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Social Media: ecco come li usano le diverse generazioni

  • Dai baby boomer alla generazione Y, fino ai post millennial: come cambia l’uso dei social media, generazione per generazione
  • Le generazioni Y e Z sono più reattive al fascino delle celebrities sui social rispetto non solo ai baby boomers ma anche alla generazione X

 

Li usiamo tutti per informarci, intrattenerci, per farci i fatti degli altri, per guardare foto e viaggiare con la mente, per saperne di più su qualcuno, per pubblicizzare noi stessi e la nostra azienda. I social media sono entrati a far parte della vita di ognuno di noi in modi e tempi differenti. L’uso dei social varia, infatti, da generazione in generazione. Ogni fascia generazionale introietta caratteristiche e potenzialità dei social in modo personale e soggettivo.

La percezione del sé, rispetto ai contenuti di cui fruiamo quotidianamente attraverso i social, varia, in particolar modo, se parliamo dei baby boomer e delle generazioni Y e Z.

Baby boomer, generazione Y e post millennial: chi sono?

  • I baby boomer, nati tra gli anni ’40 e gli anni ’60, sono i cosiddetti “immigrati digitali” , secondo la definizione del 2001 di Marc Pensky. Coloro che non sono nati “immersi” nelle nuove tecnologie e che hanno imparato ad utilizzare da adulti, cioè quando coscienza critica, percezione del sé e identità erano già formate da un pezzo.
  • La generazione Y, invece, comprende i nati tra gli anni ’80 e il 2000 ed è rappresentata dai “nativi digitali” – sempre secondo Prensky – i figli delle nuove tecnologie, eternamente connessi.
  • La generazione Z è quella dei post millennial, dei nati dopo il 2000, iperconnessa e multimediale.

Ciò che accomuna la generazione Z e la generazione Y e ciò che differenzia queste due da quella dei baby boomer è, sicuramente, il rapporto con le nuove tecnologie e quindi con i social media.

LEGGI ANCHE: Cosa significa Street Culture e come fa un brand a parlare con le nuove generazioni

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Generazioni social: strumenti o veicoli d’informazione

La differenza sostanziale nell’uso dei social  da generazione in generazione è la percezione, che va da “strumenti” di informazione a “veicoli” di informazione. Sì, perché se per alcuni informarsi tramite i social significa che i social in sé forniscono il contenuto dell’informazione, la realtà è ben diversa. I social sono piattaforme che riempiamo con ciò che vogliamo, ciò che ci piace e ciò che è più vicino ai nostri modi di pensare. Le pagine d’informazione, ad esempio, sono diverse da utente a utente, in base a quelle che si preferisce seguire. Di conseguenza, anche le informazioni saranno – tendenzialmente e pressappoco – diverse.

La generazione dei baby boomer – mediamente, s’intende – tende ad interpretare i social network come fonti informative a cui fornisce una fiducia e una credibilità molto elevata. Questo deriva dal fatto che avendo imparato ad utilizzarli successivamente, non riescono a “governarli” nella loro totalità e il loro utilizzo diventa, quasi, un gioco forza tra piattaforma e utente.

Le generazioni Y e Z, invece, – sempre mediamente – riescono ad avere un quadro più completo del luogo digitale dove si trovano, percependo come fonte non il social network in generale, ma la pagina o l’utente che pubblica il contenuto.

Si tratta di un problema – o meglio di una variazione – della percezione.

Instagram VS Facebook

Le nuove generazioni – gli under 23, soprattutto – si stanno spostando in massa su Instagram, questo è chiaro. Fino a qualche anno fa, Facebook era il social network più utilizzato. Oggi la differenza è netta: generazione Y e Z sono su Instagram, i baby boomer sono su Facebook.

Secondo Marketing Charts, le generazioni adottano comportamenti differenti sui social. In particolare, i baby boomer hanno un comportamento meno interattivo: pubblicano foto e post, non allo scopo di “chiacchierare” con gli altri utenti. Millennial e post millennial, invece, tendono ad usare i social per interagire.

Influencer marketing ed eCommerce

Il concetto di influencer è molto più familiare alle nuove generazioni, per questo esse sono più sensibili all’influencer marketing. In particolare, le generazioni Y e Z sono più reattive al fascino delle celebrities sui social rispetto non solo ai baby boomers ma anche alla generazione X.

Invece, per quanto riguarda gli acquisti online – come accadde per la nascita della Pepsi Generation, pensata preventivamente per i baby boomer di domani – si potrebbe pensare che siano ancora loro ad avere maggiori risorse per acquistare. Eppure, i baby boomer non si lasciano andare agli acquisti tramite eCommerce che guardano ancora non proprio di buon occhio e rimangono ancorati ai negozi fisici.

I giovani, nonostante non dispongano di grandi risorse economiche, rappresentano il principale target di chi fa vendita online.

Ancora una volta, ciò che traspare è il valore dell’interattività. Quell’interattività che differenzia, in sostanza, il comportamento dei baby boomers sui social da quello delle generazioni dei millennial e post millennial.

La musica del mondo è nella tua tasca!

YouTube vuole lanciare una sua applicazione in risposta a TikTok

  • YouTube sta pianificando il lancio di una funzione di condivisione video di breve durata entro la fine del 2020;
  • La funzione, chiamata “Shorts”, vivrà come un feed all’interno dell’applicazione mobile di YouTube esistente, il che significa che gli utenti potranno utilizzare la musica e le canzoni di YouTube su licenza;
  • TikTok si avvicina ai 2 miliardi di download in tutto il mondo. L’app è esplosa in popolarità e influenza, soprattutto come piattaforma per la Generazione Z basata sulla creatività e sulla community.

 

Secondo quanto riferito da diverse The Infrmation, YouTube sta pianificando di lanciare un’applicazione in-app rivale di TikTok per la condivisione di video virali. Si chiamerà Shorts e dovrebbe arrivare prima della fine del 2020.

La feature dovrebbe vivere all’interno della stessa applicazione mobile esistente di YouTube. A quanto è dato di capire, sembra che la funzionalità si ispiri al concetto di TikTok: un feed di video super-brevi che fungono da alternativa a vlog e clip più lunghi che appaiono su YouTube.

Con quasi 2 miliardi di download, TikTok è diventato il palcoscenico per la creatività da quando è stato lanciato nel settembre 2017. Meno di un anno dopo la piattaforma ha debutatto negli Stati Uniti, dove è diventato subito un must per i creator, che sentivano la mancanza di uno strumento simile a Vine dopo la decisione di Twitter ne aveva deciso la chiusura nel 2016.

Oggi quei video brevi, con la loro capacità di adattarsi ai temi più svariati, dal beauty alla salute, dall’intrattenimento all’educational, iniziano a rappresentare una vera e propria minaccia per YouTube, la condivisione di condivisione video più longeva.

LEGGI ANCHE: A casa con TikTok: al via le live streaming con artisti e creator

YouTube-TikTok

Come funzionerà la feature di YouTube

La scelta di mantenere i video all’interno dell’app madre, permetterà agli utenti di sfruttare la vasta libreria di musica e colonne sonore su licenza della piattaforma.

Ciò significa anche che YouTube non dovrà convincere gli utenti a scaricare un’altra app sui loro telefoni per utilizzare Shorts, e i creator che hanno accumulato milioni di iscritti sui canali YouTube esistenti non dovranno convincere la loro fanbase a migrare verso un’altra app per avere più contenuti.

YouTube Smartphone

Tutti alla rincorsa di TikTok

Altre aziende e startup con sede negli Stati Uniti hanno fatto diversi tentativi con le proprie app per imitare TikTok, ma nessuna è riuscita a raggiungere il livello di popolarità che TikTok ha raggiunto e sta continuando a costruire.

Anche Facebook ha rilasciato un concorrente di TikTok nel novembre 2018, Lasso, ma senza troppo clamore dal suo debutto. Il cofondatore di Vine ha lanciato un’app chiamata Byte all’inizio del 2020, che ha visto un certo successo iniziale nei numeri di download, ma non ha ancora dato vita a stelle di internet o a meme virali.

tedtalks

5 TED Talks da guardare se sei un Social Media Manager

  • Approfitta di questa pausa forzata e concentrati su come puoi migliorare il modo di lavorare online, creando giuste strategie
  • Ecco i 5 TED Talks che non puoi assolutamente perdere

 

Abbiamo selezionato cinque TED Talks che potranno ispirare e donare un po’ di ispirazione per sfruttare a pieno il vero potenziale dei social media, soprattutto in questi giorni sospesi, in cui ci ritroviamo a casa a dover fronteggiare una crisi, consigliare i clienti, gestire giorno per giorno le nostre attività, trasformando il nostro lavoro.

Può essere interessante, oggi forse più che mai, usare il nostro nuovo tempo libero per la formazione, per lavorare sul domani, pensare alla ripartenza e a cosa fare dopo, quando speriamo inizieremo a lasciarci piano piano tutto alle spalle. Ripensare al valore e al ruolo dei social media nella società.

A cosa dovrebbe prestare attenzione un social media marketer per migliorare il suo modo di lavorare online? Come riflettere sulle difficoltà e trovare soluzioni efficaci per le proprie strategie? Vediamo insieme i TED Talks che ci potranno aiutare a trovare delle risposte.

1. Veronica Civiero: “How social media can share energy”

LEGGI ANCHE: Come cambia il ruolo del social media manager in situazioni di emergenza.

Docente di digital marketing e social media nelle principali università italiane, Verona Civiero lavora per Facebook. Ha strutturato la sua strategy sulla forza positiva dei social media, considerati come veicoli di energia, forza, tenacia e resilienza.

In una realtà virtuale sempre più inquinata da fake news, pubblicità, haters e cyberbullismo, Veronica ci mostra in che modo e quanto questa vicinanza virtuale possa fare la differenza nel mondo offline. Facebook ha ridotto i 6 gradi di separazione della teoria di Frigyes Karinthy a 3,5. Oggi più che mai questo Talk risulta attuale.

2. Jennifer Golbeck: “Your social media likes expose more than you think”

Jennifer  Goldbeck è un’esperta di informatica capace di creare modelli per predire varie caratteristiche su tutto ciò di cui condividiamo dati e informazioni sui social media. L’interpretazione di questi dati si usa per semplificare il modo in cui gli utenti interagiscono fra loro, ma anche per scopi meno altruistici, senza che gli utenti abbiano alcun controllo. Si possono prevedere le preferenze politiche, il tipo di personalità, il genere, l’orientamento sessuale ecc.

Come i video virali, anche i “mi piace” si diffondono e contagiano altri utenti come una malattia grazie alla teoria sociologica dell’omofilia e ad altre teorie del comportamento. Qualcuno è in grado di ottenere molte informazioni su di noi. Non è forse arrivato il momento di segnalare agli utenti il rischio delle proprie scelte di  condivisione di certi dati e renderli consapevoli sul potere che hanno aziende come Facebook sulle nostre vite?

3. Ruby Bandiera: “Le 7 regole per vivere online”

Autore di libri su innovazione, tecnologia e comunicazione, Rudy Bandiera spiega come ottimizzare la propria presenza online. Siamo tutti online, ma siamo sicuri di conoscere le regole educative comuni per viverci bene?

L’effetto della disibinizione online permette di non sentirsi stressati nell’insultare e diffamare altre persone online, cosa che non sarebbe possibile fare dal vivo. Come ci possiamo proteggere da questi fenomeni? È importante curarsi di ciò che pensano gli altri ma solo di ciò che non giudica. Da questo assioma Bandiera declinca 7 regole per comunicare online in modo consapevole, educato ed efficace per i propri obiettivi, focalizzandosi sull’offrire un’esperienza positiva invece che chiedere qualcosa in cambio.

4. Simon Sinek: “How great leader inspire action”

Lo scrittore e saggista Simon Sinek affronta la questione della comunicazione online codificando il modello del cerchio d’oro, ossia il modo di agire e di comunicare dei grandi leader mondiali. Esso è diviso in tre aree come nella sezione di un cervello umano. Spesso le aziende e i leader comunicano spiegando cosa producono, poi come lo fanno e infine perché, mentre per essere efficaci è importante partire dal motivo per cui facciamo ciò che facciamo, che stimola direttamente la parte più antica del nostro cervello, che guarda caso si trova all’interno: il sistema limbico.

Questo è colui che ci fa prendere decisioni, ma non si esprime con il nostro linguaggio razionale. Le persone compreranno i nostri prodotti o servizi ispirati da ciò in cui crediamo e ci seguiranno più per la nostra capacità di essere guide ispirate da un sogno e da una forte fede piuttosto che leader con un piano preciso, ottime qualifiche e lauti finanziamenti.

LEGGI ANCHE: 7 Ted Talks che ogni social media marketer dovrebbe seguire

5. Raffaele Gaito: “Il segreto del successo è la pazienza”

In questo periodo di quarantena, forse potrà risultare utile rispolverare un’antica virtù: la pazienza. Il digitale, infatti, sembra averci portati a rincorrere la cosiddetta gratificazione istantanea, seguita spesso nei più giovani da problemi di scarsa autostima e scarsa capacità di attenzione. In questo ultimo video Raffaele Gaito, imprenditore digitale, punta i riflettori sull’arte della pazienza: la qualità che ci aiuterà a contrastare la smania di velocità e di scorciatoie verso il successo, che i social media sembrano aver più o meno consapevolmente alimentato.

Essa ci donerà 4 vantaggi, che speriamo potranno tornarci utili quando tutto questo sarà finito:

  • la tolleranza verso i propri errori;
  • il tempo per innamorarci del processo (lavorativamente parlando e sì, anche quello da casa);
  • la riflessione adeguata per prendere decisioni ponderate e
  • qualche lezione da imparare e portare con sé nel porci obiettivi a lungo termine.

Bonus TED Talks

Ma non poteva terminare qui questo elenco. Perché il mondo dei social media manager è un universo complesso, che non si ferma alle piattaforme e a come utilizzarle, ma spazia dalle visioni sul futuro delle tecnologie a quelle sul marketing e sulla sua evoluzione. Ecco perché abbiamo voluto aggiungere a questa lista altri due contenuti davvero Ninja.

Adele Savarese: “Onde Esponenziali”

Mirko Pallera: “Il nuovo paradigma del marketing trans-personale”

google my business covid 19

COVID-19: come gestire la chiusura temporanea delle schede di Google My Business

  • Google ha contrassegnato le schede GMB “temporaneamente chiuse”
  • I proprietari possono aggiornare le schede con le info suggerite
  • Intanto è aumentato il tempo necessario per l’assistenza e il supporto

 

Causa COVID-19,  “chiuse temporaneamente” o “chiuse definitivamente”, gettando nel panico moltissimi proprietari di attività e marketer.

A quanto si legge nei thread dei forum delle Community di Google My Business si tratterebbe di un’azione intrapresa dal motore di ricerca per verificare quali esercizi commerciali non aggiornano le informazioni relative alla propria attività da tempo, a maggior ragione dopo l’emergenza sanitaria. Sono sempre di più le persone che cercano online quali sono le attività aperte:

Aperto ora Google Trends

Google vuole lasciare spazio alle attività aperte, per aiutare le aziende, ma soprattutto gli utenti che vogliono usufruire del prodotto o del servizio.

La cura della scheda è da sempre fondamentale, ma in questo periodo di emergenza è molto utile fornire informazioni accurate, perché possono risultare molto preziose per i potenziali fornitori o clienti.

Per definire la chiusura di un’attività la società ha affermato sfruttare i dati ricevuti dalle fonti autorevoli, come ad esempio i governi nazionali, le amministrazioni locali, le organizzazioni non-profit, le istituzioni educative, etc. Alla fine dell’emergenza, questo status verrà tolto in automatico tuttavia, in qualsiasi momento, la singola attività può collegarsi al pannello di controllo e riaprirla immediatamente.

Perché è un problema avere la scheda “chiusa”? Contrassegnare la scheda con questo status può causare la perdita di traffico, ranking e visibilità. Una volta riaperta la scheda riacquisterà il proprio posizionamento, seppur con qualche fluttuazione iniziale.

LEGGI ANCHE: Cos’è Google My Business e come funziona

Google My Business vs covid19

Quali sono le modifiche da fare sulla scheda?

Riaprire la scheda Google My Business

In caso la scheda risultasse “chiusa definitivamente” riaprite la sede della vostra attività, cliccando sul messaggio che appare nella tab “informazioni”. Successivamente segnalarla come “chiusa temporaneamente” (nel caso l’attività sia soggetta a chiusura a causa dell’ordinanza), oppure lasciare aperta segnalando le variazioni.

Scheda GMB chiusa

Modificare gli orari dell’attività

Se il vostro orario di lavoro è cambiato modificatelo, in modo che i clienti sappiano se la vostra attività è normalmente aperta o usufruisce di orari ridotti (orari speciali). Se gestite molte località, potete utilizzare il caricamento collettivo o utilizzare l’API Google My Business.

orari speciali GMB

 

Gestire le informazioni personali

Spiegate se la vostra attività è influenzata dall’emergenza sanitaria: grazie agli attributi e alla descrizione potete condividere informazioni su eventuali precauzioni extra che la vostra azienda sta prendendo, come lavorare a porte chiuse e passare al take away, oppure se state riscontrando ritardi nelle consegne.

descrizione GMB

 

Creare uno o più post di aggiornamento

Condividi gli aggiornamenti più dettagliati e tempestivi sulle scelte intraprese dall’attività, tramite dei post: in questo modo sarà più chiaro se il business è aperto e come opera in questo periodo.

Google ha anche lanciato una nuova tipologia di post dedicata al COVID-19, che al momento è solo testuale, ma non è escluso che possa subire variazioni nel corso delle prossime settimane.

Vi suggerisco di creare un messaggio formale, comprensivo di recapiti, ad esempio “In ottemperanza al DPCM dell’11 marzo 2020 e fino a cessata emergenza operiamo a porte chiuse. Contattateci al numero xxxxxxx”.

Attualmente questa tipologia di post sarà disponibile per 14 giorni, ma potrà variarne la durata in base alle effettive necessità dipendenti dal virus. Ad esempio, Fastweb ha lanciato questo messaggio:

Fastweb Coronavirus

LEGGI ANCHE: Cinque consigli per affrontare l’emergenza coronavirus

Le modifiche su Google My Business sono immediate?

Come affermato da Google, verrà data precedenza alla modifica delle schede delle attività relative alla salute, in secondo luogo alle modifiche essenziali, ovvero relative agli orari, allo status, alle descrizioni e agli attributi, delle restanti attività verificate.

Queste modifiche potrebbero subire ritardi, ulteriori a tre giorni. In seguito alla riduzione del team di assistenza di Google, a causa della situazione, infatti, è aumentato il tempo necessario per l’assistenza, come riportato ufficialmente da Google nella pagina di supporto.

Le recensioni e le domande, invece, non saranno disponibili per tutto questo periodo. Vista la costante variabilità della situazione raccomandiamo di verificare gli aggiornamenti sull’argomento sulla pagina del Centro Assistenza.

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8 campagne che mostrano l’importanza del copy nella pubblicità

  • Ci aspettiamo che le grandi campagne pubblicitarie vivano prima di tutto di un grande lavoro di elaborazione grafica. Non sempre però è così: spesso basta un buon copy per decretare il loro successo
  • Grazie ad un concept forte ed una frase ben studiata è possibile costruire una pubblicità di effetto e così le copy based campaign vengono ricordate per molto tempo

 

Chi ha detto che le campagne pubblicitarie di successo sono solo quelle super elaborate? Di certo, visual affascinanti, tecniche innovative e contenuti di impatto rendono il messaggio completo e avvincente. Ma in alcuni casi abbiamo visto che la semplicità di un copy sortisce effetti di notevole impatto e che vengono ricordati più a lungo.

Il minimalismo di alcune campagne, inoltre, conferma la riconoscibilità del brand: spesso non è difficile riconoscere il marchio, anche se non esposto. Il font, i colori, il mood e la modalità di comunicazione a cui i marchi ci hanno “assuefatto” fanno sì che a colpo d’occhio riusciamo a riconoscere ogni distinta e univoca identità: anche questa è la forza di un brand. E senza bisogno di mostrare il prodotto.

Negli anni, le copy based campaign hanno decretato il successo di alcune brand. A dimostrazione che anche un semplice testo ben fatto, senza troppe “distrazioni” grafiche, può ancora essere vincente.

Abbiamo scelto alcune delle campagne il cui focus è il copy: immediato, riconoscibile e di impatto.

1. McDonald’s

Il famoso fast food lo è anche in fatto di creatività delle campagne pubblicitarie. L’agenzia Leo Burnett UK in collaborazione con il tipografo David Schwen ha ideato una serie di billboard realizzati attraverso un elenco di parole.

Parole immediatamente riconoscibili e che rimandano agli ingredienti dei panini e delle altre leccornie McDonald’s. Nella la campagna Type Sandwiches, i colori del font accompagnano ogni ingrediente, in ordine di composizione dei prodotti.

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2. Nike

Di pochi giorni fa, la campagna – o meglio l’invito – di Nike e della agenzia Wieden + Kennedy Portland a restare a casa in questo drammatico momento che tutto il mondo sta vivendo. Per debellare il Covid-19, tutti gli Stati raccomandano di rimanere a casa. Nike manda un messaggio ai runner, agli amanti del calcio e agli sportivi in generale, esortando tutti a continuare ad allenarsi ma senza uscire di casa. Sui social media, il marchio ha pubblicato il messaggio: “Se hai sognato di giocare per milioni di persone in tutto il mondo, ora è la tua occasione. Gioca dentro, gioca per il mondo”. 

Poche parole, un copy semplice, ma di grandissimo effetto. Un’esortazione a sfidare come sempre i propri limiti, a sognare in grande. Questa volta però è una sfida di tutto il mondo, da casa, contro un unico avversario.

 

3. Swiss Life

Ancora un lavoro tutto di parole, questa volta di Leo Burnett per Swiss Life. La campagna “twist and turn” per il marchio di assicurazioni svizzero, gioca con le parole sui cambiamenti improvvisi della vita.

Frasi con duplice e invertibile senso grazie anche alla mancanza di punteggiatura, che suggeriscono di essere pronti ad ogni “colpo di scena” della vita. La campagna, graficamente minimal (per non dire nulla), si è aggiudicata un Oro ai Cannes Lion del 2013.

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4. Wonderbra

Nel lontano 1996, l’agenzia TBWA France ha realizzato una campagna per Wonderbra, celeberrimo brand di reggiseni push-up che da sempre sfida con rigide impalcature la forza di gravità.

Dunque, quale messaggio più semplice ma di super sostegno per il brand?

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LEGGI ANCHE: Il progetto di design di questo artista ci mostra la vera forza di un logo

5. Durex

Durex non sbaglia mai un colpo, sia nelle sue campagne visual che in quelle più semplici, in cui pochissime righe riescono a far arrivare il messaggio in modo diretto e divertente.

L’agenzia Lowe di Cape Town nel 2016, in occasione della festa del papà, fa gli auguri a modo suo. Ancora oggi è una delle campagne solo copy che ricordiamo con piacere.

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6. Penguin Books

L’agenzia Young & Rubicam nel 2014 per la casa editrice brasiliana ha ideato una campagna copy based, per stimolare la fantasia dei lettori.

L’invito alla lettura è riassunto in modo semplice, diretto, simpatico ed efficace.

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LEGGI ANCHE: 6 libri sul branding che non possiamo non leggere

7. Moulinex

Come dimostrare di essere il miglior frullatore elettrico in cucina? Semplice, basta frullare il concept e il copy è servito.

Agenzia BBR Saatchi & Saatchi Tel Aviv, 2010.

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8. Volkswagen

La campagna 2015 del brand di auto e dell’agenzia Ogilvy & Mather Cape Town è completa e immediata.

Non c’è bisogno di visual o elaborazioni grafiche per un messaggio tanto semplice quanto importante dato da un breve copy.

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Una campagna efficace non sempre necessita di grandi elaborazioni. A volte solo poche e mirate parole possono bastare. Come abbiamo visto, un concept forte e una frase ben studiata sono sufficienti per diventare memorabili.

Bonus Pubblicità: cosa cambia con il decreto Cura Italia e quali sono le opportunità per il tuo business

  • Il Bonus Pubblicità è una interessante agevolazione fiscale per le aziende e il decreto Cura Italia introdotto in occasione dell’emergenza Covid-19 ha introdotto alcune novità;
  • Il bonus pubblicità viene ora concesso sul 30% dell’intero investimento effettuato nel 2020. Ecco tutti i dettagli.

 

Creato con la Legge di Bilancio del 2018, il Bonus Pubblicità offre interessanti agevolazioni fiscali ad organizzazioni e professionisti che decidono di investire in campagne pubblicitarie per raggiungere i propri obiettivi di comunicazione e business.

Infatti aziende, enti non commerciali o lavoratori autonomi che pianificano advertising su testate anche online, televisioni, radio possono richiedere un’agevolazione erogata sotto forma di credito d’imposta corrispondente al 75% della spesa incrementale sostenuta in pubblicità rispetto all’anno passato.

L’investimento pubblicitario deve superare almeno dell’1% l’importo investito nell’anno precedente.

Naturalmente, il credito d’imposta si ferma alle spese relative alla pura pianificazione di campagne: non sono ammesse spese accessorie o spese per advertising su piattaforme digitali che non siano testate editoriali, come ad esempio i social media.

Tutti i titolari di partita iva possono beneficiarne: dalla grande azienda multinazionale con sede in Italia all’agenzia di comunicazione, dal consulente libero professionista all’esercente commerciale, dalle aziende industriali a quelle agricole di cui è costellato il nostro paese. 

LEGGI ANCHE: Il Coronavirus ci obbliga ad accelerare e così la digital transformation diventa virale

Cosa cambia per il Bonus Pubblicità con il Cura Italia

L’emergenza Coronavirus ha imposto cambiamenti sostanziali per sostenere anche la ripresa delle aziende dopo questo periodo di stasi: infatti l’articolo 98 del decreto legge del 16 marzo 2020 apporta modifiche eccezionali al Bonus Pubblicità valide solo per il 2020.

I cambiamenti principali che abbiamo individuato sono due: 

  • Il bonus pubblicità viene concesso sul 30% dell’intero investimento effettuato nel 2020 e non più sul 75% del valore incrementale dall’anno precedente. L’investimento deve essere sempre di almeno l’1% rispetto all’anno precedente e il limite di spesa è di 27,5 milioni di euro. Quindi a fronte di un investimento in pubblicità di € 10.000 + IVA per una campagna su una testata editoriale online, un’azienda potrà diminuire le proprie imposte di € 3.000 + IVA.
  • Le nuove domande potranno essere presentate online sul sito dell’Agenzia delle Entrate tra il 1° ed il 30 settembre 2020. Restano valide quelle già presentate nel mese di marzo 2020. Periodo e scadenze cambiano in via eccezionale e solo per quest’anno.

Come richiedere il Bonus Pubblicità

Le aziende e i professionisti potranno fare domanda accedendo ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.

Come prima cosa, andrà caricata il documento di “Comunicazione per l’accesso al credito d’imposta”  prevista dall’articolo 5, comma 1, del D.P.C.M. n. 90 del 2018, che illustra i dati degli investimenti pubblicitari da realizzare nell’anno di riferimento (o già realizzati) per il quale si chiede l’agevolazione. A questo link è possibile scaricare il modello per presentare la propria richiesta. 

Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria elabora l’elenco dei soggetti che hanno fatto domanda. 

Dal 1° al 31 gennaio dell’anno successivo è necessario inviare la “Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati”, ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante l’effettiva realizzazione degli investimenti realizzati nell’anno presentati e che gli stessi soddisfano i requisiti di cui all’articolo 3 del D.P.C.M. n. 90 del 2018.

Dopo questo passaggio, sarà pubblicato sul sito del Dipartimento l’elenco dei soggetti ammessi: chi risulterà idoneo potrà usare il credito d’imposta dopo il quinto giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del provvedimento di ammissione, solo in compensazione con il modello F24 che deve essere presentato sempre attraverso i canali online dell’Agenzia delle entrate. Attenzione: se l’investimento è consistente e la somma supera i € 150.000, sarà necessario attendere una comunicazione di abilitazione.

Il Coronavirus ci obbliga ad accelerare e così la digital transformation diventa virale

  • L’epidemia ci ha costretti a fermarci ma anche ad accelerare, per dare una risposta nuova alla sfida della produttività da casa;
  • Smart working, telelavoro, videoconferenze ed eLearning sono diventati gli strumenti più utili per fronteggiare l’emergenza e hanno dato una scossa alla digital transformation.

 

È venerdì mattina e come ogni venerdì mattina suona la sveglia, ma è venerdì e sorridi pensando al weekend, al carnevale. Davanti al primo caffè della giornata, come di consueto, apri il tablet controlli l’agenda del lavoro e quella personale, poi apri un quotidiano online per i soliti aggiornamenti tra economia, cultura, sport e cronaca.

Il Coronavirus è argomento che tiene banco da qualche tempo, preoccupa, in parte inquieta ma Wuhan è distante. Tante polemiche, tanto razzismo, tanta disinformazione, tanti luoghi comuni.

Pensi a come la loro economia stia risentendo di una situazione da film apocalittico, di come le persone siano obbligate a non uscire e a non avere contatti, a come le aziende abbiano modificato le loro organizzazioni per continuare a produrre, non cedendo allo stato di immobilismo creato dal virus stesso.

Per un attimo ribalti la situazione di Wuhan qua, per un attimo fai un parallelismo, come gestiremmo la situazione qui in Italia?

Inizi a pensare a delle soluzioni ma ti fermi, non è qui.

Non è così.

coronavirus digital transformation

Venerdì 21 Febbraio 2020

È venerdì 21 febbraio, mattina, il Coronavirus, non più distante, è a pochi km da te.

In un attimo cambia tutto.

La notizia si diffonde, inizia il tam tam mediatico in pochissimo tempo si parla di contagi che salgono, ospedali al collasso, zone rosse, zone gialle, quarantena, isolamento, chiusura di uffici, scuole, esercizi pubblici.

Si blocca la provincia di Lodi, in poco tempo si blocca la zona metropolitana di Milano, si blocca una regione si blocca una nazione.

Evitare gli assembramenti! Provvedimento doveroso, precauzionalmente corretto ma le conseguenze sono altrettanto importanti.

L’economia italiana, in generale, è composta primariamente da piccole e medie aziende (anche di grandi aziende, in minoranza). Nella zona del primo focolaio, il lodigiano, l’economia è composta primariamente da aziende legate all’agricoltura.

La Lombardia traina gran parte dell’economia italiana insieme alle altre regioni del nord, anche loro rallentate, fermate.

Come affrontare uno stop così pesante? Come garantire continuità lavorativa?

Le persone entrano nel panico, non vogliono raggiungere il posto di lavoro, non prendono i mezzi pubblici, anzi è il governo che invita tutte le imprese a fermarsi, invita le persone a non uscire di casa.

Stop. Fermiamoci. Ma il nord produttivo, come dicono spesso, si sa non si ferma.

Non si ferma per mentalità, per orgoglio, per deformazione professionale perché il passato agricolo legato al sacrificio è sempre vivo.

Non si ferma la produttività, intendiamoci, nel rispetto delle regole imposte dal governo.

Ecco che l’emergenza virus diventa un’occasione da cogliere, se il virus blocca gli spostamenti e svuota gli uffici, la tecnologia è pronta per essere messa sotto stress e diventare essa stessa virale.

Ecco che in meno di due giorni, il weekend per intenderci, cambia la mentalità, cambia la prospettiva. Parte la rivoluzione culturale.

Perché la digital transformation è innanzitutto questo, cambiare prospettiva.

smart working consigli

E quale occasione migliore se non un’emergenza di questo tipo, per poter assimilare e interiorizzare un cambio culturale che stavamo faticando a recepire?

Nei settori produttivi ove ciò è possibile.

In un weekend le aziende attivano in poco tempo:

  • Smartworking
  • Telelavoro
  • Task force tramite chat
  • Videoconferenze

Si creano VPN, desktop remoti, si configurano pc, si testano connessioni lo si fa in estrema naturalezza e non lo fanno solo i manutentori delle infrastrutture IT lo fanno direttamente le risorse interne alle aziende, quelle che nella quotidianità non hanno mai creato un tunnel vpn.

Perché la digital transformation parte dalla consapevolezza interna delle persone, dall’accettazione del cambiamento come naturale, dalla presa di coscienza che certe digital skill si apprendono anche senza averle già nel proprio background, che una volta apprese aprono le porte al cambiamento e la tecnologia ci segue, si adatta a noi e non viceversa.

LEGGI ANCHE: La Digital Transformation dovrebbe partire dalle risorse umane per essere vincente

Come il digital è diventato virale?

Smart working

Al fine di limitare i contatti e gli assembramenti i datori sono invitati ad attivare, velocemente, la modalità di lavoro smartworking anche in assenza di accordo individuale (DPCM 11 Marzo 2020).

È importante la continuità lavorativa in un momento così difficile per evitare che le aziende vadano in crisi.

Secondo l’art. 2, c.1, lett. r) del DPCM 8/03/2020, è possibile applicare lo smart working, senza ricorrere all’accordo di cui alla Legge 81/2017, per tutta la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020. Lo stato di emergenza dovuto a coronavirus, ha una durata di 6 mesi decorrenti dal 31 gennaio 2020. Ne consegue che il termine ultimo per la durata degli smart working non può essere superiore al 31/07/2020 (ossia la scadenza dei 6 mesi).

Salva la deroga dell’accordo individuale, rimangono tutti gli altri adempimenti legati all’attivazione dello smart working individuati dalla Legge 81/2017.

Al fine di semplificare questo adempimento, vista la particolarità del periodo in corso, il DPCM 8/03/2020 prevede che quest’obbligo “possa essere assolto in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile dall’INAIL”. Invece l’accordo individuale può essere sostituito con una semplice lettera da consegnare ai lavoratori e da un file excel. Quest’ultimo va inoltrato al Ministero del lavoro con la procedura telematica (Fonte: lavorofacile.it).

Formazione aziendale/professionale a distanza

In un periodo di limitata mobilità e di riduzione del contatto sociale la formazione tradizionale, in aula, viene messa da parte per lasciare spazio alla formazione in modalità e-learning.

Consulenti del Lavoro, Commercialisti e professionisti in genere che necessitano di formazione aggiornata e costante possono continuare a formarsi, anche in questo momento difficile. Possono fare rete, porre quesiti e confrontarsi con gli esperti del settore e dare quindi continuità al loro lavoro e risposte alle aziende.

Non solo formazione per l’aggiornamento professionale normativo, ma anche formazione per sviluppare le digital skill, ora che oltre ad apprenderle, si possono da subito provare direttamente sul campo.

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Formazione a distanza digital transformation coronavirus

Meeting online

Riunioni vietate, ma call e meeting online sono forse gli strumenti che da più tempo fanno parte della nostra routine lavorativa.

È possibile organizzare e partecipare alle riunioni in un click via web.

Sono tool davvero molto evoluti, che vanno ben oltre la semplice telefonata, si possono condividere schermi e lavorare su documenti a più mani, da più pc.

Cloud

Il cloud, i nostri dati dove e come vogliamo i server online ci salvano in questo periodo di difficoltà.

Le informazioni organizzate in un unico punto, raggiungibile anche all’esterno dell’aziende, permettono una corretta circolazione delle informazioni e un processo lavorativo continuo e condiviso.

Le software house che hanno investito in questa direzione stanno oggi dando un servizio di valore aggiunto, aiutando i loro clienti a recuperare documentazione e a condividerla in libertà e sicurezza (da qualsiasi dispositivo).

Tele-assistenza

In un momento così delicato l’utilizzo di strumenti di teleassistenza consente alle aziende di potersi affiancare ai propri clienti dando supporto tecnico e pratico senza la presenza fisica dell’operatore.

La configurazione di un pc, di un server può avvenire a distanza così come il supporto sui macchinari.

Scuola Online

Le scuole di ogni genere e grado sono chiuse. Le università sono quelle che da tempo hanno adottato strumenti di distance learning e, quindi, quelle che in meno tempo e con un minor sforzo hanno potuto dare continuità alla didattica.

Discorso differente per primarie, medie e superiori.

Ogni scuola si è organizzata autonomamente, chi con video su YouTube, chi con video sui social, chi con Skype ma c’è chi ha osato utilizzando strumenti evoluti quali Google Classroom o WeSchool di Tim.

La scuola online è un tema delicato, spesso gli studenti della primaria necessitano di un affiancamento costante di un adulto che molto probabilmente sarà accanto al figlio, in smartworking e quindi impegnato nella sua attività lavorativa.

Il nostro sistema scolastico è pronto per essere digitalizzato ma, forse non è pronto per organizzarsi in così poco tempo.

Le Università da diversi anni utilizzano sistemi di insegnamento a distanza, con ottimi risultati e con soddisfazione alta degli utenti.

Primarie, medie e superiore hanno più che altro sperimentato pillole di insegnamento online, per un periodo limitato ma mai per un periodo di emergenza così prolungato nel tempo (salvo piccole eccezioni).

Grazie alle iniziative promosse dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica e l’Agenzia per l’Italia digitale, è stata creata una bellissima iniziativa denominata “solidarietà digitale” attraverso la quale le aziende, privati e associazioni mettono a disposizione servizi tecnologici gratuiti per affrontare al meglio l’emergenza.

Tra questi servizi si annoverano anche strumenti per la didattica a distanza, utili anche per le scuole di grado inferiore.

Il 26 Marzo la minstra dell’Istruzione Azzolina, ha affermato che la didattica ha distanza ha raggiunto più di 6,7 milioni di alunni e che il 67% delle scuole che hanno attivato l’attività a distanza, prevede per essa specifiche forme di valutazione.

L’89% delle scuole ha anche predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con disabilità. Il 48% delle scuole ha svolto riunioni degli organi collegiali a distanza. Per spingerla ulteriormente sono stati stanziati 85 milioni (Fonte: Ilsole24ore).

Scuola online

Scuola online digital transformation coronavirus

Solidarietà digitale

Alla luce degli aggiornamenti contenuti nel Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020, che amplia le zone soggette a restrizioni per le misure di emergenza sanitaria a contrasto della diffusione del Coronavirus (SARS-CoV-2), MID e AGID hanno trovato un accordo aziende e associazioni per consentire a queste ultime di mettere a disposizione servizi gratuiti utili a:

  • Agevolare il lavoro da remoto, con connettività veloce e attraverso corrette piattaforme di Smart working;
  • Promuovere la didattica a distanza nelle scuole (su consiglio del MIUR);
  • Permettere lo svolgimento della vita quotidiana come: fare la spesa, attività sportiva, vita politica o religiosa;
  • Permettere la lettura di libri e quotidiani tramite smartphone o tablet.

A questa iniziativa possono partecipare tutte le aziende, che erogano servizi digitali, da fornire gratuitamente per un periodo limitato di tempo a tutta la popolazione.

Tutti i cittadini italiani possono usufruire dell’iniziativa.

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E-Salute e Telemedicina

I medici si stanno attrezzando per contattare virtualmente i pazienti in quarantena domiciliare, per poterli assistere anche a distanza, soprattutto in un momento in cui la sanità è al collasso e tutto il personale medico sanitario è impegnato h24 per affrontare l’emergenza.

La tecnologia ci viene incontro anche per istituire task force tra medici, scienziati e ricercatori. Analizzare i dati del contagio, attraverso evoluti sistemi di Intelligenza Artificiale, aiuterà gli addetti ai lavori a comprendere come il virus muta e si comporta e per prevedere quali cure sono più efficaci.

Come riporta il Mise, partono i nuovi incentivi previsti dal Decreto #CuraItalia per la produzione e fornitura di dispositivi medici e di protezione individuale per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19.

In tutto 50 milioni di euro per sostenere le aziende italiane che vogliono ampliare o riconvertire la propria attività per produrre ventilatori, mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza.

Si tratta di risorse che, rientrando nel regime degli aiuti di Stato, sono state autorizzate in meno di 48 ore dalla Commissione europea, dopo che la scorsa settimana il Ministero dello Sviluppo economico aveva immediatamente notificato alla Ue la misura introdotta nel Dl Cura Italia, in modo da consentirne un veloce utilizzo.

Problemi di Connessione

La viralità della DT ha certamente evidenziato evidenti problemi di stabilità della connessione, di copertura della connessione sul territorio nazionale e di saturazione delle reti dati.

Le nostre reti non erano pronte ad uno smart working forzato e di massa.

Secondo una ricerca della giornalista Manuela Gabbanelli, circa 11 milioni di italiani si trovano a lavorare da casa in assenza di connessione.

Questo è un tema importante e cha va affrontato subito. Essere pronti a remotizzare il lavoro passa anche da connettività efficaci ed efficienti.

In questo l’Italia sembra essere ancora indietro rispetto agli altri paesi europei.

Il commissario UE per il mercato interno per evitare il sovraccarico di rete, ha alle piattaforme di streaming video di non utilizzare l’alta definizione in questo periodo. Netflix ha risposto riducendo la definizione dei suoi contenuti per circa 30 giorni, lo stesso ha fatto Youtube.

La viralità non convenzionale della digital transformation

L’Italia in questa emergenza si è dimostrata pessima per alcuni comportamenti irrispettosi e irresponsabili ma, come sempre, ha mostrato il suo lato creativo e pragmatico.

Sono nate differenti iniziative che hanno portato la digitalizzazione e la tecnologia in settori dove la socialità e l’aggregazione sono il punto forte.

Ristoranti o servizi di ristorazione

Le attività di ristorazione, bar, locali sono stati duramente colpiti dalle misure restrittive, emanate dal Governo, e si sono attivate per trovare nuove modalità di lavoro.

Menù smartworking, ordina su whatsapp e ricevi il tuo smartlunch a domicilio, chiusi al pubblico attivi direttamente da te: queste alcune delle iniziative intraprese da bar, ristoranti e locali.

La consegna? Rigorosamente con guanti, mascherina e distanza di sicurezza.

Supporto psicologico online

Iniziativa di Luca Mazzucchelli per dare supporto alla prima zona rossa del lodigiano, quelli che sono stati subito “chiusi” per 15 giorni al fine di contenere il contagio.

Un utile supporto per chi ha visto cambiare la sua vita in poco tempo.

Sport online

Palestre e centri sportivi chiusi, ma l’allenamento non è compromesso!

Sono numerose le iniziate legate alle lezioni online, ai workout personalizzati, alle sessioni di allenamento via skype, zoom ecc.

I coach analizzano le attrezzature a disposizione e creano il corretto mix di esercizi. Il tutto diventa virale, perché la socialità fisica è inibita, ma la socialità virtuale no.

Ecco che quindi i centri sportivi spingono a condividere l’allenamento, a mostrarsi attivi nonostante il virus tenda invece a collocarci sul divano.

Spesa OnLine

Qui nulla di nuovo ma solo un’impennata di richiesta di consegne a domicilio che hanno stressato il sistema portandolo in alcuni casi al collasso. Esselunga, Amazon, Carrefour e Bennet ecc si sono trovate subissate di richieste.

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Cambiamenti digital transformation coronavirus

Quando cambiamento vuol dire digital transformation

La grave situazione di emergenza sanitaria che si è abbattuta sull’Italia ha rivoluzionato, in poco tempo, il tempo di vita e il tempo di lavoro di tutti gli italiani. Ha però evidenziato quanto siamo capaci di adattarci velocemente ai cambiamenti, sfruttando la tecnologia in modo attivo e non passivo.

Questo passaggio mostra un forte cambio culturale, quello necessario per intraprendere il percorso di digitalizzazione.

Nella crisi ci siamo trasformati, abbiamo appreso nuove skill digitali ci siamo evoluti e se il virus ci ha chiuso nelle nostre case (#iorestoacasa) la tecnologia ci ha aperto verso nuove frontiere. Verso un nuovo modo di lavorare.

In un modo o in un altro, usciremo da questa crisi cambiati.

Certamente la tecnologia non avrà aiutato la maggior parte delle attività che hanno un contatto, quasi esclusivo, con il pubblico. Il danno economico rimane, quello non si cancella ed è anche grande.

Il governo deve vigilare e intervenire subito, con interventi reali a sostegno dell’economia, delle imprese e delle famiglie.

L’Europa deve fare cerchio su questa situazione, tutelare il mercato interno, tutelare le persone.

Gli altri siamo noi, non solo uno spot ma una vera attualità.

Sul Coronavirus: riflessioni sulla libertà e sulla coercizione

  • L’ammissione del nostro deficit informativo e la delega a terzi delle risposte è un processo normale in tempi ordinari;
  • Le situazioni emergenziali, invece, sono ottimi esempi per costringere le persone a fare quello che si vuole, senza lasciar loro il tempo di pensare a quello che stanno facendo;
  • Il prof. Carlo Lottieri, docente di Filosofia del Diritto all’Università di Verona e Filosofia delle Scienze Sociali a Lugano, ci offre qualche riflessione sulla libertà nell’emergenza Coronavirus.

 

Una canzone di Brunori spalmata su una sequenza di Instagram Stories degli italiani dai balconi, eppure la conduttrice di SkyTG 24 mi aveva promesso che avrebbe aperto con una buona notizia. Cambio canale, su History trovo opportuna la réclame di un documentario sui gulag cinesi.
“The Chinese virus”. La trovata comunicativa del presidente Trump sembra perfetta nella sua semplicità, tagliente ed esplosiva allo stesso tempo. Perché si ostina a chiamarlo virus cinese? Gli chiede una giornalista; perché viene dalla Cina risponde lui, passando alla prossima domanda.

Un amico mi chiama da Milano, vittime in famiglia a causa del virus cinese. Scrollando Facebook vedo un meme che dà la nuova definizione del “butterfly effect”: un orientale che mangia un pipistrello e tu che ti trovi a cantare l’inno di Mameli in pigiama sul balcone.

Da emergenza sanitaria a dittatura sanitaria?

Immaginate di trovarvi in una situazione di confusione: avete appena tamponato la macchina di fronte a voi, tuttavia la precedenza non è chiara, l’altro guidatore scende e vi insulta, quel foglio della constatazione amichevole dove sarà finito chissà. Decidete di fare la foto alla targa col cellulare e di ripartire. Non vi siete presi la colpa, non avete agito d’impulso, non avete replicato agli insulti; adesso siete a casa e chiamate il vostro amico avvocato specializzato in sinistri. Quando non siete sicuri della scelta da fare di solito vi affidate a una persona di fiducia o a un professionista che ne sa più di voi e che può consigliarvi al meglio.

L’ammissione del nostro deficit informativo e la delega a terzi delle risposte è stata finora una leva intelligente per fare rete (tra persone o imprese) e progredire.

Adesso immaginate di trovarvi in una situazione totalmente nuova: non è la pandemia zombie che aspettavate, è una cosa molto più banale, ma tragica dal punto di vista del numero di lutti: una pandemia di polmonite. Non avete amici che possano consigliarvi, i virologi sono pochi e li vedete solo in TV, la politica dà retta agli “scienziati”, che ora sono gli ospiti fissi dei talk show. Optate per la via più semplice: mettere il cervello in “pilota automatico” e delegate il pensiero a chi esercita il potere.

Per chi sei essenziale?

Mentre scrivo cerco il codice ATECO della mia ditta, non so se potrò rimanere aperto. Ma cosa intendono per servizi essenziali? Il bar che mi permette di fare eccellenti colazioni al mattino è essenziale per me. Se è l’individuo a comporre lo Stato, il concetto di “essenziale” dovrebbe essere un concetto privato.

Riprendo in mano Ludwig Von Mises, pensatore ed economista di scuola austriaca, che sfoglio sempre quando cerco qualche nuova, vecchia risposta: esiste solo l’individuo, mi conferma: solo l’individuo pensa, ragiona, agisce. Lo Stato e la società, di fatto, non esistono come soggetti a sé stanti: «La società non esiste che nelle azioni degli individui». Dunque esiste una società che possa operare indipendentemente dagli individui? Può lo Stato esserne il portavoce? Mises ritiene questa ipotesi «Un’assurdità pericolosa sia dal punto di vista etico che politico».

Il pericolo di una dittatura sanitaria è proprio quello che Marcello Veneziani ha scritto per primo in un recente editoriale, chiedendosi le ragioni profonde della paura.

«Se il modo in cui spendi la vita vale più della vita stessa, se l’aspettativa dell’Aldilà supera la difesa della pelle qui e ora, ad ogni costo, allora magari puoi scommettere fino in fondo. Se sei disposto a rischiare anche la vita hai una libertà che nessuno può toglierti. Ma se tutto è qui e non ci aspetta altro, né la gloria né l’eternità, allora la vita è l’assoluto e per lei siamo disposti a tutto, in balia di chiunque possa minacciarla o proteggerla».

Se tutto il significato della nostra vita fosse il “qui e ora” allora il nostro attaccamento al presente potrebbe portarci a un conformismo acritico nei confronti di chi dice di “farlo per il nostro bene”. Ma se la qualità della vita e una prospettiva eterna valessero invece più della vita stessa? Allora avremmo maggiore propensione a prenderci qualche rischio. Le situazioni emergenziali sono ottimi esempi per costringere le persone a fare quello che si vuole, senza lasciar loro il tempo di pensare a quello che stanno facendo.

Non sono un virologo ma…

Ho finito le telefonate: dottoresse, biologi, giornalisti, colleghi e clienti che vivono nelle aree più colpite.
Quale sarà il reale costo umano di questa crisi, una volta che l’emergenza sanitaria sarà passata? Oltre a migliaia di tremendi lutti e agli imponenti danni economici, come conteremo i danni inflitti alle libertà fondamentali? Quanti ragazzi dovranno tornare a vivere con i propri genitori, quante piccole aziende chiuderanno i battenti? Quanti imprenditori decideranno di farla finita, come dopo la crisi del 2008?

«Ciao David!», la voce del prof. Carlo Lottieri mi ricorda quegli anni, sinceri e senza compromessi, in cui pensi di fare la rivoluzione. Carlo insegna Filosofia del Diritto all’Università di Verona e Filosofia delle Scienze Sociali a Lugano, in Svizzera. Ma sogna ancora la rivoluzione.

«Sai qual è la metafora più efficace per descrivere questo periodo? È quella di un paziente in coma (da debito pubblico, nel nostro caso) che si becca pure il coronavirus».

Ci avevano detto che la fortuna della nostra generazione era la libertà: non aver conosciuto restrizioni, non aver avuto a che fare con le tragedie dei regimi o della guerra civile. Adesso vediamo dirette del presidente del Consiglio su Facebook e gli old media bypassati definitivamente.
Quella brutta abitudine di leggere i “commenti” su Facebook: tutti a volerne di più, di restrizioni, di Stato. I militari in strada? Una grande idea.

Carlo, abbiamo bisogno dei carri armati?

«Non c’è mai bisogno dei carri armati: di fronte a un’emergenza adatti i tuoi comportamenti. Hai notato i cinesi in Italia, ad esempio? Sono spariti prima ancora che la pandemia esplodesse».

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Tutto il mondo lo fa, perché non dovremmo farlo noi?

«Mi chiedi chi ha ragione? Noi cittadini non abbiamo strumenti per decidere in un senso o nell’altro. Certamente da noi le ipotesi più catastrofistiche sono molto apprezzate da politici che adottano soluzioni autoritarie per mettere sotto sequestro le libertà fondamentali».

La mia domanda a Carlo è forse un po’ ingenua nella sua semplicità, ma sincera: perché questo bisogno di limitare le libertà individuali?
«Perché sia le persone che lo Stato sottovalutano la forza dei sistemi adattivi. Stiamo sperimentiamo una fragilità della società».

Mi sto già perdendo. «Ti spiego: la convivenza si basa su dei diritti: tuttavia, in questo frangente, sappiamo cosa è realmente legittimo? Abbiamo degli oggettivi problemi conoscitivi che rendono peculiare la situazione. Solitamente, sappiamo ciò che è lesivo dei diritti altrui e ciò che non lo è. In questo caso però lo Stato qualifica come illegittimo perfino fare visita alla propria fidanzata e in tal modo non trova più barriere di fronte a sé. In nome del nostro bene assume decisioni che sono oggettivamente liberticide e non necessariamente giustificate».

Eppure, nonostante tutto, le persone chiedono più Stato: «Perché lo Stato si basa sulla promessa della tutela dell’incolumità, ma questa tutela non può esserci se non esercitando l’uso sulla forza, di cui lo Stato detiene il monopolio».

In sostanza Carlo mi spiega che ci hanno fatto credere di non essere in grado di badare a noi stessi e allo stesso tempo ci hanno tolto, per legge, la possibilità di difenderci.

Nel frattempo, ho trovato il mio codice ATECO, posso tenere aperta la mia ditta, sono un’attività essenziale. Mi sento quasi lusingato e immagino Conte che mi strizza l’occhiolino. Domani prenderò la macchina e andrò in ufficio, come tutte le mattine.  Mi concedo un’ultima battuta con Carlo e gli confesso di aver sentito analisti che davano la colpa della pandemia al libero mercato: troppe connessioni, dicono.

Carlo si mette a ridere: «Certo, se eravamo cacciatori raccoglitori probabilmente tutto questo non sarebbe successo».

Come ci giudicherebbe Tintoretto?

Il prof. Lottieri sta tornando a casa, a Venezia. Le lezioni adesso sono diventate video-lezioni. Il suo treno è quasi a S. Lucia e noi ci diamo appuntamento a “Quando sarà tutto finito”, come si dice adesso.  Mi manca non poter camminare per Venezia in queste settimane, cosa te ne fai di una cura per il dolore se non ne puoi goderne nei momenti di sofferenza? 

Appoggio il telefono nella scrivania dell’ufficio, accanto al libro sul Tintoretto, che tengo sempre lì, in evidenza, per ricordarmi che in ogni campo della vita si può essere una rock star. Tintoretto nonostante la peste, tenne aperta la propria bottega e continuò lavorare, creare, fare la storia. Era il 1575 e, mentre i cadaveri riempivano le calli, il Robusti finiva da solo il suo lavoro più imponente: il ciclo di affreschi della Scuola di San Rocco. Nemmeno Michelangelo aveva finito da solo la Cappella Sistina. Grazie a lui, e al coraggio di tanti come lui, Venezia non si era fermata nemmeno durante l’epidemia più devastante della sua storia.

Il risultato? La bellezza assoluta, che quando tornerete in Laguna vedrete di nuovo con i vostri occhi.

tiktok live at home

A casa con TikTok: al via le live streaming con artisti e creator

  • Un programma di dirette quotidiane su TikTok: appuntamento tutte le sere alle ore 18.00;
  • Tanti creator popolari, tra cui Elisa Maino e Gabriele Vagnato e gli special guest Mahmood, Francesca Michielin e Ghali.

 

Tutti a casa, ma tutti connessi per fare quattro chiacchiere con i propri beniamini. Questo è quello che accade su TikTok, tutte le sere alle 18.00.

La piattaforma punta ad accorciare le distanze portando allegria e creatività, grazie a un programma di dirette intitolato “A casa con TikTok” che vede la partecipazione dei creator più popolari e artisti.

L’iniziativa, inaugurata con Cecilia Cantarano, prosegue con un ricco e variegato palinsesto che vede numerosi ospiti tra cui, come special guest di oggi lunedì 30 marzo, il cantante Mahmood e, il 2 aprile, Ghali.

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tiktok

Cosa succede a casa con TikTok

Musica, make-up, intrattenimento, ma anche sport e fashion. Questi i temi delle live serali, che daranno occasione agli utenti di avvicinarsi a top creator e cantanti, porre loro domande e chiedere consigli.

Ad alternarsi ai creator, anche i principali artisti musicali della scena italiana. Tutti presenti attivamente su TikTok, i cantanti si presteranno per una chiacchierata informale e intima con i loro fan.

Altra coppia, questa volta di innamorati, saranno gli ospiti delle live di martedì 31 e mercoledì 1 aprile. Virginia Montemaggi intratterrà i suoi oltre 4 milioni di follower con un fashion tutorial; training session invece sotto la guida di Vincenzo Cairo. L’intrattenimento torna venerdì 3 aprile con Gabriele Vagnato e la stand-up comedy: si preannunciano sketch ad alto tasso di ironia. Il fine settimana, vede la top creator con quasi 5 milioni di follower Elisa Maino con un make-up tutorial; domenica 5 aprile sarà Vincenzo Tedesco, da sempre noto per la sua travolgente allegria e spontaneità, a chiudere le dirette.

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I trend del social

La community ha risposto con entusiasmo e partecipazione, arrivando puntuale al rendez-vous con la creatività. A casa con TikTok è andata ad aggiungersi agli altri trend nati spontaneamente in queste ultime settimane sulla piattaforma per avvicinare le persone e creare momenti di allegria in perfetto stile TikTok.

Trainate dall’hashtag #iorestoacasa – con oltre 640.000 contenuti creati e oltre 950 milioni di visualizzazioni – si sono aggiunti #lavatilemani, #distantimauniti, #andràtuttobene, #plankchallenge e #smartworking, oltre alle risorse a disposizione delle community di TikTok in merito all’emergenza Coronavirus.

a casa con tiktok

Qui il programma dei prossimi giorni:

Lunedì 30 marzo
Mahmood – Q&A musica

Martedì 31 marzo
Virginia Montemaggi – Fashion tutorial

Mercoledì 1 aprile
Vincenzo Cairo – Fitness

Giovedì 2 aprile
Ghali – Q&A musica

Venerdì 3 aprile
Gabriele Vagnato – Comedy

Sabato 4 aprile
Elisa Maino – Make-up tutorial

Domenica 5 aprile
Vincenzo Tedesco – Intrattenimento

Il programma di live streaming è attivo anche in altri Paesi in cui la piattaforma è presente tra cui Inghilterra con #HouseofTikTok, Australia e Stati Uniti con l’hashtag ufficiale #HappyAtHome.

week in social

Week in Social: una quarantena tra lotta alla disinformazione e intrattenimento

Anche questa settimana i social si sono attivati, ognuno a modo proprio, per contrastare la disinformazione sul coronavirus, e non solo.

Torna, puntuale come ogni settimana, la nostra Week in Social. Vediamo insieme cosa è accaduto negli ultimi giorni.

Twitter supporta il giornalismo

Mentre Twitter sta registrando un aumento di utenti in piattaforma, dall’altra parte, a causa del COVID-19, il numero dei moderatori è diminuito. Per cui il social si affiderà sempre più a tool automatici per monitorare i contenuti, almeno finchè l’attuale situazione non tornerà alla normalità.

Nel frattempo, pensando a uno dei settori che rischia di essere colpito duramente dall’attuale crisi, decide di devolvere 1 milione di dollari a due organizzazioni chiave nel campo del giornalismo.

Facebook contro la disinformazione

Sono molte le misure che Facebook sta prendendo per supportare utenti e aziende.

Intanto, offrirà assistenza gratuita alle agenzie sanitarie che desiderano utilizzare Messenger per diffondere informazioni sul COVID-19.

week in social
Continua la sua battaglia alla disinformazione, per far si che i 2,89 miliardi di persone che accedono alle sue app ogni mese, ricevano informazioni tempestive e accurate sulla pandemia in evoluzione.

Nel frattempo, Zuckerberg prova a espandere la sua presenza in India.

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Instagram lancia lo sticker Stay Home e il Co-watching

Mentre da pochi giorni è arrivato lo sticker “Stay home“, Instagram lancia un nuovo modo per permettere alle persone di restare in contatto online, nonostante la quarantena. È in arrivo la funzione ‘Co-Watching‘, che permetterà agli utenti di restare connessi tramite video, scorrere insieme il news feed, e condividere i contenuti più interessanti.

social network

Non avrai accesso al tuo regolare news feed durante la videochat, ma sarà comunque un modo divertente per commentare insieme foto e video.

Notizia delle ultime ore: Instagram sta testando una nuova opzione per promuovere la vendita di buoni regalo o fare donazioni tramite il profilo aziendale. Si chiamerà “Link“.

TikTok e Snapchat, tra entertainment e donazioni

In seguito alla partnership annunciata di recente con l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), TikTok si è impegnata a donare 10 milioni di dollari all’OMS per aiutare i suoi sforzi in risposta al coronavirus.

Mentre Snapchat aggiunge:

  • una sezione dedicata agli aggiornamenti sul COVID-19.
  • un proprio canale dedicato alle informazioni sul COVID-19 chiamato “Coronavirus: Slow the Spread“, per evidenziare  i messaggi ufficiali sull’epidemia e condividere stories su come gli utenti stanno affrontando i cambiamenti delle ultime settimane.
  • un nuovo gioco AR, per dissipare alcuni dei più comuni miti sul coronavirus.- una risorsa chiamata “Here For You“, per fornire assistenza agli utenti della piattaforma.

Su Pinterest arriva “Today”

In un momento come questo, in cui trascorriamo tutti molto tempo in casa, Pinterest ha pensato bene fosse utile lancire un nuovo tool. Arriva “Today“, che raccoglierà tutti gli ultimissimi trend. Today mostrerà anche informazioni sul Covid-19, almeno inizialmente.
E anche per questa settimana, dal mondo dei social è tutto.

Stay home. Stay inspired.