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marketing crosscanale

Il Marketing Crosscanale nell’era del Retail 5.0 generata dall’emergenza Coronavirus

  • L’emergenza Coronavirus ha portato alla chiusura della maggior parte dei negozi fisici tradizionali in Italia
  • L’eCommerce ha conosciuto un’impennata in termini di ricerche e di vendite nelle ultime settimane
  • Un approccio di marketing crosscanale può aiutare le aziende a dare una risposta efficace alla crisi del retail dovuta all’epidemia

 

La crisi dovuta al Coronavirus è, molto prima di qualunque altra cosa, una tragedia umana globale che coinvolge centinaia di migliaia di persone. Talvolta, purtroppo, in maniera fatale.

Ma ci sono anche delle conseguenze per il marketing e per la sua capacità di servire la causa degli individui in quanto consumatori; per migliorare le loro vite, anche e soprattutto in un momento di sfide e cambiamenti. E così in questi giorni anche la professione del marketer assume i contorni di una missione.

Cosa sta succedendo in Italia per l’emergenza Coronavirus

Il 10 marzo in Italia è infatti successo l’impensabile: tutti i negozi fisici tradizionali hanno dovuto chiudere. Una cosa inaudita che, per metterla in prospettiva, nemmeno durante le due guerre mondiali era accaduta. Chiusi tutti i punti vendita tranne quelli di pubblica utilità, s’intende. In primis gli alimentari. Eppure, proprio il grocery in questi giorni sta trainando la crescita dell’eCommerce. Perché? Perché il mutamento che stiamo vivendo in diretta ha due caratteristiche importanti che stanno prendendo forma di ora in ora:

  • non è un mutamento di breve-medio periodo
  • non è (o meglio, non soltanto) un mutamento nel mix dei canali distributivi

Da questo possiamo trarre la conclusione che quello che stiamo vivendo non è né un cambiamento che riguarda le marche né un cambiamento che riguarda le insegne.

Oggi in Italia stiamo vivendo un mutamento epocale che riguarda i consumatori.

Per questo l’impatto sarà molto più strategico di quello che oggi si può anche soltanto immaginare. Sarà strutturale, rivoluzionario, di lungo periodo – ma anche innovativo e per il meglio. Stiamo entrando nell’era del Retail 5.0.

Un esempio: nella seconda e nella terza settimana di marzo la crescita a valore dell’eCommerce rispetto al pari periodo del 2019 è stata rispettivamente del +81% e del +82% [Dati: Nielsen]. Con un incremento del 30% rispetto alla settimana precedente. È poco. E dire che è poco non è una provocazione. Lo dimostra tra gli altri indicatori il grafico dei volumi di ricerca Google indicizzati per la query “spesa online”: qui la crescita ha picchi del +1250%.

LEGGI ANCHE: Come cambia il ruolo del Social Media Manager in situazioni di emergenza (e cosa puoi fare adesso)

Marketing Cross Channel dati spesa online

Cosa significa lo spostamento dei consumi sul digitale?

Significa che lo spostamento dei consumi verso i nuovi canali digitali (dagli eCommerce proprietari ai marketplace, come Amazon e AliExpress) è appena cominciato. Infatti, su Amazon, la query “spesa online” è cresciuta di un inequivocabile +2814% negli ultimi 30 giorni, dandoci il senso di un processo ampio che un’analisi comparata restituisce in tutta la sua potenza.

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Che poi l’eCommerce fosse un canale in ascesa non è certo una novità per nessuno. Negli ultimi dieci anni anche in un’Italia per certi versi digitalmente-arcaica è cresciuto anno dopo anno di una cifra variabile tra il 17 e il 22% [Dati: Politecnico di Milano]. Con picchi al +40% per le categorie in ascesa, tra le quali proprio il grocery.

Quindi, ricapitolando, in queste settimane stiamo viaggiando a 4 o 5 volte tanto la velocità degli ultimi dieci anni. Un mutamento strutturale che, appunto, è solo al suo inizio. Perché una nuova predisposizione all’acquisto digitale si va sedimentando.

In definitiva, quindi, anche se siamo tutti bloccati in casa, quello che dicono di noi le query di Google è che il fenomeno dell’infocommerce è sempre più la guida, la pancia dello shopping behaviour.

Il fenomeno dell’infocommerce che a sua volta è il primo, per importanza, tra i fenomeni crosscanale (nel senso che di solito ci si informa online per acquistare sia online che offline). Per questo forse è proprio l’impostazione strategica dei nostri piani di marketing in un’ottica crosscanale che può rappresentare la vera uscita da questo tunnel del COVID-19.

LEGGI ANCHE: Introduzione al Marketing Crosscanale: cos’è, come funziona e perché fa vendere di più

Cosa significa crosscanale e cos’è questo approccio al marketing?

Crosscanale è una strategia che usa un mix di canali per produrre risultati incrementali misurabili, tipicamente in vendite.

marketing crosscanale significato

Le strategie crosscanale permettono cioè a consumatori sempre più connessi di iniziare, condurre e completare un’esperienza di acquisto su qualsiasi mezzo che sia per loro più comodo, nel momento in cui gli è più comodo: motore di ricerca, social media, email, mobile app, eShop e, infine, il negozio fisico, che manterrà sempre e comunque un ruolo chiave nella fase di transazione, con buona pace del Coronavirus.

Avere una strategia crosscanale non significa però riprodurre un contenuto identico su più canali: questo è l’approccio omnicanale al marketing.

L’obiettivo di una campagna crosscanale efficace è invece raccontare la stessa storia in modo diverso a seconda del media utilizzato. Ogni canale è utilizzato dai consumatori in modo differente e unico; allo stesso modo la comunicazione di un brand deve seguire lo shopping path, utilizzando i media più adatti e ROI-effective passo dopo passo.

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Queste ibridazioni mediatiche sono un’opportunità unica per cogliere il massimo dallo status quo fortemente multicanale di oggi e tremendamente volatile di questi giorni. Un’opportunità da cui si può ottenere il massimo costruendo piani media crosscanale vincenti ma flessibili (a CPC) con obiettivi quantitativi, in vendite.

Il Marketing Crosscanale ci permetterà di uscire indenni da questa crisi?

Mi piacerebbe tanto, ma in queste prime settimane stiamo solo vivendo l’inizio di un lungo periodo di incertezza. Che un approccio crosscanale al marketing e alla comunicazione possa essere più utile di altri lo dimostra un’analisi di buon senso di quello che sta accadendo in questi giorni a tante aziende con cui parliamo tutti:

  • chi non aveva un eCommerce (o Amazon) sta correndo ai ripari
  • chi aveva una strategia media/retail monolitica la sta abbandonando

Chi già aveva pianificato in senso crosscanale, invece, mi sembra che ne esca meglio degli altri. Chi assieme alla TV ha guardato a YouTube continua a fare media, come prima, cambiando il mix verso il secondo mezzo e spendendo a CPV, quindi a consumo: mantiene un problema sui volumi, certo, ma non sulle performance %. Lo stesso esempio si può fare per Google.

Chi a un piano di store-visibility ha affiancato un piano media sui social può contare più che mai sul real-time-marketing e sullo user-generated-content. TikTok, che è il social del momento anche in Italia, è un approdo perfetto per entrambe queste esigenze. Ma siamo tutti sempre più instagramer, oltre che tiktoker, in questi giorni: la produzione dei contenuti è un’ancora di salvezza – e può certo esserlo anche per aziende che hanno il coraggio di guardare a queste soluzioni create delle loro stesse audience target in chiave di branding.

Questi comportamenti “misti” o meglio “cross” costituiscono il background a partire dal quale il marketing crosscanale, che in questi anni ha acquisito una centralità crescente, si configura come (a) soluzione flessibile dal punto di vista dello spending ma anche (b) strategica nel suo andare incontro di corsa a quello che sta cambiando, oggi, nei sentimenti e nelle azioni dei consumatori italiani – di oggi e di domani.

marketing crosscanale kpi

D’altronde l’impatto delle soluzioni crosscanale adottate dai brand era già visibile su più livelli prima della crisi. Il primo è quello del costo per contatto rispetto alle soluzioni di marketing che mettono al centro un piano univoco che coinvolga solo media tradizionali: il costo è mediamente 1/10 in un piano crosscanale. Il secondo è quello dell’impatto sulle vendite in termini di uplift: fino a due volte meglio di un piano tradizionale [Dati: XChannel].

week in social

Week in Social: dai messaggi che spariscono su Instagram alla nuova interfaccia di Facebook

Il mondo oggi è diviso su due binari paralleli: chi resta a casa e chi corre più veloce che mai. In questo periodo così fluido, le piattaforme social provano a rimanere al passo con i tempi e ad aggiornarsi o a proporre piccoli, importanti cambiamenti. È tempo di Week in Social.

Facebook e la nuova interfaccia

Solo solo trascorsi dieci anni ed ecco che la prima novità arriva fresca fresca da Facebook.

Dopo tanti aggiornamenti e annunci, arriva la nuova interfaccia di Facebook: più pulita, più immediata e anche nella modalità dark, sempre per quella famosa e annosa questione del risparmio energetico.  Chi l’ha già testata racconta di qualche bug, ma i caratteri più grandi, a quanto pare, rendono tutti più felici.

Facebook dà 100 milioni alle PMI

Non è sicuramente un aggiornamento della piattaforma ma riguarda uno dei social più discussi e famosi di sempre, quindi abbiamo il diritto di riportare qui la notizia.

Mark Zuckerberg ha deciso di mettere a disposizione 100 milioni di dollari destinati alle piccole imprese in tutti e 30 i paesi in cui la compagnia opera.

facebook 100 milioni pmi coronavirusFacebook offre 100 milioni di dollari in sovvenzioni in contanti e crediti pubblicitariper un massimo di 30.000 piccole imprese ammissibili, mai dettagli ancora non sono notizie saranno diffusi sulla landing dedicata non appena disponibili.

LEGGI ANCHE: Emergenza Coronavirus: Facebook mette a disposizione 100 milioni per le PMI

+ 1.00o dollari ad ogni dipendente

Lo ha deciso Mark: mille dollari ad ogni dipendente. Un “piccolo” aiuto per far fronte a questa spiacevole situazione che, chiaramente, interessa tutti. Nessun settore è immune e quindi questo bonus arriva così.

Solo i dipendenti avranno il plus, per tutte quelle spese non previste: babysitter, dogsitter e chi più ne ha più ne metta.

Twitter e il COVID-19

Anche Twitter risente della pandemia ed è per questo che a  livello mondiale ci sono stati milioni di tweet e retweet sul tema COVID-19. Nello specifico, ogni 45 millisecondi c’è un tweet sul coronavirus e ad oggi #Coronavirus è il secondo hashtag più utilizzato del 2020. 

Trovandoci davanti ad una situazione di emergenza, siamo consapevoli che Twitter è una piattaforma che svolge un ruolo importante a livello di comunicazione e che può essere uno strumento significativo per entrare a contatto con un ecosistema sempre più ampio.

Sarà vero o no che arriverà la nuova emoji con le manine che si lavano? Attendiamo!

In breve

Lo avevamo già anticipato, ma continua l’impegno in tal senso e dunque lo riportiamo: Facebook mette su (virtualmente) un vero e proprio centro per sostenere una corretta informazione sulla tematica del COVID-19. Basta fake, siamo tutti molto d’accordo.

Una nuova news da Instagram: il social sta testando una nuova modalità di messaggi diretti che scompaiono. Sì, come le storie e sì, proprio come Snapchat. Ancora non si sa quando tutto questo sarà realtà.

10 errori social media advertising

10 errori di Social Media Advertising da non commettere in una campagna

  • Sui social non è sufficiente applicare le strategie nel modo corretto e saper utilizzare gli strumenti, bisogna anche sapere quali sono gli errori di Social Media Marketing da non commettere
  • Dal targeting corretto all’uso del pixel di Facebook, fino agli A/B test, ecco cosa non dovresti sbagliare nelle tue campagne

 

I consigli sul Social Media Marketing ormai si sprecano. Troviamo facilmente esperti e professionisti pronti a darci dritte e spiegazioni su cosa fare per migliorare la presenza social di un brand o di un’azienda, su come organizzare una campagna di influencer marketing e sulle metriche da monitorare. Quello che manca, invece, è una guida al contrario.

Quali sono gli errori più comuni commessi nel Social Media Advertising?

Abbiamo realizzato una lista con i 10 errori di social media marketing più comuni che uccidono le prestazioni delle tue campagne sui social media, vediamoli insieme.

errori da non commettere nel social media advertising

1. Non comprendere gli obiettivi degli annunci

La prima domanda a cui si dovrebbe rispondere quando si realizza una campagna per i social è: “Perché vuoi pubblicare questa campagna / set di annunci?”.

Hai bisogno di aumentare l’awareness? Speri di aumentare le vendite su un prodotto specifico? Stai costruendo una mailing list? Vuoi contatti qualificati? Comprendere a fondo il motivo per cui desideri pubblicare un annuncio e le opzioni disponibili sulle piattaforme di gestione degli annunci è fondamentale.

2. Il rischio spam

Molti inserzionisti tendono a creare un targeting davvero troppo ampio: età compresa tra i 18 e i 65 anni, in tutto il mondo, con interessi diversissimi. Ecco uno degli errori di social media advertising più comuni.

Anche questo può essere controproducente: la potenza dei social e degli strumenti offerti dalle piattaforme, sta anche nella capacità con cui siamo in grado di utilizzarli per una comunicazione rilevante per gli utenti.

Il targeting degli annunci in base a interessi, area geografica e, in alcuni casi, titolo professionale è fondamentale per campagne che performino. Inoltre utilizzare il pixel di Facebook permetterà di eseguire il remarketing per i visitatori di un prodotto specifico o per l’abbandono del carrello.

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3. Mettere il brand prima dell’utente

Le persone non sono sui social per guardare la pubblicità, dunque creare un annuncio con l’illusione che sarà automaticamente guardato dagli utenti è quanto di più sbagliato si possa pensare. La pubblicità sui social media riguarda un processo di scoperta. Considera la capacità del tuo annuncio di incuriosire o di offrire un suggerimento, un consiglio o un’informazione utile.

Il tuo advertising dovrebbe innanzitutto stimolare l’interazione con il pubblico. In questo senso un copy che inviti a partecipare è un’ottima tattica per aumentare l’engagement: “Commenta se…”; “Se ti piace…”; “Qual è il tuo preferito…?”. Sono tutte formule con cui catturare l’attenzione e invitare al dialogo.

4. Non utilizzare correttamente (o non usare affatto) il remarketing

Se hai installato il pixel di Facebook sul tuo sito web, dovresti anche avere una strategia per usare le informazioni che questo ti fornisce: stai offrendo annunci di Facebook generici a ogni singolo visitatore del tuo sito web, sperando che tornino e trovino un modo per acquistare da soli? Ecco un consiglio utile: crea due set di annunci, il primo orientato a coinvolgere le persone su un determinato prodotto o linea di prodotti. Assicurati di utilizzare il pixel di Facebook nel monitoraggio per ampliare un pubblico in linea con la tua attività. Il secondo per creare il vero e proprio remarketing rivolto solo alle persone che hanno fatto clic sul primo set di annunci e non hanno acquistato.

Sai già che non hanno acquistato, se il tuo pixel è installato correttamente, quindi puoi interrompere la pubblicazione del primo set per chiunque non abbia visitato la pagina di ringraziamento dopo l’acquisto. A loro puoi proporre, ad esempio, la spedizione gratuita, sconti o altri premi per tornare indietro e acquistare subito.

Tieni traccia delle conversioni su questi set e confrontale con le tue vendite.

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5. Sottostimare gli annunci

Facebook ci dà già un’indicazione del pubblico potenziale che è possibile raggiungere con un determinato budget. Ma è bene settare il giusto investimento anche in base al target. Le persone hanno infatti di vedere più volte lo stesso annuncio prima di interessarsene e la ripetizione è essenziale.

Ogni giorno vediamo fino a 5.000-20.000 messaggi pubblicitari e il tempo trascorso su Facebook è di più di due ore al giorno, con una sessione media di 20 minuti. Ci sono 300 milioni di foto caricate ogni giorno su Facebook e queste arrivano proprio al tuo pubblico di destinazione. Pianifica quindi di mostrare il tuo annuncio dalle 8 alle 12 volte prima di ingaggiare un utente. Tieni duro e continua a bussare alla porta del tuo pubblico fino a quando non avrai un appuntamento.

6. Non avere una strategia

C’è una vera e propria scienza dietro l’ottimizzazione di ogni singola opzione pubblicitaria su Facebook e Instagram. Il segreto come in ogni disciplina matematica è sperimentare: modifica il target se necessario, prima di lanciare la tua campagna crea A/B test su pubblici più piccoli e solo dopo aver individuato l’annuncio che performa meglio, dai un boost alla spesa pubblicitaria.

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7. Usare gli user generated content senza autorizzazione

È così allettante la possibilità di utilizzare i contenuti dei fan nella tua pubblicità. I tuo follower infatti stanno scattando foto, creando contenuti e promuovendo il tuo brand in modo del tutto spontaneo con la loro rete di amici. Gli UGC sono considerati uno dei messaggi di vendita più affidabili dagli utenti, ma per usarli nella tua strategia devi innanzitutto ottenere l’autorizzazione a farlo. Cerca modi originali per integrare questi contenuti nella tua strategia paid, in modo da avere un ulteriore ritorno di visibilità da parte degli utenti stessi.

8. Non sfruttare al massimo la creatività

Non puoi essere pigro quando si tratta di social media e creatività: anche se richiede più lavoro, creare caroselli o annunci multi-foto può portare a performance decisamente migliori. Questi formati infatti ti consentono di non lanciare solo un messaggio, ma di raccontare una vera e propria storia e coinvolgere più facilmente il pubblico.

Se non ne sei proprio capace, allora punta sulla CTA: scegli un copy allettante e super breve, per acchiappare subito i clic del tuo pubblico. Ad esempio potresti puntare su una promo o uno sconto particolare per un breve periodo di tempo.

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9. Non puntare sulla brand awareness

Spesso si leggono testimonianze su quanto sia semplice vendere grazie a Facebook. Ma è un errore pensare che basti fare pubblicità sui social media faccia automaticamente vendere di più. La pubblicità sui social andrebbe considerata in termini più olistici. E in questo senso anche la brand awareness dovrebbe rientrare tra gli obiettivi primari.

Se tutti i tuoi annunci punteranno su “compra”, “acquista” e “clicca” senza proporre alcun contenuto rischierai di perdere terreno in termini di reputazione e di conseguenza ti giocherai le possibilità di conversione anche delle campagne successive.

10. Puntare tutto sui “Mi piace”

Certo è bello veder crescere i like sulla propria pagina, contare il numero sempre maggiore di reaction e di condivisioni, ma anche in questo caso, non si può puntare tutto sul “Mi piace”. Tra gli errori di social media marketing più comuni è quello di dimenticare che l’obiettivo finale resta sempre quello di vendere.

Le statistiche mostrano che potrebbero essere necessari da 8 a 10 mesi per passare da un like a una vendita, dunque intrattenere il pubblico offrendo contenuti apprezzabili e rilevanti è giusto, ma è solo un passaggio che ti consentirà di ottenere più dati sul tuo pubblico per creare i tuoi successivi annunci di conversione.

singolarità

La singolarità è arrivata senza avvisare (e non è come la immaginavamo)

“Non torneremo alla normalità. Questa è la nuova normalità”. Mi cade l’occhio sull’oggetto dell’ultima newsletter del MIT Technology Review. È vero, in queste settimane abbiamo cambiato radicalmente come lavoriamo, come ci alleniamo, come compriamo, socializziamo ed educhiamo i nostri figli. Alcune cose torneranno come prima, ma altre forse no.

YouTube ha annunciato una serie di cambiamenti alla luce della pandemia, tra cui il fatto che da ora e fino a tempo indeterminato saranno principalmente dei sistemi automatizzati e non più degli esseri umani ad autorizzare o a rimuovere contenuti dalla piattaforma.

“Con l’evolversi di COVID-19, stiamo facendo del nostro meglio per supportare chi guarda, crea e monetizza contenuti su YouTube. Molte delle nostre risorse umane sono impossibilitate a lavorare come al solito, quindi ridurremo lo staff in alcuni uffici. Visto che ora sono disponibili meno persone per valutare e filtrare i contenuti, è il momento per i nostri sistemi automatizzati di fare il loro dovere e garantire la sicurezza di YouTube”.

Via la componente umana, in quarantena. Al suo posto, algoritmi ed intelligenze artificiali.

Chi lavora nel digitale si è posto almeno una volta nella vita la domanda “Quando arriverà la singolarità tecnologica?”. Quale sarà la killer application, l’intelligenza artificiale rivoluzionaria che cambierà la civiltà umana così rapidamente al punto da dare il via a scenari incomprensibili ed ineffabili per le generazioni precedenti? Quand’è che i robot pervaderanno gli ambiti di consumo, di esperienza, di vita e di lavoro?

No, era un’altra la domanda che dovevamo farci. E cioè: “Quale sarà il seme della singolarità? Cosa dovrà avvenire affinché la singolarità tecnologica possa ottenere il giusto terreno fertile per la sua inevitabilità?”.

singolarità

Come sarà la singolarità

La singolarità è sempre stata vista come un punto di non ritorno nella storia dell’uomo, una cesura, un punto di partenza da collocare in un futuro più o meno lontano. Ma quello che sta succedendo in queste settimane prelude ad uno scenario diverso: la singolarità non sarà un dispiegamento nuovo, una rivelazione o un’epifania. La singolarità sarà la conseguenza inevitabile di un seme originale ed unico, di una tempesta tanto “perfetta” quanto rara. Più che un punto di partenza, la singolarità sarà un punto di arrivo ineluttabile – a condizione che se ne verifichino le giuste condizioni.

E ci siamo arrivati, ci voleva un virus che creasse una pandemia senza precedenti. Un virus in grado di piegare il mondo sulle ginocchia in una ola verso il basso, un’onda non di esultanza ma di distanza sociale. Un virus-cigno nero che ci fa evocare scenari distopici in cui veniamo privati di libertà personali e relazionali. Per riprendere il titolo di questo articolo: no, non è la singolarità ad essere arrivata ma il suo seme. Credo questa sia la precondizione necessaria alla singolarità, ad una nuova era in cui le AI obbligheranno il genere umano a seguirle in una strada incognita ed inesorabile.

Per far arrivare la singolarità è forse necessario passare da questa tappa obbligata in cui ci troviamo oggi, in cui l’espressione delle nostre libertà pubbliche, la soddisfazione dei nostri bisogni primari e la gratificazioni di tutti i desideri privati sono possibili in maniera crescente solo grazie alla tecnologia. Una tecnologia via via sempre più scevra e autonoma dalle componenti umane, in grado di dematerializzare quante più dinamiche possibile.

Come dice il futurologo Kevin Kelly, la tecnologia è un gioco infinito: un gioco il cui unico obiettivo è quello di continuare a giocare. E in questi mesi a venire la tecnologia si andrà sempre più ad inserire nei vuoti creati dal distanziamento sociale, da questo allentamento – seppur solo fisico e tangibile – della maglia relazionale del mondo. Un distanziamento di cui oggi nessun paese può prevedere con esattezza la fine. In questi mesi, la tecnologia si comporterà come un liquido che si insinua tra le fughe dei mattoni, ricostruendo le connessioni fisiche mancanti con la sua linfa digitale.

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Un darwinismo tecnologico

Mi chiedo quante persone in questi giorni si siano convertite per la prima volta agli acquisti online, impauriti da file piene e scaffali vuoti ma disposti ad incontrare una sola persona, un corriere umano con guanti e mascherina. E poi mi chiedo quanto questo scenario velocizzerà il lancio a vasta scala dei robot di delivery urbana.

Mi chiedo quanti allestitori di eventi fisici finiranno inevitabilmente a progettare mondi immersivi per la realtà virtuale e quanti invece finiranno sul lastrico.

Mi chiedo quanti negozianti restii ai POS invocano ora pagamenti cashless e dematerializzati – spaventati dal possibile contagio tramite banconote.

Quanti cinema siano stati chiusi e quante case di produzione stanno decidendo di trasmettere le premiére dei film direttamente in streaming a casa delle persone.

Quanti autisti di Uber stiano soffrendo il contraccolpo della pandemia sulla gig economy e quanti invocano le auto a guida autonoma come soluzione fondamentale per il sistema di trasporti.

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Mi chiedo quanti stiano capendo che la sharing economy non ruota affatto intorno alla condivisione, ma intorno alla dialettica hegeliana servito – servitore. Nelle parole di Lauren Smiley di Wired, “Nel nuovo mondo in cui tutti è on demand, o fai parte di un’elite servita, riverita e isolata – o sei uno schiavo del 21esimo secolo”. L’effetto della pandemia sulla gig economy è solo questo: mostrarne le profonde disuguaglianze alla base per capire come e se correggerle: Airbnb ha deciso di rimborsare tutti i clienti che disdicono una prenotazione nelle prossime settimane; gli host non subiranno penali di cancellazione, ma dovranno rinunciare a quello che fino a ieri era un loro flusso di ricavi costante.

Tutto questo per ribadire che la precondizione per l’arrivo della singolarità è proprio quello che sta avvenendo adesso: il mondo, i suoi legami, i suoi consumi e le sue esperienze vanno prima digitalizzati il più possibile, affinché le AI e le tecnologie autonome possano iniziare a presidiare quanti più meandri della nostra vita. È questa la vera rivoluzione digitale, la più efficace spinta mai vista prima all’alfabetizzazione digitale mondiale. Serviva un darwiniano “di necessità virtù”.

Il nuovo coronavirus dimostra anche come le grandi aziende del tech, anche se disgiunte, abbiano davvero in mano gli snodi critici ma pratici della nostra vita. Pensate alla capillarità distributiva di un kit di testing distribuito da Amazon Prime, al real time del Safety Check di Facebook, alla potenza investigativa dei grafi sociali di LinkedIn ed Instagram per ricostruire le catene dei contagi, alla geolocalizzazione dei nostri spostamenti tramite Google o la rete cellulare. Questa è anche l’opportunità per le aziende del tech di dimostrarci che coi dati possono anche fare del reale, etico e civico bene comune – non solo costruire Custom Audience.

Cosa può allentare la nostra percezione della privacy? Forse proprio la volontà di sopravvivenza personale e dei nostri cari può farci cambiare idea sui dati che siamo disposti a cedere ad aziende e governi. Immaginiamo un mondo in cui per imbarcarci su un aereo dovremo essere registrati ad un servizio che traccia i nostri spostamenti tramite telefono. La compagnia aerea non spierà i nostri percorsi, ma potrebbe essere allertata se sei stato vicino a persone infettate o luoghi ad alto contagio. Potrebbero esserci requisiti simili all’ingresso di grandi eventi, uffici pubblici o stazioni.

Scanner di temperatura ovunque, datori di lavoro che richiedono il monitoraggio della temperatura corporea ed altre metriche vitali. Un mondo in cui per entrare nei locali non ti sarà chiesto un documento di identità ma un documento di immunità – magari validato da blockchain. Ci adatteremo ed accetteremo di buon grado misure del genere, proprio come ci siamo adattati a regole di sicurezza più stringenti negli aeroporti dopo gli attacchi terroristici.

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singolarità

Non dovevamo aspettare la singolarità, ma…

Oggi, come allora, ci sentiamo come dentro un film. Poco dopo l’11 settembre Baricco scriveva “La ripetiamo [questa frase] perché lì dentro stiamo cercando di pronunciare una paura ben precisa, una paura inedita, mai avuta prima: non è il semplice stupore di vedere la finzione diventare realtà: è il terrore di vedere la realtà più seria che ci sia accadere nei modi della finzione. In virtù di questo terrore un’eventuale sorveglianza tecnologica fino a ieri intrusiva sarà considerata un piccolo prezzo da pagare in cambio della basilare libertà di poter stare con altre persone.

Nel libro The New Digital Age: Reshaping the Future of People, Nations and Business, Erich Schmidt insieme all’executive manager di Google Jared Cohen scrivevano: “Quello che Lockheed Martin è stato per il ventesimo secolo, aziende tecnologiche e di cybersecurity come Google lo saranno per il ventunesimo”. Che lo scenario della Vita 3.0 ipotizzata da Max Tegmark sia positivo grazie alle Friendly AI – o negativo e apocalittico, la profonda alterazione delle strutture sociali così come sta avvenendo oggi apre la strada ad inedite integrazioni uomo-macchina.

Invece che aspettare noi la singolarità, dovevamo realizzare che era la singolarità ad aspettare il suo evento scatenante.

Behind the Source: volti in codice per una nuova vita

Cosa nascondono le immagini della campagna di HackYourFuture sui rifugiati

  • Behind the Source è la nuova campagna sui rifugiati della no profit HackYourFuture
  • La campagna mostra i volti degli studenti all’interno del codice sorgente dei siti web

 

Non sarà certo la prima cosa che ti viene in mente, ma siamo circondati da stringhe di codice che alimentano tutti i dispositivi che usiamo quotidianamente.

Nonostante questo, i codici di programmazione sembrano una lingua straniera, incomprensibile ai più. Ed è vero.

HackYourFuture è un’organizzazione no profit, il cui scopo è insegnare la programmazione a persone che sono già costrette a confrontarsi con una nuova lingua da imparare: i rifugiati.

LEGGI ANCHE: Come scrivere davvero per le persone, secondo Don Draper

HackYourFuture, una campagna sui rifugiati per ripartire dal codice

Ricostruire una vita lontano dal tuo Paese, confrontarsi con una nuova realtà, persino interpretare un cartello stradale è quanto di più difficile si possa immaginare per queste persone.

HackYourFuture non solo aiuta i rifugiati a trovare un nuovo lavoro, li forma e costruisce una carriera in un settore florido e d’importanza cruciale per la loro nuova patria.

Behind the Source: volti in codice campagna HackYourFuture

E questa è una storia importante da raccontare: l’agenzia 72andSunny Amsterdam ha creato “Behind the Source”, una campagna che ha l’obiettivo di ispirare un numero sempre maggiore di rifugiati ad imparare il coding, facendo luce sulle persone che stanno ricoprendo un ruolo cruciale nello sviluppo di alcuni dei più grandi siti web al mondo.

Questa volta utilizzando però il linguaggio in cui sono specializzati.

L’idea è stata quella di “nascondere” le immagini degli studenti di HackYourFuture protagonisti nei codici sorgente dei siti delle grandi compagnie per le quali lavorano: e parliamo di nomi come Accenture, eBay e Zivver.

LEGGI ANCHE: L’importanza della filosofia morale e dell’etica nello sviluppo delle Intelligenze Artificiali.

Volti nascosti, in Home page

Behind the Source: how to

Per accedere ai volti di Behind the Source, vai sulla home page di una delle aziende coinvolte, fai un click con il pulsante destro e poi seleziona visualizza sorgente pagina.

Zivver presenta Sarea Al Kebaky, rifugiato siriano .
Quando ancora viveva in Siria, studiava informatica, ma allo scoppio della guerra, ha dovuto andarsene.

Behind the Source: campagna dei volti dei rifugiati

“Ho lasciato la Siria perché l’esercito mi ha costretto a portare una pistola e non volevo farlo”, dice Sarea. “Però volevo imparare a programmare, perché al codice non importa chi lo scrive; avvicina le persone.

L’agenzia ha inoltre fornito alle aziende tecnologiche un gruppo di potenziali dipendenti.

“È stato bello collaborare con HackYourFuture e contribuire a riformulare la conversazione sui rifugiati nei Paesi Bassi”, ha dichiarato Laura Visco, vice responsabile di 72andSunny Amsterdam.

Behind the Source: volti in codice per una nuova vita_HackYourFuture

“Le interviste condotte con gli studenti ci hanno emozionato. Eravamo curiosi di ascoltare la loro storia e di vedere cosa riservi loro il futuro”.

Storie di successo per persone di valore

Un obiettivo ancora più importante raggiunto dalla campagna “Behind the Source” è cambiare il modo in cui vengono visti i rifugiati.

La campagna non abbraccia nessuna posizione politica ma si concentra sulle persone, mostrando cosa accade quando vengono aiutate a crescere.

campagna di HackYourFuture sui rifugiati

Wouter Kleijn, amministratore delegato di HackYourFuture, ha spiegato:“Queste sono persone vere, con storie vere. Ma come comunicarli? Come evitare la vittimizzazione e la stigmatizzazione quando i soggetti sono rifugiati, e spesso già penalizzati da stereotipi? Con ‘Behind the Source’ abbiamo mostrato che la pubblicità (quella fatta bene n.d.r) può creare un mondo con più di equità e giustizia”.

Come cambiano le regole del Business nella recessione guidata dal Covid-19

È pura finzione immaginare che la recessione imminente scomparirà presto.

La tipica reazione a tale sfortuna è quella che Andrew Lorenz sul Financial Times descrive come “anoressia industriale”, un desiderio eccessivo di essere più magri e più in forma, che porta al deperimento e alla morte. Sì, certo, c’è la necessità di tagliare i costi, ma deve essere fatto in modo sensato, come dirò più avanti.

Ma se questa è l’unica risposta a una recessione, è destinata a fallire, soprattutto perché si traduce in un servizio peggiore per i clienti, e i clienti non lo sopporteranno più.

Le nuove regole del business

Forse è necessario ricordare brevemente che le regole della concorrenza sono cambiate. Il modello del “make and sell” è stato ucciso da una nuova ondata di concorrenti con tecnologie imprenditoriali, liberi dal bagaglio di burocrazia, beni, culture e comportamenti ereditati dal passato.

L’elaborazione delle informazioni sui prodotti è stata separata dai prodotti stessi, e i clienti possono ora cercarli e valutarli indipendentemente da coloro che hanno un interesse a venderli. I clienti hanno ora tante informazioni sui fornitori quante questi ne hanno tradizionalmente accumulate sui loro clienti. Questo nuovo stato ha creato una nuova dimensione della concorrenza basata su chi agisce nel modo più efficace nell’interesse dei clienti.

Questo è lo scenario contro il quale ci troviamo ad affrontare questa nuova sfida all’inizio del 2020. 

Ho 120 ricerche scientifiche per dimostrare che le aziende di successo a lungo termine si prendono l’onere di segmentare i loro mercati. I segmenti sono gruppi di clienti con esigenze uguali o simili, non settori. Lavorano duramente per comprendere queste esigenze e i modelli di comportamento. Danno priorità a questi segmenti in base alla loro probabilità di consentire all’azienda di raggiungere i propri obiettivi di profitto, e poi sviluppano pacchetti di prodotti/servizi appropriati per ciascuno di essi.

In tempi di recessione sono spietati nel concentrare la loro attenzione sui segmenti che intendono mantenere a lungo termine, e tagliano fuori quelli che rappresentano un freno per le loro risorse. Solo allora è giustificato il taglio dei costi e il ridimensionamento.

Mi riferisco, naturalmente, alla Legge di Pareto (la “regola” 80/20). Circa il 20% dei vostri clienti consegnerà circa l’80% delle vostre entrate e dei vostri profitti, quindi cercare di accontentare tutti con tutte le vostre offerte garantisce un servizio mediocre che non piacerà a nessuno. Identificando il vostro mercato principale di clienti primari e servendoli con offerte differenziate, conserverete con successo una base clienti solida.

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Linee guida per la gestione di questa recessione causata da COVID-19

  1. Ricordate che i clienti sono attratti dalle promesse, ma vengono mantenuti attraverso la soddisfazione. Ciò significa che, se non riuscite a definire il valore richiesto dai clienti, non sarete certamente in grado di mantenerlo. Quindi, fate un’attenzione particolare a comprendere le loro esigenze.
  2. Non cercate di coprire troppi mercati, segmenti e clienti. Concentratevi su quelli con cui volete stare a lungo termine.
  3. Riducete il vostro portafoglio prodotti, cioè considerate se avete troppi prodotti, servizi, confezioni, ecc.
  4. Osservate attentamente la vostra rete di distribuzione. È cresciuta troppo?
  5. Migliorate la produttività di tutte le vostre spese promozionali, ma soprattutto quella della forza vendita.
  6. Riducete i costi nelle aree improduttive del business. Ciò include i costi associati al servizio di mercati e clienti non redditizi.
  7. Lavorate sui vostri clienti (chiave). Toglieteli dalla forza di vendita e datene uno a ciascuno dei vostri migliori manager.
  8. Non lasciate che la forza vendita faccia grandi sconti. A meno che non siano totalmente professionali, c’è il pericolo che entro pochi giorni tutti abbiano il massimo degli sconti.
  9. Focalizzatevi selettivamente sui clienti chiave della concorrenza che vi attraggono. Non preoccupatevi se perdete alcuni dei vostri clienti non redditizi.
  10. Mantenete il core business – prodotti essenziali, mercati chiave e clienti chiave.

Il problema, naturalmente, per alcuni tipi di aziende con costi fissi massicci come le compagnie aeree, è su una scala completamente diversa, e anche se i principi sono gli stessi, questo breve articolo non è destinato a loro.

Questo articolo è stato tradotto e adattato da “Marketing during the Covid-19 Recession”

Week in Social: dal crossposting delle Facebook Stories ai link su TikTok

In un momento in cui è vitale fermarsi, e restare a casa, il web corre veloce, tra crowdfunding per gli ospedali, brand che mettono a dispozione librerie digitali, corsi online, camminate virtuali, maratone in streaming, podcast e iniziative che mantengono viva la cultura.

Anche il mondo dei social non si ferma. Torna, puntuale come ogni settimana, la nostra Week in Social.

Facebook lavora su Stories, Gruppi e VR

Parliamo ancora di stories. Mentre fino a oggi era possibile condividere le stories di Instagram su Facebook, ma non il contrario, pare che Facebook permetterà presto di condividere le stories di Facebook su Instagram.


Le stories non sono l’unico tool a cui sta lavorando Facebook. Negli ultimi due anni, i gruppi sono cresciuti molto. Per questo la piattaforma mette a disposizione dei leader delle community un nuovo programma: Community Accelerator.

“Un programma di sei mesi che fornisce formazione, tutoraggio e finanziamenti per aiutare i gruppi a crescere. Con l’aiuto di esperti, i community leader selezionati trascorreranno tre mesi imparando come far crescere la loro community e raggiungere i loro obiettivi”.

E sempre a proposito di trend, gurda come sta procedendo il lavoro di Facebook sulla piattaforma VR, Horizon.

TikTok aggiunge url esterne ai clip

Qualche settimana fa ti abbiamo parlato dell’introduzione dei link in bio sui profili TikTok. La app continua a testare nuove feature e introduce la possibilità di inserire link a Wikipedia, Yelp o TripAdvisor nei post video.

LinkedIn e il coronavirus

Ti abbiamo già parlato delle misure che i social stanno adottando negli ultimi, difficilissimi, giorni. Arriva anche LinkedIn. Oltre ad aver aggiornato la piattaforma, per permettere agli utenti di restare informati, ha creato un Trending News, per mettere in evidenza aggiornamenti da parte di fonti affidabili, come l’Organizzazione mondiale della sanità e il Center for Disease Control and Prevention.

Non solo. LinkedIn metterà a disposizione corsi gratuiti sui temi della produttività, il lavoro a distanza, le relazioni in tempi in cui non è possibile vedersi face-to-face.

In ultimo, LinkedIn ha lanciato delle playlist su Spotify, come colonna sonora per il tuo percorso di ricerca lavorativa. Le playlist sono divise in topic, come “Women at Work”, “Never Give Up” e “Refine and Focus”.

Instagram porta lo streaming su IGTV

Come riportato dall’esperta di ingegneria Jane Manchun Wong, Instagram sta testando un’opzione per condividere gli streaming di Instagram direttamente su IGTV non appena terminato il live.

Vediamo se questo darà una ulteriore spinta ai tuoi contenuti e se arriveranno altre news su questo fronte.

YouTube contro la disinformazione

YouTube ha fornito un aggiornamento sulle sue ultime misure per combattere la disinformazione sul coronavirus e tenere informati i suoi utenti durante la crescente crisi. La principale iniziativa riguarda i pannelli informativi che indirizzano gli utenti verso fonti autorevoli, fornendo, allo stesso tempo, crediti pubblicitari agli organi competenti.


Come spiegato da YouTube:

“Stiamo utilizzando la nostra homepage per indirizzare gli utenti all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e altre organizzazioni locali autorevoli in tutto il mondo per garantire che gli utenti possano trovare facilmente gli aggiornamenti”. 

 

free masterclass ninja academy

#IoRestoaCasa: ecco le risorse gratuite messe a disposizione dalle aziende italiane per l’emergenza Coronavirus

Progetti, piani, percorsi da seguire. Sono gli elementi che ci permettono di avere un’idea chiara della direzione in cui vogliamo muoverci e del modo in cui vogliamo crescere e trasformare il nostro futuro. Questo almeno in tempi ordinari. Quando però ci troviamo ci si presenta una situazione straordinaria da fronteggiare, bisogna essere dei veri Ninja per trasformare l’ostacolo in una opportunità.

Così, le misure straordinarie del governo, che ci impongono di restare in casa, lavorare da remoto e limitare i contatti interpersonali, possono diventare, ad esempio, il primo passo per un nuovo percorso di formazione personale come quello di Ninja Academy valido per ottenere un Certificato Professionalizzante.

Per tutti, professionisti e aziende, sono moltissimi i servizi a disposizione oggi anche grazie all’iniziativa Solidarietà Digitale promossa dal Ministro dell’Innovazione.

Stai pensando di cogliere questa occasione? Abbiamo raccolto una serie di risorse utili, tra quelle messe a disposizione, per lavorare, studiare, intrattenersi e restare informati.

#IoRestoaCasa

Tutte le Free Masterclass di Ninja Academy

Vuoi utilizzare il tempo in casa per approfondire e accrescere il tuo bagaglio di competenze digitali? Parti da qui: una serie di masterclass gratuite di Ninja Academy, a tua disposizione subito, come primo step di un percorso che potrebbe perfino portarti a una certificazione riconosciuta.

Li abbiamo suddivisi per argomento e li trovi tutti qui.

Social Media Marketing

?[Social Media & SEO]

Filippo Giotto – Luca De Berardinis
La formula della visibilità sul web

?[Social Media Storytelling]

Francesco Gavatorta – Valentina Falcinelli
Come raccontare una storia digitale: regole e case study

?[IGTV, Stories & Live]

Tommaso Sorchiotti – Claudio Gagliardini
Il ruolo dei video nel futuro di Instagram e Facebook

?[ Facebook Strategy]

Roberta Pinna
La guida per vincere su Facebook

?[Investire in Facebook Ads]

Francesco Colicci
Come e perché fare pubblicità su Facebook

?[Social Media Planning]

Veronica Gentili
Realizzare una strategia sui Social Media come un professionista

?[Social Media Advertising]

Francesco Colicci
Le funzionalità del Business Manager che dovresti conoscere

10 competenze social media manager

Digital Marketing

?[Funnel Marketing]

Luca Barboni
Strumenti e tecniche per migliorare le conversioni

?[Landing Page e A/B Testing]

Raffaele Gaito
Come costruire e migliorare pagine web che convertono

?[Web Analytics Ninja]

Miriam Bertoli – Gianpaolo Lorusso
Le metriche vitali per ogni business digitale

?[Blockchain e Token Digitali]

Alessandro Palombo – Marcello Mari
Come le cryptovalute stanno rivoluzionando la raccolta fondi

?[Digital Conversion & Funnel Marketing]

Emanuela Zaccone – Giuliano Ambrosio
Strategie, piattaforme e strumenti per trasformare utenti in clienti

?[Digital Advertising Trend]

Marco Magnaghi – Veronica Gentili
Facebook, Mobile & Google Ads (ex AdWords): come migliorare le tue campagne online

?[Customer Journey e Brand Loyalty]

Claudia Temeroli – Michela Parziale
Come costruire il percorso dalla lead generation alla fidelizzazione

?[Vendere prodotti digitali]

Alessio Pieroni
Le migliori tecniche di lancio, automation e growth hacking

?[Digital Advertising Strategy]

Marco Magnaghi
Gli strumenti per gestire le campagne paid come un Ninja

content marketing

Content Marketing

?[Content Strategy & Customer Journey]

Alberto Maestri, Francesco Gavatorta, Valentina Falcinelli
Progettare piani editoriali per ogni touchpoint digitale

?[Le metriche del Content Marketing ]

Alberto Maestri
Strumenti e reportistica per chi si occupa di contenuti digitali

?[Content Inspiration]

Alberto Maestri
Lasciati ispirare dai migliori esempi di contenuti digitali

?[Content Strategy]

Sara Poma
Le caratteristiche dei contenuti di successo

content strategy

SEO & SEM

?[SEO per Landing Page]

Luca De Berardinis – Fabio Di Gaetano
Come impostarne struttura e testi per essere primi su Google

?[Google Analytics Ninja]

Gianpaolo Lorusso
Le funzionalità avanzate che non puoi non usare

?[SEO Strategy]

Ale Agostini
Essere primi su Google

?[Google Ads ROI]

Gianpaolo Lorusso
Massimizza i risultati delle tue campagne di advertising

e-commerce management

eCommerce

?[eCommerce Ninja]

Roberto Albanese – Andrea Missori – Giovanni Cappellotto
Costruire un vantaggio competitivo e differenziarsi dalla concorrenza

?[eCommerce Analytics]

Daniele Vietri, Giovanni Cappellotto
Le metriche vitali di ogni shop online

?[eCommerce Performance]

Damiano Ferraioli – Jacopo Pasquini – Luca Barboni
Come ottimizzare le conversioni di un negozio online

?[Instagram per l’eCommerce]

Daniele Vietri
Come convertire i like in vendite

Health e intelligenza artificiale

Tutte le Free Masterclass di Ninja Academy per te

E se ancora non ti basta, puoi anche seguire:

?[Introduzione al Neuromarketing]

Laura Pirotta
Come le neuroscienze influenzano chi acquista online

?[Intelligenza Artificiale: guida alle opportunità per il tuo business]

Gianluca Mauro
Lo stato dell’arte, le applicazioni pratiche e i migliori case study

I video di ADWorld Experience

ADWorld Experience mette a disposizione di tutti in modo gratuito i video degli esperti e delle tavole rotonde degli eventi degli ultimi anni. Una raccolta super interessante per chi si occupa di Advertising online, SEO & SEM e più in generale di Digital Marketing. E per un giorno sono disponibili in modo gratuito anche quelli paid.

I servizi smart di TIM

Anche TIM prosegue con le iniziative volte a sostenere le aziende italiane, grandi e piccole, e i professionisti, in questo momento di difficoltà. Dopo aver messo a disposizione dei clienti mobili 100 Giga gratuiti per 30 giorni, mette in campo per clienti fissi e mobili un set di servizi evoluti che agevolano lo svolgimento dell’attività lavorativa a distanza:

  • TIM Work Smart, per lavorare in smart working ed effettuare web e audio conferenze, da smartphone e PC gratis fino al 30 giugno 2020, con disattivazione automatica senza costi alla scadenza.​
  • TIM ID (identità digitale SPID), per accedere direttamente da casa ai servizi della Pubblica Amministrazione abilitati. Per usufruire del servizio occorre effettuare la videoidentificazione, gratuita fino al 30 giugno 2020. Il servizio è gratis per sempre. ​

I servizi possono essere richiesti gratuitamente su digitalstore.tim.it. E sul Digital Store è possibile trovare gratuitamente altri servizi pensati per il lavoro a distanza come per esempio Virtual Fax, Video Chat e molto altro.

Gartner: La Resilienza per Reagire Alle Sfide del 2020

Gartner ha messo a disposizione di tutte le aziende un webinar di un’ora con una panoramica sulle analisi continuative e sul supporto a centinaia di clienti in tutto il mondo che stanno affrontando l’emergenza di Covid-19, per offrire alla aziende utili strumenti in questa fase di crisi anche per l’economia e il business.

Rinascita Digitale

Dal 16 marzo al 3 aprile, professionisti, esperti, ricercatori e innovatori si alterneranno in diretta con un progetto di formazione gratuita non-stop. Una maratona in streaming dedicata a sviluppo d’impresa e gestione finanziaria, smart working e digital transformation, comunicazione digitale e marketing.

Il supporto a scuole ed enti di Skillando – Digital Volunteering

Skillando – Digital Volunteering ha messo a disposizione strumenti e competenze a supporto di scuole, enti ed organizzazioni no profit che hanno bisogno di aiuto digitale.

Visibilità online senza bisogno di investimenti

Matteo Gasparello ha raccolto 65 risorse gratuite di marketing che possono aiutare piccole e medie imprese a ottenere visibilità online senza bisogno di investimenti.

I corsi di Mosaicoelearning

Mosaicoelearning mette a disposizione di tutti tre corsi gratuiti per stare vicini anche da lontano in questi giorni di quarantena.

I corsi per ritrovare la concentrazione, prepararsi alla crisi e distinguere le fake news dalle notizie vere sono:

I video di Marketing Business Summit

Marketing Business Summit ha creato un pacchetto di alcuni video selezionati dalle passate edizioni, per approfondire e continuare a formarsi.

digitalizzazione imprese

Solidarietà Digitale

Promossa dal Ministro dell’Innovazione, l’iniziativa ha riscosso un enorme successo, sia tra le aziende che hanno offerto i propri servizi che tra chi ne sta giù usufruendo. Si va dalle piattaforme per le lezioni da remoto, a Giga di navigazione mobile gratuita. Ne abbiamo parlato più nel dettaglio qui, ed è possibile vedere l’elenco di tutti i servizi disponibili sul sito ufficiale.

La formazione online gratuita di Web Marketing Festival

Oltre 400 video didattici sono disponibili sul canale YouTube del Festival, con tematiche che spaziano nel campo dell’innovazione digitale e del web marketing.

Inoltre sono disponibili anche una serie di corsi online e webinar per gli insegnanti di scuole superiori  e università, per avvicinare i meno esperti al mondo della didattica digitale.

I corsi di Docebo

Docebo, in collaborazione con GO1, ha aggiunto al catalogo Docebo Content quattro nuovi corsi eLearning gratuiti sul tema del Coronavirus:

  • “Controllo dell’infezione da Coronavirus” di Echo3 Education
  • “10 minuti di consapevolezza della pandemia” di Learning Planet
  • “Prevenzione e controllo delle infezioni” di Sentrient
  • “COVID-19 – Assistenza sanitaria/Assistenza agli anziani” di CQI Internet Solutions Pty Ltd

iorestoacasa prodotti digital gratis

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No, anche a noi non basta! Per far sentire tutta la nostra solidarietà a professionisti e aziende del digital, abbiamo pensato a un altro regalo: 60 giorni di accesso gratis a Ninja PRO Information, il servizio Ninja Premium Membership che ogni giorno confronta decine di fonti per selezionare tutti i più utili e importanti marketing insight, i social media update, le tech news e i business events.

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tik tok

L’universo digital secondo la Gen Z: ecco i 5 grafici per esplorarlo

  • eMarketer ha recentemente pubblicato uno studio in cui rileva come e dove i giovani trascorrono il loro tempo online e quali sono i loro device preferiti sul web
  • Attraverso una serie di grafici, ricavati da altrettante ricerche, è possibile scoprire come e quanto la Gen Z utilizza Internet

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Connettersi e saper comunicare alla Gen Z è un compito tutt’altro che semplice. Il primo passo è cercare di comprenderne comportamenti e bisogni.

Per aiutare le aziende a raggiungere questo obiettivo, eMarketer ha recentemente pubblicato uno studio in cui rileva come e dove i giovani trascorro il loro tempo online e quali sono i loro device preferiti.

I risultati chiave della ricerca possono essere riassunti in cinque grafici.

Esaminiamoli insieme.

Gen Z, Gen Mobile

Velocità, accessibilità, esperienze personalizzate e on demand, questo in estrema sintesi è tutto ciò che sta a cuore alla Gen Z, una generazione perennemente connessa.

E cosa può soddisfare questa brama di esperienze online se non lo smartphone? Un dispositivo ormai indispensabile per i ragazzi che cominciano a usarlo fin da giovanissimi.

Se nel 2013 solo il 49,6% degli adolescenti tra i 12 e i 17 anni aveva uno smartphone, si stima che entro quest’anno la percentuale salirà fino al l’83,2%.

digital la Gen Z

Inoltre, Il 73% dei genitori afferma d’aver comprato uno smartphone ai figli di 11-13 anni, mentre il 31,0% ai figli che hanno tra i 6 e i 10 anni.

Il mobile è probabilmente la prima forma di liberà di cui un adolescente gode, quindi non sorprende che rappresenti anche la forma di tecnologia preferita dalla Gen Z.

A renderlo noto è il rapporto del gennaio 2019 dell’agenzia di marketing Fuse, secondo cui lo smartphone viene indicato da quasi la metà degli intervistati (48%) mentre solo il 27% preferisce i videogame e il 20% i social media.

Werable e assistenti vocali

Non riscuotono altrettanto entusiasmo gli assistenti vocali e i werable (dispositivi indossabili come smartwatch, fitness tracker, braccialetti etc.), forse anche a causa dei dubbi più volte sollevati sulla privacy garantita da questi device.

Da veri nativi digitali, gli adolescenti non trovano niente di “straordinario” nell’irrompere della dimensione online nella vita “reale”. Rispetto alle generazioni precedenti, subiscono meno il fascino di tutte le novità e gli scenari dell’IoT (Internet of Things).

“Sono sempre stati circondati dalla tecnologia, sono abituati a una realtà in cui l’innovazione avanza rapidamente” afferma Bill Carter di Fuse. “Per loro, non è niente di così strabiliante”.

Lo scarso entusiasmo della Gen Z per i werable si riflette chiaramente sul grado di penetrazione di questi device tra i più giovani.

digital e genz abitudini

Come mostrato dal grafico, tra gli utenti di werable, solo il 14,7% ha tra i 12 e 17 anni, il 36% tra i 18 e i 24 e il 38,2% tra i 25 e i 34. Il basso livello di penetrazione rilevato soprattutto nella fascia degli adolescenti è probabilmente influenzato anche dalla riluttanza dei genitori ad acquistare più di un dispositivo costoso (se teniamo conto dello smartphone) ai figli.

Analogamente, per quanto riguarda gli acquirenti di vocal assistant device, solo il 18,6% ha tra i 12 e i 17 anni, meno della metà di coloro di età compresa tra i 18 -24 anni (35,1%) e i 25-34 (42,5%).

Sempre secondo Carter, “Rispetto alle altre fasce di consumatori, gli adolescenti non percepiscono il valore aggiunto di questo tipo di tecnologia, le occasioni in cui essa può rendere la vita più facile”.

Il tempo trascorso online dalla Gen Z

Quest’anno, il 97,4% dei ragazzi utilizzerà Internet almeno una volta al mese.

Nel sondaggio YouGov del settembre 2019, oltre la metà degli adolescenti (fascia d’età 13-17 anni) ha riferito di navigare online in media due 2 ore al giorno, il 30% di trascorrere su internet più di 3 ore.

gen z e digital

Contrariamente a quanto si possa pensare, i giovani non spendono tutto il tempo su Instagram. Il 63,5% di coloro che hanno tra gli 11 e i 17 anni ha dichiarato d’aver scoperto un nuovo hobby o interesse navigando sul web, mentre il 55, 5% d’essersi impegnato in alcune cause sociali.

YouTube e Netflix

Qualunque sia il dispositivo utilizzato, la Gen Z è per eccellenza la generazione dei video. Nel 2020, il 93,7% degli adolescenti (13-17 anni) guarda video online

YouTube è il cuore delle attività online. Il sondaggio del marzo 2019 del National Research Group (NRG) rileva che il 92% della fascia 13-17 anni usa questo social almeno una volta a settimana.

Inoltre, secondo la ricerca “Taking Stock with Teens” di Piper Jaffray, nel 2019 gli adolescenti hanno trascorso il 37% del loro tempo su YouTube, più di quello trascorso su di Netflix (35%) (per la prima volta dal 2017).

LEGGI ANCHE: Influencer, social e siti di notizie: ecco come si informa la gen Z (e cosa cambia rispetto ai millennial)

gen z e digital

Secondo quanto afferma il CEO di Piper Jaffray, Mike Olson, “YouTube offre una gamma molto ampia di contenuti che interessano agli adolescenti. Tra questi, video musicali, streaming di celebrità e altri user generated content”.

Anche Netflix rimane un baluardo per le giovani generazioni. Il 71% dei ragazzi lo utilizza su base settimanale.

Perché la TV è ancora importante

In mezzo al dilagare dell’universo online, è molto facile sottovalutare i media tradizionali come la TV.

Eppure, si stima che nel 2020 gli adolescenti trascorreranno in media 81 minuti al giorno a guardare la TV, (10 minuti in meno rispetto a quello del 2019).

gen z digital

Inoltre, i dati Nielsen pubblicati nel primo semestre del 2019 mostrano che i ragazzi (12-17 anni) spendono in media più di un’ora al giorno guardando le dirette televisive.

10 competenze social media manager

10 competenze che un Social Media Manager dovrebbe assolutamente avere

  • Quella del Social Media Manager è una professione ancora in crescita, conosciuta da tutti ma spesso sottovalutata.
  • Per diventare un professionista del settore sono necessarie alcune skill fondamentali, che vanno dalla capacità organizzativa alla pazienza


Forse da bambino, scrutando il mare all’orizzonte, avrai anche tu pronunciato tra te e te la frase: “Da grande sarò un pirata”. Complici i film e i libri d’avventura, tutti abbiamo sognato un futuro galattico, a sfrecciare tra i pianeti dell’Universo, o a piroettare negli abissi degli oceani. Crescendo abbiamo dovuto cambiare i nostri desideri di bambini e diventare più concreti, adattarci ai tempi, e a volte creare una nuova immagine fantastica di noi stessi.

Le aspettative mutano, i bisogni cambiano, lo scenario di quando eravamo dei ragazzi è stato stravolto dagli avvenimenti, sia personali che sociali. La tecnologia ha rivoluzionato ogni cosa e ha portato con sé la nascita di nuovi lavori, professioni che nemmeno la nostra mente di piccoli sognatori avrebbe potuto concepire. Uno di questi è il Social Media Manager.

Tutti ormai sanno chi sia, molti vorrebbero diventarlo, ma pochi conoscono davvero le competenze che questo lavoro richiede.

Social Media Manager crescita profgessionale

Chi è il Social Media Manager

Una figura mitologica del mondo dei social media, nata dall’esigenza dei brand, sia grandi che piccoli, di potersi raccontare sulle varie piattaforme, per tenere sott’occhio i dati generati e le risposte degli utenti. Una persona che ha diverse competenze, emblema della parola multitasking.

Un lavoro che non è possibile improvvisare sottovalutandone l’impegno o limitando tutto alla crescita dei like (magari a pagamento).

No, il Social Media Manager – quello vero e capace – deve avere diverse skill, deve conoscere lo strumento con cui ha a che fare e deve aggiornarsi, sempre. Quello che a prima vista può sembrare un lavoro facile, come ogni professione richiede impegno e costanza.

Social Media Manager strumenti da utilizzare

Le 10 skill del Social Media Manager ideale

Abbiamo già detto che il Social Media Manager è una persona multitasking. Lui / lei sa che la sua giornata sarà probabilmente lunga e tortuosa. Deve creare un piano editoriale per ogni cliente, deve raccontare la natura di un’azienda, la sua mission. Oltre a confrontarsi con il cliente, deve dialogare con il pubblico attraverso post mirati, utilizzando sia le parole che le immagini (o i video). Opera con diversi social a seconda delle esigenze dell’azienda. Non solo genera contenuti, ma li analizza, studia gli utenti, i loro feedback, cerca di capire chi sono, cosa vogliono e come si sentono rispetto al marchio in questione.

Dietro i like, dietro le reaction, ci sono delle persone, e dietro i post creati c’è una donna o un uomo che ogni giorno deve mediare tra azienda e utenti, tutto questo tramite un social media.

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1. Deve essere super organizzato

Un Social Media Manager viaggia leggero, ha tutto sul suo smartphone e sul laptop. Ha un’agendina con tutti i  contatti, è sempre munito di carta e penna e lo si riconosce da lontano perché ha la mente che frulla idee in continuazione.

Organizzato nei minimi dettagli, crea contenuti sui social, risponde ai commenti, pianifica riunioni con il proprio team e con i clienti, analizza i dati dei follower.

Il tempo è fondamentale, progetta in anticipo le campagne, i post, e studia nuovi approcci basandosi sulle risposte ai contenuti che ha generato. Sembra aver sempre la testa fra le nuvole, ma in realtà si sta ricaricando per una nuova sfida.

Social Media Manager organizzazione

2. Deve essere creativo

Non solo numeri, ma soprattutto immagini e parole. La creatività è la linfa vitale della conoscenza, ed essere creativi  significa essere aperti alle novità, abbattere mattone dopo mattone, il muro dell’apatia, per non arrendersi mai. E infatti il Social Media Manager non si lascia sconfiggere dalle reazioni negative, ma cerca di dare il massimo in ogni situazione, creando la soluzione perfetta a ogni esigenza.

Come aumentare la propria creatività? Esercitandola ogni giorno, leggendo libri, guardando film, serie tv, documentari, disegnando, ascoltando le persone, abbandonandosi al mondo, tendendo l’orecchio a tutti i punti di vista, senza essere rigidi sui propri pensieri e sul modo di vedere se stessi e gli altri.

Questo serve anche a essere aggiornati su trend e meme, conoscere in anticipo cosa potrebbe creare hype, entrare in connessione con il pubblico.

Ecco perché è utile abbracciare il cambiamento senza averne paura, staccare la spina appena è possibile, facendo le cose che più ci fanno stare bene, che sia una partita a Playstation o una gita in montagna.

3. Deve essere curioso e aggiornarsi (sempre)

In questo lavoro bisogna avere una spiccata propensione alla curiosità, ma soprattutto aver voglia di non accontentarsi di ciò che si conosce, ma voler imparare sempre più cose, giorno dopo giorno.

Il mondo del web cambia in continuazione: nuovi algoritmi, nuove procedure, nuovi clienti e nuove esigenze. Noi non siamo gli stessi di qualche anno fa, e nemmeno chi ci ascolta.

Bisogna stare attenti ai desideri degli utenti, alla società che si evolve, ai consumatori che cambiano. Abbiamo visto che il focus, con annesse aspettative, si sta spostando sempre più verso la Generazione Z, e questo implica un dover necessariamente rinnovarsi, sia per i brand che per i Social Media Manager che sono dietro ai canali social.

Ecco perché corsi e formazione continua sono linfa vitale per il buon Social Media Manager, un’occasione non solo per approfondire il proprio lavoro, ma anche per confrontarsi su casi specifici con colleghi e docenti.

LEGGI ANCHE: Come TikTok ha cambiato il panorama dei social network e cosa aspettarsi dal futuro

Social Media Manager aggiornamento professionale

4. Deve saper scrivere bene

In un mondo di immagini, le parole sono ancora importanti? Ovviamente sì. Il bravo Social Media Manager sa che per comunicare col pubblico deve esprimersi in modo chiaro, conciso e semplice, perché l’equivoco è sempre dietro l’angolo.

Partendo dal presupposto che la soglia dell’attenzione di noi lettori si è notevolmente abbassata, arrivare alle persone, in un mondo di rumori, è sempre più difficile.

Scrivere sui social, comunicare in pochi caratteri ciò che è il cuore di un’azienda, è una sfida. Bisogna andare dritto al sodo, senza essere troppo invasivi. Il tono è importante, come il messaggio. Possiamo raccontare la storia più romantica che ci sia, ma se sbagliamo i modi, si trasformerà in un incubo.

Gli strumenti per chi vuole fare della scrittura la propria attitudine, sono tanti. Ci sono diversi manuale di copywriting, sia in italiano che in inglese, libri sulla scrittura creativa e professionale, ma non dimentichiamo mai i classici, i romanzi e tutta la letteratura che più ci ispira, che sia un fumetto o l’ultimo volume di Palahniuk.

Social Media manager copywriting

5. Deve saper usare i programmi di grafica (o almeno provarci)

Il Social Media Manager non è un grafico, ma può utilizzare dei programmi e dei tool per creare grafiche apposite per accompagnare le didascalie dei post. Ci sono numerosi strumenti per chi vuole specializzarsi, tutto dipende dalla strada che si vuole percorrere e dalle competenze richieste.

Ogni social ha un proprio linguaggio e, con il brand, si sceglie il modo di comunicare, che sia incentrato più sulle parole o intento a catturare l’attenzione del cliente attraverso immagini, grafiche, foto.

LEGGI ANCHE: 5 trend grafici per i social media da conoscere per il 2020

6. Deve avere buon occhio per l’estetica

Collegato con la precedente skill c’è questa competenza. Conoscere le basi della fotografia, i filtri da utilizzare, il foto ritocco, aiuta tantissimo in questo tipo di lavoro, specialmente se si lavora molto con le immagini.

Avere una buona macchina fotografica e tutti gli strumenti per preparare la location, una sorta di piccola scenografia per i prodotti da presentare, è sicuramente un’arma vincente nelle mani del Social Media Manager.

Il gusto estetico, più in generale, sarà fondamentale per proporre un’immagine coordinata del brand sui diversi social, per progettare layout per specifici account o semplicemente per creare belle stories.

7. Deve saper analizzare i dati

Il professionista non è solo un creativo, ma anche un analista. I contenuti generano delle reazioni, traffico sulle pagine, e tutto ciò che passa su una pagina social resta e lo si evince dagli insight. Che sia un profilo Facebook o Instagram, ogni cosa è registrata e pronta a essere spulciata fino al midollo.

La capacità di utilizzare l’analisi per dimostrare il ROI e creare report significativi sui social media è un’abilità chiave per un Social Media Manager. Con la crescente importanza del Social Listening, è importante sviluppare la capacità di analisi dei dati sia quantitativi che qualitativi, al fine di comprendere il quadro completo e le prestazioni dei social.

Comunicare le opinioni agli stakeholder, fare report sulle prestazioni social è il primo passo, ma analizzare significa guardare i dati ed essere in grado di identificare le tendenze, sviluppare raccomandazioni e comunicare un piano d’azione.

LEGGI ANCHE: Come il Social Listening può aiutare i tuoi dipendenti a capire meglio i clienti

Social Media Manager analisi dati

8. Deve essere flessibile

Essere flessibili non solo nella gestione del lavoro, ma anche nell’organizzarlo. Le strategie social devono essere dinamiche e flessibili come le piattaforme su cui si basano.

È importante sperimentare diverse tattiche o persino rivoluzionare completamente la strategia, adattarsi alle nuove tendenze, incorporare i cambiamenti del business o riprendersi dai risultati scadenti. Imparare dai dati, ascoltare feedback, sia dei propri clienti che degli utenti, e tenere sotto controllo le tendenze social rende un Social Media Manager agile e flessibile.

Con dati e analisi, possiamo conoscere quale tipo di post sui social è utile e quale invece può essere eliminato poiché non produce risultati. La psicologia comportamentale spiega perché le persone sono attratte da determinati post o perché ne condividono altri. Conoscere ciò consente d’individuare le tendenze e provare nuove strategie più produttive.

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9. Deve essere disponibile

La giornata di un Social Media Manager sembra essere interminabile. Non dura 24 ore, ma di più. Preparare il calendario editoriale, modificare i contenuti, anche all’ultimo minuto quando ci sono particolari esigenze, cancellare qualcosa, aggiungere altro. Rispondere in chat, rispondere ai commenti, condividere le stories dei follower, destreggiarsi con le reaction, ma soprattutto ascoltare, chiarire dubbi, aiutare.

Agli utenti può sfuggire un link, una descrizione, e il Social Media Manager corre in soccorso per indirizzarli verso la retta via.

Social Media Manager Skill

10. Deve essere (tanto) paziente

Sì, lo sappiamo, come la disponibilità, anche la pazienza è più un dono che una competenza, ma si tratta comunque di una qualità da non sottovalutare in un Social Media Manager, una inclinazione personale che può essere allenata.

A volte gli utenti dimenticano che dietro a un sistema oliato e organizzato esistono delle persone, che come tutti noi, hanno una vita, con gioie e dolori.

Cerchiamo tanto il lato umano nelle cose che spesso lasciamo a casa il nostro. Siamo delusi da un brand perché si è affidato all’influencer di turno per promuovere il proprio prodotto, e non ci risparmiamo a mostrare il nostro dissenso sulla pagina social. A pagarne le conseguenze è il povero Social Media Manager che deve placare una guerra cibernetica a colpi di clic.

Il regalo perfetto per lui o lei? Un corso di yoga (o un lanciafiamme).

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