodriguez, Ludovica Valli, Guendalina Tavassi, Katia Pedrotti.
Recentemente Fitvia, in linea con l’esigenza di presidiare al meglio la nuova target audience di riferimento (composta da donne tra i 18 e i 49 anni), incrementare l’awareness del brand, generare traffico al sito e contribuire a consolidare il percorso di riposizionamento dell’azienda, ha deciso di affidarsi a FLU, un’agenzia di influencer marketing.
Flu ha sviluppato il progetto di comunicazione #BeTheTrueChange, fondato su valori di self love&care, diversity e inclusion, coinvolgendo per l’occasione oltre 20 talent, tra cui influencer del calibro di Anna Safroncik, Michela Coppa, Laura Comolli e Sophia Salaroli.
L’attività ha seguito tre differenti fasi:
un primo momento di teasing in cui le influencer sono state protagoniste di una serie di interviste, pubblicate sui propri canali social, nel corso delle quali hanno raccontato il percorso di cambiamento che le ha portate a essere le persone che sono oggi;
una seconda fase, che è consistita in un evento, lanciato il 7 ottobre presso il “Magna Pars l’Hotel à Parfum” di Milano, durante il quale le influencer, oltre a partecipare a una masterclass di yoga, hanno potuto sperimentare e scoprire tutti gli ingredienti naturali che compongono i tè e gli infusi di Fitvia;
una terza fase (ancora in corso), dove le influencer sono state chiamate a condividere con i propri followers i momenti quotidiani in cui sperimentano il piacere dei prodotti Fitvia.
#3: Daniel Wellington: da O$ a 220.000.000 $ in 7 anni grazie agli influencer
Quando si discutono esempi di marketing di influencer di successo perfettamente integrati con una campagna di social media marketing, l’elenco sarebbe incompleto senza Daniel Wellington.
Daniel Wellington è un brand di orologi da polso svedese, che tra il 2014 e il 2015 è stato capace di sfruttare il potere dell’influencer marketing e dello user generated content per sviluppare una brand identity favorevole e raggiungere milioni di clienti che ancora non conoscevano il marchio.
Stelle di Instagram come Blake Scott, e altri nomi dell’universo fashion, hanno indossato e fotografato gli orologi per poi pubblicare gli scatti su Instagram.
Risultato? Con l’hashtag #DanielWellington sono stati creati più di 800 mila contenuti fra foto e video su Instagram sia da influencer che dagli utenti dei social media e l’incremento dei profitti è stato spettacolare (da O$ a 220.000.000 $ in 7 anni).
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/09/influencer-marketing.jpg575876Monica Brignolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMonica Brignoli2022-09-27 10:30:592022-09-28 09:29:25Influencer Marketing: cos'è e come sviluppare una strategia efficace
Durante la presentazione dell’attesissimo trailer del film La Sirenetta, in uscita nelle sale nel 2023, Disney ha rivelato che Ariel sarà interpretata dalla cantante e attrice afroamericana Halle Bailey.
La scelta di una professionista nera ha da subito generato numerose polemiche sui social, animate prevalentemente da pregiudizi razziali.
I leoni da tastiera si sono appellati a numerose teorie: dall’impossibilità di una sirena nera all’ormai gettonatissimo e stucchevole “politicamente corretto” a tutti i costi.
Eppure, a fare da controcanto a queste critiche, ci sono le reazioni delle bambine e dei bambini afroamericani che si sono commossi ed emozionati vedendosi finalmente rappresentati sul grande schermo nel live action di uno dei cartoni animati più amati al mondo.
Cosa c’entra tutto questo con il marketing inclusivo? C’entra eccome
“Inclusione non significa combattere formalmente stereotipi triti e offensivi, ma significa offrire a personaggi di qualsiasi ambiente socioculturale l’opportunità di raccontare la propria storia, senza renderla la storia principale”.
Con poche e semplici parole Shonda Rhimes descrive perfettamente il senso della narrazione inclusiva: dare dignità ad ogni tipo di storia e ad ogni tipo di persona.
Ecco perché Ariel interpretata da un’attrice afroamericana ha un potere così forte, così come lo ebbe, con annesse polemiche, il ruolo nei panni di Lupin dell’attore senegalese Omar Sy.
In questo diverso approccio alla rappresentazione, la pubblicità gioca un ruolo fondamentale, sia per la sovraesposizione che ha il pubblico a questo genere di narrazione, sia per l’impatto che ha nell’influenzare i comportamenti delle persone.
Cos’è il marketing inclusivo
MJ De Palma, responsabile del marketing multiculturale e inclusivo per Microsoft Advertising, lo ha definito “come il marketing che può evidenziare o risolvere un aspetto della diversità dove si verifica l’esclusione”.
In altre parole le campagne di marketing inclusivo hanno l’obiettivo di parlare a tutte le persone, anche quelle emarginate o sottorappresentate, ma lo fa rompendo gli stereotipi e facendo arrivare a quei gruppi il messaggio che il brand li vede, li capisce e, di conseguenza, parla di loro e a loro.
Perché tutto questo diventa un valore aggiunto nella comunicazione di un brand? Perché il punto fondamentale di questa strategia sono proprio le persone.
KPI, dati, analisi, performance, investimenti. Spesso ci dimentichiamo che, al di là dei numeri, ci sono essere umani reali con esigenze reali.
Ecco allora che il marketing, per essere efficace, deve tenere in considerazione la diversità in ogni sua forma.
E quando parliamo di diversità ci riferiamo a 7 aree: genere e identità di genere, disabilità, età, etnia, orientamento sessuale e affettivo, status socio-economico, religione o credo.
L’esempio LGBTQIA+ friendly di IKEA
Quanto è potente il messaggio di un brand come IKEA che, nella giornata mondiale contro l’omolesbobitransafobia, che si celebra ogni anno il 17 maggio, decide di lanciare un messaggio contro la discriminazione delle persone LGBTQIA+. Casa Puoi Essere Tu, questo il claim della campagna, è l’invito a far sentire accolto chiunque, a prescindere dal proprio orientamento sessuale e dalla propria identità di genere.
I più maliziosi potrebbero pensare che sono solo belle parole. In realtà IKEA si impegna attivamente con veri e propri piani di inclusione a livello globale e, inoltre, supporta associazioni che ogni giorno si impegnano contro le discriminazioni della comunità, come ad esempio l’Associazione Quore, impegnata nel settore del co-housing per le persone LGBTQIA+ che hanno dovuto abbandonare la propria abitazione in seguito al coming out.
Questo è un punto chiave, non basta fare una bella campagna se non è supportata da fatti veri, capaci di ridurre le distanze per i gruppi marginalizzati . A meno che ci si voglia imbattere nel tortuoso e anche abbastanza tossico mondo del woke washing, ossia della strumentalizzazione dell’inclusione a meri fini commerciali.
D’altra parte, l’inclusività non fa bene solo all’immagine di un brand ma anche alle sue economie. Infatti, secondo un sondaggio condotto da Microsoft, il 70% dei giovani si fida maggiormente delle aziende che rappresentano la diversità nella loro comunicazione. Addirittura il 54% dei millennial afferma di preferire un marchio inclusivo rispetto ad un concorrente. Il 49%, invece, ha smesso di acquistare prodotti di aziende che non rispettano i valori in cui crede.
Questi dati sono confermati anche da Salesforce, secondo cui il 90% dei clienti crede che le aziende debbano avere la responsabilità di guardare oltre il profitto e impegnarsi a costruire un mondo migliore.
Un recente studio globale sulla diversità nel marketing ha dimostrato che il 72% delle persone pensa che la maggior parte delle pubblicità non rispecchia il mondo che li circonda e il 63% non si vede proprio rappresentato.
Le pubblicità spesso promettono di risolvere i problemi dei consumatori, ma come può un’azienda essere credibile se neanche riesce a rappresentare il suo pubblico?
Non si tratta solo di vezzi o di fronzoli, si tratta di arrivare al cuore delle persone, perché è questo che si aspettano oggi da un brand.
Le persone non comprano più solo ciò che gli piace, ma scelgono ciò in cui credono e che sostengono. Dovrebbero farlo anche le aziende.
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Vuoi saperne di più sul Marketing Inclusivo? Dai un’occhiata a questi articoli
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/09/marketing-inclusivo-la-sirenetta.jpg7201200Silvia Tassonehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSilvia Tassone2022-09-21 12:00:452022-09-22 09:16:42Marketing inclusivo, perché i brand non possono ignorarlo
Adobe annuncia di aver stipulato un accordo di fusione, di circa 20 miliardi di dollari, per acquisire Figma, la piattaforma di progettazione collaborativa leader nel web design.
Si tratta di un’operazione finanziaria che passerà alla storia: la notizia ha difatti colto di sorpresa un intero comparto creativo.
La missione di Adobe è da sempre quella di cambiare il mondo attraverso le esperienze digitali. Oggi tutto il settore deve molto agli strumenti e alle piattaforme di Adobe.
Nel corso della storia le innovazioni della software house statunitense hanno toccato miliardi di vite in tutto il mondo: dall’editing creativo di Photoshop ai documenti elettronici all’avanguardia col formato PDF, passando per altre rivoluzionarie piattaforme.
Il mondo Adobe si è evoluto nel tempo e continua a cambiare.
La missione di Figma è aiutare i team a collaborare visivamente e a rendere il design accessibile a tutti.
Fondata da Dylan Field ed Evan Wallace nel 2012, l’azienda ha aperto la strada al design dei prodotti sul web.
Oggi consente a tutti coloro che progettano applicazioni web e mobile interattive di collaborare attraverso flussi di lavoro multiplayer, sofisticati sistemi di progettazione e un ricco ecosistema di sviluppatori.
“La combinazione di Adobe e Figma è trasformativa e accelererà la nostra visione per la creatività collaborativa” ha affermato Shantanu Narayen, presidente e CEO di Adobe.
Figma ha attratto una nuova generazione di designer, sviluppatori e studenti.
Insieme, Adobe e Figma re-immagineranno il futuro della creatività e della produttività, con l’obiettivo di accelerare la creatività nel web.
L’intenzione è anche quella di accrescere la progettazione dei prodotti e di ispirare le community globali di creator, designer e sviluppatori.
La società con il nuovo assetto avrà un’enorme opportunità di mercato e sarà capace di generare valore significativo a tutti i livelli: per i clienti, gli azionisti e l’industry.
Adobe e Figma condividono la passione di aiutare le persone e i team a essere più creativi e produttivi. Con l’ampio portafoglio di prodotti, la società combinata avrà una rara opportunità di alimentare il futuro del lavoro unendo capacità di brainstorming, condivisione, creatività e collaborazione.
Il web è diventato onnipresente e sta rendendo più facile la creazione congiunta dei team.
Le app digitali sono al centro della nostra vita personale e professionale, stanno creando una crescita esplosiva nell’ambito del product design. I creator sono chiamati quotidianamente a creare un volume crescente di contenuti in stretta collaborazione.
Le capacità multiplayer web-based di Figma accelererà la distribuzione delle tecnologie Creative Cloud di Adobe sul Web, rendendo il processo creativo più produttivo e accessibile a più persone.
Al termine della transazione, Dylan Field, co-fondatore e CEO di Figma, continuerà a guidare il suo team, riportando a David Wadhwani, Presidente Digital Media Business di Adobe.
Fino alla chiusura della transazione, ciascuna società continuerà ad operare in modo indipendente.
Il fondatore di Patagonia, Yvon Chouinard, che in precedenza aveva già espresso una certa riluttanza ad accumulare ricchezza, sta cedendo la sua azienda.
L’azienda di abbigliamento outdoor sarà ora nelle mani di una onlus e senza scopo di lucro. Tutti i profitti futuri saranno donati per aiutare a combattere il cambiamento climatico, secondo quanto ha annunciato la società mercoledì.
La notizia, condivisa prima internamente con collaboratori e dipendenti, è stata poi annunciata con una lettera aperta di Yvon Chouinard che ha come titolo: “La Terra è ora il nostro unico azionista“, pubblicata sul sito modificato per l’occasione.
Il fondatore di Patagonia “dona” l’azienda a una onlus
“È passato mezzo secolo da quando abbiamo iniziato il nostro esperimento di business responsabile“, ha detto Chouinard, 84 anni. “Se c’è ancora speranza di vivere su un pianeta sano tra 50 anni, questa richiede a tutti noi di fare tutto il possibile con le risorse che abbiamo. In quanto leader aziendale che non avrei mai voluto essere, sto facendo la mia parte“.
E ha aggiunto: “Invece di estrarre valore dalla natura e trasformarlo in ricchezza, stiamo usando la ricchezza creata da Patagonia per proteggerne la fonte. Stiamo rendendo la Terra il nostro unico azionista. Sono seriamente intenzionato a salvare questo pianeta”.
Il Patagonia Purpose Trust controllerà tutte le azioni con diritto di voto della società (2%), mentre Holdfast Collective, un’organizzazione no profit per il cambiamento climatico, deterrà tutte le azioni senza diritto di voto (98%).
Chouinard, che attualmente è un membro del consiglio, ha dichiarato che sebbene cercasse di combattere il cambiamento climatico, si è reso conto che la sua azienda stava contribuendo ad esso e si è messo a pensare a come risolvere la situazione.
Un’opzione era venderla e donare il ricavato, ma Chouinard si è detto preoccupato che i nuovi proprietari potessero non avere gli stessi valori o mantenere i livelli occupazionali dell’azienda.
L’altra opzione era quella di diventare un’entità quotata in borsa.
“Che disastro sarebbe stato“, ha poi dichiarato. “Anche le società pubbliche con buone intenzioni sono sottoposte a troppa pressione per l’obiettivo creare guadagni a breve termine a scapito della vitalità e della responsabilità a lungo termine“.
Patagonia rimarrà una B Corp e continuerà a donare l’1% dei suoi guadagni a gruppi ambientalisti e la leadership rimarrà invariata. La famiglia Chouinard guiderà anche il Patagonia Purpose Trust, eleggendo e supervisionando il CDA.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/09/Patagonia-cede-lazienda-a-una-onlus.jpg487747Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-09-15 14:24:012022-09-16 10:54:32Il fondatore di Patagonia "dona" l'azienda a una onlus per combattere il cambiamento climatico
Il 06/09/2022 è stata una data storica per la DeFi e in particolare per il mondo delle blockchain: ha inizio l’upgrade (o meglio, la migrazione) dell’algoritmo di consenso di Ethereum che consentirà di ridurre del 99,5% il fabbisogno energetico della blockchain.
Tecnicamente il blocco con TTD (terminal total difficulty) numero 58750000000000000000000 della blockchain di Ethereum, che arriverà verso la metà di questo settembre 2022, sarà l’ultimo ad essere gestito con la PoW.
Una volta che l’Execution Layer avrà superato quel livello di TTD, avverrà l’integrazione tra la Ethereum Mainnet con la nuova Beacon Chain e il blocco successivo sarà prodotto da un validatore sulla Beacon Chain. La finalizzazione di questo blocco segnerà la transizione completa della blockchain di Ethereum a un meccanismo di consenso basato su Proof of Stake (PoS).
Perché ne parliamo
Per chi non lo sapesse, mantenere attiva una blockchain è estremamente oneroso sotto il profilo energetico dato che la validazione dei nuovi blocchi avviene mediante un’attività, il mining che richiede una potenza di calcolo molto alta espletata attraverso centinaia di GPU.
Questa potenza di calcolo è necessaria per svolgere i “compiti” dettati dall’algoritmo di consenso chiamato Proof of Work (o PoW) che imposta la difficoltà e le regole per il lavoro che i miner devono svolgere. Il lavoro dei miner viene remunerato attraverso frazioni di ETH o BTC in base alla blockchain per la quale lavorano.
Senza il lavoro dei miner, oggi non potrebbero esistere le blockchain.
Ethereum merge: perché è importante
Il passaggio di cui parliamo riguarda proprio l’algoritmo di consenso. Infatti si passerà dalla Proof of Work (o PoW) alla Proof of Stake (PoS) che abbatterà di oltre il 99% i costi energetici necessari al mantenimento della blockchain e di conseguenza anche il lavoro dei miner.
Questo abbattimento dei consumi energetici è dovuto al fatto che la PoS assegnerà ai nodi il diritto di validare i blocchi successivi sulla base dei token (monete) in loro possesso.
In generale, la probabilità di essere scelti è proporzionale alla quantità di monete che si possiedono: più monete hai, più alte saranno le probabilità che quel nodo verrà scelto per validare il prossimo blocco.
Al fine di rendere l’articolo più esaustivo ricordiamo che il processo di inserimento di un nuovo blocco in una blockchain con PoS è definita forging (rispetto al mining) ed infatti
con la proof of stake i blocchi sono forgiati e non sono minati.
Come vengono remunerati i nodi che partecipano alla validazione ?
Abbiamo detto che le persone che vengono selezionate per il forging devono avere in portafoglio una certa quantità di moneta virtuale, nel nostro caso Ethereum, per un certo periodo di tempo, attività che viene definita come staking.
Maggiore è il tempo che l’utente “congela” le proprie monete, maggiore è la remunerazione che ottiene.
Ma entriamo nel dettaglio: immaginiamo 100 investitori di Eth suddivisi in 3 gruppi dove ogni gruppo detiene una certa quantità di moneta. In base alle monete possedute, ogni gruppo ha una percentuale di partecipazione alla rete.
Al fine di garantire il principio di democrazia e decentralizzazione della rete il gruppo C ha si la maggiore probabilità di essere selezionato per il forging di nuove monete, ma una probabilità più bassa la hanno anche gli altri due gruppi.
Nel processo di selezione vengono utilizzati anche dei metodi aggiuntivi, per favorire non solo i nodi più ricchi presenti sulla rete. I due metodi più comunemente utilizzati sono il Randomized Block Selection e la Coin Age Selection.
Nel primo caso, i validatori vengono selezionati tra i vari nodi, utilizzando una combinazione tra il valore di hash più basso e lo stake più alto.
Nel secondo, i validatori vengono scelti considerando il numero di giorni a partire dal quale le monete sono state messe in staking e moltiplicato per il numero di monete in staking.
Una volta che un nodo ha forgiato un blocco, il coin age viene azzerato e si deve attendere un certo periodo per poter forgiare un altro blocco; questo impedisce, ai grandi nodi che fanno staking, di dominare la blockchain.
Cosa c’è da sapere
La necessità di passare dalla PoW alla PoS oltre che essere legata al fattore energetico nasce anche per oltrepassare alcuni limiti della Pow quali:
Mancanza di scalabilità e velocità legate ad un alto livello di latenza dovuto al processo di mining per poter approvare le transazioni e produrre nuovi blocchi. Grazie alla PoS le verifiche avvengono velocemente, impattando positivamente sulla scalabilità e velocità della rete.
Decentramento delle attività di validazione, problema che colpisce fortemente le reti PoW dovuta al fatto che il mining rischia si cadere nelle mani di pochi e grandi gruppi. Tramite la PoS si cerca di risolvere questo problema, diversificando e democratizzando l’accesso dei partecipanti ai diversi compiti della rete.
Timore verso l’attacco del 51% . Questo genere di attacco rappresenta una delle paure legate alle reti PoW. È sufficiente che un pool di mining abbia il 51% della potenza di calcolo della rete perchè avvenga un disastro; infatti con quella capacità, il gruppo di mining può manipolare la blockchain a piacimento. Ma in una rete basata sulla PoS è possibile solo se l’attaccante possiede il 51% di tutte le monete. Se l’attaccante effettua un tale attacco, il valore della moneta tende a diminuire, il che porta ad ingenti perdite economiche per l’attaccante. Questa situazione funge da deterrente per prevenire questi attacchi, pur mantenendo la sicurezza della rete.
Ninja Upshot
Grazie al passaggio dalla PoW alla PoS le blockchain supereranno moltissimi limiti che tuttora ne limitano pesantemente lo sviluppo di massa.
Grazie alle proprie caratteristiche intrinseche (mancanza di intermediari e decentralizzazione), la tecnologia blockchain ha il potenziale di soddisfare numerose esigenze della vita quotidiana e portare a nuove opportunità attraverso una maggiore trasparenza, una maggiore sicurezza e una più facile tracciabilità.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/09/etherum-merge.jpg605950Antonio Romanohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngAntonio Romano2022-09-12 10:13:322022-09-12 10:13:32Ethereum merge: cosa c'è da sapere sul passaggio alla Proof of Stake
Qualcuno scrisse che “l’amor move il sole e l’altre stelle”. Chissà cosa avrebbe asserito di fronte ai marchi apposti su felpe, bottigliette, borse che fanno letteralmente innamorare le persone tanto da riunirsi in tribù di appassionati.
Non conosceremo mai l’opinione di Dante in proposito, ma sappiamo che in ogni settore esistono uno o più love brand in grado di creare una relazione unica con i consumatori basata su forti connessioni emotive. Quest’ultime, secondo numerosi studi di neuromarketing hanno un ruolo importantissimo nelle decisioni d’acquisto.
Perciò, se ignori le emozioni che il tuo brand suscita nelle persone e non fai nulla per sviluppare la community di quelli che lo apprezzano, perdi l’opportunità di posizionarlo tra i migliori.
Una tribù o community di persone appassionate al brand non si forma per caso ma è il frutto di scelte strategiche unite ad un costante lavoro di coinvolgimento e aggregazione.
Love brand come Coca-Cola, Mulino Bianco, Apple, si sono posizionati nella top of mind dei consumatori e sono la prima risposta che salta in mente quando ce n’è bisogno.
Le emozioni a cui si associano possono essere varie: felicità, spensieratezza, tenerezza, entusiasmo ecc. ed è certo che quando proviamo un’emozione – specialmente se positiva – siamo portati a condividerla con amici e parenti.
È così che si accende la miccia della community attorno al brand, con un passaparola tanto autentico quanto vantaggioso. Quindi avere o non avere una community passa attraverso vari fattori concatenati come:
le emozioni suscitate nel consumatore;
la condivisione di emozioni/esperienze;
la fedeltà alla marca.
Perché la loyalty è fondamentale
La fedeltà al marchio esiste nel momento in cui i clienti hanno una buona ragione per scegliere un altro brand ma, nonostante questo, continuano a scegliere il tuo per vari motivi, non sempre spiegabili razionalmente.
Secondo la teoria classica, la Brand Loyalty si sviluppa in tre stadi:
Brand recognition: la persona conosce il brand, ne ha un’opinione positiva ma non ha ancora nessun legame con esso. Infatti non esclude ancora l’acquisto di prodotti simili di altri marchi se più convenienti.
Brand preference: il cliente preferisce il brand e lo acquista con maggiore preferenza. Ma sarà comunque disposto ad acquistare il prodotto di una marca concorrente nel caso in cui non fosse disponibile.
Brand insistence: in questo stadio il cliente è talmente affezionato al brand che la sua fedeltà è dimostrata dal fatto che non accetta alcun sostituto. Proprio per questo è disposto ad aspettare affinché il prodotto non torni disponibile. Nel lungo periodo acquisterà con frequenza e in maniera esclusiva.
Quando l’azienda si impegna a costruire una base considerevole di clienti veramente fedeli, otterrà un vantaggio significativo: i consumatori altamente fedeli possono restare al fianco del brand anche in tempi difficili, non lo abbandoneranno neanche se i prezzi dovessero aumentare o crollasse l’economia.
Inoltre, queste persone si faranno anche promotori del brand: parleranno dei prodotti e dei servizi ai loro amici e familiari, lo sosterranno personalmente e contribuiranno ad aumentarne l’awareness: tutto questo può avere un effetto positivo nelle vendite, anche senza un massiccio investimento finanziario.
L’89% dei consumatori si fida delle raccomandazioni ricevute da amici e conoscenti (Nielsen, 2021).
Perché investire sullo sviluppo di una brand community
Abbiamo visto come un brand veramente forte e autorevole goda non solo di awareness sul mercato ma anche di un insieme di percezioni positive e di fedeltà. E sappiamo che il mercato in cui “vive” il brand è fatto di singole persone che ne condividono i valori e si identificano con esso. A questo punto vediamo perché la creazione della community è il tassello che non deve assolutamente mancare nella tua strategia di comunicazione e quali sono i vantaggi:
È più facile comunicare e ottenere feedback con chi si sente parte del tuo brand rispetto a chi acquista casualmente;
Quando le persone si sentono parte di una comunità hanno anche più fiducia nel brand e restano fedeli ad esso;
In una brand community possiamo trovare dei veri ambasciatori del brand, i quali interverranno in conversazioni importanti per supportarlo;
Gli ambasciatori sono più inclini a condividere ciò che amano con gli amici alimentando il passaparola;
I membri della comunità saranno le persone più adatte da coinvolgere nelle scelte di marketing mix.
Gli step per creare la brand community su misura
Secondo TERRITORY Influence – l’agenzia che in 17 anni ha aiutato oltre 500 brand a raggiungere gli obiettivi di marketing mettendo al centro delle strategie gli esseri umani – è fondamentale trovare uno spazio comune in cui brand e persone possono dialogare. Può essere un evento offline, un social network o anche una piattaforma creata appositamente dal brand: l’engagement e l’amore per il brand faranno la differenza.
Quindi, come creare una community che funziona?
TERRITORY suggerisce una checklist di 7 punti molto utile per la creazione della brand community.
1 – Metti il brand al centro
Tutto all’interno della community deve ricordare il brand e parlare del brand, dal tono di voce alla mission e i suoi valori. Chiunque si iscriva deve comprendere facilmente e condividere queste caratteristiche.
2 – Scegli i canali giusti
Dove si incontreranno regolarmente gli amanti del brand? Su Facebook, Instagram, Youtube, Telegram, su una piattaforma dedicata?
Per ciascuno di questi canali dovrai valutare attentamente i pro e i contro.
3 – Coinvolgi e ispira i membri
Una volta acquisiti i membri, mantenere i membri della comunità impegnati dovrà essere la priorità.
Come? Con contenuti educativi, di intrattenimento e condivisibili.
Devono godere di un valore pratico, vivere esperienze esclusive, poter condividere le proprie emozioni. Un esempio è il programma per ambasciatori con un sistema di gamification, in cui c’è una ricompensa dopo un certo numero di azioni compiute.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/09/territory-influence-brand-communicty.jpg574922Ninja Partnerhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNinja Partner2022-09-08 10:30:152022-09-08 08:58:01Brand Community: come si crea e perché è così importante per il tuo marchio
Meta ha lanciato Creators of Tomorrow, una campagna pensata per mettere in luce i diversi talenti che, a livello globale, stanno contribuendo alla nascita di una nuova ondata di contenuti digitali, creativi e originali.
In Europa, in Medio Oriente, in Africa, e prossimamente in tanti altri Paesi, l’azienda sta lavorando a stretto contatto con questi creator emergenti per aiutarli a far crescere il loro pubblico e trasformare le loro passioni in professioni.
I Creators of Tomorrow hanno davanti a sé enormi opportunità di carriera. Sono stati selezionati perché si stanno affermando all’interno delle loro community online e perché mostrano un approccio innovativo nella creazione di contenuti video, nell’utilizzo della tecnologia e nella proposta di contenuti d’intrattenimento originali e coinvolgenti: qualità che, siamo certi, saranno parte fondamentale dell’evoluzione del metaverso.
Creators of Tomorrow: i 10 Creators of Tomorrow italiani
I 10 Creators of Tomorrow italiani rappresentano l’ampio ventaglio di talenti che ogni giorno utilizzano le app di Meta per esprimersi, raccontando le loro storie e promuovendo la loro professione.
C’è chi viene dal mondo del gaming, come Fjona Cakalli, ideatrice di Games Princess, il primo sito italiano dedicato ai videogiochi gestito esclusivamente da ragazze, e poi di Tech Princess, che racconta la tecnologia con uno sguardo inedito.
Fjona Cakalli
C’è chi si sta affermando nel mondo della moda come Aya Mohamed e Sumaia Saiboub, che raccontano la loro visione e la loro estetica con un fortissimo senso di identità culturale, profondamente radicato nelle loro origini, o come Eugenia Longo, che esprime la propria creatività nel segno della self-acceptance.
Fanno parte della rosa anche le food creator Cibosupersonico, ideatrici di esperienze culinarie autentiche a base di piatti sani e completamente plant-basede Chiara’s Cakery, che ha fatto della pasticceria la sua missione di vita.
Aya Mohamed
Dal mondo lifestyle, la creator Macy Fancy ci regala uno sguardo unico sulla black beauty, inseguendo il desiderio di mostrare i mille volti e le tante sfaccettature che ci rendono speciali.
E, ancora, la campionessa di nuoto paralimpica Arianna Talamona, che ha trasformato la malattia da cui è affetta in un’opportunità, insieme ad artisti come Francesco Spedicato, che utilizza le piattaforme Meta per ispirare, intrattenere, emozionare e divertire quante più persone possibili attraverso i suoi disegni, realizzati con tecniche diverse e Ceppeland, videomaker specializzato in effetti visivi, programmatore e musicista polistrumentista.
I Creators of Tomorrow stanno crescendo in modo sorprendente perché, con i loro contenuti digitali, cavalcano le nuove tendenze culturali e scoprono nuove strade per fare business, coltivando nuove opportunità, che abbracciano il futuro di Internet: dal costruire i propri marketplace digitali a ospitare eventi immersivi con fan da tutto il mondo, fino alle collaborazioni con i brand per promuovere nuove esperienze.
Parallelamente al costante impegno dell’azienda nello sviluppo del metaverso, lavoreremo per aiutare i creator a farsi strada nelle loro carriere, favorendo loro l’accesso a strumenti, formazione e risorse all’avanguardia, per testare e sperimentare in prima persona nuove opportunità e innovazioni.
Creators of Tomorrow: programmi e iniziative locali
Nei prossimi mesi Meta darà vita a una serie di progetti e iniziative che avvicineranno i creator alla cultura aziendale, metteranno in luce il loro talento e gli permetteranno di fare passi avanti nella crescita delle proprie carriere.
Per fare in modo che i creator conoscano tutte le ultime novità e tutti gli strumenti offerti dalle nostre tecnologie, saranno organizzati workshop in presenza, dedicati a ciascuno di loro.
In Italia, in particolare, ci sarà una masterclass per esprimere al meglio la creatività sulle nostre piattaforme attraverso le diverse funzionalità a loro disposizione.
Inoltre accesso a esperienze ed eventi unici, che possano ispirare a creare contenuti originali e di tendenza. In Germania, ad esempio, Meta ospiterà i Creator of Tomorrow al Superbloom Festival, dove avranno un accesso VIP ai concerti, mentre i creator dell’area MENA parteciperanno a Forever is Now, una mostra d’arte immersiva alle Piramidi di Giza, durante la quale potranno fare esperienza diretta delle nostre installazioni in realtà aumentata.
Infine, tutti i Creators of Tomorrow saranno invitati alla EMEA Creator Week, che si terrà per la prima volta a novembre a Londra, presso l’iconica Tate Britain. Qui, i Creators of Tomorrow avranno la possibilità di conoscersi: un’occasione per far emergere la loro creatività, imparare gli uni dagli altri e trarre ispirazione per la creazione di contenuti sempre più originali.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/09/creators-of-tomorrow-Foto-collage-degli-italiani-selezionati-da-Meta.jpg595886Redazionehttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngRedazione2022-09-06 11:56:082022-09-06 16:43:58Meta presenta i Creators of Tomorrow: ecco chi sono gli italiani selezionati
Brutta tegola per Meta: Instagram multato per 405 milioni di euro nell’UE per la privacy dei minori.
Una multa di 405 milioni di euro è in arrivo per Instagram dopo che le autorità di regolamentazione della privacy dell’Unione europea hanno preso una decisione su un reclamo di lunga data relativo al modo in cui la piattaforma di social media gestisce i dati dei minori. La sanzione riguarda una violazione del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’UE.
Meta non ha rilasciato alcuna dichiarazione a commento.
La decisione finale del GDPR sull’indagine di Instagram sarebbe stata inviata a Meta, la società madre di Instagram, venerdì – prima della pubblicazione formale sui siti web del principale supervisore dei dati della società nell’UE, la Commissione irlandese per la protezione dei dati (DPC); e dell’European Data Protection Board (EDPB), un organo direttivo che ha contribuito a coordinare un processo di revisione delle decisioni che ha coinvolto altre autorità di protezione dei dati dell’UE interessate.
Tuttavia l’entità della sanzione per Meta sembra essere trapelata in anticipo, attraverso un articolo di Politico, che contiene la cifra della multa (che ammonta a circa 403 milioni di dollari al cambio attuale) ma non ci sono ulteriori dettagli sulla decisione.
Il DPC irlandese ci ha confermato l’entità della multa. Il vice commissario, Graham Doyle, ha dichiarato a TechCrunch: “Abbiamo adottato la nostra decisione finale venerdì scorso e contiene una multa di 405 milioni di euro. I dettagli completi della decisione saranno pubblicati la prossima settimana“.
La sanzione per Instagram è la più grande sanzione GDPR che sia stata comminata al gigante dei social media (anche se non la più grande multa GDPR in assoluto, quella è toccata ad Amazon), dopo la sanzione di 267 milioni di dollari comminata alla piattaforma di messaggistica WhatsApp, di proprietà di Meta, lo scorso settembre per violazione del principio di trasparenza del GDPR.
Il reclamo di Instagram si concentrava sul trattamento dei dati dei minori da parte della piattaforma per gli account commerciali e su un sistema di registrazione degli utenti che, secondo il DPC, poteva far sì che gli account degli utenti minori fossero impostati come “pubblici” per impostazione predefinita, a meno che l’utente non modificasse le impostazioni dell’account per impostarlo come “privato”.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/09/INSTAGRAM-MULTATO.jpg13332000Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-09-06 10:44:382022-09-06 16:45:42Instagram multato per 405 milioni di euro dall'UE per le impostazioni sulla privacy dei minori
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