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Storia del selfie: dal significato sociologico al suo impatto sul marketing

  • Il 21 luglio si è celebrato il National Selfie Day: scopriamo come e quando nasce il selfie e qual è il suo significato sociologico e il suo impatto sul marketing.
  • Il selfie non è solo un modo di farsi foto, ma è diventato sempre di più uno strumento, un concetto, una tendenza sociale che ci svela molto della società digitale in cui siamo immersi.

 

Al mare, a lavoro, in strada, in auto. Celebrities e persone comuni: oggi chiunque scatta selfie e lo fa in ogni momento della propria giornata. Con i social media, il modo di scattare le foto è completamente cambiato: non fotografiamo più il mondo intorno a noi, ma ci fotografiamo nel mondo. Ciò che cambia è la prospettiva, siamo noi al centro e tutto il resto attorno. Filtriamo oggetti, luoghi e persone attraverso i nostri “sorrisoni” social postati ad ogni ora del giorno e della notte.

Il 21 luglio si è celebrato il National Selfie Day, ma come e quando è nato il selfie e qual è il suo significato sociologico e il suo impatto sul marketing?

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Il primo selfie della storia VS il selfie moderno

Era il 1839 quando Robert Cornelius, di Philadelphia, scattò un selfie con una fotocamera dagherrotipica ritrovando nelle nuove tecnologie la tradizione secolare dell’autoritratto.

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Alla base di questa azione c’è la volontà di “osservarsi” e la vanità di fare di noi stessi un’opera d’arte, tutte caratteristiche insite da sempre all’interno dell’animo umano.

E infatti, il selfie moderno condivide con il primo selfie della storia (più o meno) la stessa matrice. Nel 2013 il termine “selfie” entra a far parte del dizionario di Oxford e il suo utilizzo cresce del 17.000%. Lo smartphone è il vero artefice dello sviluppo del selfie all’interno della nostra società contemporanea. Che sia per vanità, per comodità o per moda il selfie ha generato una mania che ha rovesciato (letteralmente) la sceneggiatura visiva.

Grazie al selfie, Instagram, che è un social che si basa proprio sulle immagini ed è costellato da questi autoritratti, è cresciuto esponenzialmente ed è diventato ciò che rappresenta oggi per noi. Proprio su Instagram, infatti, sono state generate le prime vere tendenze legate al selfie grazie agli hashtag #duckface e #Iwokeuplikethis.

Nel 2014 il Pew Research Center ha pubblicato uno studio in cui rivelava che più di un quarto degli americani ha pubblicato almeno un selfie online, sottolineando come la pratica del selfie sia molto più comune tra i Millennials (nati tra gli anni 80 e il 2000).

Il selfie dal punto di vista sociologico

Il selfie non è solo un modo di farsi foto, ma è diventato sempre di più uno strumento, un concetto, una tendenza sociale che ci svela molto della società digitale in cui siamo immersi e in cui, tutti noi, viviamo quotidianamente.

Prima che le nuove tecnologie fossero alla portata di tutti, l’autoritratto era una pratica relegata alla pittura. Lo smartphone lo ha liberato dal mondo dell’arte e lo ha consegnato alle masse. Secondo Herbert Marcuse l’atto del selfie rappresenta una forma di “razionalità tecnologica”: abbiamo la possibilità di fare i selfie e, di conseguenza, li facciamo anche perché la nostra cultura – in qualche modo – si aspetta che noi lo facciamo.

I social media hanno reso la nostra quotidianità una realtà costantemente mediata e mostrata agli altri. Il selfie – un’immagine pensata per essere condivisa – in questa ottica, non è un atto individuale, ma sociale e rappresenta la nostra costante interazione con le persone che – direttamente o indirettamente – fanno parte della nostra vita. Attraverso i social però possiamo decidere quale immagine consegnare agli altri e il selfie è il primo atto che ci consente di creare la nostra immagine digitale. 

Il sociologo Erving Goffman descrive questo come un processo di impression management, letteralmente “gestione dell’impressione”. Sì, perché attraverso i social siamo sempre in grado di gestire il nostro “io” digitale, accentuando o diluendo aspetti del nostro carattere o della nostra fisicità. Questo processo è motivato da ciò che in sociologia viene definita “desiderabilità sociale”, la volontà (o il bisogno) di fare una buona impressione sugli altri.

Il selfie dal punto di vista del marketing

Del grande valore del selfie non poteva non “approfittare” il marketing che ci ha visto, fin da subito, grandi potenzialità per connettere brand e celebrities con il proprio pubblico in un modo totalmente nuovo.

Purezza visiva, creatività e novità sono i tre elementi alla base del successo del selfie nell’ambito del marketing digitale. Sono tante le campagne che si sono sviluppate proprio attorno ad esso e hanno avuto un grande successo.

The Walking Dead: #DeadYourSelf

Una delle serie Tv più amate degli ultimi anni, The Walking Dead deve il suo grande successo anche alle sue campagne pubblicitarie super coinvolgenti e ben realizzate attraverso i social. Nel pieno del suo successo, la rete AMC ha sviluppato un’app che permette ai fan sfegatati della serie di trasformare il proprio volto in quello di un terrificante zombie. Incoraggiando gli utenti a condividere i selfie sui social attraverso l’hashtag #DeadYourSelf la serie ha ottenuto un ottimo livello di coinvolgimento ed ha cavalcato l’onda del suo già ampio successo.

Beats By Dre: #SoloSelfie e il video in stile “ciambella”

Nel 2014, per lanciare le sue nuove cuffie Solo2, il brand Beats si è ispirato al video di Karen X e ha spinto influencer e fan ad emulare il “Donut Selfie”, un modo di fare video facendo girare solo lo smartphone attorno a sé, riprendendo la forma di una ciambella. Il tutto, ovviamente, sfoggiando un paio delle nuovissime cuffie.

Le immagini e il video super accattivanti hanno contribuito a far ottenere alla campagna 10,6 milioni di visualizzazioni in poche settimane. 

Volvo: #SelfieForSafety

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Basata sul concetto di sicurezza, la campagna di Volvo #SelfieForsafety è stata lanciata nel 2019. Volvo ha chiesto alle persone di farsi un selfie in auto, con la cintura di sicurezza, utilizzando l’hashtag della campagna.

L’iniziativa ha avuto un bel po’ di successo, ma soprattutto è stata utile per capire che ben 4 persone su 10 indossano la cintura di sicurezza in modo errato.

Il selfie oggi è una pratica in declino?

Nel 2016 sono stati caricati online 24 miliardi di selfie. Nel 2018, invece, il numero è sceso a 94 milioni. Cosa sta succedendo? La pratica del selfie è in declino?

Come tutte le mode c’è il rischio che anche il selfie subisca delle battute d’arresto. Soprattutto perché in molti, negli anni, hanno demonizzato il selfie come pratica, talvolta, pericolosa o perché sostengono che la mania di mostrarsi continuamente agli altri potesse influire negativamente sulla psiche umana, soprattutto dei più giovani.

Inoltre, i fotografi professionisti non hanno mai definito il selfie una vera forma d’arte e per questo l’hanno criticato aspramente.

Eppure, negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad una sorta di rinascita del selfie. Tantissimi i volti degli utenti che ogni giorno pubblicavano selfie “in maschera” sui propri profili social. Complice il tempo che abbiamo passato a casa, senza troppi impegni, e la “nuova immagine” di noi stessi dietro alle mascherine che – man mano – sono diventate sempre più alla moda e originali, il selfie è tornato in auge e di certo non scomparirà. Almeno per ora.

Come tutte le pratiche sociali, ovviamente anche il selfie se usato nel modo giusto può rappresentare una grande risorsa social e pubblicitaria.

L’arte dopo il Covid. Abbiamo chiesto a Ennio Finzi cosa ne sarà

«Ho inseguito l’atonalità, la musica dodecafonica, il ritmo sincopato del Jazz, per realizzare dei quadri che volgessero verso un’esperienza inedita del colore, insomma volevo provocare visivamente una sorta di pugno sullo stomaco».

Inizia così, con una tempesta radioattiva di parole, la mia chiacchierata con Ennio Finzi, classe 1931, l’ultimo degli spazialisti. Davanti a me un uomo che ha contributo a una svolta decisiva nella storia dell’arte contemporanea.

Il Maestro Ennio Finzi

Effetto Gioconda: ti aspetti sempre chissà cosa quando incontri dei grandi personaggi, ma di solito non ci azzecchi mai. Il mio appuntamento con Ennio Finzi è in un vecchio bar di Corso del Popolo, a Mestre. Con un po’ di ironia mi piace chiamare questo vialone Völkstraße, perché mi ricorda la vecchia architettura socialista della Berlino Est. Nei tavolini di metallo scorrono caffè veloci, sigarette, sambuca e patatine aperte da un po’. Il curatore dell’Archivio Finzi mi anticipa che il Maestro è lì ogni giorno, sempre alla stessa ora, esattamente dalle 17:30 alle 18:30. Così da 20 anni.

Nel frattempo il bar ha cambiato gestione molte volte. Adesso al bancone c’è una famiglia di cinesi, ma gli spritz generosi sono sempre gli stessi e nessuno sembra badare troppo al resto.

Tutto cominciò da Lucio Fontana, lo spazialismo rivoluzionò le logiche dell’arte e Fontana ne era l’alfa e l’omega. Nel primo dopoguerra, le scoperte scientifiche, l’energia, la voglia di fare e di ricostruire non poteva essere contenuta nella tela. Lo spazio si doveva trasformare, la pittura diventava sinestetica. Dentro quelle pennellate c’era la TV, la musica, la tecnologia, la scienza, gli elettroni che premono sulla superficie squarciando quella tela che non bastava più, che improvvisamente era diventata vecchia, vecchissima.

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Dimensione Cosmica (1956)

Parliamo d’arte

La definiscono “l’ultimo degli spazialisti”, qual è l’eredità di Fontana e di quel gruppo a cui lei si era avvicinato così giovane?

«Mi chiamano così, “l’ultimo degli spazialisti”, ma le rivelo un segreto: in realtà non ho mai preso direttamente parte allo Spazialismo, nel senso che non ho firmato i suoi manifesti. Ma li frequentavo, eccome: negli anni cinquanta ho preso parte alle mostre collettive alla Galleria del Cavallino di Carlo Cardazzo, che era il centro di diffusione dello spazialismo. Lo spazialismo è un termine troppo generico e inclusivo. Anzi, sa cosa le dico? Lo Spazialismo è stato solo Fontana, punto».

Cosa ne pensa di questo periodo così particolare della nostra storia e della limitazione alle libertà individuali sorte come conseguenza del Covid?

«Non ho mai vissuto un periodo così fortemente alimentato dalla paura, nemmeno durante la guerra c’era questa sensazione di desolazione, nemmeno allora le attività umane vennero sospese. Fuori si combatteva ma le gente continuava a lavorare e vivere».

Con quale artisti del passato veneziano sente un legame empatico?

«La lezione fondamentale rimane quella di Emilio Vedova, la sua gestualità dirompente e l’energia che percepisci addosso quando sei davanti a una delle sue tele. Sul piano più concettuale e culturale Virgilio Guidi ha rappresentato per la mia generazione il vero riferimento. Guidi era un maestro, non tanto sul piano compositivo quanto piuttosto per le sue idee, per la sua fenomenologia della luce, per la sua grande cultura e per la modernità che sapeva ispirare la sua pittura, sempre diversa, sempre tesa a rinnovare se stessa».

Cromovibrazione luce nero (1968)

Quale movimento artistico le ha trasmesso più libertà?

«Mi considero un astrattista patologico e, a parte una breve esperienza propedeutica, dal 1950 ho interrotto qualsiasi riferimento pittorico al reale. Quindi se c’è un movimento a cui ho guardato è senz’altro quello che riguarda la complessità della corrente astratta, sia nella variante geometrica e razionale di Mondrian, sia attraverso quella comunemente definita “lirica”, promossa da Kandinsky».

Quali momenti della storia dell’arte per lei sono stati decisivi per arrivare alla varietà e libertà d’espressione artistica che abbiamo oggi?

«L’astrattismo è stato il momento attraverso il quale l’artista ha finalmente potuto liberare la sua creatività, affrontando un mondo allora impensabile da indagare: quello interiore. All’inizio erano in pochi a comprendere che quel mondo era perfino più importante di quello esteriore, riconoscibile da tutti. Il visibile l’ho sempre ritenuto meno interessante, meno affascinante. Cos’è la vera bellezza? Secondo me non è quella che abbiamo sotto gli occhi».

Cosa comunica l’arte contemporanea oggi al tempo dei social media e della comunicazione di massa e che ruolo può avere per l’educazione al bello delle nuove generazioni?

«Al tempo in cui dipingevo con l’aerografo le mie forme luminose in espansione, all’interno di quella ricerca percettivistica comunemente chiamata Op Art (Optical Art) e programmata, arrivai ad un punto, verso la fine degli anni settanta, in cui decisi che non era più stimolante continuare. La computer grafica cominciava col delinearsi come un sistema di riproduzione più affidabile e infinitamente più aperto ad ogni registro creativo. La scienza e la tecnica spesso sono state viste come sostitutive della creatività umana, e questo a mio avviso è un errore che fanno le generazioni più giovani. Come posso perciò sentirmi in sintonia con il mondo che oggi definiamo digitale? Osservo quotidianamente ragazzi e adulti chini verso il proprio telefono, è forse questo il nostro futuro? Tutto questo non mi appartiene».

Architettura del colore (1995)

Ha nostalgia di qualcosa?

«Negli anni ‘50 a Venezia “passava il mondo”, noi eravamo felici con poco. La mia pittura è tutta in quel decennio, la mia ricerca se ha valore, lo ha per ciò che ho fatto negli anni cinquanta, i decenni successivi sono stati conseguenti a quel periodo. Rimpianti? Forse mi fa questa domanda per la mia età, ma mi dispiace deluderla, non ho rimpianti da raccontarle, sono abituato a guardare più al presente che al passato».

Tutti hanno rimpianti, Maestro.

«Insiste? Allora le confesso questo: forse il mio unico rimpianto e di non avere avuto abbastanza ambizione quando, nei primi anni sessanta, mi trovavo a Milano e collaboravo con Dino Gavina, ecco forse allora avrei dovuto inserirmi maggiormente nel mondo artistico milanese, invece mi son sempre mantenuto ai margini. Conoscevo Fontana, Manzoni, Scanavino, i fratelli Castiglioni e tanti altri ma in realtà non ho mai pensato di utilizzare le mie frequentazioni per proporre né tanto meno per imporre il mio lavoro. Ho sbagliato, ma non me ne faccio certo un cruccio».

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Il verso del blu (1999)

Cosa verrà dopo

Che ne sarà del mondo dell’arte nel mondo post-Covid?

«Sarà quello di sempre, non credo a quanti dicono che il mondo sarà migliore. Non credo a chi dice che le nostre abitudini cambieranno per sempre, che ci aspetta un mondo nuovo. In 90 anni di vita ne ho viste troppe, e ogni volta la storia si è ripetuta in maniera circolare. Ho molti dubbi che l’uomo possa cambiare, e quando lo fa, in genere lo fa in peggio».

E dell’arte spazialista che ne sarà dopo di lei?

«Lo spazialismo è morto con Lucio Fondana, Edmondo Bacci, Vinicio Vianello, Gino Morandis e Mario De Luigi. Inutile girarci intorno: oggi non esiste. La storia dell’arte un giorno farà i conti con quell’esperienza straordinaria e scoprirà che si trattava di un programma che calzava bene soltanto per le opere di Fontana che ritengo ancora oggi l’unico e il vero spazialista. Il Movimento Spazialista non esiste più oggi e sa cosa? A volte ho dubbi che sia mai esistito, anche allora».

fake news immagine

Guida pratica per combattere la disinformazione: ecco come riconoscerla

  • Quasi ogni giorno qualche notizia viene travisata o modificata e, grazie al suo potere virale, diventa una fake news.
  • I social network stanno provando ad arginare il problema, diventato più impellente che mai durante il Coronavirus, ma non basta.
  • TikTok lancia una campagna per insegnare la media literacy: ecco come scovare e combattere le fake news in un elenco di cose da fare.

 

Qualche tempo fa ho ricevuto un messaggio che mi avvisava di un evento astronomico molto interessante che avrebbe dovuto avvenire la notte tra il 27 e il 28 luglio: una “luna rossa”, causata da nientedimenoche l’eclissi più lunga del secolo.

E così come me, migliaia di altre persone hanno letto lo stesso testo su Whatsapp o addirittura su testate come Repubblica e Sky24. Ma quando sono andata a cercare più informazioni online, mi sono trovata davanti a un ironico dejavù: la fantomatica eclissi non ci sarebbe stata, perché ha in realtà avuto luogo 2 anni fa.

Un errore di data, probabilmente. O forse uno scherzo. Fatto sta che, per quel magico potere della viralità online su cui ancora abbiamo così tanto da comprendere, la notizia ha iniziato a rimbalzare di Whatsapp in Whatsapp, di sito in sito, fino a diventare una fake news.

Fa niente – un errore innocente, una bufala che non ha fatto del male a nessuno. Giusto?

Giusto. Ma anche sbagliato. Perché mi ha fatto riflettere, insieme alle tante notizie più o meno false che ho visto specialmente durante i mesi di lockdown girare sui social o persino arrivarmi su WhatsApp, su quanto sia facile manipolare la realtà online.

Una piccola informazione omessa, come l’anno della data, può portare tutta Italia a condividere una notizia palesemente falsa.

O ancora, un luogo mancante può invece far sì che il video di un cerbiatto filmato nel 2016 (e già stato oggetto di fake news nel 2018) torni a diventare virale come caso di “natura che si riprende i suoi spazi” durante la quarantena. E così via, in una sequenza a cui ormai siamo fin troppo abituati.

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A chi spetta il controllo sulle fake news?

Quando parliamo di errori in buona fede come questi, ci si può fare su una risata. Ma quando invece c’è del dolo dietro la creazione o la manipolazione di un contenuto, non c’è niente da ridere.

In casi del genere, un post sui social può arrivare ad essere veicolo di odio razziale, di disinformazione medica, o addirittura influenzare la scelta di un partito politico piuttosto che un altro.

Tanto è il potere dell’informazione. E tanto è facile cadere nella trappola di un piccolo, innocente “condividi”.

E se è ovvio il ruolo di giornalisti e professionisti della comunicazione, che dovrebbero fare da filtro e procedere sempre alla verifica di ogni fonte, sono spesso proprio i canali ufficiali a sbagliare e a “convalidare” una fake news per errore o per fretta.

È quindi compito e dovere del singolo imbarcarsi in un percorso di analisi e di scoperta degno di un vero e proprio detective per verificare la veridicità di ciò che si trova davanti ed, eventualmente, se abbia senso condividerlo.

La cattiva notizia? Non è facile, specialmente in alcuni casi. Quella buona? È una questione di abitudine, di “mindset”; una volta capito quali sono i passaggi concreti da compiere per identificare una fake news, e allenato il nostro investigatore privato personale a farlo un paio di volte, diventa molto più facile riuscirci.

come interrompere fake news

La guerra dei social alle Fake News

Negli ultimi anni, dopo scandali su scandali e situazioni sempre più gravi di proliferazione delle Fake News online, i social media hanno iniziato a prendere in mano il problema.

C’erano già stati diversi timidi tentativi, ma quest’anno un evento globale ci ha messo davanti ad una vera e propria esplosione incontrollata del problema: l’epidemia di Covid-19.

Già le informazioni di per sé erano sparse e disorganizzate, a volte apertamente contraddittorie tra loro anche quando venivano da fonti ufficiali; la corsa alla “breaking news”, il panico generalizzato e anche la mala fede di singoli e alcune aziende hanno fatto il resto.

Così negli ultimi mesi sono proliferati esperti, farmaci miracolosi, informazioni di dubbia qualità, etc etc. Tutte amplificate e ingigantite dal gigantesco palcoscenico su cui tutti ci esibiamo: i social media.

Tra le misure prese dai giganti del web,

  • Twitter ha deciso di eliminare i contenuti che apertamente promuovevano cure fasulle o negavano quanto detto dalle fonti ufficiali;
  • Facebook ha creato una sezione ufficiale dedicata alla racconta di informazioni ufficiali sul Coronavirus, posizionata in cima al News Feed;
  • Reddit ha ospitato sessioni di domande e risposte ufficiali tenute da esperti di vari ambiti.

In generale, qualsiasi sistema di “sorveglianza” si può basare su un misto di Intelligenza Artificiale (che individua determinate parole chiave, ad esempio) e di supporto degli utenti, tramite la possibilità di “segnalare” i contenuti fake.

Ma è abbastanza? Chiaramente no. WhatsApp ad esempio si sottrae a questa possibilità grazie al fatto che i messaggi sono crittografati – una cosa essenziale per la nostra privacy, ma uno scudo meraviglioso per le fake news che possono essere diffuse qui.

Cosa serve quindi? È necessaria quella che viene definita “media literacy“.

A scuola di Media Literacy

L’Unione Europea la definisce ufficialmente come “la capacità di accedere ai media, di comprendere e valutarne criticamente i diversi aspetti a cominciare dai loro contenuti, di creare comunicazione in una varietà di contesti”. Ed è a tutti gli effetti una capacità che si deve apprendere tramite studio ed esercizio, esattamente come qualunque altra, tanto che dovrebbe essere insegnata nelle scuole.

E infatti, dove questo tema è stato seriamente introdotto nelle politiche locali dai governi è dove le fake news hanno iniziato ad avere meno seguito.

paesi con resistenza alle fake news

I Paesi nordici e in particolare la Finlandia che, grazie ad un programma implementato dal governo fin dalle scuole elementari per incoraggiare il pensiero critico online, si è posizionata prima per capacità di resistere alla disinformazione e alle fake news.

Verso l’educazione digitale: entra in campo TikTok

La soluzione quindi è una sola: educare, ed educarci, a riconoscere le fake news e a difenderci da esse, stroncandole sul nascere.

L’ultimo arrivato a provarci è TikTok, il social network che è decisamente arrivato alla ribalta quest’anno e che accoglie soprattutto giovani e giovanissimi, e che su questo argomento ha lanciato una campagna di influencer marketing molto originale.

In una serie di video divertenti e originali, gli influencer della piattaforma affrontano il tema della media literacy nel modo scanzonato che ha determinato il successo dei brevi video che contraddistinguono questo social.

E quindi, con il loro aiuto e integrando il tutto con qualche informazione aggiuntiva, proviamo a stilare una breve guida per identificare, smascherare e debellare ogni fake news che possa arrivare davanti ai nostri occhi.

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La guida anti Fake News: come impedire alle notizie false di passare sotto i nostri radar

  1. Rallenta e ragiona: ogni qualvolta che un contenuto che sembra “troppo XXX per essere vero” ti capita davanti, fermati e chiediti: c’è qualcosa di strano? Le fake news che hanno maggior carica virale sono quasi sempre quelle che suscitano una forte reazione emotiva, positiva o negativa. Storie che sembrano troppo ridicole o che confermano in maniera cieca un pregiudizio diffuso sono ottimi veicoli di falsità. Da ultimo, se un contenuto del genere ti incita a spendere soldi per qualcosa, tutti i tuoi allarmi mentali da fake news dovrebbero iniziare a emettere suoni e luci all’unisono.
  2. Identifica la fonte: non importa da chi arriva il messaggio e quanto affidabile ti sembra la pagina. Non ti fermare alle apparenze, leggi bene l’URL (molti siti di fake news somigliano a note testate con qualche tipo di typo nel nome) e se serve cerca di capire chi è l’autore. Controlla anche la data, e se ci sono link di approfondimento prova a seguirli per vedere se il sito originario è affidabile o meno. Come regola generale, considera che se arriva su WhatsApp e ti sembra un testo copiato e incollato, allora è quasi sicuramente fake.
  3. Fai le domande giuste: nella stragrande maggioranza dei casi basta copiare e incollare il testo ricevuto su Google per scoprire in pochi secondi se si tratta di una notizia vera o di un fake.

    combattere fake news tiktok

  4. Dai un feedback se non è affidabile: su tutti i social c’è la possibilità di “segnalare” i contenuti inappropriati, e le fake news hanno una voce specifica. Se invece il messaggio ti arriva da un parente o amico, faglielo notare personalmente: è importante che le notizie false vengano smantellate con la stessa intensità virale con cui si diffondono.
  5. Confronta più fonti: se si tratta di una notizia vera ma che ti pare esagerata o falsa, prova a verificare come ne parlano altre testate, idealmente verifica anche in inglese perché spesso i media italiani amano fare sensazionalismo.
  6. Se sei in dubbio…non condividere! Se nonostante la tua breve ricerca non riesci a capire se la notizia è vera o falsa, nel dubbio evita di condividerla e di supportare il meccanismo virale. Soprattutto se i motivi che ti spingono a condividere sono negativi (rabbia, tristezza, accuse…). È anche compito tuo fermare le fake news, ed è una scelta che ciascuno di noi deve fare personalmente.
  7. Bravo. Ora ripeti da capo per la volta successiva. Ogni volta che stai per premere “condividi” o “inoltra”, una vocina dovrebbe attivarsi nel tuo cervello e dirti: “sei proprio sicuro sicuro sicuro?”
strumenti di google per giornalisti

Tool di Google per i giornalisti, nasce una nuova suite

  • Da un paio d’anni, la Google News Initiative mette a disposizione dei giornalisti tool gratuiti, partnership e programmi pensati ad hoc per loro.
  • All’interno di questa “iniziativa di collaborazione con il mondo dell’informazione”, in queste ultime settimane è nata una nuova suite di strumenti gratuiti per l’analisi e l’interpretazione dei dati di Google Analytics.

 

Google, si sa, ha posato i propri occhi sulle redazioni giornalistiche già un paio d’anni fa. Da allora, attraverso la Google News Initiative, “iniziativa di collaborazione con il mondo dell’informazione”, continua a proporre ai giornalisti di tutto il mondo tool e occasioni sempre nuove per “crescere nell’era digitale”.

Principalmente, la Google News Initiative è pensata su tre binari. Il primo è quello dedicato ai prodotti, ovvero i tool di Google per i giornalisti. Il secondo è quello delle partnership, strette “con chi si occupa di informazione per affrontare le sfide di settore e di business”. Infine i programmi, “per favorire l’innovazione nel mondo dell’informazione”.

Tra questi ultimi, ad esempio, il Google News Lab, la Google News Initiative Innovation Challenge, il Google News Initiative Cloud Program e il Digital News Innovation Fund. Ma anche occasioni di formazione come la Google News Initiative Fellowship e il centro di formazione online, con più di 40 lezioni dedicate ai prodotti e ai tool di Google per i giornalisti. Ma quali sono gli ultimi rilasciati?

Tool Google per giornalisti

I nuovi data tool di Google per i giornalisti

Negli ultimi due anni, la Google News Initiative ha “lavorato con migliaia di organizzazioni giornalistiche per aiutarle a trasformare i dati in informazioni commerciali concrete. News Consumer Insights e Realtime Content Insights hanno aiutato le aziende editoriali a fidelizzare i lettori e ad aumentare la redditività”.

Nelle ultime settimane, questi due tool pensati da Google per i giornalisti sono stati rilasciati nella loro versione 2.0, e ad essi si è aggiunta anche la News Tagging Guide. È nata così una vera e propria nuova suite di strumenti gratuiti “che aiuteranno le redazioni giornalistiche a semplificare e comprendere meglio i dati, per migliorare la strategia digitale”.

Tool Google per giornalisti

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News Tagging Guide

La News Tagging Guide (NGT) è un tool gratuito che aiuta i giornalisti a sfruttare al massimo il potenziale di Google Analytics, individuando le metriche di engagement che contano per l’audience e la crescita dei ricavi. Semplifica l’implementazione tecnica di Google Analytics attraverso tag pronti per essere copiati e incollati all’interno del proprio sito web e amplifica le raccomandazioni e gli insight ottenuti attraverso gli altri due tool.

strumenti di google per giornalisti

News Consumer Insights 2.0

Il tool News Consumer Insights 2.0 (NCI) identifica le opportunità di ottimizzazione del reader funnel per aumentare la redditività e costruire relazioni più strette con i propri lettori. Dà accesso ad approfondimenti personalizzati e a raccomandazioni attuabili sulla base dei propri dati di Google Analytics.

Tool Google per giornalisti

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Realtime Content Insights 2.0

Nel giornalismo soprattutto digitale, il tempismo, si sa, è tutto. Identificare in tempo reale quali sono gli articoli e i video più visualizzati dai lettori e quali sono gli argomenti in tendenza a livello nazionale è allora essenziale per riuscire a intercettare “in diretta” l’intesse della propria audience. Il tool Realtime Content Insights 2.0 (RCI), pensato per tutte le redazioni che utilizzano Google Analytics, risponde a queste esigenze. E la sua data visualization è semplice, adatta anche a chi coi dati non ha sempre un buon rapporto.

E voi avete già iniziato a utilizzare i tool di Google per i giornalisti? Cosa ne pensate?

just eat arancione

Just Eat cambia icona e diventa arancione

Nuovo look per Just Eat, l’app per ordinare online pranzo e cena a domicilio in Italia, a seguito del merge ufficiale con Takeaway.com, che apre una nuova era nel percorso di crescita e di sviluppo dell’azienda in Italia e nel mondo, dando vita al gruppo Just Eat Takeaway.com, leader globale del mercato dell’online food delivery, nonché primo player assoluto al di fuori della Cina.

Con questa operazione, Just Eat evolve e rinnova l’immagine di brand, per raccontare in modo ancora più chiaro e immediato la filosofia e la missione dell’azienda.

Il nuovo look di Just Eat

Una prima fase ha infatti visto la transizione verso il nuovo logo, in cui è stata inserita l’icona distintiva del gruppo, una casetta contenente forchetta e coltello, sul precedente colore predominante, il rosso. Oggi anche i colori cambiano in favore dell’arancione, cambiamento che comprenderà anche il rinnovo dell’icona dell’app.

just eat

“Si tratta di un colore altamente visibile” spiega Daniele Contini, Country Manager di Just Eat in Italia “ed è associato a ricerche che dimostrano come le persone associno l’arancione all’amicizia e all’allegria, il che lo rende perfetto per il nostro brand perché rappresenta la gioia che vogliamo consegnare ogni giorno. Il cibo è una vera e propria emozione, ancor più in Italia, che le persone possono vivere a seconda delle diverse situazioni e mood che si vivono ogni giorno e che si incrociano con la varietà che mettiamo a disposizione, dai ristoranti preferiti alla possibilità di gustare sapori per ogni momento, occasione e food mood”.

Il refresh del logo e dei colori si pone come un passo importante nell’evoluzione del brand e di tutti i partner coinvolti, questo perché consentirà miglior visibilità, riconoscibilità.

justeat

L’evoluzione del gruppo in Italia

In Italia proseguirà lo sviluppo del mercato con l’obiettivo di rendere il servizio disponibile sempre a più persone, non solo nelle grandi città, ma anche nei centri più piccoli e supportando i ristoranti grazie al digitale, all’uso dei dati e alla personalizzazione di offerte e attività, sempre con l’obiettivo di contribuire al loro successo in termini di clienti e volumi.

Una nuova fase, che prenderà avvio a partire da settembre, prevederà poi anche una futura migrazione e aggiornamento dell’app in un’unica piattaforma globale caratterizzata proprio dalla nuova icona arancione, nuovi asset per ristoranti e rider e una nuova campagna che racconterà la nuova brand identity.

Oggi la company ha superato i 15.500 ristoranti partner sull’app e una presenza sul territorio in oltre 1.200 comuni, raggiungendo circa il 66% della popolazione e oltre 2 milioni di clienti.

tik tok gamified branded content

TikTok lancia Gamified Branded Effect: ecco come funziona

Oggi più che mai i brand sono alla continua ricerca di nuove modalità per entrare in relazione con un pubblico che passa sempre più tempo in casa. E cresce tra gli inserzionisti l’interesse per la gamification come strumento divertente per coinvolgere in maniera positiva la community. Anche e soprattutto su TikTok.

testate giornalistiche tiktok

Il nuovo Gamified Branded Effect

Con il lancio del nuovo Gamified Branded Effect, nasce l’opportunità di integrare i messaggi di brand in effetti di gamification in grado di aiutare gli utenti a creare in modo ancora più interattivo e divertente, in linea con la creatività delle loro espressioni su tutta la piattaforma.

Questo nuovo effetto offre ai brand un’opportunità nuova per valorizzare il crescente interesse verso il gaming su TikTok, cresciuto di oltre il 200% sulla piattaforma nel corso dell’ultimo anno. Dunque, un modo semplice per creare esperienze TikTok più coinvolgenti.

Gamified Branded Effect è molto simile alla “Lens Web Builder” di Snapchat, che consente ai marchi di creare campagne AR Lens, sulla base di alcuni modelli.

La differenza principale è che Lens Web Builder offre centinaia di oggetti 3D, animazioni ed effetti, con molta più varietà, riducendo la potenziale replica.

Ma gli effetti gamificati di TikTok potrebbero avere un potenziale significativo, soprattutto per i marchi che cercano di raggiungere il pubblico più giovane attraverso l’app.

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TikTok gamified branded effect

Gli highlight

Gamified Branded Effect è il prodotto più recente di TikTok For Business, e invita gli utenti a fare un passo in avanti nelle loro strategie sulla piattaforma grazie a un’esperienza video interattiva e divertente.

Gli utenti possono utilizzare le espressioni del volto, le pose del corpo, o altri movimenti per controllare gli elementi brandizzati e interagire con essi, con un’esperienza sound-on.

Sono disponibili oltre 20 tipi di formati di gamification tra i quali scegliere per personalizzare le proprie campagne, come ad esempio:

  • Far muovere in aria una palla muovendo le sopracciglia
  • Fare una gara di pose con un ritmo accattivante
  • Utilizzare i movimenti della testa per controllare un sottomarino

Blocco dello scrittore: 30 idee per superare la paura del foglio bianco

  • Che cos’è il blocco dello scrittore? Il terrore di non riuscire a essere all’altezza delle proprie aspettative.
  • Una guida in 30 punti per superare il momento d’incertezza e tornare a scrivere con più entusiasmo di prima.

 

La paura del foglio bianco è quella sensazione di smarrimento provata di fronte alla pagina vuota. Non è soltanto una questione d’ispirazione, ma di aspettative che abbiamo verso noi stessi e le nostre parole. Vogliamo scrivere un’introduzione a effetto, che colpisca subito il lettore, ma non riusciamo a carburare. Non ci vengono in mente nuove idee, ci sentiamo frustrati perché non abbiamo nulla da raccontare. Ogni passo è un brancolare nel vuoto, e non riusciamo a vedere la luce. Come si supera il blocco dello scrittore?

Che cos’è il blocco dello scrittore

Scrivere è sperimentare con le parole, dare forma ai pensieri, concretizzare e rendere reale ciò che si muove dentro di noi. Non è solo estro creativo, ma è soprattutto metodo e disciplina.

La scrittura è un processo mentale stimolante che richiede tempo, allenamento e ha a che fare con l’emotività, l’incertezza e anche la vulnerabilità. Gli scrittori lottano con queste emozioni e spesso ne vengono sopraffatti.

blocco dello scrittore

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Blocco dello scrittore: le cause

Può essere colpa della paura di mettersi in gioco, di mostrare le proprie idee e per essere giudicati e criticati. La paura di essere respinto impedisce a chi vorrebbe scrivere di farlo, bloccandolo per sempre.

Può trattarsi di perfezionismo, voler fare del proprio meglio e non accontentarsi mai del risultato perché si vuole avere tutto perfetto già alla prima stesura. Molte persone usano il perfezionismo come meccanismo di protezione, per tutelarsi da aspre critiche o fallimenti.

Spesso il problema è invece l’eccessiva autocritica che abbiamo nei nostri confronti. Siamo i nostri peggiori critici. Molti scrittori confrontano il proprio lavoro con quello di altri di maggior successo o addirittura con il proprio lavoro precedente, provocando una vera e propria paralisi d’idee.

L’importante è capire le emozioni che ci attraversano per andare avanti e riprendere a scrivere di nuovo, che sia sul nostro blog, un articolo o un libro. Come si supera il blocco dello scrittore? Possiamo provare con questi 30 consigli.

Come superare il blocco dello scrittore

1. Scrivere ogni giorno

La scrittura è disciplina, bisogna scrivere tutti i giorni, esercitarsi. Questo è un consiglio suggerito dalla maggior parte degli scrittori che si impongono una routine quotidiana e ferrea di scrittura. Quando la scrittura diventa un lavoro sarà più difficile bloccarsi.

2. Fare esercizio fisico

E a proposito di allenamento, uno dei modi migliori per superare il blocco dello scrittore è dedicarsi all’esercizio fisico. È stato dimostrato che riduce lo stress, aumenta la produttività e migliora la memoria.

Un regolare esercizio fisico può incrementare la creatività e la risoluzione di problemi, aiutando ad affrontare meglio il processo di scrittura.

3. Fissare un obiettivo

Gli obiettivi sono fondamentali per pianificare una strategia. Un concetto valido non solo in ambito lavorativo, ma nella vita in generale. Se vogliamo superare il blocco dello scrittore dobbiamo porci un traguardo da raggiungere a fine giornata. Scrivere di un certo argomento, o un numero preciso di pagine, o scrivere per un’ora, o due. Stephen King, per esempio, scrive ininterrottamente quattro ore ogni mattina, tutti i giorni. Il primo passo per superare un ostacolo e allenarsi, prendere la rincorsa e saltare.

4. Creare un piano editoriale

Se il lavoro da fare è tanto e solo a pensare a tutto quello che dovete scrivere vi paralizzate, agite d’astuzia, create un piano editoriale dei vostri articoli, o dei capitoli da fare. In questo modo avrete davanti il lavoro che vi aspetta e potrete organizzare il tutto in anticipo.

5. Usare formati diversi

Siete soliti creare interviste per i vostri contenuti? Cambiate formato, provate a raccontare attraverso una storia. Vi piace scrivere solo in prima persona? Provate a spostare il narratore in terza persona. Cambiare formato potrebbe segnare una svolta alla lotta tormentata con il blocco dello scrittore. Fate un tentativo.

6. Partire da un solo argomento centrale

Siamo completamente a corto di idee? Cominciamo dal principio, focalizziamoci su una singola parola, un solo argomento, facciamo ricerca e creiamo associazioni di concetti. Tutto ci apparirà più chiaro e i contenuti si scriveranno da soli.

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7. Ricercare le keyword

Partendo da un’analisi delle parole chiave del nostro ambito, riusciremo a capire cosa e come vogliamo scrivere. Una semplice keyword può aprire tutte le porte del nostro mondo narrativo.

8. Creare un documento con argomenti interessanti

Quando siamo bloccati, non c’è niente di meglio che consultare delle liste di argomenti stimolanti. Cerchiamo di creare un documento con contenuti che ci piacciono e di cui vorremmo parlare e aggiorniamolo di volta in volta. Appena il blocco dello scrittore perviene, attingiamo alla nostra fonte creativa.

9. Affidati a Google Alerts

Google Alerts è un servizio gratuito che, attraverso una mail, ci notifica tutto ciò che riguarda gli argomenti da noi prescelti. Se vogliamo ricevere più notizie possibili su un determinato ambito, basta attivare un avviso su una o più parole, e ne riceveremo le notizie più importanti.

10. Cambiare orari

Se siamo soliti scrivere al mattino ma abbiamo un blocco da parecchio tempo? Allora cambiamo orario. Ascoltiamo il nostro corpo, magari ci sentiamo più tranquilli la sera, proviamo a scrivere dopo cena. Di solito scriviamo nel pomeriggio? Magari di prima mattina, mentre tutti dormono, potremmo provare a scrivere quell’articolo che non riusciamo a preparare da giorni. Sperimentiamo.

11. Sconvolgere la propria routine

Seguire una routine quotidiana è molto utile, ci permette di essere organizzati e produttivi. Ma se c’è qualcosa che blocca il flusso delle nostre idee, vuol dire che dobbiamo, in primis, capire cosa ci frena, e provare a cambiare la nostra routine. A volte si ha bisogno di una piccola rivoluzione.

12. Cambiare location

Scriviamo sul nostro blog in cucina ma qualunque cosa sembra infastidirci? Dal fruscio del ventilatore, al colore giallo paglierino delle pareti, la cucina sembra essere diventata un luogo di tortura. Cambiamo location, proviamo a ricavare uno posticino per uno studio, o usciamo e scriviamo all’aperto, o magari in uno spazio coworking.

13. Trovare un posto tranquillo

Se invece quello che ci inquieta è il continuo brusio dei colleghi o i rumori in casa, creiamo il nostro angolo personale, lontano da decibel indiscreti.

14. Svolgere esercizi di free writing

Un modo per liberare la mente e non sentirsi schiacciati dal proprio revisore interiore, è quello di fare esercizi di free writing, ossia scrittura libera. Si comincia a scrivere in modo fluido, senza dar troppo peso alla sintassi e alle regole grammaticali, ma bisogna lasciar vagare il pensiero.

L’idea è di lasciare libera l’immaginazione. Impostare un timer per 5 minuti e scrivere senza sosta, senza sollevare la penna dalla carta o le dita dalla tastiera. In questo modo non verremo oppressi dall’ansia che tutto sia perfetto.

15. Creare elenchi

Un altro esercizio di libera espressione è quello di fare elenchi, non liste inerenti il lavoro, ma di ogni genere. La lista della spesa, un elenco dei libri letti fino ad ora, la wishlist per il proprio compleanno, insomma qualunque cosa. Fare un elenco è un ottimo modo per mantenere il cervello impegnato mentre ci si prende del tempo lontano dall’attività da svolgere.

16. Non lasciarsi abbattere dal critico interiore

Il giudizio più temuto da chi scrive è quello di sé stesso. Come una lama affilata può recidere dalla radice qualsiasi sogno e desiderio, lasciandoci con l’amaro in bocca e il cuore infranto. Non lasciamogli prendere il sopravvento. Cerchiamo di essere critici e obiettivi, ma mai distruttivi.

17. Scrivere con carta e penna

Se siamo abituati a scrivere con i nostri laptop e tablet, è il momento di metterli da parte e rispolverare penna e fogli. Scrivere a mano è un ottimo modo per scaricare lo stress. Fateci caso, quando siamo al telefono e abbiamo un foglietto e una penna davanti, facciamo piccoli disegni e scriviamo qualche frase, o semplici parole. Inoltre rafforza la memoria, stimolando il cervello e il linguaggio.

18. Mindfulness, ovvero meditare

La meditazione è un ottimo modo per scaricare le energie negative e, se fatta ogni giorno, aiuta a riappacificarsi con sé stessi. Ogni mattina, prima di iniziare a scrivere, concediamoci 10 minuti di meditazione, magari all’aria aperta, e affrontiamo il foglio bianco senza paura.

19. Fare una passeggiata

Camminare tutti i giorni, per qualche chilometro, rilascia endorfine, i famosi ormoni della felicità, che stimolano il pensiero positivo. Se il blocco dello scrittore ci attanaglia, la soluzione è una passeggiata per rimettere in circolo le idee.

20. Svolgere attività diverse dalla scrittura

Quando il blocco dello scrittore insiste e persiste, è meglio fermarsi, respirare e fare qualcos’altro di creativo per ossigenare il cervello. Potremmo preparare un dolce, o fare giardinaggio. Non poniamo limiti al nostro pensiero creativo.

21. Disegnare e colorare

Tra le attività creative da svolgere, non possiamo tralasciare l’arte. Disegnare e colorare, stimola la creatività, riduce l’ansia, allevia lo stress e aumenta la concentrazione. Dopo aver dedicato mezz’ora al disegno, saremo più stimolati e pronti a superare qualsiasi ostacolo.

22. Ascoltare musica classica

Un altro metodo molto utilizzato da chi ha un blocco creativo è quello di ascoltare musica classica. Perché? La musica classica migliora l’umore, riduce lo stress e incrementa il pensiero positivo. Non c’è niente di meglio di un brano di Mozart per rinfrescarsi le idee.

23. Leggere ogni giorno

Se vogliamo scrivere dobbiamo prima di tutto leggere, e tanto. La lettura ha un potente effetto rigenerante e creativo su chiunque, basta solo trovare un posticino rilassante, scegliere un libro e immergersi in mondi sconosciuti. Provare per credere.

24. Restare umani

La vita di chi vuole scrivere non può essere relegata in casa, ma bisogna uscire, partecipare agli eventi, andare al cinema, a vedere mostre, cercare stimoli per accendere le idee. Il blocco dello scrittore si abbatte vivendo la propria umanità.

25. Creare libere associazioni di parole

Ci avete mai fatto caso che spesso ci esprimiamo usando le stesse e solite associazioni di parole? Possiamo creare delle combinazioni di parole nuove, andando oltre i soliti schemi e uscire fuori dal pensiero lineare giocando con idee e connessioni diverse a cui non avevamo mai pensato.

Un modo divertente per farlo e usare i LEGO. Ad ogni costruzione affibbiamo una parola che poi assoceremo ad un’altra, senza seguire un rigore logico. Il risultato potrebbe sorprenderci, stimolando la fantasia.

26. Lasciarsi ispirare da persone creative

Se la vostra autostima desidera solamente sotterrarsi, non lasciateglielo fare, ma leggete e fate ricerca sulle persone che sono per voi fonte d’ispirazione. Scoprirete che tutti loro hanno avuto momenti di difficoltà anche più complessi dei vostri, ma alla fine non hanno mollato e, passo dopo passo, sono riusciti ad ottenere ciò che volevano (o quasi). Perseverate.

27. Cambiare punto di vista

Quando siamo troppo concentrati su di noi, i nostri desideri e le nostre paure, perdiamo di vista tutto ciò che si anima intorno a noi. Cambiare punto di vista, guardare le cose da fuori, ci permetterà di cogliere sfumature a cui non avevamo mai fatto caso, stimolando il libero pensiero.

28. Lavare i piatti

Lo sapevate che lavare i piatti riduce lo stress? A sostenerlo è un gruppo di ricercatori dell’Università della Florida, e aggiungono che aiuta anche la meditazione. Se il blocco dello scrittore continua a tormentarvi, fate una pausa, magari troverete la risposta tra una lucidata e l’altra.

29. Fare una doccia rigenerante

Vi siete mai chiesti perché le idee più brillanti arrivano proprio sotto la doccia? Una doccia al mattino aiuta a rilassarsi, a rigenerare e rinnovare i processi cognitivi e ad affrontare meglio la giornata lavorativa e i blocchi creativi.

30. Evitare le full immersion

Ultimo consiglio, non lavorate troppo. Buttarsi a capofitto in un progetto ed essere ossessionati solo da quello non vi farà vedere il quadro completo della situazione e di conseguenza resterete impantanati in un limbo di incertezza infinito. Dividete il lavoro, aiutatevi con mappe mentali, occupatevi dell’introduzione e poi dei restanti capitoli ma senza angosciarvi se si presentano zone grigie. Capita a tutti. Una piccola pausa, un bel respiro e si ricomincia.

week in social

Week in Social: dalle nuove opzioni di blocco su Messenger agli hashtag per la lotta al razzismo

Anche questa settimana torna immancabile l’appuntamento con le news dal mondo dei social.

Ecco cosa è successo e non può proprio mancare tra i tuoi update!

Universo Facebook

Nuove opzioni di blocco per Touch ID & Face ID su Messenger

Come condiviso negli ultimi giorni dall’esperto di social media Matt Navarra , la piattaforma di Facebook sta cercando di implementare nuove opzioni di blocco Touch ID e Face ID per Messenger sui devices iOS.

Ciò impedirà alle persone di curiosare ulteriormente nelle chat di Fb Messenger. Una volta abilitate queste opzioni, si può scegliere il tempo necessario per sbloccare nuovamente Messenger con Face / Touch ID. Figo, no?

Per coloro che sono troppo “paranoici” sulle persone che potrebbero controllare il proprio smartphone, possono bloccarlo non appena hanno finito di usare il device.

Le nuove opzioni in merito a Messenger risultano in linea con il graduale cambiamento di Facebook verso un miglioramento della sicurezza della messaggistica della piattaforma. Qualcuno dice che inoltre verrà introdotta la crittografia end-to-end come impostazione predefinita per tutti i messaggi .

Tale piano è stato oggetto di un intenso controllo da parte di diverse agenzie governative, che ritengono che il passaggio alla crittografia completa faciliterà una maggiore attività criminale nelle app di Facebook. Già in passato diverse autorità hanno sollevato dubbi sulla crittografia in WhatsApp.

Tuttavia, Facebook è determinato a portare avanti il suo piano. Alcuni si ricorderanno certamente che Messenger ha già una modalità di chat “segreta” opzionale che è completamente crittografata.

Facebook implementa la condivisione dello schermo su Messenger

Continua il periodo di rinnovo e grande cambiamento in casa Facebook: adesso arrivano anche le nuove opzioni di condivisione dello schermo su Messenger sia con Messenger Rooms sia con l’app da mobile, offrendo una nuova esperienza durante le live chat.

Come potete notare nell’immagine sopra, quando siete in una videochiamata su Fb Messenger, avrete la capacità di trascinare verso l’alto il pannello delle funzioni in basso per visualizzare più opzioni per le vostre chiamate. Lì, vedrete una nuova opzione per “Condividi il tuo schermo”. Ciccatelo e inizierete a trasmettere lo schermo del vostro dispositivo a tutte le altre persone nella live chat video.

Come riportato da Messenger :

“La condivisione dello schermo consente alle persone di condividere istantaneamente il proprio schermo con gli amici e la famiglia durante una videochiamata di gruppo con un massimo di otto persone e fino a 16 persone nelle stanze (Messenger Rooms), mentre utilizzano Messenger sui propri dispositivi mobili. La condivisione dello schermo è l’ultima funzionalità che stiamo implementando per avvicinare, tra loro, più persone”.

Facebook ha aggiunto la condivisione dello schermo nel desktop Messenger e nelle app Web già all’inizio dell’anno, come parte del rinnovamento dell’app desktop, soddisfacendo il crescente interesse per le chiamate da Desktop/Pc.

Per gli utenti aziendali, potrebbe anche fornire un nuovo modo per facilitare le procedure del servizio clienti e assicurare una maggiore trasparenza.

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Pubblicati nuovi dati sui post più condivisi sulla sua piattaforma

Comprendere tutto ciò che può generare coinvolgimento su Facebook è la chiave per massimizzare la copertura (organica e non) e la risposta ai vostri contenuti, ma sappiamo che conoscere i reali dati sulle interazioni a volte risulta essere difficile.

Negli ultimi anni, una giornalista del New York Times, tale Kevin Roose, ha cercato di far luce su questo twittando alcune delle inserzioni dei post più popolari su Facebook, in base agli elenchi della rinomata piattaforma di monitoraggio CrowdTangle. E quegli elenchi non hanno esattamente dipinto un’immagine positiva di come Facebook faciliti determinate interazioni.

Facebook, proprio negli ultimi giorni, ha deciso che era tempo di intervenire e chiarire alcuni punti chiave sugli elenchi della giornalista del NY Times e che molti utenti hanno usato proprio questi elenchi per criticare l’impatto negativo e divisivo del Social Network in questione.

Secondo John Hegeman, Head of News Feed di Facebook:

“Alcune cose importanti da considerare su questi elenchi. […] Mentre alcuni post di link ricevono molte interazioni, Mi piace o commenti, il contenuto in questione rivela soltanto una piccola percentuale di ciò che la maggior parte delle persone nota su Facebook.”

Sebbene le informazioni utilizzate da Roose per reperire i suoi elenchi siano accurate, quindi, non tiene conto  dell’intero ambito di visualizzazione delle persone sulla piattaforma, poiché misura solo le interazioni sui post delle pagine dei publisher e non tiene conto nelle condivisioni tra utenti (numerosissime).

Se Facebook vuole massimizzare il coinvolgimento, il contenuto divisivo sembra essere un elemento essenziale in questo contesto, il che significa che, indipendentemente da come la piattaforma possa inquadrarlo, ha motivo di aumentare post e aggiornamenti che seminano divisione.

Il dibattito è un elemento chiave nella matrice di incentivazione di Facebook, al fine di mantenere gli utenti che postano, commentano e ritornano sul sito.

Instagram lancia raccolte fondi personali per fornire assistenza ad aziende colpite dal Covid-19

Instagram sta lanciando una nuova feature che riguarda la possibilità di lanciare raccolte fondi personali per aiutare le persone e le aziende a raccogliere fondi per cause riguardanti il COVID-19.

Come spiegato da Instagram :

“A partire da oggi, stiamo implementando un nuovo modo per raccogliere fondi per una causa personale, per una piccola impresa, un amico o una causa che è importante per Voi. Inizieremo con un piccolo test per creare una raccolta fondi personale negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Irlanda su Android, seguito da iOS. Se vivi in un Paese in cui puoi effettuare una donazione per una raccolta fondi tramite il nostro adesivo di donazione, puoi anche effettuare una donazione a una Raccolta fondi personale su Android a partire da oggi”.

Per creare una raccolta fondi personale dal profilo Instagram basterà:

  • cliccare il tasto “Modifica profilo”
  • “Aggiungi raccolta fondi” e poi “Raccogli denaro”
  • Qui sarà possibile scegliere una foto e selezionare la categoria di raccolta fondi: “soccorso in caso di crisi”, “fede”, “hobby” e persino in merito a causa riguardanti aiuti per “animali domestici e animali in generale.
  • Bisognerà anche inserire le informazioni per Stripe, il noto processore di pagamenti di Facebook per le donazioni
  • Si potrà quindi cliccare “Invia” e la raccolta fondi verrà esaminata da Instagram / Facebook per assicurarsi che soddisfi i criteri di idoneità.

Ogni raccolta fondi dura 30 giorni e può essere estesa più di una volta per altri 30 giorni. Per creare una raccolta fondi è necessario avere almeno 18 anni.

Instagram conferma che “Da gennaio, le persone hanno raccolto oltre $ 100 milioni per raccolte di fondi COVID-19 a livello globale su Instagram e Facebook, mentre negli ultimi 30 giorni, le donazioni su Instagram sono raddoppiate negli Stati Uniti”.

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Instagram pubblica un elenco con i migliori hashtag sull’ingiustizia razziale

Mentre tutte le piattaforme social lavorano per sviluppare politiche e approcci più inclusivi alla luce delle proteste in corso, Instagram ha rilasciato una nuova lista degli hashtag più comunemente usati sui post relativi all’ingiustizia razziale.

L’elenco fornisce un importante punto di riferimento per le persone che desiderano sia interagire che monitorare le discussioni “attive” attorno a questi temi.

Tra le varie misure, Instagram ha lavorato per trovare modi per promuovere meglio la diversità razziale tra i creatori, con la sua iniziativa #ShareBlackStories.

Instagram ha anche rivisto le sue politiche e ha incontrato i leader della comunità per scoprire come può affrontare meglio la disuguaglianza, in tutte le sue forme.

Mondo LinkedIn

LinkedIn fornisce nuovi suggerimenti per eventi virtuali sul social

LinkedIn ha pubblicato una nuova guida su come utilizzare i suoi strumenti di Live ed Eventi di LinkedIn per facilitare eventi virtuali, soddisfacendo la crescente domanda di tali strumenti.

Questa è in realtà la seconda guida agli eventi che LinkedIn ha pubblicato negli ultimi due mesi. A giugno aveva già pubblicato una guida completa di 16 pagine su come utilizzare i nuovi strumenti per massimizzare gli eventi digitali.

Questa nuova guida è più un supplemento alla prima, con un focus maggiore su suggerimenti e case study per aiutare a fornire misure concrete che puoi prendere per ottimizzare le tue funzioni.

Se stai cercando di trasmettere il tuo evento su LinkedIn, entrambe le guide meritano sicuramente una lettura!

Pianeta Twitter

Twitter testa le nuove icone della App e la nuova schermata di avvio per iOS

Secondo MacRumors, Twitter sta testando una nuova serie di icone di app su iOS e una nuova animazione introduttiva quando gli utenti aprono l’app.

La nuova animazione splash aggiunge una nuova sensazione di tipo news all’app, con elementi visivi a clip amplificati all’interno del logo dell’uccellino.

Twitter sta inoltre testando quattro diverse varianti dell’icona della sua app.

MacRumors riferisce che agli utenti del programma beta di Twitter Insiders sono state chieste le loro opinioni sui nuovi progetti, prima di ogni eventuale implementazione.

metodo montessori

Il metodo Montessori: anche Google, Amazon & Co. ne hanno beneficiato

  • Il metodo montessoriano pone le basi per l’uguaglianza (di genere, delle culture) in maniera implicita e favorisce lo sviluppo dell’intelligenza emotiva.
  • Rappresenta ancora oggi un metodo di formazione innovativo di cui hanno beneficiato anche grandi imprenditori come il CEO di Google ed il fondatore di Wikipedia.
  • Alcuni consigli per favorire l’inclusione sin da piccoli.


La pedagogista, medico e scienziata Maria Montessori immaginava una comunità umana non definita in base alla nazionalità. Non trovava coerente che le merci potessero oltrepassare i confini e che le persone non potessero invece muoversi liberamente. Sono passati già più di 100 anni da quando il primo asilo montessoriano, chiamato “la casa del bambino”, aprì le porte ad un nuovo percorso didattico. La pedagogista dell’omonimo metodo ha messo in pratica teorie che ancora oggi sono alla base di varie ricerche. Da questi studi emerge che il metodo montessoriano favorisce l’indipendenza e l’innovazione. Personaggi noti come Larry Page, CEO di Google, Sergey Brin, co-fondatore di Google, Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, Jeff Bezos, CEO di Amazon, Henry Ford sono solo alcuni dei molti imprenditori di successo che da piccoli hanno avuto una formazione montessoriana.

“Credo che buona parte del merito del nostro successo sia dovuto all’educazione che abbiamo ricevuto. Il non dover seguire delle regole rigide o degli schemi, il poter autogestire, il poter mettere in discussione cose che ci venivano date per assodate ci ha permesso di agire un po’ differentemente dagli altri e diventare quello che siamo.” Larry Page


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La diversità allena i più piccoli al futuro

Per agevolare l’inclusività in classe, la pedagogista tolse la regola delle fasce d’età, favorendo anzi la formazione di classi ad annate miste. Una scuola internazionale, un po’ come il viaggiare, prepara gli allievi ad un futuro che sarà sempre più multietnico. I principi fondati sulle teorie montessoriane favoriscono l’apprendimento della lingua italiana e permettono di superare ostacoli in questo processo.

Lo sviluppo dell’intelligenza sociale

Al fine di comprendere eventuali diversità nello sviluppo cognitivo tra classi multietniche e non, la provincia di Trento ha condotto uno studio comparativo tramite osservazioni, interviste e questionari nelle scuole medie della zona. È emerso che gli alunni di classi multietniche sviluppano competenze sociali più avanzate rispetto ad altri contesti.

Il metodo Montessori favorisce infatti l’inclusività, la parità di genere e una educazione priva di stereotipi. Maria Montessori già nei primi anni del 1900, quando ancora il patriarcato era ben più diffuso, riteneva che a livello cognitivo tutti i bambini e le bambine avessero lo stesso potenziale. Le neuroscienze poi le diedero ragione. Il suo metodo infatti pone le basi per l’uguaglianza in maniera naturale e implicita.

I bambini, nel rispetto del prossimo, sono liberi di muoversi e di sperimentare con il materiale a loro disposizione. Tra le varie attività ci sono anche quelle “di vita pratica” – a misura di bambino – come pulire i tavoli, ripiegare calzini e sbattere i tappeti, per trasmettere ai più piccoli il valore che hanno gli spazi e gli oggetti.

casa del bambino

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I consigli per favorire l’inclusione

Sonia Coluccelli, pedagogista e autrice del libro “Il metodo Montessori nei contesti multiculturali”, stila alcuni suggerimenti per favorire un ambiente multietnico positivo, tra i quali:

– Il lavoro in cerchio nella quotidianità scolastica: mostra una comunità di pari, dove non ci sono primi o ultimi.
– Educare i bambini a frequentare luoghi diversi (teatro, cinema ecc.): questo significa abituarli anche ad una vastità di pensieri e culture
– Lavorare sul proprio linguaggio con un occhio critico, riflettendo sulle parole dette in presenza dei bambini.

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La libertà stimola la creatività secondo il metodo Montessori

L’ambiente montessoriano è a misura di bambino, con materiali naturali appositamente ideati. Questi materiali sensoriali, creati per la scrittura e la lettura, promuovono lo sviluppo del senso di autonomia e di indipendenza del bambino. L’adulto e l’educatore, quindi, non si impongono come coloro che detengono il sapere, ma come dei registi che accompagnano i bambini nel loro viaggio alla scoperta della vita.

“Il più grande segno di successo per un insegnante è poter dire: i bambini stanno lavorando come se io non esistessi” Maria Montessori

stock photography trend

Stock Photography: com’è cambiata l’estetica negli ultimi dieci anni

La stock photography (ossia le foto di repertorio) influenza le nostre decisioni quotidiane nel modo più sottile possibile. La vediamo ovunque in modo inconsapevole, ben camuffata su cartelloni pubblicitari, nelle campagne online e persino nella nostre caselle di posta in arrivo.

Se dieci anni fa potevi guardare un’immagine ed etichettarla immediatamente come stock, oggi questa linea di confine è decisamente più sfocata. La fotografia di stock ha subito una metamorfosi estetica nell’ultimo decennio, seguendo una evoluzione nella comunicazione visiva guidata anche dai social media.

Depositphotos ha realizzato un progetto proprio su questo aspetto, analizzando l’evoluzione dell’estetica della fotografia stock nell’ultimo decennio, dai tempi delle persone in abiti da lavoro che sorridono alla macchina fotografica fino alle autentiche e naturali foto stock di oggi, con lo scopo di delineare i canoni di oggi e prefigurare la direzione dell’industry.

Questo progetto è particolarmente utile per i fotografi che si sentono bloccati su scelte specifiche quando pianificano servizi fotografici o che stanno appena iniziando a lavorare con le piattaforme di fotografia stock come freelance. Anche per chiunque abbia preso in considerazione l’idea di usare stock photography è utile cogliere i cambiamenti del settore, così come le richieste del mercato e ciò che lo ha influenzato nell’ultimo decennio.

Dalle tendenze generali come le nuove tecnologie, il mondo dei cellulari e i social media a quelle più specifiche come i cambiamenti nella pubblicità, le nuove categorie di consumatori e le loro nuove aspettative, tutti questi fattori hanno portato a un notevole cambiamento nella tipologia e nella varietà dei contenuti richiesti dalla fotografia in stock.

stock photography

Il nuovo bisogno di autenticità

Sentiamo spesso questa parola applicata alla fotografia stock, ma come siamo arrivati a questo punto? La storia dell’evoluzione dell’estetica della fotografia di stock ci porta in un viaggio che va dagli scatti in studio allo smartphone in pochi minuti.

Le influenze chiave nell’estetica della stock photography si sono infiltrate non solo nel modo in cui i fotografi scattano, ma anche nella visione artistica che i clienti scelgono di sostenere. L’offerta e la domanda, insieme, hanno trasformato l’estetica della fotografia stock.

La nascita della stock photography

Se pensiamo che la prima agenzia di fotografia stock è stata fondata negli anni ’20, possiamo con tranquillità dire che la fotografia stock è un’attività vecchia di 100 anni. A quei tempi, i clienti avevano a disposizione un processo più faticoso e più scrupoloso, dovendo conservare tutto in archivi fisici, passando manualmente in rassegna le immagini in stampe o diapositive per trovare quelle giuste.

stock photography

Negli anni ’90, la digitalizzazione di questo processo e Internet hanno aperto la strada a piattaforme di stock che hanno sostituito le agenzie.

Gli anni 2000

Verso gli anni 2000, poi, questo modello si è definitivamente affermato grazie alla sua accessibilità, economicità e convenienza non solo per gli editori e i giornali, ma anche per gli art director, i web designer, le agenzie pubblicitarie e i privati, espandendo la clientela oltre quella prevista.

stock photography

Negli anni 2000, poi, le piattaforme di stock hanno subito cambiamenti ancora più significativi grazie a tecnologie più avanzate e a una domanda crescente da parte di nuovi segmenti di consumatori e verso il 2009, infine, si è reso evidente che i la stock photography si stava muovendo in una nuova direzione: quella creativa.

stock photography

L’impulso dei social media

Instagram è stato lanciato nel 2010, modificando la vita quotidiana di milioni di persone e influenzando inevitabilmente le loro azioni. L’era dei social media ha aperto opportunità non solo ai fotografi professionisti, ma anche a quelli amatoriali. Così la fotografia è diventata parte integrante della vita di chiunque fosse lontanamente interessato alla fotografia.

Ciò ha significato per la fotografia stock che la domanda di UGC (user generated content) da tutto il web ha fatto spazio a scatti meno perfetti nella composizione. Lo stile preferito era quello di scatti in prima persone che rivelavano la bellezza della vita quotidiana.

stock photography

I social media hanno incoraggiato ogni persona a prendere in mano una macchina fotografica (o un telefono) e a fotografare. Catturare i momenti della vita quotidiana ha ispirato la creatività e ha permesso a tutti di cimentarsi con la fotografia. Anche la macchina fotografica professionale non era più un requisito indispensabile, soprattutto per la fotografia di stock.

Così le foto autentiche e naturali sono oggi più apprezzate dei ritratti stock tecnicamente perfetti ma più elaborati degli anni Novanta.

stock photography trend

2020: una nuova era per la stock photography

Quello che ci rimane oggi è un netto contrasto con le immagini generiche e inscenate che hanno dominato la fotografia di stock per decenni. Questa è una nuova era – un tempo per pensatori indipendenti, espressione di sé, riflessione e illustrazione di ideali per i mercati locali e internazionali.

I movimenti, le idee e i valori nuovi o ritrovati mostrano la direzione per rendere la fotografia stock ancora rilevante, concentrandosi su immagini che non lasciano indifferenti.

stock photography

Mentre il mondo cambia, è evidente che anche la visione dei fotografi deve cambiare. È necessaria una connessione più personale – per i clienti, i fotografi, e gli utenti di tutti i giorni.

Non c’è posto per immagini che non abbiano un impatto culturale o visivo. La stock photography, ricorda Depositphotos con il suo progetto “Stock Photography Then and Now”, è influenzata dalla cultura attuale e, a sua volta, diventa un’influenza sulla cultura.

Se l’estetica della fotografia stock ha fatto molta strada negli ultimi dieci anni, per essere sostituita da modelli più autentici e creativi, è anche diventata una delle principali forze trainanti della cultura visiva contemporanea.

Credits: Depositphotos #239587294 – #242587404 – #229796616 – #253648394 – #68708953 – #7122650