È ormai chiaro che gli italiani hanno ‘scoperto’ l’universo dei podcast: basti pensare che nel nostro Paese la media mensile di ascolti di podcast su Spreaker è aumentata, tra dicembre 2019 e marzo 2020, del 50%.
Inoltre, durante il lockdown da emergenza sanitaria, l’interesse di ascolto degli italiani è passato dallo Sport – argomento sul quale per ovvi motivi al momento scarseggiano alcune informazioni – a categorie più ‘immateriali’, come la Religione e in genere la Spiritualità e i podcast relativi al miglioramento ed evoluzione dell’individuo (Self-Improvement).
Il dato che stupisce, in questa ‘podcast revolution’ tricolore, è che gli italiani stiano passando dall’essere prevalentemente ascoltatori di podcast a diventare creatori di podcast.
Crescono i contenuti in podcast durante la quarantena
Con la necessità di #restareacasa, tanti concittadini si sono scoperti molto più curiosi e attenti di quanto si potesse immaginare: su Spreaker è stato registrato un aumento vertiginoso nella creazione di podcast, proprio nel periodo della quarantena.
Se a inizio febbraio 2020 la creazione di nuovi podcast (intesi come interi show completi di episodi) su Spreaker registrava un andamento in crescita costante, nel mese di marzo 2020, in particolare dopo il 3 marzo e con un picco interessante attorno alla metà del mese (quando ormai l’intero Paese era in lockdown) si è avuto un aumento di nuovi podcast di oltre il 700% nella categoria Tempo Libero e di oltre il 600% in quella Educazione, complice l’obbligo di seguire le lezioni da casa.
Una crescita simile, anche se su numeri inferiori, l’hanno avuta anche la categoria Società e Cultura (quasi 600%), Arte (500%) e Libri (ovvero, show su letture, consigli, commenti ecc.) che arriva ad una crescita di oltre il 400% rispetto al mese di febbraio.
Tutti segnali che concorrono a misurare il termometro di un Paese che, in un momento storico difficile come questo, non smette di ricercare stimoli e nutrimento per la mente.
Nuovi podcast significa nuovi podcaster?
La domanda non è affatto scontata, visto che spesso alcuni podcaster intraprendono più di un progetto di podcast. In questo caso, però, lo scenario è diverso e, sull’onda dell’’effetto quarantena’, Voxnest ha rilevato che su Spreaker in Italia già nella prima settimana del lockdown, in tanti si sono scoperti creatori di contenuti podcast.
C’è stata infatti una decisa impennata nell’iscrizione di podcaster durante la quarantena: sono stati oltre il 500% rispetto a febbraio, che comunque registrava già un trend in crescita.
Segno che gli italiani hanno scoperto il mondo dei podcast non solo come fruitori, ma anche come produttori di contenuto.
“L’obbligo di restare a casa ha evidentemente prodotto alcuni effetti nel mondo digitale e di conseguenza nel mondo del podcasting, dando agli italiani l’opportunità di scoprire nuovi mezzi di produzione e fruizione di contenuti – racconta Tonia Maffeo, Head of Marketing Voxnest – Il podcast, per la sua modalità diretta e la sua capacità di creare una relazione informale e intima con chi ascolta, si presta particolarmente ad essere lo strumento di comunicazione più ‘studiato’ durante queste settimane di lockdown”.
L’andamento in Europa è molto simile: rispetto al mese di febbraio, la creazione di podcast, in particolare relativi alla categoria Società e Cultura, ha visto un significativo aumento di oltre il doppio nella prima settimana di lockdown, per poi salire vigorosamente nella settimana del 23 marzo, con un incremento di oltre 200%.
Negli USA, al contrario, nello stesso periodo si è registrato un lieve calo sia nell’ascolto che nella produzione di podcast, ma forse si tratta di un comportamento differente rispetto allo strumento: mediamente infatti negli Stati Uniti i podcast vengono ascoltati nel tragitto casa-lavoro, quindi sui mezzi, durante i viaggi, e, in un momento come questo, venendo meno l’occasione, è naturale che ci sia una breve battuta d’arresto.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/podcaster.jpg545834Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2020-04-24 10:30:572020-05-04 16:49:33Gli italiani si scoprono podcaster durante il lockdown
Parlare di SEO e Digital Marketing durante l’emergenza da Covid-19 potrebbe sembrare superfluo, eppure sono proprio queste attività a sostenere il business adesso;
Anche in ottica di riapertura, bisognerà farsi trovare pronti e adottare strategie (anche di contenuto) coerenti con le nuove ricerche degli utenti.
Un errore da non commettere? La chiusura o l’oscuramento del proprio sito internet. Meglio adottare altre strategie.
L’Italia e il mondo stanno affrontando l’emergenza legata al COVID-19. Per le aziende è un momento molto delicato e sappiamo bene che attualmente ci sono priorità che lasciano poco spazio ad argomenti come SEO e Digital Marketing: c’è da riorganizzare il lavoro per renderlo flessibile, capire come riaprire le aziende in sicurezza, trovare le modalità per garantire lo stipendio a fornitori e dipendenti, consegnare i prodotti in tempo.
Tuttavia, sono proprio la SEO e le altre attività di marketing a sostenere il business di molte aziende, rendendo visibili i prodotti e i servizi offerti sul web. Per questo motivo bisognerebbe assolutamente continuare l’attività di posizionamento, anche durante questo periodo di sacrifici. Questo consentirà di avvantaggiarsi rispetto ai competitor, in vista del momento in cui si tornerà ad una nuova normalità.
Cosa fare e cosa non fare in ottica SEO con Covid-19
Se la vostra azienda fa parte dei cosiddetti “business essenziali“, potrebbe non aver visto variazioni negative nella ricerca, ed anzi, ci potrebbe essere stato un boom nell’aumento del traffico organico. Dal momento in cui le persone sono in lockdown, infatti, cercano molto di più le informazioni online ed è aumentato il tasso di vendita degli e-commerce, in particolare di quelli che vendono beni di prima necessità.
Il problema sussiste principalmente per tutti coloro che, invece, hanno dovuto sospendere la vendita dei propri prodotti o dei propri servizi a causa della pandemia. In questo ci viene in aiuto il blog di Google Webmasters, che ha pubblicato un articolo di John Mueller per spiegare “come mettere in pausa un’attività online nella Ricerca Google”, per evitare di chiudere definitivamente il sito e perdere tutti i risultati finora ottenuti.
Con la crescita degli effetti del coronavirus, infatti, Mueller ha visto moltissime aziende cercare di stoppare le proprie attività online, magari oscurando totalmente il proprio sito dal web.
Disabilitare il sito è un grave errore, che potrebbe avrebbe effetti significativi sulla ricerca:
i clienti non saranno aggiornati riguardo a cosa sta succedendo all’attività;
gli utenti non potranno trovare informazioni riguardo ai prodotti e servizi offerti;
il knowledge panel potrebbe perdere le informazioni acquisite nel tempo;
non avremo più accesso ai dati acquisiti (es. Search Console, Analytics);
recuperare posizioni e traffico sarà molto più difficile rispetto a prima.
Quali sono le modifiche da fare sul sito
Nell’articolo che stiamo utilizzando come fonte sono offerti dei consigli per mettere in pausa il sito, riducendo al minimo le conseguenze sul posizionamento, con la prospettiva di tornare ad essere presenti per i propri clienti, nel più breve tempo possibile. Per un eCommerce che non riesce a proseguire la propria attività, ad esempio, è consigliato contrassegnare gli articoli come esauriti o limitare la possibilità di effettuare la transazione, magari consentendo al cliente di aggiungere il prodotto alla lista dei desideri, per poterlo acquistare in un secondo momento.
In questo modo le persone potranno ancora trovare informazioni riguardo alle caratteristiche e ai prezzi dei nostri prodotti, articoli del blog che spiegano come usarli, ma anche leggere le recensioni degli altri utenti. È anche possibile bloccare temporaneamente solo gli acquisti di tutti i prodotti non essenziali, limitando la funzionalità del sito solo ai generi di prima necessità, come ha fatto Amazon a partire dal 14 Marzo 2020.
Esistono anche altre “buone pratiche” che andrebbero attuate sul sito:
creare un banner o una pagina specifica per il COVID-19, contenente informazioni riguardo allo status dell’azienda (apertura, chiusura, smart working), alle spedizioni (ad esempio tempi previsti, eventuali ritardi, comuni dove non è garantita la spedizione, etc.), alle precauzioni prese per garantire la sicurezza degli alimenti consegnati a domicilio. Ad esempio Amazon ha creato una pagina dedicata allo status degli ordini, una pagina per le FAQ ed una pagina dedicata alle iniziative intraprese dall’azienda. Anche Nike, eBay, Tannico, Esselunga, Iper, e molti altri siti hanno creato una pagina di aggiornamento COVID-19;
usare Google My Business (oltre ai profili social, come Facebook, Linkedin ed Instagram) per indicare chiusure temporanee, comunicare nuovi orari, aggiornare i clienti riguardo allo status dell’attività. In particolare, tramite i post ed i nuovi attributi è possibile comunicare informazioni tempestive e dettagliate riguardo ad iniziative, offerte speciali o aggiornamenti dell’inventario;
usare i nuovi dati strutturati, rilasciati da schema.org in occasione del COVID-19 (come “SpecialAnnouncement”, “eventAttendanceMode” e“CovidTestingFacility”). ll primo tipo schema serve a segnalare gli “annunci speciali”, come la chiusura di scuole, il blocco di mezzi pubblici, le linee guida per la quarantena, le informazioni su come sottoporsi ai test/tamponi per verificare il contagio al COVID-19, il secondo schema serve per segnalare se un evento sarà cancellato, rinviato, posticipato o trasmesso in live streaming (script eventStatus e vitualLocation), mentre il terzo serve per indicare le cliniche dove sono disponibili i tamponi per il test del coronavirus. Anche se si possiede un negozio fisico, sarebbe il caso di aggiornare i dati strutturati delle attività locali con le nuove disposizioni attuate;
chiedere a Google di ripetere la scansione di un numero limitato di pagine (ad esempio, solo quelle relative ai beni di prima necessità acquistabili sul sito) tramite la Sitemap.xml e la Search Console;
restare in contatto con la propria audience, per offrire rassicurazioni, connessione sociale e assistenza tangibile durante tutto il periodo di emergenza. Innanzitutto, si potrebbe pensare di impostare un risponditore automatico, o una chatbot, per aiutare i clienti ad ottenere in modo rapido informazioni e risposte alle domande più frequenti. Si potrebbe pensare di proseguire la relazione instaurata tramite DEM, sui profili social, sui siti di recensione. Inoltre si potrebbero creare degli spazi live, come ad esempio un appuntamento fisso di diretta video, dove si potrebbe parlare dei trend del proprio settore, delle possibili azioni future in merito al prodotto o servizio;
creare nuovi contenuti informativi, in linea con le tendenze del momento, ma appropriati alla situazione che stiamo vivendo: nel caso voi facciate parte di tutte quelle aziende che sono definite “non essenziali”, questo non dovrebbe essere il momento per fare business, ma per continuare ad offrire valore ai propri utenti. Oltre all’utilità del contenuto, che dovrà rispettare le misure di sicurezza ed i cambiamenti dello stile di vita delle persone, concentratevi sul tono del vostro messaggio, che dovrà mantenersi sempre positivo, empatico ed ispiratore. Scordatevi i principi di scarsità: le “occasioni da non perdere!” non fanno leva in tempi di Coronavirus.
Come definire la strategia di contenuti se l’intento di ricerca cambia così velocemente?
Il comportamento della ricerca è completamente cambiato a seguito dell’emergenza sanitaria e probabilmente continuerà a farlo nei prossimi mesi.
Dato che le persone sono costrette a rimanere a casa, il consumismo ha visto uno spostamento della domanda da acquisti basati sul desiderio, a quelli basati sui bisogni essenziali (in particolare cibo e farmaci). Di conseguenza sono cambiate anche le intenzioni di ricerca: nell’ambito dell’estetica, ad esempio, se prima si cercavano centri estetici vicino a casa, ora si tenta di trovare prodotti per la bellezza online, tutorial per effettuare la manicure, per tagliarsi i capelli e farsi la tinta in casa in casa, oppure per farsi la ceretta in autonomia.
Ora, avere contenuti in linea con le ricerche degli utenti, potrebbe fare la differenza.Come si può definire una strategia di contenuti, quando gli intenti di ricerca cambiano così velocemente e gli strumenti di ricerca delle parole chiave non sono aggiornati?
1# Consultare Google Trends per fare SEO durante Covid-19
Google Trends è il primo strumento da consultare nel caso si vogliano comprendere i cambiamenti nel comportamento di ricerca e capire quali argomenti sfruttare per la creazione di contenuti, in quanto è in grado di raccogliere dati in tempo reale.
Per identificare le tendenze emergenti, è necessario pensare alla propria attività e quali potrebbero essere le parole chiave essenziali in grado di darle visibilità. Ad esempio, chi possiede un ristorante, ed in questo momento sta effettuando consegne a domicilio, dovrà spostare l’attenzione da parole chiave come “ristorante + città”, “ristorante vicino a me”, a keywords quali “consegna domicilio + città”.
2# Monitorare Search Console e la ricerca interna del sito
Altri due strumenti da monitorare per comprendere le ricerche dei propri utenti sono il rendimento della Google Search Console e i risultati della ricerca interna del sito.
Nei momenti in cui la domanda cambia fortemente, infatti, si possono notare dei cambiamenti sulle singole query effettuate. Integrando questi dati, con quelli rilevati da Google Analytics è anche possibile identificare quali pagine hanno registrato un maggior numero di visite e quali, invece, hanno avuto un tasso di rimbalzo più alto. In quest’ultimo caso potrebbe essere necessario rivedere la strategia SEO implementata.
3# Testare l’usabilità del sito
Altri strumenti utili possono essere Hotjar, Google Tag Manager e Google Optimize. Se è stato impostato il tracciamento delle mappe di calore, si possono ricavare informazioni utili riguardo al comportamento dell’utente sul sito e possono essere messi in evidenza potenziali problemi legati all’usabilità.
Questo è il momento migliore per identificare i punti di attrito nel processo di conversione, fare dei test e intervenire per risolverli! Nel momento in cui la ricerca dei consumatori è spostato sul web è fondamentale garantire che l’esperienza complessiva dell’utente sia positiva. Non si può rischiare di trovarsi su un sito che non è usabile a causa del sovraccarico di utenti, come la piattaforma di spesa online di Carrefour all’inizio della pandemia.
4# Analizzare la concorrenza per migliorare la SEO
In questi anni, a causa di mancanza di tempo, siete rimasti concentrati principalmente sul vostro business, piuttosto che sui siti della concorrenza? Questo può essere un buon momento per fermarsi a fare un’analisi dei propri competitor.
L’ideale sarebbe individuare da 3 a 5 competitors che si performano meglio di noi nella ricerca organica ed individuare: quali sono le parole chiave principali per le quali si posizionano? come sono stati costruiti i contenuti principali? Quali sono i siti da cui ricevono backlink di valore? Hanno attuato delle strategie particolari per contrastare il problema del Coronavirus? Annotare tutti questi feedback potrà essere utile per valutare se ci sono delle migliorie che possono essere applicate subito al proprio contesto, e porre le basi per le prossime eventuali strategie di digital marketing.
E per chi decide di disattivare definitivamente il sito?
Per chi decide di proseguire comunque con la scelta di disattivare completamente il sito, Google dà qualche piccolo suggerimento per cercare di limitare i danni a livello di SEO:
se si ha bisogno di disattivare urgentemente il sito per 1 o 2 giorni, si dovrebbe restituire una pagina di errore HTTP 503, invece di tutti i contenuti (in questo caso fare attenzione a non restituire un codice 503 per il robots.txt);
se si deve disattivare il sito per un periodo di tempo più lungo, sarebbe ideale fornire come risultato una home page indicizzabile con codice di stato HTTP 200, a cui fare redirect 302 temporanei, per mantenere frizzato il posizionamento acquisito;
se si ha bisogno di rimuovere rapidamente tutto il sito dalla ricerca, invece, è possibile bloccare temporaneamente le URL nella Google Search Console (attenzione: questa interruzione ha una durata di circa 6 mesi).
Ovviamente, come già detto in precedenza, questa soluzione è altamente sconsigliata.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/seo-covid-19.jpg599939Monica Brignolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMonica Brignoli2020-04-24 09:55:232020-04-27 17:26:18Perchè non dovresti smettere di fare SEO durante l'emergenza COVID-19
La comunicazione dei brand è cambiata per forza di cose in questo momento particolare, segnata da un motto su tutti: “Stay Home”;
Ecco come i marchi hanno saputo cogliere l’occasione per restare in contatto con il pubblico, comunicando l’invito a rimanere a casa
In tempo di pandemia anche la comunicazione dei vari brand è cambiata. Mai come in questo momento è importante stare vicino ai propri clienti, coloro che fanno parte della nostra community, in modo autentico e coerente con i nostri valori di marca.
Molti marchi hanno risposto in modo differente all’invito a restare a casa, facendosi portavoce di questo messaggio per la salute di tutti.
Facciamo insieme una carrellata per vedere i diversi esempi tra alcuni brand globali e altri italiani.
Nike
Ai marketer non è sicuramente sfuggita la campagna del colosso Nike, che anche questa volta ha dimostrato come fare la differenza. Ha deciso di sensibilizzare il proprio pubblico sull’importanza singole azioni per la comunità.
Nike invita a fare la propria parte in maniera attiva, e fa leva sulle emozioni che ognuno di noi prova quando compete in uno sport: “Se hai sempre voluto giocare per milioni di persone, ora hai la tua possibilità! Gioca in casa, gioca per il mondo”.
Un messaggio sicuramente riuscito, coerente con i valori del brand, in cui la community di sportivi si è potuta riconoscere al 100%.
Audi ha deciso di proporre una comunicazione innovativa e diversa dal solito, arrivando a modificare il proprio marchio e a lanciare il messaggio: “Keep your distance. Stay together.”
Questa volta non si parla di restare a casa, ma vogliamo comunque inserire questo esempio di comunicazione in tempi di pandemia e di come un marchio abbia usato il proprio simbolo, gli anelli che costituiscono il proprio logo, per lanciare un messaggio forte e invitare le persone ha rispettare le regole per la salvaguardia di tutti.
Da questo motto lanciato, è partita anche una sfida per coinvolgere tutti gli utenti a condividere idee creative e fantasiose di come si possa stare distanti, ma uniti: la #FourRingsChallenge
McDonald’s, manteniamo la distanza
La famosa catena di fast food McDonald’s lancia anch’essa in modo chiaro il suo messaggio in tempi di Coronavirus e divide i due archi d’oro che compongono il proprio logo. L’importanza della distanza sociale raffigurata con un azione forte e d’impatto visivo.
Ma non solo, il brand ha anche lanciato una campagna con cui offre pasti gratuiti agli operatori sanitari, i “Thank you Meals”.
Ceres, ognuno deve fare la sua parte
Passiamo ad un marchio danese che spesso portiamo ad esempio e che a livello di comunicazione sui social media, sa coinvolgere la propria community e spesso insegna.
Ceres mantiene il suo tono di voce irriverente e parla il linguaggio del proprio pubblico per invitarlo a stare a casa e seguire quello che più gli interessa comodamente dal divano con una birretta in mano.
Peroni, restiamo a casa insieme
Il marchio italiano Peroni si rivolge ad un pubblico diverso con un tono di voce ed un linguaggio differenti, per questa birra che entra nelle case degli italiani dal 1846.
Fa leva sulle emozioni ricordando i momenti importanti in cui a birra Peroni è sempre stata con noi, e ancora una volta ci ricorda che lo sarà.
Superare insieme la prova con Levissima
Da Levissima arriva un incoraggiamento a stare a casa che utilizza una metafora legata alla fatica che proviamo nell’impresa sportiva: quella che stiamo affrontando è una prova faticosa proprio come scalare una montagna e raggiungere una cima insieme.
Rinvia al sito del Ministero della Salute dove conoscere i comportamenti corretti da adottare.
Bianchi, la sfida più importante
Un altro storico marchio italiano si avvicina ai propri utenti che condividono i valori del ciclismo, uno di questi è sicuramente lo spirito di squadra.
Questa volta viene chiesto di pedalare a casa, ma ancora una volta di pedalare tutti insieme per una sfida comune, la più importante.
OVS: insieme si vince, restando a casa
Passiamo ad un marchio di abbigliamento sempre italiano, insieme all’invito a rimanere a casa, arriva anche una digitalchallenge “Insieme si vince. Restando a casa.”
OVS lancia una campagna social per farci sentire più vicini e coinvolge personaggi famosi che fanno da testimonial come la campionessa di sci Federica Brignone e altri. Chiede di inviare volti e messaggi ottimisti con l’hashtag #insiemesivince per contribuire a infondere speranza e fiducia nella forza che possiamo trovare l’un l’altro.
Tanti altri potrebbero essere gli esempi di come i brand hanno risposto all’invito di restare a casa, passiamo la palla a voi, per menzionarne altri interessanti.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/nike-2.jpg490898Michela Fenilihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMichela Fenili2020-04-23 17:55:542020-04-25 15:32:05#StayHome: ecco come i brand ci hanno invitati a restare a casa durante la pandemia
Ci troviamo in uno dei periodi più complicati della storia moderna.
Le distanze sociali hanno ampliato negli ultimi mesi ancora di più l’utilizzo dei social network tra cui Instagram, che in questo periodo è stato protagonista di un incremento dell’utilizzo delle live e dei contenuti video su IGTV.
E allora visto che di tempo ne abbiamo in abbondanza, concedersi qualche minuto per conoscere le nuove funzionalità introdotte da Instagram è un’ottima scelta, soprattutto perché abbiamo l’occasione di riflettere in maniera più approfondita su come utilizzarle.
Andiamo quindi a scoprire insieme le novità più interessanti delle ultime settimane.
Instagram supporta le piccole aziende locali
È un periodo complicatissimo per le piccole imprese locali come ristoranti e negozi di città.
Per questo Instagram sta pensando di supportarle inserendo degli sticker da utilizzare nelle stories che permetteranno di effettuare ordini di cibo, raccogliere fondi e vendere gift card attraverso partner di terze parti. Inoltre potranno mostrare queste attività tramite dei pulsanti ad hoc sul proprio profilo per raccogliere offerte in denaro in questo momento di particolare difficoltà.
Attualmente l’aggiornamento è partito negli Stati Uniti e in Canada e sarà presto diffuso a livello globale.
Instagram introduce la monetizzazione dei video di IGTV
È notizia di qualche settimana fa quella secondo cui Instagram ha iniziato ad invitare alcuni dei creator più influenti al mondo a testare il programma per la montizzazione dei contenuti video contenuti su IGTV.
IGTV sta iniziando a prendere piede e la capacità da parte di influencer e creator, di monetizzare i loro contenuti video diventa una grandissima opportunità.
Questo potrebbe portare ad un crescente numero di utenti che dedicheranno più tempo alla piattaforma e a convogliare i loro utenti all’interno di IGTV.
Secondo quanto riportato su Bloomberg il programma di monetizzazione dovrebbe funzionare come quello di YouTube, in cui i creator guadagnano il 55% delle entrate grazie alle pause pubblicitarie inserite all’interno dei contenuti.
Condividere i video live sulle IGTV
Altra interessantissima novità che sta testando Instagram è la funzionalità che consente agli utenti di condividere i propri live streaming direttamente su IGTV non appena la trasmissione è terminata. Una funzione straordinaria considerando che questi contenuti hanno l’opportunità di continuare ad avere visibilità anche dopo il termine della diretta.
Oltre a condividerli su IGTV i contenuti possono essere poi facilmente organizzabili in serie di contenuti e promuoverli anche nel post diretta per aumentare interazioni, visualizzazioni e feedback.
Uno dei desideri degli instagramersfinalmente diventa realtà: la possibilità di rispondere ai direct message di Instagram direttamente da desktop.
È infatti ora attiva in tutto il mondo la risposta ai DM di Instagram dal desktop e potremo finalmente abbandonare il piccolo schermo e rispondere ai nostri clienti da pc.
L’esperienza dei messaggi diretti da desktop è praticamente identica a quella sui dispositivi mobili.
Per accedere, basta andare sul proprio feed dal sito web di Instagram e toccare il pulsante DM nella parte superiore dello schermo. Da qui, possiamo visualizzare tutta la posta in arrivo, avviare messaggi uno a uno e chat di gruppo, inviare foto (ma non acquisirle), fare doppio clic per mettere mi piace ai messaggi e altro ancora.
È possibile anche condividere post, storie di Instagram e video IGTV come messaggio diretto. Basta toccare il pulsante DM sotto il post o la storia che vogliamo condividere.
In arrivo il pop up dei nuovi post pubblicati
Se il tuo profilo Instagram sta da diverso tempo lottando con un calo drastico del coinvolgimento, pare stia che sia in arrivo una nuova funzionalità che potrebbe ridurre in parte questo problema.
Instagram sta testando, come ha evidenziato anche TechCrunch, un pop-up che verrà visualizzato nel feed principale di un utente, avvisandoci quando ci sono dei nuovi post e dando loro l’opportunità di cliccare per andarlo a scoprire ed interagire con lo stesso.
Uno strumento di grande importanza per i profili che hanno visto un calo drastico dell’engagment.
Tra gli ultimi aggiornamenti pubblicati su Instagram nei giorni scorsi, l’introduzione dell’adesivo “Grazie” da poter inserire nelle proprie stories.
A cosa serve? Tendenzialmente è un adesivo che permette di mostrare la nostra gratitudine per tutto ciò che ci sta aiutando in questo periodo difficile: parenti e amici che ci stanno vicino attraverso chiamate e videochat, un pomeriggio passato ai fornelli, il nostro work-out preferito, una serie TV. Insomma tutto ciò che sta alleggerendo le nostre giornate in casa.
Basterà inserirlo dalla sezione relativa agli sticker. Il suo scopo è quello di aggregare in un’unica storia tutte quelle degli utenti che seguiamo e che lo stanno utilizzando.
La storia collettiva comparirà nella barra delle storie di Instagram come prima voce a partire dalle 19 (ora locale) di ogni giorno.
Instagram lancia la nuova funzione di Co-Watching
Altro significativo aggiornamennto in questi giorni in cui gli utenti si connettono sempre di più in videochat con amici e famigliari è il lancio di Co-Watching.
La funzione permette agli utenti connessi in videochat di gruppo su Instagram di condividere contenuti con il gruppo visualizzando i post che ci interessano insieme ai nostri amici tramite la chat video.
Puoi avviare una chat video toccando l’icona nella Posta in arrivo in diretta o in un thread diretto esistente, quindi visualizza le foto / i video salvati, piaciuti e suggeriti toccando l’icona della foto nell’angolo in basso a sinistra in una chat video in corso.
La nuova funzionalità essenzialmente consente di creare un elenco di contenuti da discutere nella nostra chat, apprezzando o salvando i post che riteniamo pertinenti, a cui si può poi accedere in-stream.
Un modo in questo periodo di distanziamento sociale, per condividere opinioni, sensazioni e contenuti anche a distanza in live chat.
Il COVID-19, come abbiamo potuto vedere anche dagli ultimi aggiornamenti di Instagram, sta cambiando anche il modo in cui utilizziamo i social e Instagram. La piattaforma ha deciso di assecondare questi cambiamenti introducendo funzionalità che aiutano ad alleggerire questo periodo e a diminuire le distanze sociali.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/instagram-novità.jpg618946Emanuele Loiaconohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEmanuele Loiacono2020-04-23 11:10:412020-04-27 17:26:30Tutte le ultime novità introdotte da Instagram che non puoi non conoscere
A dicembre 2019 è stato presentato L’European Green Deal, una strategia di crescita economica sostenibile
L’Unione Europea mette a disposizione 1000 miliardi di euro per una transizione green dell’Europa e nuove opportunità di lavoro e investimenti per cittadini e imprese
Ma qual è oggi il collegamento tra emergenza sanitaria ed emergenza climatica?
Dicembre 2019. La Presidente della commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, presenta ufficialmente il nuovo piano verde europeo, l’European Green Deal. Una strategia di crescita economica a favore dell’ambiente con l’obiettivo di trasformare l’UE nel primo territorio a zero emissioni di gas entro il 2050.
L’European Green Deal è la risposta concreta che l’Unione Europea mette in atto per fronteggiare i disastri climatici degli ultimi anni. La grande opportunità per gli stati è che ci saranno molti investimenti e ammodernamenti nelle infrastrutture, incentivi a progetti e startup green.
Il piano è davvero molto ambizioso, con l’obiettivo di includere tutti gli stati nel programma, anche quelli con economie più deboli, non lasciando nessuno indietro. Già qualcuno allora si chiede se l’Europa sarà pronta economicamente per l’European Green Deal, soprattutto oggi che sta fronteggiando l’emergenza sanitaria.
Nei prossimi paragrafi riepilogheremo l’European Green Deal, dalle iniziative dell’Europa per l’economia verde, alle opportunità e difficoltà di attuazione. Guarderemo infine al clima con gli occhi dell’emergenza sanitaria, analizzando il collegamento tra pandemia e alterazione degli ecosistemi secondo una recente report di WWF Italia.
L’European Green Deal spiegato in maniera semplice
Prima di addentrarci nelle iniziative verdi dell’Europa un breve recap dell’European Green Deal.
Si tratta di una strategia di crescita per trasformare l’UE in una società equa e prospera, migliorando la qualità della vita delle generazioni attuali e future, con un’economia moderna, efficiente nell’impiego delle risorse e competitiva.
L’obiettivo è azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050 e arrivare a questo importante cambiamento non lasciando nessuno indietro. Altri obiettivi sono garantire che la transizione verso la neutralità climatica sia irreversibile e offra prevedibilità agli investitori e agli altri attori economici. Per raggiungere l’obiettivo, l’Unione europea mette in campo 1000 miliardi di euro e una tabella di marcia serrata con azioni e monitoraggi periodici dei progressi.
In sostanza quindi l’European Green Deal corrisponde a un piano di crescita economica sostenibile per l’Europa.
Tra le tappe importanti di questo percorso presentato ufficialmente lo scorso dicembre 2019:
marzo 2020. Proposta di legge, alla quale hanno risposto positivamente tutti gli stati tranne la Polonia. Ogni cittadino europeo può inviare il suo feedback online alla proposta entro il 1 maggio;
marzo 2020. Patto climatico europeo. L’Unione Europea apre una consultazione pubblica online a cui tutti possono partecipare fino al 27 maggio, per esprimersi e progettare nuove azioni per il clima, condividere informazioni, avviare attività di base e proporre soluzioni che possono essere adottate anche da altri;
marzo 2020. Adozione di strategia industriale. Interessante il documento dedicato alle PMI;
Secondo un report di Green Italy, nel 2018 in Italia oltre 3,1 milioni di persone svolgevano lavori nella green economy (con un aumento del 3,4% rispetto il 2017) e 432 mila aziende negli ultimi 5 anni hanno investito in questo senso. Nel 2019, il numero di contratti di attivazione prevista dalle imprese per i green job è pari a circa 521.747 unità.
Con l’European Green Deal il numero di nuove professioni e posti di lavoro continuerà ad aumentare. Tra le nuove professioni presentate nel report:
cuoco sostenibile. Colui che presta attenzione ai marchi di qualità, alle produzioni biologiche e a chilometro zero e, soprattutto, ridurre gli sprechi e riciclare al massimo;
esperto in gestione dell’energia (ingegnere energetico). Progetta e gestisce impianti in maniera da ridurre i consumi di materie prime e di energia. I settori di applicazione sono quelli industriale, civile, agricolo e dei trasporti;
promotore edile di materiali sostenibili. Il suo ruolo è prevalentemente di consulenza e di supporto tecnico per favorire un corretto ed esteso utilizzo di materiali edili naturali, nelle applicazioni di tecnologie e tecniche costruttive per la riqualificazione energetica degli edifici;
meccanico industriale green. Il suo compito è installare o montare in ambito industriale, macchinari di nuova concezione e verificare gli ambiti dove tali impianti dovranno lavorare. In alcuni casi con adeguate specializzazioni la figura può evolvere in quella di un vero e proprio certificatore per il collaudo, la verifica e la certificazione secondo le ambientali dei sistemi installati;
informatico ambientale. Oggi le soluzioni del mercato nel settore della domotica e del cosiddetto “internet delle cose” sono in gran parte dedicate alla gestione di servizi energetici per ottimizzare i consumi. Per questo servono professionalità specializzate. Ma nell’ambito di informatico ambientale ci riferiamo anche al bioinformatico e il geoinformatico. Il primo ricercato nell’ambito della biologia e della genomica, il secondo ricercato per l’applicazione dell’informatica alle scienze geologiche.
Per quanto riguarda fondi e investimenti, come abbiamo detto il Green Deal mette a disposizione 1.000 miliardi di euro per l’economia verde in tutti gli stati. All’Italia andranno circa 400 milioni di euro.
Già sono presenti ad oggi progetti finanziati dall’Europa con questo scopo. L’European green Deal impatterà inoltre tutti i settori, tra i primi edilizia e trasporti.
Nel caso dell’edilizia per esempio si presterà particolare attenzione alla ristrutturazione degli alloggi sociali per aiutare le famiglie che faticano a pagare le bollette energetiche. Per i trasporti si incentiverà il trasporto merci con volume maggiore su rotaia o per vie navigabili. Entro il 2025 l’obiettivo è avere 1 milione di stazioni pubbliche di ricarica e rifornimento per i 13 milioni di veicoli a basse o zero emissioni.
Le difficoltà di attuazione
Un recente articolo di Forbes ha sollevato dei dubbi su quanto l’Unione Europea sia realmente pronta a sostenere il budget dell’European Green Deal.
Soprattutto in termini di controllo e rischi di corruzione, distribuzione equa, quantità di budget destinato alla transizione. L’articolo prende come riferimento eventi recenti per sostenere la tesi:
la scoperta di frode sulle aggiudicazioni dei fondi europei per l’agricoltura, emersa da un’inchiesta condotta dal New York Times, che vede anche l’Italia coinvolta;
l’investimento di 100 milioni di euro per il programma LIFE che finanzierà 10 progetti green per migliorare la qualità di vita dei cittadini preservando il territorio a Cipro, Grecia, Irlanda, Slovacchia, Repubblica Ceca, Spagna e Lettonia;
la protesta sulla votazione contro la mozione di rifiutare una lista di progetti tra cui fino a 55 nuove infrastrutture di gas fossile.
Il direttore di Climate Action Network Europe (CAN Europe), Wendel Trio, sostiene che l’intero budget EU dovrebbe essere destinato alla transizione invece che sovvenzionare ancora i combustibili fossili.
Il collegamento tra alterazione degli ecosistemi naturali e pandemie
Una domanda che è sorta in questi giorni è se l’European Green Deal sarà messo da parte a causa del Covid-19.
Si sta dando oggi priorità all’emergenza sanitaria e per i governi è complesso gestire contemporaneamente anche la crisi climatica. Tuttavia la salvaguardia degli ecosistemi è profondamente legata alla lotta delle pandemie. Quindi, in parole povere, l’European Green Deal e altre azioni a favore dell’ambiente non sono una forma nobile per salvare le generazioni future, ma una misura da adottare urgentemente per salvaguardare anche l’uomo di oggi e prevenire le pandemie.
Un report del WWF Italia, ci spiega proprio l’effetto boomerang delle nostre azioni sugli ecosistemi e la biodiversità e le conseguenze che queste hanno sulla diffusione di alcune malattie e quindi sulla salute pubblica, fino alle condizioni socio-economiche delle nostre società.
Negli ultimi anni sono aumentate in modo preoccupante le zoonosi, cioè malattie trasmesse all’uomo dagli animali, tra cui probabilmente c’è anche il Covid-19. Le zoonosi come malattie emergenti sono quelle che compaiono per la prima volta in una certa popolazione, o sono quelle che erano già presenti ma sono in rapido aumento per numero di casi o diffusione geografica.
Le zoonosi, tra cui HIV, MERS, SARS hanno un impatto importante sulla salute dell’uomo e sui sistemi sociali ed economici. Per esempio la SARS comparsa in Cina nel 2002 e trasmessa dai Chirotteri alle Civette delle Palme e successivamente all’uomo, ha provocato 774 vittime con un impatto economico di 40 miliardi.
L’aumento di malattie infettive emergenti secondo gli scienziati è causato dalla perdita di habitat, dalla creazione di ambienti artificiali, la manipolazione e il commercio di animali selvatici e più in generale la distruzione della biodiversità.
La resilienza della natura
Lasciare da parte la lotta al cambiamento climatico e le iniziative verdi per fronteggiare l’emergenza sanitaria è come curare i sintomi di una malattia senza risalire alle cause. L’Europa ha già fatto grandi passi sulla sostenibilità, riducendo del 23% le emissioni di gas rispetto al 1990.
Siamo consapevoli anche che l’Unione Europea è una parte del mondo e da sola non può salvarlo, ma dimostrando che prosperità non significa distruzione della natura e scoraggiando il commercio di altri Paesi che perseguono politiche ad alto impatto ambientale, può con il tempo dare via a un cambiamento globale.
Chernobyl, Pripyat, Ukraine
In questi giorni di quarantena stiamo vedendo i canali di Venezia di nuovo puliti, l’aria meno inquinata, gli animali selvatici camminare indisturbati tra le strade. Nel momento in cui stacchiamo la spina, la natura è pronta a rinascere, perfino lì dove sembrava che non ci sarebbe stata mai più la vita. Davvero vogliamo ancora chiudere gli occhi?
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/europe.jpg9971500Silvia Di Gennarohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngSilvia Di Gennaro2020-04-22 15:35:442020-04-23 11:13:16Dopo il Coronavirus, l'European Green Deal sarà ancora una priorità?
Bezos vuole investire in soluzioni innovative per proteggere il pianeta dai cambiamenti climatici
Il Bezos Earth Fund riceverà i primi finanziamenti a breve. La cifra totale stimata per ridurre le emissioni è pari a 50 trilioni di dollari
Resta da capire se gli sforzi congiunti, avviati dal CEO di Amazon, possano funzionare
Ha deciso di schierarsi apertamente nel contrasto all’emergenza climatica. Complice, forse, l’allarme globale per il Covid-19, Jeff Bezos ha compreso l’importanza di un pianeta in buona salute e dell’ecosostenibilità. Così, attraverso un post su Instagram, il CEO di Amazon ha annunciato che investirà 10 miliardi di dollari nel Bezos Earth Fund per “finanziare scienziati, attivisti, ONG” e altri esperti in un’operazione coordinata.
Lo scopo è contrastare il cambiamento climatico e proteggere l’ambiente. Questa, forse, è la prima volta che Jeff Bezos pone l’accento così decisamente sulla sua filantropia. Preoccupato per le epidemie, per il mondo stesso in cui viviamo e che stiamo “calpestando” nel modo più sbagliato, provocando conseguenze indirette sull’umanità? Forse, piuttosto, sta cercando di dare un contributo per arginare i fattori che mettono a rischio tanto l’economia, quanto il nostro pianeta e i vari ecosistemi.
“Il cambiamento climatico è la più grande minaccia per il nostro pianeta“, ha dichiarato Bezos nel post pubblicato su Instagram. “Voglio lavorare con gli altri sia per ampliare gli strumenti noti, sia per esplorare nuove modalità per contrastare il devastante impatto del cambiamento climatico sul nostro Pianeta che noi tutti condividiamo”.
In passato, a Bezos era stato contestato un minore interessamento alle organizzazioni umanitarie o senza scopo di lucro, al contrario di altri investitori. Ironia della sorte, l’annuncio arriva in un momento di difficoltà a livello globale, che non ha tardato a risvegliare l’attenzione degli uomini più ricchi del pianeta.
Il Bezos Earth Fund dovrebbe ricevere le prime sovvenzioni durante l’estate. Inizialmente, il CEO investirà 10 miliardi di dollari, dal 7 all’8% delle sue finanze. Ma la vera domanda è: i suoi soldi possono davvero salvare il mondo dall’inquinamento?
Salvare la Terra, esplorare lo spazio
Con un patrimonio netto di circa 104 miliardi di dollari, erogare una parte dei suoi proventi a scopo benefico non sarebbe un problema, viste le spese effettuate negli ultimi anni. Nell’immediato, il miliardario potrà dare un contributo significativo agli sforzi di mitigazione, adattamento e costruzione di economie resilienti. L’Earth Fund darà l’avvio alle proprie attività in 5 step.
1. Riduzione delle emissioni di carbonio
Nonostante il ritiro formale degli USA dall’accordo di Parigi, il fondo può essere utile agli sforzi per superare le sfide politiche nel favorire il passaggio verso basse emissioni di carbonio, perché gli Stati Uniti producono buona parte delle emissioni inquinanti a livello globale.
Così, Bezos avrà l’opportunità di creare un influente fondo politico per contrastare l’industria dei combustibili fossili. Rimodellare le politiche economiche per scoraggiare le emissioni di carbonio sarà cruciale per il futuro. Ma la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio dovrebbe anche garantire di essere giusta ed equa. Pertanto, una parte considerevole del fondo dovrebbe essere destinata ad aiutare le regioni in via di sviluppo a compiere questa transizione. Un’accelerazione di comune accordo sulle politiche green per la diffusione di tecnologie più pulite avrà un impatto maggiore.
2. Innovazione e tecnologia
Il fondo dovrebbe ridurre significativamente i costi e rendere disponibili le tecnologie energetiche pulite già esistenti. Dirigere gli investimenti per ricerche verso soluzioni innovative e tecnologiche, generalmente molto costose, aiuterebbe a sviluppare soluzioni o a conoscere i rischi connessi al dispiegamento di queste nuove tecnologie.
3. Nuovi modelli di business
Amazon ha affrontato un grave contraccolpo per il suo impatto sulle emissioni di carbonio e l’inquinamento causato da spedizioni, imballaggi e data center. Anche se impegnata a potenziare le sue strutture globali con energia rinnovabile al 100% entro il 2030, e a ridurre drasticamente le emissioni di carbonio entro il 2040, un’azienda di queste dimensioni potrebbe fare molto altro.
L’uso di una parte del fondo per avviare una filiera green globale potrebbe contribuire alla definizione di un modello replicabile da altre aziende.
4. Mobilitare il sostegno comune
Il fondo dovrebbe investire in ricerca, analisi e risorse nei paesi che hanno ridotto gli impegni a favore del clima, e che possono aiutare a superare le sfide per raggiungere emissioni nette pari a zero.
Segnalare gli impatti locali dei cambiamenti climatici e aiutare i media a contrastare la disinformazione aiuterebbe a costruire un supporto universale per l’azione a favore il clima.
5. Infrastruttura “resiliente”
A fronte di eventi meteorologici estremi indotti dall’inquinamento, sempre più dannoso, ha senso investire una quantità considerevole nella costruzione o nell’adeguamento di infrastrutture di vario tipo. Il vantaggio della resilienza climatica è ideale per le aziende come Amazon che, ad esempio, contribuiranno a potenziare le reti logistiche per le consegne dei pacchi.
Altre spese incredibili
Come molti imprenditori miliardari, il CEO di Amazon investe costantemente in centinaia di aziende e startup, ed è stato tra i primi azionisti di Google. Nel 1998 ha investito 250mila dollari sul motore di ricerca, e oggi ne ricava milioni.
Gran parte del suo patrimonio è stato già reinvestito in Blue Origin, la società di voli spaziali per cui sono previste missioni con equipaggio. Nel 2012 ha finanziato le operazioni di recupero dei motori del razzo che nel 1969 portò l’uomo sulla Luna, inabissati nell’Oceano Atlantico.
E per quanto riguarda la distribuzione dei fondi del Bezos Earth Fund, un’altra ipotesi su come potrebbero essere impiegati arriva da nbcnews: “Bezos afferma che questa estate il denaro inizierà ad essere erogato sotto forma di sovvenzioni a scienziati, attivisti e gruppi no profit per qualsiasi sforzo che offra una reale possibilità di aiutare a preservare e proteggere il mondo naturale. È quasi una controtendenza per il miliardario, che una volta dichiarò: ‘l’unico modo in cui posso concepire la distribuzione di questa grande risorsa finanziaria è convertire i successi riportati da Amazon in viaggi nello spazio'”.
Non mancano anche gli imprenditori italiani che fanno sentire la propria partecipazione per gli sforzi attuati a beneficio dell’ecosistema. Brunello Cucinelli, imprenditore umbro, ha risposto a Bezos con una corrispondenza di amicizia e stima, essendo unito all’iniziativa dall’amore per la Terra e dalla volontà di fare sforzi concreti per salvarla.
AncheBill Gates, il secondo uomo più ricco al mondo, ha destinato gran parte del suo patrimonio alle iniziative di beneficenza ma, probabilmente, Bezos oggi è “primo” perché non l’aveva ancora fatto allo stesso modo.
Eppure, l’iniziativa del CEO di Amazon, per quanto largamente provvisto di capitali, non basterà da solo a contenere l’emergenza climatica. Come già avvenuto in precedenza, è con l’unione di forze e risorse condivise che si può sperare di rimediare ai danni, altrettanto pandemici, di cui l’ecosistema ci sta restituendo il conto.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/Bezos-Earth-Fund.jpg5121024Maria Cristina Folinohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMaria Cristina Folino2020-04-22 12:18:222020-04-22 21:48:22Bezos Earth Fund: quali problemi vuole affrontare il CEO di Amazon investendo sull'ambiente
Il Coronavirus ha mutato le nostre abitudini di acquisto e di intrattenimento, spostando l’asse verso il canale di accesso più semplice, internet
Sia nel suo aspetto ludico che informativo, quello dei contenuti multimediali è un trend oggi ancora più in crescita
Chiamarle “abitudini di acquisto” suona di sconfitta, tuttavia la parola corretta è proprio questa. La quarantena – spesso, ahinoi – è per alcuni una forma di vero e proprio auto-isolamento che ha mutato anche le convenzioni di approvvigionamento e di intrattenimento, spostando l’asse (già ben rodato e utilizzato) attraverso il canale di accesso più semplice e immateriale: internet e i suoi molteplici touchpoint.
Secondo l’Agenda Digitale gli operatori della filiera del commercio elettronico hanno registrato una crescita imprevista della domanda a seguito dei diversi decreti sul Coronavirus, anche da parte di consumatori non abituali, solitamente restii all’acquisto e ai pagamenti online, aumentando così il livello di difficoltà e organizzazione dell’intero sistema di logistica e consegne.
Ma facciamo un passo indietro e vediamo cosa sta cambiando.
Una ricerca di GFK fa registrare una preoccupazione crescente, soprattutto da parte delle donne. A fronte di una ovvia e necessaria riduzione della mobilità, il consumo di contenuti è cresciuto a dismisura.
La ricerca mostra inoltre che cresce l’attenzione per la cura personale e l’alimentazione intesa come strumento di benessere. Resiste la voglia di vacanze, nonostante le preoccupazioni del Coronavirus; gli italiani, infatti, continuano a guardare alle vacanze estive come possibile “risarcimento” per l’attuale momento di difficoltà.
Veniamo adesso ai dati dei dei singoli punti sopra citati, allo scopo di tirare le somme alla fine di questo approfondimento e capire come i brand dovranno agire per posizionarsi strategicamente rispetto alle nuove abitudini di acquisto.
Le donne sono più preoccupate degli uomini: se in generale gli italiani sembrano ancora preoccuparsi soprattutto per la situazione economica e per la futura difficoltà – del tutto verosimile – di uscire da questa fase difficile, il 47% delle donne intervistate dichiara di essere molto preoccupata per il diffondersi di nuove malattie (il 17% in più rispetto agli uomini).
Le donne sembrano essersi rese conto per prime della gravità della situazione, tanto da aver modificato le proprie abitudini di consumo prima dell’entrata in vigore delle misure restrittive alla circolazione, riducendo o in molti casi smettendo di frequentare centri commerciali e negozi.
Mobilità privata
Cresce la percentuale di persone che a causa delle restrizione utilizza la propria auto privata a discapito dei mezzi di trasporto pubblico. La ricerca fa notare come tale cambiamento rischi di ripercuotersi sui futuri comportamenti e abitudini di acquisto degli italiani; infatti i mezzi di trasporto privati potrebbero essere difficili da abbandonare anche al termine dell’emergenza COVID-19.
Ciò che di conseguenza rischia di cambiare è la sensibilità degli italiani in materia di sostenibilità ambientale. Un tema che si è – fortunatamente – fatto strada negli ultimi anni, ma che a causa dell’emergenza rischia di fare diversi passi indietro.
Voglia di contenuti multimediali
Chi non ha assistito ad almeno una diretta o non ha guardato un video del proprio beniamino di turno, scagli la prima pietra. Questa frase sarebbe in grado di riassumere da sola ciò che sta succedendo sui principali social network: da Tit Tok a Instagram, i nostri profili social sono inondati di contenuti più o meno validi da masticare e deglutire tra una siesta e la preparazione di una torta. Oltre all’aspetto ludico dei contenuti multimediali va aggiunto quello dell’informazione, legato chiaramente alle notizie relative al Coronavirus, come questa che state leggendo.
Altro dato scontato è quello relativo alla crescita di iscrizione a questo o quel servizio di streaming a pagamento: Netflix, Prime Video, Disney Plus, su tutti.
Salute e benessere
Cresce la paura e cresce in maniera quasi proporzionale la necessità di una vita all’insegna della salute e del benessere, anche in cucina: in questo periodo gli italiani stanno di più in casa e dedicano più tempo del solito all’igiene personale e alla pulizia/sanificazione della casa e dei vestiti.
Cresce anche l’attenzione all’alimentazione, intesa come strumento per stare bene, in salute – e non tanto come una concessione o una compensazione.
Vacanze
Il passaggio della pasquetta senza la tipica gita fuori porta con annesso pic-nic, ha aggiunto ulteriore valore a questo punto e incrementato la voglia di vacanze, la quale resiste alle preoccupazioni del Coronavirus. Gli italiani continuano a guardare alle vacanze estive come possibile “risarcimento” per l’attuale momento di difficoltà. Una prospettiva importante, anche dal punto di vista psicologico. Il dato andrà monitorato nelle prossime settimane, ma sembra indicare che – qualora la situazione dovesse migliorare – gli italiani sono pronti a rimettersi in movimento.
Questi i punti più centrali della ricerca fatta da GFK sulle abitudini di acquisto, ma quali sono le principali categorie merceologiche che sono uscite quasi incolumi dal tornado COVID-19? Intendiamoci, molte lo sono state per forza di cose. La risposta è pressoché scontata: chi possiede un touchpoint di vendita online (leggi eCommerce).
Il settore Food è senza dubbio quello che ha più ha beneficiato in questo momento di difficoltà. Infatti si registra un vero e proprio boom di vendite online. Il trend è iniziato in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le tre regioni più colpite dal virus.
Con l’arrivo del decreto del 10 marzo – quello sul quale si indicava che tutta l’Italia sarebbe stata obbligata a restare a casa – l’impennata dell’eCommerce di beni di prima necessità ha raggiunto tutto il paese, partendo dai generi alimentari, passando per i farmaci e terminando con i prodotti per la cura della persona.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/abitudini-di-acquisto-covid-19-2.jpg548834Federico Gambinahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFederico Gambina2020-04-22 10:53:592020-04-23 18:03:34Le nuove abitudini di acquisto degli Italiani al tempo del Coronavirus
Il lavoro da remoto in quarantena è una sfida per i tanti dirigenti che non erano preparati o interessati allo smart working (56%)
In un contesto in cui questa modalità di lavoro sembra essere qui per restare, è essenziale un cambio di paradigma, anche in ottica post-Coronavirus
Chi ha ruoli manageriali in azienda di questo periodo non ha certamente vita facile.
Stiamo vivendo uno dei momenti di massima incertezza che probabilmente non ha paragoni in questo secolo, con aziende fino a prima della crisi del Coronavirus in perfetta salute che ora annaspano in cerca di aria. E lo smart working “obbligato” che tutto il Paese sta affrontando, senza la giusta preparazione e pianificazione, non aiuta.
È una grande sfida per tutti, ma soprattutto per chi riveste ruoli dirigenziali. Si parla molto delle difficoltà per i dipendenti, per chi d’improvviso si ritrova a lavorare da casa e a fare i conti con i lati negativi di questa modalità (dato che quelli positivi, a causa della quarantena, è difficile percepirli). E così il web si è riempito di consigli su come sedersi in maniera corretta, come ottimizzare il tempo, come coltivare i rapporti con i colleghi anche a distanza.
Ma per i capi azienda? Soprattutto per quelli che lo smart working non è che fossero proprio in procinto di introdurlo, prima che diventasse l’unico modo per lavorare?
In fondo le statistiche parlano chiaro: nel tessuto aziendale fatto di PMI del nostro Paese, prima di questa crisi, erano ancora pochi i responsabili aziendali interessati ad applicare lo smart working.
Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico, nel 2019 in questa categoria erano ben il 51% le aziende non interessate (con un 4% in più addirittura ignaro del fenomeno). Il motivo? Nel 23% dei casi, mancanza d’interesse e resistenza da parte dei capi.
Sarà interessante vedere, nella prossima edizione di questo report, come saranno cambiati i dati in seguito all’introduzione del Decreto Cura Italia e a tutte le sue conseguenze.
Ma per ora i dati parlano chiaro: questa situazione è “capitata” in maniera passiva, ricadendo nella maggior parte dei casi su aziende in cui lo smart working non era minimamente nei piani; anzi era spesso considerato come qualcosa di negativo, un grosso rischio di perdita di produttività, da evitare quanto più possibile.
Come confermava Methodos, società di consulenza specializzata proprio in questo campo, nell’intervista a Ninja Marketing raccolta in questo articolo, l’introduzione dello smart working richiede tempo e sforzi deliberati, ascolto e analisi, ma soprattuto volontà di farlo con successo.
Tutti elementi che sono mancati in questo frangente, e che pare ovvio ora portino molti dipendenti che lavorano da casa a lamentare, più ancora dei mal di schiena e degli altri “disturbi” da quarantena, la mancanza di comprensione e supporto da parte dei capi.
Che tipo di manager vuoi essere?
Il fatto è che, volontà o meno, interesse o meno, adesso l’opinione personale sullo smart working non conta più.
Non si tratta di poche settimane, visto che la durata del lockdown è stata già raddoppiata. Né di pochi mesi, presumibilmente, visto che è già stato chiaramente spiegato che la chiave per il successo della Fase 2 dell’emergenza Coronavirus si baserà anche sullo smart working.
Adesso non si tratta di fare buon viso a cattivo gioco, ma di imparare a sfruttare questa situazione per migliorare la propria azienda e per migliorarsi come manager. Tutto dipende dalla risposta a una domanda: “che tipo di dirigente vuoi essere?“.
Credo che nessuno che si trovi in posizione di responsabilità pensi a se stesso come a un carceriere, eppure è quello che più spesso finisce per risultare come opinione tra i dipendenti, specialmente per quei dirigenti che basano sul “controllo” la propria idea di successo.
Come ha spiegato Maria Vittoria Mazzarini: “La chiave del successo per lo smart working è la fiducia: avere un rapporto di fiducia con i responsabili, con i team, con i dipendenti, etc. È quella la leva che fa funzionare tutto, ed è una moneta che qualcuno deve giocare per primo”.
Il dipendente, lavorando da casa, si deve impegnare a portare a termine i compiti che gli sono assegnati e a renderne conto ai propri dirigenti. Ma dall’altra parte? Qual è l’impegno del capo nei confronti delle risorse che dirige?
Deve essere una presa di posizione basata in primis sulla volontà, su un cambio di paradigma: chi lavora non lo fa perché controllato dall’alto come in una prigione, ma perché si sente valorizzato e motivato a farlo. È chiaro che l’approccio deve essere completamente diverso, con responsabili che credono nella buona fede dei dipendenti e dei colleghi e non il contrario.
Ma non si tratta solo di “fiducia incondizionata”: ci sono metodi e strumenti che si possono, anzi, si dovrebbero utilizzare per tenere traccia del lavoro svolto e della produttività personale, anche a distanza. Non sono strumenti “coercitivi” o di controllo remoto, come quello di registrare lo schermo del computer a distanza, ma tool e approcci di project management che sono stati definiti e implementati appositamente per questo.
Una gestione dei compiti e delle attività ben definita, basata sulla verifica del raggiungimento degli obiettivi e non sul numero di ore di lavoro (che tra l’altro finiscono spesso per essere di più, quando si lavora in smart working e gli orari d’ufficio sfumano).
Utilizzare strumenti come Trello o Asana per tenere traccia delle attività poteva sembrare un simpatico escamotage all’inizio della quarantena, ma in un’ottica di mantenimento di lungo termine di questa modalità di lavoro e della produttività necessaria, diventa indispensabile.
Ed è il capo il primo a doversi fare paladino di questa modalità di lavoro, perché essa possa aver successo. Incoraggiare l’uso di questi strumenti, provandoli e mettendoli in pratica, perché è appunto lui/lei che ha la vision necessaria per sceglierli.
Allo stesso tempo, il rischio dello smart working, soprattutto se il management non lo sposa completamente, è quello di creare un senso di distanza sociale incolmabile, che finisce per rendere meno efficaci le comunicazioni e forzate le interazioni.
Compito dei dirigenti invece, anche qui, è riuscire a ricreare le dinamiche sociali dell’ufficio al di fuori di esso, grazie agli strumenti di comunicazione remota quali le videochiamate. Dinamiche che faccia a faccia possono essere spontanee, come le chiacchiere davanti alla macchinetta del caffè da cui spesso nascono le migliori idee, ora dovrebbero essere introdotte volontariamente.
Non solo riunioni “produttive”, quindi. Pranzi o pause caffè social davanti alla webcam, canali di interazione libera su Slack dove si incoraggi la condivisione della vita quotidiana, comunicazioni leggere e “off-topic” sono linfa vitale per il senso di appartenenza e di partecipazione in azienda, quando queste diventano interamente dipendenti da un computer.
Esistono (quasi) più strumenti che necessità quando si parla di smart working, e se la parte difficile è trovare quelli che più si addicono alla singola realtà aziendale, la buona notizia è che sicuramente esistono. E probabilmente in questo periodo, grazie alla piattaforma Solidarietà Digitale, possono anche essere gratuiti o comunque fortemente scontati.
La vera sfida dello smart working è il post-Coronavirus
Quel che è certo è che le aziende dovranno ragionare su come rendere lo smart working uno strumento davvero efficace, e non ‘di riserva’, per non trovarsi impreparati di fronte a probabili altri periodi di isolamento, che secondo gli esperti seguiranno anche in futuro.
Per farlo, è necessario creare un’organizzazione e una cultura aziendale che non “capita”, ma che anzi si deve implementare volontariamente e consapevolmente con cambiamenti e sforzi specifici.
“La sfida futura per le aziende – secondo Simone Colombo, HR fractional ed esperto di direzione del personale in outsourcing – sarà quella di riuscire ad avere un sistema di gestione che definisca gli obiettivi per ogni area di lavoro e riesca a misurarli, ora che nella misurazione manca la variabile tempo e spazio e soprattutto non è possibile indire riunioni o verifiche quando si vuole, lasciando il lavoratore libero (ma al contempo solo) di autodeterminare la propria attività”.
È una sfida per i dipendenti, che dovranno imparare ad essere molto più autonomi e focalizzati, ricreando a casa le condizioni lavorative che li rendono efficaci in ufficio, con orari, abitudini e attività specifiche.
Ma è una sfida soprattutto per i manager e i responsabili, che si trovano praticamente costretti a rivedere il proprio stile di leadership. Continuare a fare muro contribuirà solo alla creazione di una cultura del lavoro sbagliata e controproducente, che nel lungo termine farà più danno che altro a qualsiasi organizzazione.
La chiave di volta, in questa situazione, è una sola: abbracciare il cambiamento invece di opporvisi, e trasformare questo periodo di crisi in una grande opportunità, una vera e propria scuola di management e leadership.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/serious-man-leaning-on-metal-hand-rails-3760239.jpg426640Ilaria Cazziolhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngIlaria Cazziol2020-04-21 17:05:542020-04-22 21:47:38La vera sfida del lavoro da remoto? È per i dirigenti
L’Accademia Internazionale delle Arti e delle Scienze Digitali (IADAS) – l’organismo che presenta i Webby Awards internazionali e il suo programma gemello The Lovie Awards – ha annunciato l’apertura ufficiale del 10° Bando annuale dei Lovie Awards. I creatori di tutta Europa possono presentare i loro lavori su siti web, pubblicità, video, app, mobile e voce, podcast e social su lovieawards.eu fino al 24 aprile.
Lovie Awards è l’unica organizzazione di premi paneuropea ad onorare l’eccellenza dell’Internet europeo. I finalisti saranno annunciati a settembre 2020 e i vincitori a ottobre 2020, seguiti da una celebrazione a novembre 2020 a Londra.
Tra i partner e sponsor dell’evento Google, WP Engine, Social Media Week, The Dots, CreativePool, Dutch Digital Design e Ninja Marketing.
I partecipanti ai Lovie Awards non competono solo per vincere un Lovie Award e il People’s Lovie Award (preferito dai fan), ma anche per consegnare il loro discorso e seguire le orme dei vincitori dello scorso anno.
Il 10° Bando annuale introduce una serie di nuove categorie che mirano a riconoscere il lavoro in tutto lo spettro digitale, includendo:
Una nuovissima suite per i Podcast con categorie ampliate come Documentario, Business, Intervista/Talk Show, Arte e Spettacolo e altro ancora.
Nuove categorie in Pubblicità, come Campagna per il Miglior Uso dei Media
Categorie dedicate alla diversità e all’inclusione tra i vari tipi di media
Tutti i lavori sono giudicati da più di 500 membri dell’Accademia che rappresentano le migliori e più brillanti menti d’Europa per il digitale, tra cui il musicista Imogen Heap, l’attore e scrittore Stephen Fry, il “Padre del Wi-Fi” Vic Hayes, Anna Rafferty (VP, The LEGO Group) e tanti altri.
Il termine ultimo per l’iscrizione anticipata è il 24 aprile 2020.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/04/lovie-awards-call-for-entries-1.jpg533799Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2020-04-21 16:30:022020-05-04 16:49:52Lovie Awards: la selezione per la decima edizione si chiude il 24 aprile
Questo articolo è stato scritto da Ryan Olohan – Managing Director, Food, Beverage & Restaurants at Google
I ristoranti sono il cuore di molte comunità. Sono il luogo in cui le coppie si godono un appuntamento, le famiglie festeggiano i compleanni, i team di lavoro si riuniscono per il pranzo dopo un successo. E mentre il mondo è alle prese con il COVID-19, sia le catene che i ristoranti indipendenti si stanno rapidamente attrezzando per trovare nuovi modi di servire le loro comunità.
Ryan Olohan, Managing Director, Food, Beverage & Restaurants di Google, racconta la sua esperienza come ristoratore che sta vivendo personalmente questa crisi: “Mia moglie ed io abbiamo aperto Seven Scoops & Sips nel 2019, e doniamo una parte dei nostri guadagni a cause meritevoli. Prima di COVID-19, il negozio era pieno ogni sera perché la gente sapeva che l’acquisto di un gelato, o di un caffè aiutava a finanziare le scuole locali e i programmi sportivi, le vittime del cancro, i giovani senzatetto, i bambini bisognosi di Harlem, i villaggi del Kenya e altre cause locali e globali. La crisi è particolarmente dura perché ora tutti i finanziamenti sono stati messi in attesa fino a quando gli affari non potranno riprendere”, ha spiegato in un post su Think with Google.
La pandemia presenta sfide uniche per l’intera industry. E mentre la strada da percorrere dipende da molte variabili, ecco alcune strategie che i ristoranti stanno adottando per supportare i loro clienti in questo momento senza precedenti.
Aiutare i clienti a pianificare
Quando l’incertezza è al primo posto, la gente cerca informazioni di cui può fidarsi. Questo è ancora più evidente quando si tratta di opzioni alimentari accessibili e disponibili nelle vicinanze. L’interesse per la ricerca “Take away” è aumentato del 285% dall’inizio di marzo. Essere lì per aiutare le persone a vivere in questa nuova normalità con informazioni aggiornate e pertinenti può fare la differenza.
Comunicare in modo proattivo i cambiamenti che riguardano il proprio ristorante attraverso i canali a contatto con i clienti è fondamentale per aiutare le persone a pianificare e a prepararsi. Aggiornare il profilo aziendale su Google è un modo per farlo. Gli aggiornamenti sul profilo e sulla posizione, come le modifiche degli orari del ristorante, comprese le chiusure temporanee o gli orari modificati, appariranno anche su Google Search e Google Maps. E, in un momento in cui le persone stanno valutando ciò che meglio si adatta alle loro esigenze, fornire informazioni puntuali (ad esempio se si sta offrendo servizio da asporto o la consegna a domicilio) è un modo per aiutare gli utenti a decidere cosa è giusto per loro.
Comunicare efficacemente le soluzioni di asporto e consegna a domicilio
Negli ultimi cinque anni, le attività che troviamo nella ricerca“ristoranti vicino a me” sono stati costantemente classificati come la ricerca “vicino a me” più popolare. Ma il comportamento dei consumatori è cambiato. L’attenzione si è spostata su soluzioni alternative per i pasti. Nelle ultime tre settimane è stato registrato un aumento dell’interesse dei consumatori per la “consegna” come risultato delle campagne di distanziamento sociale; l’interesse della ricerca per le domande relative alla “consegna del cibo” è aumentato del 100%.
Fonte: Google Trends, Stati Uniti, 1 marzo 2020-24 marzo 2020
Informare le persone sulle alternative a loro disposizione per i pasti aiuta i clienti e i dipendenti a rimanere al sicuro durante i periodi di lockdown. E soluzioni come le campagne locali possono aiutare a personalizzare la comunicazione del ristorante in modo da includere solo le località in cui si offrono le opzioni di consegna a domicilio.
Rassicurare sulla sicurezza dei ristoranti e sulle misure igienico-sanitarie
Oggi più che mai, quando si sceglie dove e cosa mangiare, la sicurezza è fondamentale. Infatti, l’interesse per la ricerca di “è sicura la consegna degli alimenti” è aumentato del 650% negli Stati Uniti dall’inizio di marzo. Rassicurare i clienti che capiscono le preoccupazioni per la sicurezza e che stanno prendendo misure importanti per affrontare la situazione attuale è fondamentale.
Queste azioni includono la condivisione degli aggiornamenti sulle nuove implementazioni, come ad esempio l’istituzione di un team dedicato per concentrarsi sulla sicurezza alimentare. Altri esempi possono includere l’applicazione di procedure di pulizia più rigorose, l’aumento della frequenza del lavaggio delle mani tra il personale e l’aggiornamento dei materiali di formazione per i dipendenti.
Inoltre, comunicare la propria politica di congedo per malattia dei dipendenti o affrontare il problema delle assenze per malattia è un altro modo per mostrare come si sta riducendo al minimo la possibilità di mettere a rischio i lavoratori e i clienti.
In questo periodo difficile, l’ultima cosa di cui la gente vuole preoccuparsi sono le opzioni per i pasti. Alleviando queste preoccupazioni con comunicazioni pertinenti e scelte sicure e convenienti, si fornisce una forma di assistenza che tutti ricorderanno e apprezzeranno.
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