La Brand Advocacy è il sostegno incondizionato che i clienti offrono al brand e rappresenta oggi un fattore più importante che mai per la crescita a lungo termine di ogni business ed è raggiungibile attraverso una efficace strategia di Brand Loyalty.
Sono infatti già molti i brand manager e i CEO di tutta Europa a ritenere fondamentale per il business guadagnare e mantenere la fedeltà dei consumatori.
Per sottolinearne l’importanza, Territory Influence ha raccolto alcuni dati da vari brand manager di diversi settori in tutta Europa che mostrano il loro punto di vista su:
cosa la Brand Loyalty significhi per loro e per i loro brand;
ruolo dell’esperienza nel promuovere la fedeltà;
come gli influencer abbiano aiutato i loro brand ad aumentare la fedeltà delle persone.
Dai dati raccolti risulta che:
il 75% dei consumatori è leale ad almeno un brand;
il 60% dei consumatori consiglierebbe i brand a cui è fedele ad amici e parenti.
Ma quando parliamo di brand loyalty cosa intendiamo esattamente? Cosa comporta e come si acquisisce? Vediamolo insieme punto per punto.
Possiamo definire la Brand Loyalty come la tendenza di alcune persone a continuare ad acquistare la stessa marca di prodotti invece che da marchi concorrenti.
I clienti che possono essere ritenuti fedeli al marchio si distinguono poiché ritengono che un determinato marchio rappresenti una qualità e un servizio superiore rispetto a qualsiasi concorrente a dispetto di quale potrebbe essere il prezzo, fattore che perde di importanza alla luce di una acquisita fedeltà al brand.
Per misurare la Brand Loyalty possiamo usare tre elementi o metodologie:
la fidelizzazione del cliente;
il valore della vita del cliente;
sondaggi sulla soddisfazione del cliente.
Ma quali sono gli elementi imprescindibili per fidelizzare i nostri clienti? Vediamolo insieme.
Come si crea una Brand Loyalty strategy efficace
Sono tante le metodologie utili che possono essere impiegate per la creazione della Brand Loyalty.
In questo articolo abbiamo raccolto alcune delle strategie più utilizzate.
Punta sulla qualità
La qualità è la caratteristica principale che un prodotto o servizio deve avere per puntare a creare una brand loyalty.
Potenzia il servizio clienti
Garantire che i clienti ricevano sempre un servizio di assistenza ottimale è un investimento che aumenta il livello di fedeltà al marchio.
Utilizza Brand ambassador
Un ambasciatore del marchio è fondamentale per facilitare il processo di brand loyalty ed è possibile se questo ha una conoscenza approfondita del prodotto o servizio di cui si fa portavoce oltre che una community in target fidelizzata. Si parla in questi casi di influencer.
Crea una community
Creare una comunità online è utile per la promozione dellabrand loyalty e questo vale in qualunque settore.
Perché la Brand Loyalty è importante e quali sono i vantaggi
Il motivo principale per cui la Brand Loyalty è considerata così importante è semplice ed è legato alla redditività del business.
Infatti i dati mostrano come:
il 65% delle entrate nella maggior parte delle aziende proviene da rapporti commerciali ripetuti con i clienti già acquisiti;
i clienti esistenti fedeli ai marchi acquistano il 90% più frequentemente rispetto ai nuovi clienti.
Inoltre un fattore aggiuntivo per cui la brand loyalty è conveniente per il business consiste nel fatto che mantenere il cliente fedele al marchio è un’operazione molto meno costosa rispetto alle strategie di marketing da seguire per attirare nuovi clienti.
Riguardo invece ai vantaggi che si possono avere nell’investire nella brand loyalty possono tradursi in particolar modo in due fattori:
maggiori numero di acquisti ripetuti dagli stessi clienti che percepiscono la marca come migliore rispetto alla concorrenza;
crescita dei ricavi ottenuti dal brand;
ogni consumatore fedele parlerà bene del brand promuovendolo in prima persona;
Come aumentare la Brand Loyalty con l’Influencer Marketing
L’influencer marketing permette più di ogni altra cosa di promuovere un brand costruendo la Brand Loyalty grazie ad una persona che si fa portavoce del brand trasmettendo caratteristiche del servizio o prodotto, ma anche valori dell’azienda e lo fa alla sua community, ovvero un numero significativo di persone che la seguono per un rapporto di fiducia creato.
Per questo motivo è essenziale che il portavoce abbia caratteristiche precise e adatte alla promozione del brand.
Le principali caratteristiche quindi, a cui porre attenzione nella creazione di una influencer marketing strategy possono essere riassunte nella scelta dell’influencer più adatto che dovrebbe avere:
una community fidelizzata;
un target di followers in linea con il brand da promuovere;
una conoscenza o competenza specifica nel prodotto o servizio di cui si fa portavoce.
A poter contare su queste caratteristiche non sono solo i macro influencer, ma anche quelli definiti come nano e micro influencer, ovvero persone seguite sui loro profili social da un numero inferiore di utenti purché questi siano in target con gli argomenti trattati dall’influencer e da quanto offerto dall’azienda di cui questo si fa portavoce.
Questi sono alcuni ma non tutti gli elementi da considerare per la costruzione di una strategia di Influencer Marketing che porti alla costruzione della brand loyalty e conoscere tutti gli elementi è un fattore essenziale per creare una strategia in linea con le aspettative desiderate.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/04/brand-loyalty-territory-influence.jpg436964Ninja Partnerhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngNinja Partner2023-04-26 14:49:282023-04-26 14:49:28Come guadagnare e mantenere la fedeltà dei clienti sul lungo periodo
Il cambiamento climatico, in atto ormai da molto tempo, sta avendo impatti significativi sulle persone, sulle aziende e più in generale, sull’economia.
Da eventi climatici estremi alla mancanza di risorse fino alla povertà crescente, la “salute” del pianeta è in pericolo e gli effetti dello stato di emergenza climatica sono ogni giorno sempre più evidenti.
Secondo l’ultimo reportcondotto dall’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico), il tasso di crescita della temperatura è il più alto mai registrato, così come sono in costante aumento anche l’intensità e la frequenza dei disastri naturali.
Di conseguenza, una rapida transizione ecologica riveste un ruolo importante per molti nella quotidianità.
Nonostante il carovita dettato dal difficile contesto geopolitico e dall’inflazione, la sostenibilità ambientale è fonte di preoccupazione per molti, influenzando direttamente le abitudini d’acquisto.
Il recente Deloitte 2023 CxO Sustainability report mostra che il cambiamento climatico è identificato dalle aziende in tutto il mondo tra le tre principali criticità da tenere in considerazione per il 2023, superando innovazione digitale e talent pipeline.
Il 75% delle realtà rispondenti, inoltre, ha aumentato nel 2022 gli investimenti legati alla sostenibilità ambientale.
Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di aziende ha scelto di promuovere campagne pubblicitarie e implementare policy sostenibili a 360°.
La sostenibilità è sempre più importante per le persone (e per i brand)
In occasione della Giornata Mondiale della Terra, che ricorre annualmente il 22 aprile, Ninja Marketing invita a riflettere sui motivi per cui diventare aziende “green” è una necessità assoluta – non più solamente un’alternativa – grazie ai consigli di Saverio Schiano, Head of Sales for Italy Pinterest.
Perché è diventato fondamentale comunicare la sostenibilità? E cosa consiglieresti ai brand per evitare il greenwashing?
La sostenibilità non va trascurata a livello di business.
Le aziende e i marketer devono, infatti, attivarsi per migliorare l’ambiente: si tratta di una mossa decisiva per vincere le sfide del futuro e incontrare i desideri delle persone, che – in numero sempre maggiore – si informano sul peso ambientale delle proprie azioni.
Inoltre, si riconosce l’importanza strategica della transizione ecologica: a confermarlo, per esempio, in Europa è il 61% dei cittadini adulti, come riportato dal report European Sustainability Foundational Study condotto da Kantar.
E diventa tassativo, pertanto, reinventare la propria modalità di comunicazione senza, tuttavia, incorrere nel greenwashing.
Un primo consiglio, in apparenza semplice ma spesso non applicato da chi vuole comunicare la sostenibilità, è di argomentare qualsiasi informazioni con dati e insight: la conoscenza, quindi, del proprio business in toto è di assoluta importanza per poter introdurre policy ambientali che contribuiscono effettivamente alla creazione di un mondo più verde.
In un processo lungo e pieno di incertezze come la ricerca della sostenibilità, non ci si aspetta che le aziende abbiano tutte le risposte fin da subito (la “perfezione” non esiste e in questo campo, ancora meno), ma l’onestà è certamente un fattore non di poco conto per ottenere la fiducia dei consumatori.
Infine, è bene prestare attenzione al linguaggio scelto nella comunicazione green: l’aggiunta di maggiori dettagli e la ricerca del significato di termini apparentemente “innocui” (ma in realtà, definiti da regolazioni severe) è essenziale!
Di contro, non si deve pensare al green hushing come una via percorribile.
Con questo termine, si fa riferimento ad un fenomeno nuovo, meno conosciuto rispetto al ben noto greenwashing: per paura di conseguenze spiacevoli, reputazionali ed economiche, le aziende scelgono di non comunicare i propri obiettivi di sostenibilità.
Quali sono i trend ambientali riscontrati tra i consumatori di recente?
I consumatori sono sempre più alla ricerca di insight sui eco-trend più recenti per poter cambiare il proprio stile di vita, dalla scelta di prodotti più rispettosi dell’ambiente alla riduzione del consumo di carne fino a mezzi di trasporto a basso impatto ambientale.
C’è la volontà di comprendere appieno i cambiamenti ecologici in atto e conseguentemente, di agire per contrastarli nella vita di tutti i giorni (di questa radicale spinta green, Gen Z e Millennials sono i principali promotori).
Oltre il 90% delle persone su Pinterest settimanalmente cercano ispirazione sulla piattaforma per attività volte a diminuire la propria impronta ecologica come il riciclaggio, la donazione di oggetti, la riduzione dell’utilizzo di plastica, l’acquisto di elettrodomestici a basso consumo energetico e il supporto alle imprese locali.
Non solo, ma abbiamo anche constatato che ricerche per termini come “casa autosufficiente”, “energia off grid”, “ecopunk”, e “alloggi collettivi” sono in aumento sulla piattaforma (rispettivamente del 340%, 100%, 130%, e del 150%).
Come le aziende possono sfruttare questi trend per implementare campagne di marketing efficaci?
Per poter sfruttare al meglio gli insight della piattaforma e creare campagne di comunicazione efficaci, il motto delle aziende e dei marketer dovrebbe essere “be educational”: per esempio, la collaborazione con esperti di settore permette di fornire consigli e guide di valore su come vivere in modo sostenibile.
Nonostante la Giornata Mondiale della Terra sia un’ottima occasione per riflettere su temi ecologici e sociali, ogni giorno dovrebbe essere dedicato alla salvaguardia del nostro pianeta.
Non da ultimo, implementare l’utilizzo delle cosiddette credenziali verdi.
Ossia, utilizzare statistiche chiare per mostrare come il vostro marchio o prodotto sia sostenibile e utilizzare termini come “meno plastica”, “a base vegetale”, “biologico” o “coltivato in modo sostenibile” per posizionarlo al meglio.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/10/sostenibilita-e-brand.jpg650886Pinteresthttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngPinterest2023-04-21 10:47:172023-04-21 16:24:03Giornata Mondiale della Terra 2023: perché comunicare la sostenibilità è indispensabile per i brand
La città che non dorme mai, la Grande Mela, New York ospita la prima AIFashion Week dedicata agli stilisti emergenti della moda, che sviluppano le loro creazioni mediante l’utilizzo della Intelligenza Artificiale Generativa.
Partecipano sia stilisti che creatori di AI che, grazie alle loro creazioni, daranno vita a questo incredibile evento unico nel suo genere.
AI Fashion Week: quando e dove
Le date della AI Fashion Week sono fissate dal 20 al 21 aprile 2023 e vedranno competere tra loro più di 350 creator. La location è al centro di Manhattan presso lo Spring Studio.
L’evento è gratuito ed è stato organizzato in collaborazione con Revolve Group, organizzazione specializzata nella rivendita di moda online, di abbigliamento e calzature, accessori e prodotti di bellezza per il target millennial e generation Z.
Come già detto, l’evento ha lo scopo di scoprire i nuovi talenti della moda: è un vero e proprio scouting di talenti della moda che operano con l’ AI, tanto è che nella giuria sono presenti personaggi di tutto rilievo, come:
Pat McGrath, è una delle più prestigiose truccatrici al mondo e la sua influenza nel mondo della bellezza e della moda non ha rivali da oltre 20 anni. L’aspetto visionario che immagina e che quindi crea per sfilate di moda, pubblicità e riviste – definisce i futuri canoni della bellezza.
Tiffany Godoy di Vogue Giappone, è una giornalista e influencer di moda esperta di internet.
Natalie Hazzout, casting director di Celine, azienda francese di vendita al dettaglio di abbigliamento e accessori.
Negli ultimi mesi l’interesse del settore moda nell’ AI generativa ha superato di gran lunga quello sul Metaverso, dei token non fungibili (NFT), della realtà aumentata e virtuale, argomenti che restano obiettivi di medio periodo rispetto all’AI che ha invece interessato da subito il settore, mostrando gli innumerevoli ambiti di applicazione.
Quello che è importante tenere in considerazione è che questa tecnologia è diventata ampiamente disponibile solo di recente ed è ancora piena di problemi e bug preoccupanti, ma tutto mostra che possa migliorare velocemente di giorno in giorno e diventare un punto di svolta in molti aspetti del business.
Secondo l’analisi di McKinsey, in un periodo compreso tra i tre e i cinque anni l’AI generativa potrebbe raggiungere fino a 275 miliardi di dollari di profitti nei settori dell’abbigliamento, della moda e del lusso.
Attualmente i designer, i direttori creativi e i rivenditori possono fare affidamento non solo sui report di tendenza e sull’analisi di mercato, ma possono utilizzare l’AI generativa per analizzare in tempo reale vari tipi di dati non strutturati.
AI fashion Week: dalle sfilate al business
L’AI generativa può, ad esempio, aggregare rapidamente ed eseguire analisi del sentiment dai video sui social media o modellare le tendenze da più fonti di dati sui consumatori.
I direttori creativi e i loro team possono inserire schizzi e i dettagli desiderati, come tessuti, tavolozze di colori e motivi, in una piattaforma alimentata dall’intelligenza artificiale generativa che crea automaticamente una serie di “proposte”, consentendo così ai designer di giocare con un’enorme varietà di stili e look.
Un team potrebbe quindi progettare nuovi articoli sulla base di questi risultati, mettendo il tocco distintivo di una casa di moda su ciascuno dei look. Questo apre le porte alla creazione di prodotti innovativi in edizione limitata che potrebbero anche essere collaborazioni tra due marchi.
Ed è proprio in questa direzione che si muove la AI generativa, individuare i creativi che in questo momento stanno utilizzando in maniera migliore l’ AI generativa.
AI generativa nella moda e Fashion Week 2023
Ai designer viene fornita una piattaforma che ha la funzione di vetrina, grazie alla quale possono mostrare le loro creazioni realizzate tramite AI a eventuali clienti oppure a direttori creativi.
Quando parliamo di creazioni intendiamo, come previsto dagli organizzatori, collezioni costituite da minimo 15 look ad un massimo di 30.
In questo modo si incoraggiano i designers a mettersi in luce a presentare creazioni che altrimenti rimarrebbero nel cassetto e tutto questo consente di creare un nuovo mercato accessibile a tutti oltre che fornire i nuovi designer a sperimentare le tecnologie generative basate su AI.
Gli organizzatori della AI Fashion Week puntano hanno formato la giuria coinvolgendo sponsor tra le grandi firme della moda per offrire premi in denaro ai vincitori. Sono in programma altri eventi subito dopo il calendario della settimana della moda per attirare una maggiore attenzione sull’evento.
Le creazioni generate dall’intelligenza artificiale sono state tra i temi più caldi di questi mesi. La moda fantasy, le calzature ed i design di accessori sono ora diffusi su Internet. I creativi ricreano l’immagine dei capi dei loro marchi preferiti e ne sviluppano di nuovi, in alcuni casi creano capi ancora più belli degli originali.
L’AI Fashion Week rappresenta un punto di partenza per tutta una serie di applicazioni ed eventi che possono valorizzare la creatività aprendo nuove prospettive di business per il mondo della moda e per i creativi.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/04/Artificial-Intelligence-Fashion-Week-Is-Scheduled-for-April-20-21.jpg6751200Antonio Romanohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngAntonio Romano2023-04-21 10:09:142023-04-26 12:06:09Parte l'AI Fashion Week, l'evento più atteso dagli stilisti della AI generativa
A partire dal primo decennio del XXI secolo, il marketing viene accusato di essere uno dei colpevoli della crisi economica, reo di diffondere un atteggiamento iperconsumista, che ha legato il concetto della felicità al possesso dei beni materiali.
Già negli anni ’70, Pier Paolo Pasolini, criticava sul Corriere della Sera l’economia del consumismo, seguito da una miriade di psicologi internazionali.
Nel tempo, il marketing ha necessariamente dovuto migliorare la propria immagine, sfruttando la carta della responsabilità sociale d’impresa. Non si parla quindi di marketing tradizionale bensì di marketing sostenibile e responsabile: non più centrato sul benessere individuale di breve periodo ma sul benessere collettivo di lungo periodo.
La responsabilità sociale d’impresa è un “must have”
Per sopravvivere l’azienda, oggi, deve agire nell’ottica di una responsabilità sociale d’impresa.
Se fino a poco tempo fa, l’attenzione alle problematiche della società era una scelta originale per differenziarsi, ora è necessario per la sopravvivenza di lungo periodo, non solo per le grandi imprese, ma anche per le piccole realtà.
Nella scelta di un prodotto da parte del consumatore, il criterio economico non è più l’unica variabile considerata, soprattutto per la Generazione Z. Si fa attenzione ad altri elementi, quali, il packaging plastic free, lo schieramento dell’azienda contro il gender gap, o ancora, il sostegno ai diritti LGTBQ+, e così via.
Vengono valutate una serie di misure e pratiche con fini etici, ambientali e sociali che un’impresa mette in atto nelle sue operazioni commerciali.
Se in passato le aziende potevano concentrarsi esclusivamente sul raggiungimento della redditività, ora la necessità è di ottenerla mostrando qualcosa in più, lavorando per il bene della comunità.
L’impresa è un sistema aperto che si relaziona con l’ambiente. Per perdurare nel tempo deve seguire i passi della società, e adeguarsi ai cambiamenti richiesti dai consumatori, che, grazie al web, discutono e si confrontano.
Se la reputazione aziendale è l’asset intangibile da seguire, allora la migliore reputazione possibile è quella che si realizza dimostrando l’impegno nell’ambito comunitario. All’azienda è richiesto una responsabilità sociale d’impresa che migliori le condizioni ambientali e sociali della comunità nella quale è inserita, secondo un atteggiamento “corporate citizenship”, quello proprio di un cittadino.
La cittadinanza d’impresa, promossa dall’ex segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel 2000, nel Global Impact, comprende 10 principi essenziali:
promuovere i diritti umani
non essere complici di abusi dei diritti umani
sostenere la contrattazione collettiva
eliminare il lavoro obbligatorio
eliminare il lavoro minorile
eliminare le discriminazioni lavorative
sostenere un approccio preventivo alle sfide ambientali
promuovere azioni di responsabilità ambientale
contrastare la corruzione
incoraggiare lo sviluppo di tecnologie che rispettino l’ambiente
I concetti, ribaditi nel 2001 nel Libro Verde dall’Unione Europea, sottolineano che la sostenibilità non è l’elemento per differenziarsi dalla concorrenza, quanto una via da seguire per rimanere competitivi, e i programmi di responsabilità sociale d’impresa rappresentano un modo per soddisfare questo obiettivo.
Secondo un sondaggio pubblicato dal Word Economic Forum, 9 cittadini su 10, a livello globale, auspicano di vivere in un modo maggiormente sostenibile nel post-Covid 19.
Il 72% degli intervistati dichiara di aspettarsi un miglioramento delle condizioni di vita anziché un ritorno alla vita pre-pandemia.
Si tratta di un messaggio chiaro che le aziende non possono ignorare, “continuiamo a valutare il successo su basi unicamente finanziarie” ha affermato in un intervento al vertice WEF, Alan Jope, Chief Executive Officer di Unilever, “è bizzarro e superato. Le nostre metriche finanziarie, così come la misura della ricchezza di un paese basata sul PIL, stanno creando diseguaglianze sociali e degrado ambientale”.
D’altronde, come asseriva Robert Kennedy nel 1968, “il PIL misura tutto tranne ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.
Come realizzare una strategia di responsabilità sociale d’impresa
Il concetto di CSR (corporate social responsability), fu espresso già nel 1953 nel libro Social Responsability of Bussinessman di Howard R. Bowen, nel quale l’autore si chiede quali responsabilità verso la società sia lecito aspettarsi da chi dirige un’impresa.
La Commissione Europea definisce la CSR come “la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”.
Quali sono i passi da seguire per realizzare una strategia d’impresa responsabile?
Determinare i valori aziendali, secondo le priorità della comunità, collegandoli al brand. Un esempio, è il lavoro di Access Writers Program di WarnerMedia, (produttore di intrattenimento tv), il cui ultimo programma è focalizzato sul migliorare l’accesso alle professioni televisive da parte dei soggetti delle comunità più svantaggiate
Ottenere informazioni dettagliate da parte degli stakeholder (attraverso sondaggi, a risposta aperta e multipla), in modo da capire rispetto a quali temi ambientali e sociali i clienti sono più sensibili, e cosa conoscono del passato dell’impresa stessa. Il punto di partenza è la raccolta di feedback da parte degli stakeholders interni dai quali poi si possono intercettare le esigenze della comunità esterna. A tale scopo può risultare utile leggere le informazioni di Community Tool Box, che offre suggerimenti utili per comprendere le esigenze dell’attuale società
Prendi in prestito una buona strategia: cerca di individuare i campi di sostenibilità più seguiti. Non pensare che copiare sia sempre un fatto negativo, ogni brand sarà comunque unico nello sviluppare la propria strategia. Per selezionare le migliori strategie già messe in atto ci si può rivolgere alla Baker Library della Harvard Business School, che offre un elenco di report sulla responsabilità sociale delle imprese (la maggior parte delle quali allineate con gli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite sopra citati)
Coinvolgimento interno, è fondamentale che la leadership sappia coinvolgere i dipendenti nella creazione della strategia, che permetta loro di rispecchiarsi nel valore supportato, e consenta la massima condivisione dei feedback, in modo da creare un maggiore senso di comunità, soddisfazione e motivazione. È importante che tutti i dipartimenti dell’azienda collaborino tra loro per il raggiungimento dell’obiettivo, in particolar modo è auspicabile la collaborazione del team che si occupa della responsabilità sociale d’impresa con l’area marketing e comunicazione
Creare partenariati esterni, dare vita a collaborazioni con organizzazioni o individui che nella società stanno già portando avanti i valori di CSR condivisi dall’impresa. Può essere vantaggioso per generare soluzioni alternative e aprire nuove opportunità riguardo a finanziamenti, sponsorizzazioni e occasioni di volontariato
Essere chiari e trasparenti, fissando obiettivi misurabili con metriche di misurazione, per mantenere la fiducia delle persone e a creare un senso di rigore e cura intorno al marchio. Utilizzare un linguaggio numerico consente inoltre di valutare e capire con maggiore facilità i risultati, anche all’impresa stessa. Altrettanto importante sarà poi comunicarli, ciò può avvenire attraverso diversi canali, sito web, newsletter, social media ecc.
Migliorarsi continuamente, le strategie di responsabilità sociale d’impresa devono saper essere flessibili perché riguardano le esigenze delle persone, e come tali sono in continua evoluzione. Ad esempio, con la diffusione del Covid-19, molte aziende hanno dovuto adeguarsi ai cambiamenti e rivedere i loro piani repentinamente. Saper anticipare è senza dubbio un fattore chiave.
Parola d’ordine: Report
A causa delle restrittive normative governative e dell’autoregolazione di alcuni, la necessità di una puntuale rendicontazione circa la responsabilità d’impresa è andata crescendo
Il World Business Council Sustainable Development definisce il report pubblico come la modalità da parte delle aziende di fornire informazioni agli stakeholders (interni ed esterni). Il report fornisce un quadro della posizione aziendale sulle attività circa la dimensione economica, ambientale, sociale.
Consente di individuare i punti deboli da migliorare e fornisce informazioni spesso assenti dai rapporti finanziari, tanto che, al classico bilancio economico-finanziario, è abitudine allegare il bilancio sociale.
Il report rappresenta l’impegno dell’azienda nei confronti degli stakeholders, ne migliora la fiducia, e fornisce la potenzialità di attirare nuovi investitori green.
Secondo l’indagine di Deloitte, su oltre 2000 dirigenti, pubblicare e condividere un rapporto annuale di responsabilità sociale d’impresa aumenta la possibilità di ottenere un maggior successo.
Inoltre, protegge la reputazione del marchio contro il rischio di un’errata percezione da parte dei consumatori, che spesso temono che l’azienda possa fare tanti discorsi ma pochi fatti.
Deloitte ha individuato le pratiche per stilare un buon report:
Usare indicatori KPI (key performance indicator), riconosciuti a livello globale, che allineano il report alle guide standardizzate
Coinvolgere numerosi professionisti e gruppi di consulenza indipendenti per consigliare l’impresa con sguardo obiettivo proveniente dall’esterno
Effettuare un incrocio tra report cartaceo e digitale. Ultimamente la pratica si indirizza verso un cartaceo breve che rimanda ad una descrizione più dettagliata sul web, facilmente accessibile ai più.
Chi è il professionista del marketing ambientale
Con lo sviluppo di una responsabilità sociale d’impresa si modifica l’assetto organizzativo aziendale. Si sono rafforzati gli uffici legali delle imprese, si inseriscono così nuove figure necessarie, quali, ad esempio, l’esperto di marketing ambientale.
Si tratta di una figura che sa spaziare dallo studio attento degli adempimenti normativi, alla ricerca dei finanziamenti, fino alla comunicazione all’esterno dell’orientamento imprenditoriale. È una figura che deve saper conciliare gli obiettivi economici dell’impresa con il contributo che fornisce alla società.
Il ruolo da ricoprire richiede skills tecniche normative/ambientali, ma anche competenze trasversali, quali la capacità comunicativa e di leadership.
Dall’identikit del responsabile della sostenibilità, tracciato nel 2022 da Sustainability Markers, emerge che il 64,6% è donna, il 36,5% di esse è in possesso di una laurea in management e il 19,8% di una laurea dell’ambito tecnico-scientifico.
Attenzione al Greenwashing: quando alle parole non seguono i fatti
Non è sufficiente raccontare di portare avanti dei progetti green, occorre metterli in atto e raggiungere risultati concreti.
Il greenwashing, neologismo inglese, tradotto come ecologismo di facciata, indica la strategia di comunicazione di quelle imprese che, con poco sforzo, cercano di acquisire una reputazione sociale di facciata. “Un’appropriazione indebita di virtù e di qualità ecosensibili per conquistare il favore dei consumatori o, peggio, per far dimenticare la propria cattiva reputazione di azienda le cui attività compromettono l’ambiente” (Furlanetto, 2013).
Il termine viene fatto risalire al 1986, ad opera dell’ambientalista Jay Westerveld. In quell’occasione, fu utilizzato per denunciare il comportamento degli alberghi che invitavano gli ospiti a ridurre il numero di asciugamani utilizzati dai clienti, al fine di diminuire l’impatto ambientale del lavaggio degli stessi. Il reale motivo, notò l’ambientalista, era invece quello di lenire i propri costi relativi al lavaggio.
Ricorrere a questa strategia è una strada molto pericolosa, che può danneggiare l’impressa anziché aiutarla, come potrebbe sembrare.
Quali sono i principi da seguire per non cadere nella trappola del greenwashing?
Autenticità della comunicazione, che deve avere riscontro concreto in ogni particolare che viene raccontato, altrimenti è meglio non dire
Sincerità: comunicare le best practice aziendali, ma anche quegli aspetti che vanno migliorati e sui quali si sta lavorando. Non esiste un’azienda ad impatto zero e il consumatore questo lo sa
Comunicare le informazioni in modo tecnico, per avere credibilità, ma allo stesso tempo in modo non troppo scientifico. Ricercare un linguaggio creativo per renderlo comprensibile a tutta la comunità
Continuità: l’attività di sostenibilità deve essere costante e avere obiettivi di lungo termine, non può estinguersi in un’attività temporanea, una singola azione non rende l’azienda sostenibile
Autorevolezza: i dati comunicati circa l’operato sostenibile devono essere certificati da enti esterni, non solo autocelebrati da chi li realizza
Non farti travolgere dagli effetti mediatici e dalle mode del momento. Non comunicare un comportamento che potrebbe essere difficile da realizzare concretamente, fissa obiettivi concreti per avere risultati concreti
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/04/csr-corporate-social-responsibility_slider_home.jpg500750Ilenia Vallerianihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngIlenia Valleriani2023-04-20 12:30:282023-04-21 10:09:35Responsabilità sociale d’impresa, i passi da seguire per realizzarla davvero
Introdotto nel 1940, Fanta non è solo il secondo marchio più storico di The Coca-Cola Company, ma anche il suo secondo brand più grande al di fuori degli Stati Uniti.
Questo mese Fanta ha annunciato il cambio della sua global brand identity.
La riprogettazione ha l’obiettivo di ritrovare la giocosità nel mondo, attraverso design luminosi e audaci che invadono la routine quotidiana.
Il concept del rebranding di Fanta
La nuova identità del marchio vuole ispirare le persone a trovare il divertimento nella vita di tutti i giorni, rendendo giocoso ogni momento in maniera semplice e con un look che rimane inconfondibilmente Fanta.
Sebbene il suo sapore principale sia l’arancia, Fanta è disponibile in oltre 100 gusti in tutto il mondo e sono oltre 180 i mercati in cui è disponibile.
In precedenza, l’identità del marchio e il suo sistema di packaging esistevano in diverse accezioni a seconda dei mercati.
A partire da quest’anno il marchio inizierà a essere unico in tutto il mondo, grazie al lavoro del team Coca-Cola Global Design e alla collaborazione con diverse agenzie tra cui Jones Knowles Ritchie che nello specifico si è occupata del refresh dell’identità e del packaging.
Il nuovo logo e la tipografia personalizzata incarnano la presenza e la personalità di Fanta. La nuova veste porta a un livello superiore lo stile pop già insito nel brand.
Cambia il colore principale del brand
Cambio di rotta sull’arancione, nella nuova versione il blu diventa il colore primario e dominante nell’universo Fanta.
Le varie declinazioni di sapore risultano efficaci, soprattutto l’ombra blu del logo funziona con ogni colore lanciato.
Il sistema di colori del marchio è composto da colori unici e facilmente identificabili che forniscono al marchio una gamma infinita di possibilità di gusto.
Il sistema grafico, ispirato al nuovo logo dinamico, aiuta Fanta a infondere giocosità.
Il nuovo monogramma di Fanta
I disegni, realizzati in collaborazione con l’illustratore brasiliano Lucas Wakamatsu, e la fotografia fungono da strumento importante che dà vita a un Pop of Fun-ta.
L’enfasi è posta sull’estetica dei mixed media, sull’imperfezione e sullo storytelling, per creare un punto di vista distintivo, destinato ad attirare l’attenzione attraverso una sorta di disordine visivo.
Nell’ultima iterazione, il logo lascia cadere la sagoma e la foglia arancione. Questo passo risulta abbastanza efficace dato che Fanta esiste in tanti altri gusti che non sono arancioni. Non avere quella limitazione visiva aggiorna il marchio e lo porta a un livello successivo.
Via anche il sottile sorriso come dettaglio della seconda “A”. Anche le ombre interne sono scomparse. Nel complesso, le linee e gli angoli sono stati ridefiniti per produrre un marchio più maturo ma non per questo meno divertente.
In altre applicazioni, c’è un chiaro senso di divertimento ed effervescenza che sfrutta le numerose risorse in gioco nell’identità, dal carattere tipografico alle illustrazioni, alla grafica esplosiva che può essere composta in tanti modi diversi.
Come Coca-Cola e Sprite, la nuova confezione di Fanta mantiene un approccio relativamente minimal e pulito, con logo posizionato nella parte superiore della lattina. I protagonisti indiscussi dei nuovi pack sono soprattutto i colori brillanti.
La primavera si sta facendo largo ed insieme a lei anche i brand fanno fiorire le loro creatività: si affacciano le pubblicità più belle di marzo e promettono una stagione molto intensa.
Grandi brand e brillanti campagne per deliziarci e destarci dal torpore invernale e dalla eco del quasi dimenticato Super Bowl.
BARILLA AL BRONZO | Lady and The Trump
Il rituale della condivisione di un piatto di pasta non poteva trovare ambientazione migliore.
Il romanticismo la fa da padrona mentre due innamorati attraversano la città, seguiti dalle loro ombre canine, per gustare il miglior piatto di spaghetti. E il ristorante Tony’s guidato dallo stellato chef Davide Oldani è proprio lì, nascosto discreto l’angolo, discreto, appartato e anche un po’ spartano.
Si apparecchia l’amore in attesa di un bacio rubato: ed è un impeccabile piatto di spaghetti a metterci lo zampino. L’italianissimo brand di pasta (e l’italianissima Publicis-Le Pub) celebra così il centenario di Disney, con un omaggio al cartone animato Lilli e il Vagabondo, versione umana e versione Barilla Al Bronzo.
ADIDAS | The Ridiculos Run
Adidas da una sua ricerca globale condotta su un campione di circa 5000 donne, afferma che il 92% di loro che pratica jogging non sente la città come luogo sicuro. Non siamo nuovi a questo condiviso timore.
Molte donne, infatti, non vivono con libertà questa attività in quanto esposte a molestie verbali e fisiche. Ed è questo che il brand ci racconta nel suo spot: donne che affrontano prima della preparazione fisica quella psicologica.
Tutto questo è ridicolo, una corsa ridicolaa cui le donne non devono più sottomettersi. Adidas espone l’esigenza di una rivoluzione sociale in cui soprattutto gli uomini sono chiamati a partecipare attivamente al cambiamento verso una reale parità delle opportunità.
COCA-COLA | Masterpiece
Tra le pubblicità più belle di marzo troviamo il capolavoro di Coca-Coca, letteralmente.
Un viaggio dell’iconica bibita tra le più celebri opere d’arte nelle diverse epoche; saltando dal suo autoritratto pop composto da Andy Warhol e rimbalzando di mano in mano dai personaggi di opere classiche e contemporanee che si fanno tridimensionali e prendono vita per ispirare la creatività di giovane studente.
Un viaggio di connessione e condivisione che rientra nella campagna più generale The Real Magic e che ritroviamo in ogni dettaglio artistico nella Gallery
L’insieme dei dipinti inclusi nello spot è affiancato alle opere di creatori emergenti provenienti da Africa, India, Medio Oriente e America Latina.
DOM PÉRIGNON x Lady Gaga | The Labor of Creation
La ricerca e l’accuratezza della lavorazione dello champagne millesimato sono ben rese in questo spot, la cui protagonista è Lady Gaga. Alternanza di luci e ombre, corpi in armonica sincronia e l’Abbazia francese di Hautvillers a far da sfondo all’elegante coreografia.
Una danza che vuole esprimere il desiderio di osare ed oltrepassare i confini, proprio come vuole mostrarsi Dom Pérignon.
Per la campagna hanno collaborato il fotografo e maestro della luce Mario Sorrenti, il regista Woodkid e il coreografo Sidi Larbi Cherkaoui.
CEREAL SURREAL | OOH Campaign
I brand di cereali inglesi lancia una campagna OOH sfruttando i grandi dello sport. Sì, sfruttando.
Perché in realtà i nomi delle celebrità scritti a caratteri cubitali sui poster corrispondono a quelli di persone omonime. Una campagna ironica che attira l’attenzione sul prodotto grazie alla notorietà dei personaggi ”I cereali ufficiali di Ronaldo” ma che ci strappa un sorriso finale con la confessione della verità “Probabilmente non lo stesso Ronaldo che pensi tu”.
APPLE PODS | Quiet The Noise
Esiste rumore più bello di quello dei propri pensieri? Ogni cosa scompare.
Il trambusto e il caos della città spariscono mentre siamo assorti nei pensieri accompagnati dalla nostra musica preferita. Apple per la presentazione dei suoi nuovi Pods centra in pieno il concetto.
Nello spot, la cover di Pixies“Where is my mind?” ci guida attorno ad una città apparentemente tranquilla e priva di rumori ma che torna a farsi sentire in tutta la sua confusione una volta sfilati i Pods.
Apple ci azzecca sempre.
PHILIPS | The Dilemma
La rasatura entra in una diversa dimensione, anzi, in una diversa epoca. Radersi o non radersi, questo è il dilemma per il vero uomoshakespeariano che impugna il nuovo rasoio Philips. E che davanti ad un quesito così amletico non può che essere sbeffeggiato sarcasticamente dalla sua disillusa dama.
Philips propone anche un secondo spot, in cu il rasoio questa volta assurge al compito di dover depilare i “gioielli” del re. Impresa regale, di estrema precisione e sotto l’occhio vigile di due particolari sudditi guardoni.
MCDONALD’S | Live The Child Within This Ramadan
Tra le pubblicità più belle di marzo troviamo anche quella di Mc Donald’s. Marzo è stato, per i musulmani, il mese del Ramadan. Il famoso brand per l’occasione e con la sua nuova campagna incoraggia gli adulti ad ispirarsi alla purezza dei bambini e dedicarsi ad azioni altruistiche.
Gentilezza, benevolenza e sincerità nei gesti per far crescere l’amore e il sentimento di condivisione tra le persone: non solo nel Mese Santo e non solo per i musulmani.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/04/pubblicita-marzo-philips-ninja-marketing-1.jpeg6001200Urania Frattarolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngUrania Frattaroli2023-04-14 12:00:462023-04-14 09:55:15Le 8 pubblicità più belle di marzo: Barilla, Coca-Cola, Philips e altri big brand
Sembra passato un secolo dagli scandali di Cambridge Analytica, dalle polemiche sollevate da “The Social Dilemma” su Netflix, dal Cookiegeddon di iOS e dalla frenesia del GDPR. Eppure ogni volta sembra essere al punto partenza: se di male si è trattato, la cura (più regolamentazione, più leggi) spesso è stata peggio della malattia.
L’eccesso di Stato nella vita dei cittadini sembra avere preso il posto dell’invasività delle piattaforme, senza che ne siano conseguiti grandi scandali di massa. C’è un Paese dove tuttavia i confini tra il regime al Governo e le azioni delle grandi aziende “private” è sempre più labile e sottile.
La stretta della Cina ai business privati, la nuova via neo-maoista di Xi Jinping (rivelata anche nell’abbigliamento austero mostrato in più occasioni), ha contribuito di recente al crollo sui mercati di moltissimi big business di Pechino (Nio ed Ali Baba tra tutti).
Ovviamente siamo oltre il crony capitalism: siamo di fronte a un paradigma di controllo assoluto 2.0 ancora in gran parte da comprendere ed esplorare.
Ne abbiamo parlato con Lorenzo Castellani, politologo e professore di Storia delle Istituzioni Politiche all’università LUISS Guido Carli.
TikTok raccoglie i dati per conto del Governo cinese?
L’Unione Europea ha bannato TikTok per i propri dipendenti. Il Belgio lo vieta a ministri e funzionari federali, il rischio può esserci anche in Italia?
Sì, perché il social è presente ovunque e chiunque lo usi può essere vittima di spionaggio o furto di dati. Dunque è bene che i governi si proteggano da uno strumento di mercato, ma anche di spionaggio di un regime totalitario.
All’inizio di quest’anno il CEO di TikTok Shou Zi Chew è apparso al World Economic Forum di Davos e ha visitato Bruxelles per incontrare i politici europei.
In Belgio ha incontrato decine di di parlamentari europei e funzionari politici della Commissione europea in una sessione a porte chiuse al De Warande, un club d’élite situato vicino al Palazzo reale belga e all’ambasciata americana.
Ha scattato foto con politici di grande rilievo come Dita Charanzová, vicepresidente del parlamento europeo, e Andreas Schwab , che ha negoziato il Digital Markets Act, una legge per limitare il potere di mercato delle grandi aziende tecnologiche.
Interesting meeting with CEO Shou Zi Chew about how to strengthen the safety of #TikTok users, especially minors, and how to moderate content online. TikTok will have to work hard to meet #DSA rules soon. pic.twitter.com/shBzz8D9O4
Il problema sembra venga da una legge cinese che, di fatto, permette al governo di avere libero accesso a dati e informazioni di tutte le aziende (pubbliche e private) del proprio Paese.
È così. La Cina ha barattato l’arricchimento capitalistico di manager e imprenditori con un controllo e sfruttamento “politico” di tutte queste nuove tecnologie. In altre parole: tu imprenditore sei libero di guadagnare, ma io Stato decido come puoi farlo e cosa mi dai in cambio.
Si ripropone la questione dei social media che non sono piattaforme plurali ma sono editori. In questo caso, editori in mano a potenze straniere. Basterebbe esserne tutti più consapevoli: perché il problema viene evidenziato con TikTok e non con le altre big tech?
Perché nel caso di TikTok c’è un più evidente caso di spionaggio della più potente nazione al mondo non occidentale. Per gli altri social resta il problema della libertà di stampa e del free speech, ma si pone meno la questione spionaggio a fini strategici e competitivi.
Negli USA, il disegno di legge presentato da un gruppo bipartisan di senatori che potrebbe colpire TikTok è sostenuto dalla Casa Bianca. Conferirebbe al governo federale nuovi poteri per limitare, e potenzialmente vietare, le tecnologie della Cina e di altre nazioni designate come avversarie degli Stati Uniti. Un’azione del genere potrebbe essere a sua volta una limitazione della libertà di parola?
La libertà di parola può essere ristretta per questioni di Ragion di Stato verso un avversario esterno.
È sempre stato così. In questo caso poi si limiterebbe l’utilizzo di uno dei vari social a disposizione e non di tutti. Comunque esistono anche vie di mezzo al ban totale che possono concretizzarsi, come chiedere a TikTok di rispettare determinati standard di trasparenza e sicurezza. Li si vedrebbe se l’azienda è in condizione o meno di fornire rassicurazioni.
Il conto salato della lobbying in soccorso a TikTok. Uno sforzo sufficiente?
Secondo Politico , ByteDance (la società cinese proprietaria di Tik Tok) sembra abbia speso, solo negli Stati Uniti, più di 16 milioni di dollari in attività di lobbying dal 2019, assumendo dozzine di lobbisti e la celebre agenzia Crossroads Strategies.
Shou Zi Chew, prima di testimoniare davanti al Congresso degli Stati Uniti lo scorso 24 marzo, è stato preparato da assistenti del presidente Kevin McCarthy e dell’ex presidente Nancy Pelosi. Sembra avere ricevuto inoltre la consulenza di Andrew Wright, ex direttore della politica legale per la transizione presidenziale Biden-Harris e ora partner dello studio legale K&L Gates.
Our CEO, Shou Chew, shares a special message on behalf of the entire TikTok team to thank our community of 150 million Americans ahead of his congressional hearing later this week.
A Washington, solo nell’ultimo trimestre, circa tre dozzine di persone hanno fatto pressioni sul governo federale per conto di ByteDance e TikTok, inclusi ex senatori e membri della Camera.
Legittima tutela degli interessi economici o seconde finalità vicine agli interessi del Governo cinese? La performance al congresso di Zi Chew è sembrata, da molti analisti, un vero e proprio disastro in cui il CEO ha saputo rispondere alle accuse solo con risposte vaghe e generiche.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/04/privacy-tiktok.jpg552929David Mazzerellihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngDavid Mazzerelli2023-04-13 10:56:542023-04-17 12:09:55TikTok, lobbying e spionaggio: forse non è solo un film
Il marketing tribale fa parte di quelle pratiche unconventional che hanno coinvolto le più innovative strategie rispetto agli approcci convenzionali.
Uno dei padri di questo filone è il sociologo Bernard Cova, professore di marketing presso la Kedge Business School di Marsiglia e già professore dell’Università Bocconi di Milano che insieme a Mirko Pallera e Alex Giordano, è autore del libro “Marketing Non Convenzionale. Viral, Guerrilla, Tribal e i 10 principi fondamentali del marketing postmoderno.”
Nel libro, Cova, Pallera e Giordano ci parlano di uno Sturm und Drang che rivoluziona i vecchi schemi di marketing kotleriani e si apre ad una nuova era creativa in cui le strategie si fondano su tecniche non convenzionali come quelle virali, le azioni guerrilla e tribali.
Bernard Cova è un marketer di grande spessore, considerato uno dei pionieri nel settore del consumo collettivo dagli anni ’90 che ha spianato la strada ad un diverso approccio al marketing basato più sul tribal e sul societing rispetto al tradizionale marketing di stampo anglosassone.
Ed il societing offre una nuova visione del consumatore che non è più percepito come il “target” da scovare e colpire, ma come una parte del dualismo cliente-brand che collabora in modo attivo nel processo dell’esperienza d’acquisto.
Bernard Cova al Ninja Wrap UP #3
Bernard Cova, uno dei papà del Marketing Tribale, terrà una Masterclass gratuita in esclusiva per la Ninja Tribe.
Il tema di questo nuovo appuntamento è: Da Brand Tribe a Subscription: trasformare una community in abbonati.
Mercoledì 12 aprile ti spiegheremo come valorizzare le relazioni tra gli individui e convertire una community in membership grazie al marketing tribale.
Partecipare è semplicissimo: basta registrarsi a questo link per essere tra i primi ad approfondire e sperimentare le più recenti novità del mondo digital.
Cos’è il Marketing Tribale di Cova
Siamo nel campo dell’unconventional e la strategia di marketing si propone di creare una comunità intorno al prodotto o al servizio che intende pubblicizzare.
Questo tipo di approccio è definito dai vari esponenti, tra cui il principale teorico del tribalismo è proprio Bernard Cova, come mediterraneo, in rottura rispetto al tipico approccio nord-americano.
Il focus nel marketing tribale si sposta dallo stabilire un legame biunivoco con il consumatore al conservare il legame tra i consumatori in cui l’importanza è attribuita al sentimento comunitario e alla necessità di stabilire relazioni sociali arcaiche che rimandano al concetto di tribù, supportandone la crescita e l’autoidentificazione.
La tribù è formata da un complesso trasversale di individui che pur mantenendo le proprie caratteristiche socio-demografiche, condividono emozioni ed interessi che girano attorno al concetto e agli ideali, distaccandosi dal materialismo vero e proprio del prodotto.
Ed in questo senso, il brand attraverso la sua espressione costruisce e potenzia i legami tra gli individui.
Questo approccio nell’ultimo decennio sta prendendo sempre più piede tra le aziende ed i brand si fanno portavoce di esigenze individuali e sociali in cui gli individui trovano la propria identità e la propria capacità di espressione.
La Fedeltà di Marca secondo Bernard Cova
Per Cova il punto centrale è la fidelizzazione al brand il cui ruolo è, dunque, quello di fungere da aggregatore di valori e stili di vita che rispecchiano l’unicità di ogni individuo.
Il tempo del prodotto al centro è terminato: la funzionalità, le caratteristiche di beneficio e differenziazione materiale lasciano il posto alle emozioni, all’espressione del sé e all’unicità del senso di appartenenza dell’individuo post-moderno.
Il prodotto acquistato non è più la risultante delle sue caratteristiche vantaggiose ma della rappresentazione di un insieme valoriale in cui il novo consumatore si rispecchia.
Un esempio è dato dall’acquisto di un oggetto che abbraccia una scelta di vita o una buona causa: non stiamo comprando il prodotto di per sé ma implicitamente acquistiamo un valore, un ideale, rappresentato dall’oggetto.
I braccialetti di plastica riciclata racconta dagli oceani e proposta dal brand 4ocean ne sono la prova.
Secondo Cova, grazie al marketing tribale ci si distacca dalla visione economicaper avvicinarsi a quella antropologica dove al centro sono posti gli individui ed il bisogno di riconoscimento e autodeterminazione all’interno della comunità.
In questo senso la scelta di acquisto di un prodotto raggiunge il grado più alto di fedeltà alla marca. Il legame costruito tra brand e individuo si dimostra solido e viene rafforzato (o demolito) dalla potenza relazionale della tribù.
Bernard Cova afferma inoltre che il marketing tradizionale one-to-one è individualistico ed in quanto tale è limitato poiché cerca una relazione con il consumatore senza tener conto della parte emozionale che non viene condivisa dai due lati.
Sempre più individui necessitano infatti di relazioni personalizzate incentrate sulle emozioni che vanno al di là della semplice vicinanza ed a cui il marketing tribale risponde creando e supportando relazioni tra più consumatori.
E qui il marketer ci fa notare le fondamentali differenze tra il marketing classico-individualistico e quello tribale: il primo lavora sulla relazione brand-cliente e sulla costruzione di una fedeltà cognitiva; il secondo invece lavora sulla relazione cliente-cliente e sulla costruzione da parte del brand di collegamenti a supporto dei clienti per creare una fedeltà affettiva.
Il Potere dei Collegamenti Social
In una strategia tribal, i social network hanno un ruolo importante: rappresentano una piazza virtuale in cui gli individui vengono coinvolti dal brand nella creazione di confronti e discussioni sul prodotto. Una comunità di individui che ha poteri fortissimi: può infatti trascinare nuovi individui nel flusso emotivo e quindi nella fidelizzazione al brand; allo stesso tempo può abbandonare il brand, come per l’effetto domino, se questo si dimostra incoerente con i valori espressi. Un lavoro molto duro per i brand che ancora di più oggi devono essere capaci di trasmettere trasparenza, coerenza e continui stimoli emotivi positivi.
Ma non solo: devono essere attenti al mood delle interazioni tra gli individui e attenti a supportare le azioni che le tribù intraprendono nei confronti dell’azienda.
I consumatori online difatti risultano più attivi, comunitari, partecipativi ed anche oppositivi.
La passione che li accomuna ad un brand si tramuta in uno scambio di competenze tali da trasformare le tribù in una forza capace di veicolare azioni di marketing, quasi più dell’azienda. Le tribù si autoproclamano garanti dell’autenticità del brand anche grazie alla condivisione delle proprie esperienze e sperimentazioni. Basti pensare alla nicchia degli Harley-Davidson lover o ai fanatici di Star Wars.
Questi ultimi, ad esempio, producono e si scambiano film amatoriali ispirati alla serie; l’azienda Lucasfilm invece di opporsi, premia la loro passione fornendo online contenuti video e audio da inserire nei film “fatti in casa”.
Relazioni emotive, condivisione di valori, intenti e supporto alla passione delle comunità: una rivoluzione che penetra affettivamente nell’anima dei consumatori, anzi delle tribù.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/04/Bernard-Cova-tribal-marketing.jpeg6001200Urania Frattarolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngUrania Frattaroli2023-04-11 17:05:572023-04-13 10:57:12Il marketing tribale secondo Bernard Cova: cos'è e come si fa
Heinz e Absolut Vodka uniscono il loro gusto per dare vita al nostalgico piatto penne alla vodka. Direttamente dagli anni ’80, la ricetta spopolò in Italia come anche in America diventando un piatto cult della cucina trendy del momento, tanto da essere servita anche nelle discoteche.
La collaborazione tra Heinz e Absolut Vodka che li vede dosati sapientemente in un barattolo di sugo pronto è nata a seguito di un TikTok pubblicato dalla modella Gigi Hadid nel 2020, intenta a preparare un piatto di pasta. I due brand però hanno voluto anche ironizzare sulla decisione tardiva di creare questo sugo, effettivamente dopo 2 anni dall’uscita del video, riportando nell’etichetta la scritta “Ridiculously Late. Absolut(ely) Good”. Purtroppo, o per fortuna, il vasetto limited edition sarà messo in vendita solo nel Regno Unito.
A proposito di collaborazioni, nel corso del tempo ce ne sono state di interessanti a cui Heinz e Absolut Vodka hanno dato vita insieme ad altri brand. Eccone alcune tra più rilevanti.
HEINZ & THREDUP
Lo scorso anno Heinz si è “macchiato” di una collaborazione con ThredUp, la famosa piattaforma di rivendita di abbigliamento online con sede ad Oakland. Dalla partnership nasce Heinz Vintage Drip, la collezione di abiti usati con un’esclusiva macchia di ketchup impressa su ogni capo streetwear e di design. Le macchie sono fatte con del ketchup vero, quindi scompariranno a seguito dei lavaggi.
Disponibile solo su ThredUp, l’abbigliamento di seconda mano macchiato Heinz ha un secondo fine: quello di donare il ricavato della vendita all’associazione Rige Against Hunger, a supporto della lotta contro la fame nel mondo.
HEINZ & SELETTI- STUDIO JOB
Nel 2019 Heinz ha festeggiato i suoi 150 anni di vita, in cui il ketchup ne ha viste davvero di cotte e di crude. Il brand che ha accompagnato ogni diversa pietanza, in ogni diversa cultura e nelle diverse epoche, ha visto anche i cambiamenti dei gusti dei consumatori che però non hanno mai fatto mancare Heinz nei propri piatti.
Proprio per questo, il brand ha deciso di celebrare il suo compleanno con un’edizione limitata di 150 piatti, in collaborazione con Seletti e Job Smeets, le due icone indiscusse del design.
HEINZ & OCEAN SPRAY
Ocean Spray è la nota cooperativa produttrice di succo e salsa di mirtilli che unisce tra Stati Uniti, Canada e Cile più di 700 coltivatori. Il primo aprile del 2021, Heinz annuncia una probabile partnership con Ocean Spray, creando un prodotto innovativo e dal curioso gusto: Cravy, una salsa fatta di ketchup e mirtilli. Heinz lascia però che siano i suoi fedeli consumatori a decidere se dare effettivamente vita a Cravy. Il sondaggio su Twitter però non diede responso positivo. In molti si sono chiesti se la collaborazione fosse un pesce d’aprile, ma vista la mancata volontà del pubblico di assaggiare la nuova salsa, siamo tutti rimasti con questo succulento dubbio.
After a wonderful think session with my friends at @oceansprayinc, we’ve decided to join forces for a flavorful concoction that might add a touch of magic to your meal.
What do you say, dear friends? 250,000 ‘Indeed’ votes will make “CRAVY” a reality!
Forse qualcuno saprà che il cantante ha un’incondizionata passione per Heinz. Si dice che non viaggi mai senza la sua bottiglia di ketchup e che addirittura abbia l’inconfondibile bottiglia tatuata sul braccio. Un vero e proprio consumatore fidelizzato che il brand non poteva lasciarsi scappare per aumentare la sua awareness. E così Ed Sheeran ed Heinz hanno creato nel 2019 un’edizione limitata di salsa di pomodoro chiamata Edchup, con tanto di simpaticissimo spot.
HEINZ & FORTNUM AND MASON
In UK il San Valentino del 2020 ha avuto uno strano sapore, grazie alla collaborazione tra i cioccolatini firmati Fortnum and Mason ed Heinz. Il grande magazzino famoso per rifornire la Casa Reale inglese ha ideato per l’occasione una scatola di tartufi in edizione limitata, dai diversi gusti e con la particolare e pungente glassa fatta di ketchup. È proprio vero, il ketchup sta bene su tutto!
ABSOLUT & SWEDISH HOUSE MAFIA
Per l’uscita del loro nuovo album, il gruppo electronic-house svedese nel 2012 non poteva scegliere un partner più idoneo di Absolut, entrambi svedesi ed entrambi protagonisti dei party. La collaborazione ha previsto la composizione del brano Greyhound ed il relativo video in esclusiva per Absolut Vodka. Brano che tra l’altro ha aperto il festival Coachella in cui Absolut è stato uno degli sponsor.
ABSOLUT & CLOTHSURGEON
La famosa vodka svedese per anni si è divertita a collaborare con artisti di fama internazionale come Keith Haring, Andy Wharol e Herb Ritts. Il brand da sempre aperto alla fusione delle culture, nel 2020 ha deciso di collaborare con l’inglese Clothsurgeon, marchio di abbigliamento maschile di lusso.
In edizione limitata, la collezione di t-shirt Absolut T Projectesprime l’unione di diverse culture, idee e background i cui materiali organici provengono da diverse parti del mondo e su cui è impresso lo stemma di Absolut Vodka. Semplici magliette bianche che però racchiudono un grande messaggio: quello dell’inclusività.
ABSOLUT & DR.LAKRA
Absolut Messico celebra l’antica cultura messicana, quella Maya. Le bottiglie in edizione limitata nascono dalla collaborazione nel 2012 tra il brand di vodka e l’artista visivo Dr. Lakra che ha personalmente disegnato le grafiche che raccontano gli elementi simbolo dei Maya: ilgiaguaro, il serpente piumato ed il dio del vento, della tempesta e del fuoco.
ABSOLUT & MERIVALE PER IL PRIDE
Merivale, l’azienda australiana specializzata in servizi per l’ospitalità, in occasione del Sydney Gay and Lesbian Mardi Gras del 2021, si unisce con Absolut Vodka per festeggiare l’orgoglio LGBTIQA+ ed insieme celebrare l’amore e la condivisione universale. Oltre che a una varietà di pacchetti per la ristorazione e alla creazione di una bottiglia arcobaleno, i due brand hanno creato il cocktail Absolut Banger. Absolut ci tiene a ricordare che dall’inizio degli anni ’80 è sempre in primo piano nell’offrire supporto alle diversità, nella convinzione che ognuno dovrebbe scegliere di amare ed esprimere le propria individualità nel modo più libero possibile.
ABSOLUT & PHILIP PLEIN
Il 2010 vede una brillante collaborazione tra Absolut e lo stilista tedesco Philip Plein che ha disegnato e decorato con cristalli Swarovski una tiratura di 100 leggendarie bottiglie.
Adori le collaborazioni tra i brand? Dai un’occhiata qui:
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/04/collaborazioni-Heinz-e-Absolut-Vodka-ninja-marketing.png6001200Urania Frattarolihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngUrania Frattaroli2023-04-07 12:00:172023-04-07 12:11:58Le collaborazioni più belle di Heinz e Absolut Vodka
Il Ninja Wrap Up nasce per mettere insieme la potenza informativa e di Intelligence Ninja con la profondità dell’Alta Formazione. Si parte infatti da un condensato delle principali notizie Digital del mese – tra quelle selezionate ogni giorno dalla Redazione dalle più autorevoli fonti internazionali – per poi commentarle con i migliori esperti del settore e renderle applicabili concretamente.
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Si parte infatti da un condensato delle principali notizie Digital del mese, tra quelle selezionate ogni giorno dalla Redazione dalle più autorevoli fonti internazionali, per poi commentarle con i migliori esperti del settore e renderle applicabili concretamente.
Ninja Wrap Up #3: temi e ospiti
Il tema di questo nuovo appuntamento è: Da Brand Tribe a Subscription: trasformare una community in abbonati.
Mercoledì 12 aprile ti spiegheremo come valorizzare le relazioni tra gli individui e convertire una community in membership grazie al marketing tribale.
Bernard Cova, l’inventore del Marketing Tribale, terrà una Masterclass gratuita in esclusiva per la Ninja Tribe.
Cova è tra i professori di marketing più importanti del mondo e tra i più grandi esperti di Brand Tribes. Oggi Professore di Sociologia del Consumo e Marketing presso la Kedge Business School in Francia e Visiting Professor all’Università Bocconi di Milano, ha il merito di aver applicato per la prima volta la teoria delle tribù del sociologo Michel Maffesoli al marketing, ideando il concetto di community unita intorno a una marca.
Il programma e gli ospiti
Ecco cosa troverai nel Ninja Wrap Up #3:
ore 12:30 – 13:00
I take away dei marketer per il mese di marzo – Ninja Team
ore 13:00 – 13:30
Il ruolo delle brand community nella toolbox dei marketer – Bernard Cova
ore 13:30 – 14:00
Da Ninja Marketing a Ninja: evoluzione di una brand tribe – Mirko Pallera
ore 14:00 – 14:30
Convertire una nicchia di interessi in micro-community .- Gianluca Perrelli
ore 14:30 – 15:00
Dietro le quinte di un modello di business in subscription – Ignazio Morici
ore 15:00 – 15:30
I fattori di successo del Community Management – Carlotta Calegari
Come partecipare al Ninja Wrap Up
Partecipare è semplicissimo: basta registrarsi a questo link per essere tra i primi ad approfondire e sperimentare le più recenti novità del mondo digital.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2023/04/Bernard-Cova.jpg607850Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2023-04-06 10:59:422023-04-07 09:55:36Ninja Wrap Up #3: come si trasforma una community in abbonati
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