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Chatbot Marco Mantovan

Cosa ha di speciale Meena, il più avanzato Chatbot al mondo progettato da Google

Hai mai scambiato quattro chiacchiere con un Chatbot?

Se la tua risposta è no, sappi che l’85% delle persone non riconosce la differenza tra un messaggio scritto da un umano e un messaggio scritto da un robot.

Non preoccuparti, il motivo è semplicissimo. I Chatbot di oggi sono così avanzati da riuscire a simulare alla perfezione una conversazione umana.

In questo articolo analizzeremo Meena, il nuovissimo Chatbot di Google, un “agente conversazionale che può parlare di … qualsiasi cosa”.

i tipi di chabot

Cos’è un Chatbot?

Partiamo dal presupposto che un Chatbot non è assolutamente un’AI (intelligenza artificiale).

Un Chatbot è un software in grado di ricevere degli input dagli utenti, ed inviare loro una risposta pre-impostata.

Ad oggi possiamo trovare svariati tipi di Chatbot, se ne contano quasi 800.000 solo su Facebook e vengono impiegati soprattutto per la customer care delle aziende private o come supporto agli uffici turistici nella pubblica amministrazione.

LEGGI ANCHE: Chatbot: l’incrocio tra tech e comunicazione che sta rivoluzionando la Customer Experience.

Un’AI invece è in grado di imparare da tutti gli input che riceve, migliorando la propria “conoscenza” e garantendo un miglioramento continuo delle risposte.

Google Meena Marco Mantovan

Arriviamo a Meena, il nuovo progetto di Google

Meena si basa su un modello conversazionale neurale end-to-end, in grado di considerare più di 2,6 miliardi di parametri.

Google ha dichiarato di aver “allenato” Meena per 30 giorni con un set di 40 miliardi di parole. Non solo parole a caso!

L’addestramento è stato improntato anche su più di 340 Gigabyte di chiacchiere pubbliche sui social. Ed è in grado di parlare di qualsiasi cosa e persino di ricorrere al black humor.

Per misurarne le capacità, Google ha sviluppato un sistema di misurazione chiamato SSA (Sensibleness and Specificity Average), in grado di valutare le risposte in una conversazione, assicurandosi che esse siano pertinenti e comprensibili.

L’SSA dà un punteggio ad una conversazione umana dell’86%, altri Chatbot sul mercato hanno ricevuto un punteggio che varia tra il 30% e 60%, invece Meena ha ricevuto un punteggio pari al 79%.

Che impatto avrà sul mercato?

Ad oggi seppur alto, il livello della conversazione di Meena resta sul conosciutissimo “parlare del più e del meno”.

Non è in grado di insegnare qualcosa o di migliorare la customer experience, fornendo informazioni sull’acquisto di un biglietto, il tracciamento di un pacco o offrendo supporto emotivo. I software di conversazione dovrebbero infatti avere lo scopo di portare un utente alla soluzione di un problema.

Diversi studi dimostrano che in certe situazioni, le risposte “robot” sono preferibili a quelle umane, soprattutto quando in ballo ci sono informazioni personali sensibili.

Meena Ninja Marketing Marco Mantovan

Quando conosceremo Meena?

Google non rilascerà una demo fino a quando non avrà verificato il livello di sicurezza di Meena, per non incorrere in problemi come capitato con un suo predecessore, rilasciato da Microsoft su Twitter nel 2016.

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Dopo alcune ore Tay, questo era il nome del Chatbot, ha iniziato a pubblicare tweet sessisti e xenofobi, obbligando la casa madre a zittirlo immediatamente.

Quando Meena entrerà in gioco sarà un ulteriore passo avanti nel mondo dei Chatbot.

Ricordiamo però che un robot dovrebbe fare esclusivamente qualcosa di utile per l’uomo e non parlare a vanvera, senza peli sulla lingua. Si può dire di un robot?!?

tik tok

Nascono le Collab House degli influencer di Tik Tok: fenomeno passeggero o prossimo trend?

Negli Stati Uniti – tanto per cambiare – sta prendendo piede un trend interessante che varrà la pena monitorare nel corso del 2020. Il protagonista di questo fenomeno è il più chiacchierato dei social network: Tik Tok. Sì, perché visto il crescente interesse – anche commerciale – nei confronti della nuova piattaforma di social creation, i tiktoker stanno iniziando a rendersi conto che, quello che fino a poco tempo fa era un hobby o un modo creativo di giocare con musica e video al fine di stupire i propri amici, oggi ha le potenzialità per diventare un lavoro full time.

E quando parliamo di full time non ci limitiamo più alle otto ore lavorative, ma a una totale sovrapposizione tra la propria vita privata e quella professionale, fino ad arrivare ad organizzarsi con i propri colleghi tiktoker per andare a vivere insieme, in modo da poter creare contenuti in ogni momento del giorno (o della notte). Così, seguendo un po’ le orme dei propri “antenati” youtuber che, a loro tempo, avevano fatto la stessa cosa (vedi Our2ndLife), i nuovi influencer si stanno riunendo nelle prime “Collab Houses”, dando vita a un vero e proprio fenomeno.

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La Hype House

Un esempio di collab house è la Hype House di Los Angeles, in cui convivono 19 tiktoker – o meglio, quattro di loro, per ora, si sono stabiliti lì in modo permanente – dallo scorso dicembre. Tra i tiktoker che abitano la Hype House ci sono  Chase Hudson, Charli D’Amelio e Thomas Petrou: ragazzi con meno di 18 anni e milioni di follower.

tik tok

Una mossa molto riuscita, pare, che dà la possibilità ad alcuni tra i più noti volti della piattaforma di sviluppare la propria follower base, ampliando anche quella degli altri. Ognuno porta la propria fetta di pubblico e la propria dose di visibilità, di cui tutti i membri del gruppo possono beneficiare. Va segnalato che l’account ufficiale della casa su Tik Tok ha già più di 4 milioni di follower e i post con l’hashtag #HypeHouse hanno già superato i 100 milioni di visite.

La cosa più importante? Trovare la giusta location. È fondamentale trovare una casa spaziosa e che sia esposta per gran parte della giornata a una giusta quantità di luce naturale. Meglio se lontana da qualsiasi possibile forma di disturbo – dal fan accanito al vicino lamentoso. Non dimentichiamoci che la principale funzione della casa dev’essere diventare set di contenuti che mirano a raccogliere milioni di views, quindi ogni tipo di dettaglio di design, un arredamento dal gusto ricercato e una serie di corner – per usare una parola ben più che inflazionata, ma sempre attuale – instagrammabili diventano manna dal cielo!

Generazione Z: cosa ci dice di loro questo fenomeno

Ma che sembianze ha (o dovrebbe avere) una star di Tik Tok? Dev’essere giovane (un Gen. Z, per capirci), avere energia, personalità e quel qualcosa di bizzarro che gli dà la possibilità di distinguersi dagli altri e, ancora più importante, essere ricordato.

tik tok

Questo tipo di fenomeno ci racconta davvero tanto degli utenti che si esprimono attraverso questo social – l’affascinante Generazione Z. Quello che emerge fin da subito è una profonda influenza data dai reality show e una totale noncuranza del valore della propria privacy (almeno all’apparenza).

Sempre di più, notiamo come il confine tra privato e pubblico si faccia più labile fino a diventare quasi inesistente. Da quando esistono gli influencer, hobby e lavoro si sono sovrapposti fino a fondersi e ad assumere la stessa accezione. Questa categoria di lavoratori – più o meno professionisti ma sicuramente privilegiati – monetizza il proprio tempo libero e regala a una serie di voyeur manciate di attimi d’intimità.

Il fenomeno TikTok è solo questo o significa qualcosa di più che intrattenimento per i giovani pronti a esprimere in qualsiasi momento, grazie al mobile, la loro carica di creatività?

LEGGI ANCHE: Cosa dovremmo aspettarci dall’Influencer Marketing nel 2020 (e come farsi trovare pronti)

Tik Tok, un gioco da ragazzi

Lo scettro per l’utilizzo attivo del social del momento, Tik Tok, rimane ai Gen Z; tuttavia, si è registrato sempre di più nel corso degli ultimi mesi, un crescente interesse anche da parte dei più “grandi”.

Anche se gli over 30 ne fanno soprattutto un uso passivo, è difficile resistere al fascino dei contenuti totalmente immersivi in cui si viene catapultati fin dal primo accesso. Tik Tok è veloce, dinamico, creativo – e sono queste le caratteristiche che dovrebbero avere tutti contenuti che questo target si aspetta di ritrovare online.

Insomma, non esiste benchmark migliore per i marketer che vogliono parlare a questo pubblico che il tipo di contenuto che loro stessi creano. Loro sono quelli del binge-watching, la generazione delle serie TV su Netflix e delle Instagram Stories: questo è l’intrattenimento a cui sono abituati, dunque – video, veloce, senza più dei veri e propri riferimenti temporali e, assolutamente, breve.

tik tok

Tik Tok è una piattaforma interessante anche dal punto di vista tecnologico, poiché attinge ai mondi della realtà aumentata e dell’intelligenza artificiale, mettendo a disposizione dei giovanissimi creator effetti, filtri e sempre più modalità per editare e customizzare i propri contenuti.

Insomma, vale la pena monitorare come questo tipo di fenomeno si svilupperà, cogliendo preziosi spunti su come comunicare e attrarre la Generazione Z, che sarà la prossima vera protagonista del mercato (e dell’Influencer Marketing), a cui tutti vorranno sapere come rivolgersi nel modo più funzionale possibile.

Per ora le Collab House sembrano essere l’espressione più tangibile di quel desiderio di indipendenza che ognuno di noi può aver sperimentato a 16 anni, ma che questi tiktoker sembrano aver realizzato grazie agli strumenti a loro disposizione: uno smartphone e una piattaforma su cui parlare con il mondo.