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Elon Musk vende azioni Tesla

Elon Musk ha venduto circa 5 miliardi di dollari di azioni Tesla

Il CEO di Tesla Elon Musk ha venduto quasi 5 miliardi di dollari in azioni Tesla, secondo i documenti finanziari appena pubblicati. Possiede però ancora più di 166 milioni di azioni.

Il suo trust ha venduto più di 3,5 milioni di azioni per un valore di oltre 3,88 miliardi di dollari in una raffica di scambi effettuati martedì e mercoledì. Queste transazioni non sono state contrassegnate come 10b5, il che significa che non erano vendite programmate.

I documenti hanno mostrato che Musk sta vendendo un blocco separato di azioni Tesla attraverso un piano programmato dal 14 settembre di quest’anno. Queste vendite ammontano a più di 930.000 azioni per un valore di oltre 1,1 miliardi di dollari.

elon musk vende azioni Tesla

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Il sondaggio sulle azioni Tesla e il crollo in borsa

Prima che il piano di vendita fosse reso pubblico, Musk aveva chiesto ai suoi 62,5 milioni di follower su Twitter di votare in un sondaggio informale, dicendo loro che il loro voto avrebbe determinato il futuro delle sue partecipazioni in Tesla.

I documenti rivelano che, in effetti, era già a conoscenza che alcune delle sue azioni erano destinate alla vendita in questa settimana.

Dopo il sondaggio su Twitter, le azioni di Tesla sono crollate più del 15% tra lunedì e martedì, prima di rimbalzare del 4% mercoledì. Il limite del 10% per cento delle azioni di cui si parla nel sondaggio è ancora molto lontano: Musk dovrebbe dar via ancora circa 17 milioni di azioni per arrivarci.

Le vendite aggiuntive di azioni non erano quindi previste e forniscono a Musk notevoli riserve di denaro, dato che la sua ricchezza è in gran parte legata proprio alle sue partecipazioni in Tesla e SpaceX.

Musk ha infatti più di 20 milioni di ulteriori stock option che scadranno ad agosto del prossimo anno.

Il CEO di Tesla è la persona più ricca del mondo, con un patrimonio di quasi 300 miliardi di dollari.

lasciare il lavoro è un trend: i giovani lo urlano su TikTok

Lasciare il lavoro è virale: la Gen Z festeggia il licenziamento sui social

I giovani non ci stanno più e vogliono lasciare il lavoro.

Non ci stanno a trascorrere i weekend a recuperare i task che non sono riusciti a svolgere nella settimana lavorativa. Dicono “no” agli straordinari e alla produttività a ogni costo, anche rimettendoci la salute mentale.

In un articolo del New York Times che è diventato virale la scorsa settimana, la ricercatrice Emma Goldberg ha esplorato come i millennial abbiano “paura” dei lavoratori della Generazione Z, che stanno spingendo per una nuova, audace richiesta di condizioni migliori sul posto di lavoro per raggiungere un giusto equilibrio tra ufficio e vita privata.

La Gen Z vuole lasciare il lavoro e festeggia il licenziamento su TikTok

Può sembrare un cliché, ma da sempre le generazioni più giovani si sentono meno vincolate all’impiego e alle responsabilità e sono, mediamente, più facilmente disposte a lasciare il proprio lavoro per lanciarsi in nuove avventure professionali, ma la generazione Z, soprattutto dopo la pandemia, sta portando questo concetto all’estremo.

Ad agosto, uno studio di Personal Capital e The Harris Poll ha scoperto che due terzi degli americani intervistati erano desiderosi di cambiare lavoro. tra i più giovani, la percentuale arrivava addirittura al 91%, più di qualsiasi altra generazione.

Quali sarebbero queste “assurde richieste” dei ventenni che si approcciano al mondo del lavoro? Meno mansioni, una valutazione del lavoro svolto basata sui risultati e non sulle ore trascorse in ufficio, maggiore flessibilità di orario.

È un netto contrasto con le giornate strutturate e sovraccariche di lavoro a cui sono abituati i millennials, ossessionati dal lavoro.

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Shana Blackwell, lavorava come magazziniere notturno in Walmart . Quando si è licenziata, ha usato il sistema di interfono del negozio per dirlo a tutti nell’edificio.

Blackwell, allora 19enne, aveva raggiunto un punto di rottura a causa del suo lavoro estenuante e fisicamente impegnativo. Aveva presentato delle lamentele a Walmart ma senza alcun risultato.

All’inizio era pronta a licenziarsi “secondo le regole” ma nessuno era disponibile ad ascoltarla. Così, il suo lungo annuncio si è concluso con “”Fan**** ai manager, fan**** a questa azienda, fan**** a questa posizione … Mi licenzio, ca***!“.

@shanablackwellAnd here is the video of me quitting my toxic, sexist, racist workplace. #walmartchallenge #fyp #viral #walmart #walmarthaul #walmartfindspart1♬ original sound – Shana

Perché la Generazione Z vuole lasciare il lavoro

Il movimento globale fa parte di quello che Erika Rodriguez ha chiamato “slow-up” in un recente pezzo di opinione per il Guardian, riferendosi a un cambiamento permanente nel rallentare la produttività con lo scopo di separare nettamente il lavoro dalla vita privata.

@dogs6666660Original video with original sound as requested ? #HappyHalloween #fyp #OhNo #walmart #peopleofwalmart♬ original sound – dogs666666

Questa intenzione potrebbe tradursi nella volontà di prendersi pause non previste dagli orari di lavoro o rispondere alle email solo in determinati giorni della settimana, e la cosa spaventa molto i loro capi millennial, perché sembrano essere tutti d’accordo e compatti sulla questione.

Il fenomeno è probabilmente strettamente legato agli eventi degli ultimi due anni: secondo lo psicologo organizzativo Anthony Klotz, che ha coniato il termine “La Grande Dimissione”, vivere in un momento storico tanto condizionato da una pandemia globale ha spinto le persone a porsi delle domande esistenziali, oltre ad aver permesso alle persone, volenti o nolenti, di allontanarsi dai luoghi di lavoro e sperimentare altri modelli di vita.

Licenziarsi è un trend

Il CEO di LinkedIn Ryan Roslansky ha dichiarato in una recente intervista al Time che non dovremmo tanto parlare di “Grande Dimissione” quanto di “Grande Rimpasto”, per ciò che riguarda i lavoratori più giovani.

Il suo team ha monitorato la percentuale di membri di LinkedIn che hanno cambiato lavoro in base al profilo e ha scoperto che le transizioni di lavoro sono aumentate del 54% rispetto all’anno precedente. Le transizioni di lavoro della Gen Z sono invece aumentate dell’80% .

Ha avvertito le aziende a valutare attentamente la nuova situazione: “I vostri dipendenti a livello globale stanno ripensando non solo al modo in cui lavorano, ma anche al perché lavorano e cosa vogliono fare delle loro carriere e delle loro vite“, ha detto per poi concludere “Questo rimescolamento di talenti molto probabilmente continuerà per un altro anno o due, ma credo che alla fine si stabilizzerà“.

La Gen Z è felice di lasciare il lavoro e lo dice su TikTok

@definitelynotsantanai quit my job today♬ original sound – santana

Certamente il “job-hopping” ha degli aspetti positivi, perché motiva i giovani a cercare nuove opportunità e permette di capire cosa davvero si vuole ottenere: lasciare il lavoro e puntare a una vita lavorativa più flessibile permette infatti di estendere i propri orizzonti e avere uno sguardo più ampio sul futuro.

Di solito, le uniche persone informate su un licenziamento sono chi lo lascia, il capo e un rappresentante delle risorse umane.

Ma con un numero record di lavoratori che si sono decisi a lasciare il lavoro durante la pandemia, le persone hanno reso pubbliche sempre più spesso le loro storie in modo che tutti potessero vederlo e condividerlo.

La Gen Z non è per niente timida nel diffondere la notizia del licenziamento, anzi, incoraggia l’addio a ruoli tossici nello stesso modo in cui siamo stati abituati noi millennial a celebrava un nuovo lavoro come un grande traguardo.

@itsmarisajoIt’s like an elephant took its foot off my chest, but I’m also sad. Onward & upward ? #quittingcorporate #quittingmyjob #HelloWinter #9to5problems♬ Dog Days Are Over – Florence & The Machine

Sono compatti e fanno squadra contro un mondo del lavoro opprimente: su TikTok i giovani postano video allegri e festosi dopo aver lasciato il lavoro. E la cosa velocemente è diventata un trend.

Che rischia di rimodellare completamente il mondo del lavoro.

squid game

I numeri social del successo di Squid Game (e perché è diventata virale)

Per parlare di Squid Game quasi non servirebbe fare un’introduzione e spiegare di cosa parleremo in questo articolo.

Ma noi la facciamo ugualmente perché vogliamo che sia chiaro a tutti la portata di questo fenomeno di massa, diviso tra serie Tv e viralità social.

Stiamo parlando dell’ultima serie di successo di Netflix. Anzi, per essere più precisi riportiamo le parole di Ted Sarandos, co-CEO di Netflix: “C’è un’ottima possibilità che sia il nostro più grande spettacolo di sempre“. Questa dichiarazione ci fa capire subito la portata mondiale di Squid Game.

 

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Il perché del grande successo di Squid Game

Dietro ad ogni vittoria o sconfitta ci sono tante dinamiche e sarebbe banale ricondurre il tutto ad un’unica motivazione.

Si rischierebbe di banalizzare il tutto. Proveremo a sottolineare alcuni aspetti interessanti, che diversificano Squid Game da altre serie di successo e capirne il motivo.

Il primo aspetto è sicuramente la lingua: questa è una serie Sud Coreana ma ad oggi è al numero 1 anche negli Stati Uniti e Inghilterra.

In Italia, per esempio, non c’è il doppiaggio ma solo i sottotitoli. Una barriera che non ha di certo scoraggiato il pubblico italiano che ha comunque premiato questa serie.

Non è di certo la prima serie tv in lingua originale non americana/inglese, ma di sicuro quella più di successo.

Squid Game le ragioni del successo di Netflix

Citiamo alcuni esempio come “Lupin“, in francese, “Money Heist“, originariamente in spagnolo (entrambe ottimi successi) e Unorthodox girata in Yiddish.

Altra particolarità, oltre alla lingua originale, c’è sicuramente la trama sulla quale è basata la storia: una serie di giochi infantili che terminano tutto con l’eliminazione fisica dei concorrenti che non raggiungono il traguardo.

Una tematica trasversale anche per età: il pubblico più “adulto” rivive i giochi dell’infanzia con una componente splatter importante, mentre i più giovani lo vivono come un proseguimento dei videogames.

 

Gaming e serie TV

Ci sono giovani adolescenti che lo guardano nei videogiochi come Roblox e Minecraft, e ci sono millennial che lo guardano a casa e Gen Xers che ne sentono parlare, e vogliono guardarlo afferma Julia Alexander, Senior Strategy Analyst per Parrot Analytics. “Se dicono, ipoteticamente, che 80 milioni di famiglie lo hanno guardato nei primi 28 giorni, è abbastanza preciso come dato“.

Siamo davanti ad una serie tv che è riuscita ad intercettare un pubblico variegato puntando su diversi aspetti e caratteristiche che stanno bene insieme. Gaming, giochi di ruolo, violenza, brutalità e pathos.

meme su squid game

Squid Game su TikTok e Twitter

Per capire la portata di questo fenomeno basta leggere i dati che ci arrivano dai social network. L’interrelazione tra serie tv e social in questo caso è la riprova di come il Buzz Marketing sia un’arma difficile da controllare, ma potentissima.

Un po’ di numeri: su TikTok, per esempio, #SquidGame è stato visto più di 22,8 miliardi di volte.

Un dato, questo, che sottolinea ancora una volta l’età del pubblico intercettato da questa serie: un pubblico giovanissimo (a volte anche al di sotto dei dieci anni, come testimoniano alcune maestre elementari) guarda Squid Game e poi ci gioca sui social preferiti come Tik Tok.

Questi ragazzi lo fanno utilizzando e commentando Meme, lanciando challenge, vedendo video e reel.

Un esempio è la ragazza che canta “mugunghwa kochi pieotsumnid”, che si traduce approssimativamente in “Luce rossa, luce verde 1, 2, 3!”, utilizzato per oltre 420.000 video sulla piattaforma, molti dei quali mostrano come le persone vincerebbero o perderebbero al gioco.

Un percorso, serie tv – social, che viene fatto anche dal pubblico adulto su Twitter dove l’hashtag #squidgame è stato in tendenza per diverse settimane con meme, mini video e altri contenuti.

Tra meme e real time marketing

Su Facebook la viralità di Squid Game la si potrebbe misurare in Meme, utilizzati e creati da migliaia di utenti e pagine.

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Un vero e proprio buzz che ripercorre, con dimensioni mondiali, quelli che è accaduto in Italia con la serie Amazon “LOL” dove la vera pubblicità al programma comico non è arrivata dai canali ufficiali Amazon ma attraverso il famoso “So Lillo” pronunciato da Lillo di Lillo e Greg.

Oltre al fattore Meme bisogna sottolineare, in questo caso, anche tutto il percorso utilizzato da diversi brand nello sfruttare il Real Time Marketing.

In sintesi è avvenuto proprio questo. Squid Game ha successo, si parla sui social della serie tv coreana (e su questo Twitter rimane essere un termometro assolutamente efficace), i brand sfruttano la popolarità di Squid Game per fare interazione, Squid Game a sua volta sfrutta la visibilità data dai brand e dalle loro interazioni.

È un circolo vizioso e virtuoso, difficile da iniziare, che una volta partito assicura visibilità, viralità e interazioni.

tiktok for business copertina

Dalla Generazione T agli insight degli utenti: tutti i dati di TikTok che devi assolutamente sapere

Sono molte le novità recenti per TikTok presentate durante il TikTok World e alcune, molto interessanti, riguardano proprio TikTok for Business, una piattaforma globale che ospita tutte le soluzioni di marketing attuali e future per i brand, pensate per offrire gli strumenti necessari a creare storytelling creativi, in grado di ingaggiare la community di TikTok con il proprio messaggio e “a fare un TikTok”.

Quando un brand arriva su TikTok, il suggerimento della piattaforma è sempre di pensare come esperti di marketing, ma agire come creator.

Il 61% degli utilizzatori afferma che su TikTok i video sono unici, più che su qualsiasi altra piattaforma, e 7 su 10 aggiungono che su TikTok gli annunci sono divertenti.

LEGGI ANCHE: Selezionare il giusto creator per la tua campagna: uno strumento concreto

L’incontro con TikTok for Business

Abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a una colazione con  TikTok for Business, un’occasione per fare il punto con Adriano Accardo, Managing Director, Global Business Solutions, Southern Europe e il suo team ed esplorare le opportunità di crescita per i brand su TikTok e le ultime novita’ dalla piattaforma.

TikTok for business - evento

Oggi siamo qui per raccontare un anno di storia per TikTok for Business” ci ha detto Adriano, “è stato un anno fantastico e abbiamo visto un’evoluzione profonda di quelli che sono i nostri contenuti e la nostra community. Parliamo sempre di più di Generazione T, composta da diverse generazioni, millennial, baby boomer, ma con un’attitudine unica“.

Una parte importante per la crescita ha riguardato anche la sicurezza, con le nuove community guidelines e gli strumenti creati per gli utenti.

Tutti i settori merceologici sono oggi sempre più presenti in piattaforma, fashion, luxury, food, retail, tech. Continuiamo ad aiutarli per raggiungere risultati non solo di brand awareness ma sempre di più di performance“, continua Accardo, “abbiamo creato un team qualificato con esperienza nei diversi settori e puntiamo a essere riconosciuti come un’azienda italiana nel mercato italiano e aggiungere valore all’ecosistema economia“.

La Generazione T si preoccupa e condivide. Da nipoti adolescenti a nonni più anziani, la Generazione T non lascia indietro nessuno. Anche se fuori dalla piattaforma uscire con parenti più anziani da adolescente potrebbe essere considerato imbarazzante o strano, su TikTok diventa un momento di orgoglio e legame.

TikTok for Business: la community ama l’intrattenimento e l’autenticità

Durante l’evento, è stata presentata anche una nuova ricerca sull’autenticità della community TikTok. Perché autenticità, creatività e allegria sono così importanti per i brand su TikTok?

Condotta in collaborazione con l’agenzia di cultural strategy Flamingo Group, l’indagine dimostra che l’intrattenimento è al centro dell’esperienza su TikTok e che il suo effetto si riflette sulla percezione del brand da parte degli utenti e sul tipo di inserzioni che ottengono i migliori risultati. 

evento tiktok for business

Secondo la ricerca, circa la metà (48%) degli utenti ritiene che TikTok sia allegro, rispetto al 30% di altre piattaforme, mentre il 41% ritiene che ispiri felicità, contro il 30% di altri social. Un’allegria contagiosa, con un impatto reale sugli altri utenti: il 78%, infatti, dichiara di provare sentimenti più positivi dopo aver guardato dei contenuti su TikTok.

E non c’è dubbio che TikTok sia in sintonia con molteplici pubblici.

Oltre un miliardo di persone in tutto il mondo entrano ogni mese nell’app per ridere, divertirsi, imparare, o scoprire qualcosa di nuovo. L’intrattenimento, dunque, è il fattore chiave su TikTok: un’altra ricerca, questa volta di Walnut Unlimited, rivela che il 75% degli utenti entra su TikTok principalmente per questa ragione.

Quando i sentimenti sono positivi, l’approccio all’advertising è migliore

E quando provano sentimenti positivi grazie all’intrattenimento, le persone vedono in modo diverso anche i brand. L’indagine ha riscontrato che il 56% degli utenti migliora la percezione di un brand dopo averne visto un contenuto su TikTok, rispetto al 52% di altre piattaforme.

Questo significa che le marche possono trarre vantaggio anche dal semplice fatto di essere presenti nell’app. In breve, su TikTok le inserzioni sono più performanti.

La ricerca EU CPG MMx di TikTok e Nielsen indica che nella pubblicità a pagamento TikTok presenta un ritorno del 30% superiore alla media del canale digitale.

La ricerca ha anche rilevato che gli utenti associano la pubblicità su TikTok a maggiore autenticità, divertimento, creatività, ispirazione e coinvolgimento rispetto ad altri canali.

Gli spot che possiedono queste caratteristiche possono quindi ottenere un elevato engagement su TikTok. E lo dimostra il fatto che alcune delle inserzioni di maggiore successo sulla piattaforma puntano proprio sull’allegria e l’autenticità.

Il coinvolgimento dei creator

tiktok for business khabane lame

Il coinvolgimento dei creator nelle campagne marketing è fondamentale per veicolare correttamente i messaggi e attivare le community di riferimento. Il TikTok Creator Marketplace offre a brand, agenzie e professionisti del marketing la possibilità di incontrare e mettersi in contatto con i creator più adatti di TikTok per la loro campagna attraverso uno studio approfondito dei dati e un percorso semplice per entrare in collaborazione con loro.

Un metodo concreto per scegliere l'influencer giusto per la tua campagna

Selezionare il giusto creator per la tua campagna: uno strumento concreto

La selezione del creator in una campagna (influencer outreach) è per antonomasia una delle sfide più rilevanti per chi opera in ambito influencer marketing.

Un influencer non adeguato può segnare negativamente non solo le performance di progetto, ma addirittura la reputation del brand.

Un problema talmente sentito da essere condiviso: stando al report Brand & Marketer di ONIM, questa è una challenge determinante per oltre il 60% dei professionisti intervistati.

obiettivi influencer marketing

Una difficoltà che è figlia dell’attività stessa: troppi e soprattutto troppo diversi tra loro i parametri da analizzare. Ne consegue la necessità di un approccio complessivo, in grado di integrare, contestualizzando, ogni singolo aspetto, semplificandone la lettura globale.

Una issue che può riassumersi in:

  • misurare e parametrizzare anche la dimensioni qualitativa dei creator
  • estrarre insight differenti, capaci di adattarsi all’esigenza precedente
  • connettere e integrare tra loro i diversi insight
  • parametrizzare e generare un indice che sia utilizzabile, capace di migliore le valutazioni e, conseguentemente, la scelta.

Quantità e qualità, insieme

La “doppia” dimensione è uno degli elementi che maggiormente segna l’influencer marketing e ne complica valutazioni e utilizzo. Alla dimensione “quantitativa” infatti, se ne affianca una prettamente  qualitativa, in molti casi decisiva per il successo di una campagna. Parametri che nella maggior parte dei casi sono complessi da “estrarre”, ponderare o ricondurre ad un singolo insight.

Capacità relazionali, creatività dei contenuti, know-how di settore sono solo alcuni di queste variabili, variabili che come è immaginabile hanno però un peso determinante nelle attività con creator e influencer.

Un mix che in molti casi caratterizza gli stessi, diventando variabile basilare nella capacità di spingere all’azione gli utenti o, come preferiscono molti, di influenzarli.

Elementi che guadagnano ancor più rilevanza in uno scenario, quello odierno, che sta rimettendo al centro il contenuto e il suo valore. Non soppesare quindi tali elementi rischia quindi di limitare pesantemente il nostro progetto e le sue possibilità di produrre un impatto reale sugli utenti.

Più fonti per dati sempre più estesi (e profondi)

Un’altra problematica della fase di outreach è il limitarsi alle piattaforma social e alle loro metriche superficiali.

Un modus operandi diffuso, forse per comodità, ma soprattutto per mancanza di conoscenze e figure idonee nei team, ma ancor più rilevante, di strumenti in grado di lavorare su analisi più profonde, andando oltre.

Ma il tool non basta, anzi. Molto spesso quando disponibile diventa un limite: il singolo strumento condiziona il metodo di analisi e non sempre è idoneo a rispondere alle numerose necessità di campagna.

selezione e gestione degli influencer

Esistono tool più o meno buoni certo, ma nessuno è “perfetto” o, almeno, perfetto per ogni singola situazione o progetto.

Serve un approccio più ampio e soprattutto strumenti capaci di integrare fonti differenti, capaci cioè di completare lo scenario, come quelle provenienti dalla web & social listening (topic, sentiment, reputation), quelle di image e video recognition, ma anche più “umane”, che necessitano di sensibilità di professionisti per essere comprese e valutate al meglio, come le competenze di settore del creator.

Facile comprendere quanto una figura parla di una tematica, molto meno in che modo.

Dati proprietari o di terze parti la cui gestione diventa un asset fondamentale, così come la loro lettura, contestualizzazione e interpretazione, in un’evoluzione da dato a insight.

Un’evoluzione in cui AI e machine learning sono e saranno sempre più determinanti.

Integrare e connettere per valutare: il metodo R.E.L.E.V.A.N.C.E.

Ottenere i dati e capire quali utilizzare non può bastare però. La reale differenza sta nel metterli a sistema e renderli utili a livello strategico. Come? Integrandoli. Non solo in modo che mantengano il loro valore/significato, ma ancor di più che riescano, insieme, a darci un livello di valutazione superiore, globale.

report parametri di selezione degli influencer

Una necessità non certo semplice a cui ho provato a dare risposta con R.E.L.E.V.A.N.C.E., una metodologia multi-KPI pensata per integrare parametri e fonti eterogenee, attribuendogli, in base alla tipologia e alle finalità di campagna, un peso variabile. Un approccio studiato per migliorare la fase di valutazione e adattarsi alle diverse esigenze e obiettivi dei singoli progetti.

  • REPUTATION: la reputazione del creator, analizzata e valutata grazie a tool di web & social listening e con l’integrazione di AI e machine learning
  • ENGAGEMENT: la capacità del creator di spingere gli utenti a interagire. Un parametro che deve tenere conto non solo della dimensione quantitativa, ma soprattutto della tipologia di interazione (like, commenti, condivisione) e del suo essere o meno on topic rispetto al contenuto pubblicato
  • LOYALTY: l’attitudine del creator a relazionarsi con la propria community e coinvolgerla attivamente
  • EFFECTIVENESS: la qualità dei contenuti prodotti, andando a valutarne stile, mood e caratteristiche
  • VERIFIED AUDIENCE: valutare le caratteristiche più complesse dell’audience del creator come nazione, età, sesso, interessi, affinità. Il numero di follower è e resterà sempre solo un numero
  • AFFINITY: l’affinità di stilte, mood, tone of voice tra brand-creator-fanbase
  • NOTORIETY: la notorietà di un creator online (menzioni e buzz online, posizionamento SEO delle keyword correlate), ma, ove possibile, anche offline (survey e ricerche dedicate)
  • COLLABORATIONS: le collaborazioni fatte in passato del creator, analizzando sia i progetti con competitor, ma soprattutto le performance dei suoi contenuti #ad
  • EXPERTISE: La competenza e il know-how dell’influencer, fondamentali in progetti verticali e con obiettivi come la laed generation. Un’analisi anche desk, ma supportata da AI e machine learning, andando oltre i contenuti pubblicati (studi, cv, ecc)

Parametri che a seconda della di campagna, della piattaforma, ma soprattutto delle finalità, sono integrati e “pesati” per offrire un parametro univoco e chiaro, utile a selezionare non un creator, ma quello ideale per il nostro progetto.

Andando nel concreto. In una campagna di brand awareness, expertise e loyalty avranno meno peso rispetto alla notoriety. In una, invece, in cui si vuole migliorare il posizionamento di brand o prodotto saranno reputation, loyalty ed effectiveness ad avere un ruolo centrale.

Da grandi budget dipendono nuove responsabilità (ed esigenze operative)

report retribuzione influencer

R.E.L.E.V.A.N.C.E. si presenta come una metodologia complessa, dispendiosa sia in termini di competenze, team, ma soprattutto di tool.

Una complessità capace però di limitare l’enorme rumore di fondo dello scenario odierno degli influencer, senza contare la necessità di supportare l’’evoluzione delle esigenze di chi investe nell’influencer marketing, al fine di garantire risultati concreti, in linea con aspettative e investimento

Un obiettivo raggiungibile solo trovando la sinergia, a livello di risultati, tra quantità e qualità. Se i creator sono la risposta, è fondamentale siano quella più giusta possibile per brand e progetto.

campagne di halloween

I brand fanno paura! Ecco 10 spaventose campagne di Halloween

Halloween è alle porte: la festa più amata d’America porta con sé la creatività dei brand che partecipano a questo periodo con campagne divertenti e ironiche. Quali sono state le campagne pubblicitarie più originali di questi ultimi Halloween?

Burger King Spagna (2021) per Halloween

Si dice che durante la notte molte persone si sveglino inspiegabilmente intorno alle 3.  Secondo gli studiosi del paranormale, sarebbe quella l’ora in cui si manifesterebbero fantasmi e spiriti. Per Burger King Spagna, durante questo Halloween si potrebbero verificare fenomeni più tangibili.

Alle 3 del mattino, sull’app del fast food,  apparirà infatti un meal gratuito. Basta dunque lasciare che gli spiriti ci sveglino, o mettere semplicemente la sveglia, per approfittare di questa gustosa apparizione.

Heinz Ketchup (2021)

Heinz ispira i costumi per Halloween. Per essere spaventosi basta cospargersi di un ottimo sangue. E cosa c’è di più buono e realistico del ketchup? La bottiglia si trasforma in sangue di pomodoro, a seconda delle esigenze.

Google per Halloween 2021

Quali saranno i costumi più indossati in questo Halloween? Ce lo dice Google, grazie alla sua classifica Frightgeist. In base all’analisi di Google Trends sapremo quali sono stati i travestimenti più ricercati dagli utenti statunitensi. Google inoltre ci consiglierà quale costume è più adatto in base allo stile e alla “spaventosità” desiderata.

halloween google frightgeist ninja marketing

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Nike per Halloween 2021

Nike lancia la sua nuova Dunk Low per Halloween 2021. Un modello di sneaker limited edition spaventosamente accattivante che al buio si illumina mostrando dettagli simpaticamente inquietanti.

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Burger King Svezia (2020)

Se pronunci tre volte il suo nome, apparirà. Così Burger King Svezia, ispirandosi alla spaventosa leggenda di Maria la Sanguinaria (o BeetleJuice per i nostalgici degli anni ’90) intende terrorizzare i suoi clienti per Halloween. Un software di riconoscimento vocale farà spegnere le luci e mostrerà un’immagine inquietante riflessa nello specchio. Chi apparirà pronunciando ripetutamente “Cancelled Clown”? Provate a chiedete a McDonald’s!

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IKEA Italia (2020)

Con una simpatica campagna, IKEA Italia augura buon Halloween con alcuni dei suoi prodotti, spaventosamente utili.

halloween ikea italia ninja marketing

Jeep (2019)

Quante espressioni mostruose sa fare Jeep?

jeep halloween ninja marketing

Google Nest Hello Doorbell (2019)

Google Nest Doorbell, in occasione di Halloween, apre le audizioni per registrare diversi spaventosi suoni per il campanello di casa. In sala prove ci sono Dracula, un mostro, un fantasma ed una strega. Hanno dato il terrificante meglio di sé… quale tra questi vorreste per i vostri citofoni?

Budweiser (2019)

Con la campagna “Non permettere che Halloween ti perseguiti per sempre” Bud mostra le foto segnaletiche di persone realmente arrestate per ubriachezza molesta. Ma con un tocco in più: le immagini dei trasgressori sono state modificate con imbarazzanti costumi di Halloween. Il brand di birra esorta così i ragazzi a bere responsabilmente e a rimanere sempre idratati (di acqua) tra un bicchiere e l’altro.

budweiser halloween ninja marketing

 

IKEA Ireland (2018)

Gli accessori IKEA interrompono la monotonia, sono colorati e divertenti. Ed altrettanto lo sono i loro fantasmi che ravvivano la casa e che trovano sempre il loro giusto spazio. Campagna divertente e intelligente quella di IKEA, come sempre.

Meta nuovo nome di Facebook

Facebook ha deciso il suo nuovo nome: si chiamerà Meta

Facebook ha annunciato di aver cambiato il suo nome in Meta, come parte di una transizione strategica per enfatizzare lo sviluppo del suo mondo virtuale mentre il principale business della compagnia, quello del social network, è in crisi.

Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha fatto l’annuncio durante Connect, l’evento annuale dell’azienda sull’hardware in cui solitamente si presentano e si discutono  prodotti come i dispositivi video Portal e il visore Oculus.

Il rebranding, legato esplicitamente al mondo virtuale e hardware noto come il “metaverso”, fa parte di un ampio sforzo per spostare l’attenzione dalle rivelazioni che stanno trapelando grazie a talpe interne all’azienda. Il social network Facebook, infatti, non cambierà il suo nome.

META mark zuckerberg facebook

D’ora in poi, saremo prima di tutto il metaverso e non solo Facebook“, ha dichiarato Zuckerberg nel suo keynote. “Facebook è uno dei prodotti più usati al mondo. Ma sempre di più, non comprende tutto ciò che facciamo. In questo momento, il nostro marchio è così strettamente legato a un prodotto che non può rappresentare tutto ciò che facciamo“.

Che vuol dire Meta, il nuovo nome di Facebook

Il termine, che deriva dalla fantascienza ma è diventato popolare tra alcuni venture capitalist della Silicon Valley, si riferisce a servizi tecnologici dentro a mondi virtuali interconnessi.

Facebook ha iniziato la sua avventura come un social network in un dormitorio del college 17 anni fa, ma è diventato un conglomerato che comprende Instagram, WhatsApp e Messenger. L’enorme successo e la grande popolarità della piattaforma, insieme alle vicende recenti legate alle fughe di notizie, hanno spinto diversi esponenti nel settore tecnologico, così come tanti dipendenti, a supporre che l’azienda fosse da tempo in attesa dell’occasione giusta per cambiare nome.

Facebook non è la prima azienda della Silicon Valley a puntare su questa mossa. Google, infatti aveva cambiato il nome della sua società madre in Alphabet nel 2015, nel tentativo di unificare un colosso aziendale che comprendeva non solo la ricerca e la pubblicità, ma anche auto senza conducente e molte altre divisioni.

Così come Snapchat, che ha cambiato il suo nome in Snap Inc. nel tentativo di “ribattezzarsi” come una nuova società.

copertina resilienza digitale

Trasformazione Digitale: perché dobbiamo Reskillare 1 miliardo di persone

Trasformazione digitale è il nuovo mantra. DAD, smart working, app di delivery, formazione online, cinema in streaming: la nostra vita, durante i lockdown, è stata riflessa in uno schermo.

Chi non era attrezzato è stato tagliato fuori dalla vita di comunità e, in molti casi, ha dovuto interrompere il proprio lavoro, con danni incalcolabili. 

Durante la pandemia si è parlato di una digitalizzazione 25 volte più veloce rispetto ai ritmi precedenti. Tra aprile e maggio 2020 la crescita degli eCommerce è stata in 8 settimane maggiore di quella avvenuta nei 10 anni precedenti.

Con la pandemia si è toccato il massimo livello di disoccupazione (7,2%) e l’80% dei lavoratori oggi affrontano insicurezze sul proprio posto di lavoro (licenziamenti, taglio delle ore, cassa integrazione). Il livello di rischio sul lavoro è inversamente proporzionale al livello di studio e di competenze avanzate in settori ad alta tecnologia.

Insomma, più si resta indietro con le digital skill, più si rischia di non essere più “necessari” al mercato del lavoro. 

Chi rischia di più sono i lavoratori con minore livello di istruzione e per questo la pandemia rischia di aumentare le disuguaglianze già esistenti. Maggiore sicurezza la hanno i lavoratori che non sono direttamente in contatto con altre persone o che non garantiscono servizi essenziali. 

Chi ha ruoli e competenze che permettono di lavorare da remoto è avvantaggiato, dal momento che le competenze digitali avanzate sono quelle oggi scarse e sempre più ricercate. È per questo che l’accelerata che abbiamo avuto si dovrebbe trasformare in una velocità ad andatura costante. 

1 miliardo di persone devono essere Reskillate entro il 2030

7 aziende su 10 dichiarano di avere difficoltà nell’assumere talenti che abbiano sviluppato adeguate competenze digitali. Ma quali sono? 

Quando parliamo di competenze digitali avanzate ci riferiamo alle capacità tecniche che permettono oggi ad una azienda di essere presente sui mercati attraverso strumenti e piattaforme digitali. 

Come la capacità di lavorare e collaborare da remoto, l’utilizzo di eCommerce, marketplace e piattaforme di delivery. E ancora, l’indicizzazione sui motori di ricerca, il social advertising, gli strumenti di marketing automation e di analisi dei dati, la capacità di strutturare esperienze di consumo su piattaforme digitali basate sull’usabilità ma anche sul rispetto della privacy e della sicurezza.

Servono insomma una marea di esperti di privacy e diritto online, di web analytics, di segmentazione dei pubblici, media strategist, esperti di paid media, di creazione di contenuti, di ottimizzazione delle conversioni, progettisti di user interface, designer di user experience, analisti di dati e professionisti delle tecnologie applicate al marketing.

Inoltre, nel breve e nel medio termine nuove tecnologie ancora modificheranno gli scenari e aumenteranno la domanda di ancora nuove competenze: pensiamo al web 3.0 abilitato dalla blockchain, al metaverso, alla realtà virtuale, aumentata o alla mixed reality.

Nuovi mondi e mercati digitali del valore stimato di 84 miliardi entro il 2025 che necessiteranno di nuovi architetti, designer, rappresentanti, venditori, commercianti, animatori, programmatori, esperti di marketing, ecc..

I vantaggi della maturità digitale per le imprese

metaverso il nuovo sviluppo di internet

Da una ricerca del Boston Consulting Group commissionata da Google, risulta che le aziende più mature dal punto di vista digitale ottengono mediamente un aumento di revenue del 18% e riducono del 29% i costi aziendali, con un crescita delle proprie quote di mercato doppia rispetto alle aziende simili ma meno digitalizzate.

La buona notizia è anche che la Transizione Digitale è al centro delle politiche di rilancio del Governo italiano.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha l’ambizione di rendere il Paese innovativo e digitalizzato, fornendogli gli strumenti per affrontare le debolezze strutturali dell’economia, riparare i danni della crisi pandemica e raggiungere una maggiore sostenibilità ambientale. 

La prima delle 6 Missioni del Piano è proprio la Transizione Digitale, da realizzare attraverso l’innovazione del sistema produttivo e consistenti investimenti in due settori chiave: turismo e cultura. Lo stanziamento previsto per questa missione è di 40,29 miliardi di euro (il 21,04% del totale del budget), distribuiti in 51 misure.

Tra gli investimenti chiave, spicca la Digitalizzazione delle Imprese, anche attraverso interventi di formazione alle competenze digitali

Cosa fare per evitare che il cambiamento si fermi?

Ora che abbiamo capito che bisogna necessariamente formare le persone con competenze digitali avanzate e che si stanno facendo importanti investimenti in questa direzione rischiamo però di vedere fermarsi uno slancio che sembrava inevitabile. 

La consapevolezza c’è, la ripresa è davanti a noi, ma dobbiamo fare di più. Ed è per questo che Ninja ha deciso di mettere a disposizione le proprie risorse per contribuire a questo slancio con il progetto “Resilienza Digitale”. 

logo resilienza digitale ninjamarketing

Le competenze digitali avanzate, come quelle nel marketing digitale, sono da sempre il nostro focus e oggi abbiamo l’occasione di contribuire a diffonderle a macchia d’olio e di realizzare la nostra missione di rendere l’Alta Formazione finalmente democratica

Resilienza Digitale – Piano Ninja di Ripresa e Resilienza si ispira proprio al PNRR e si rivolge a studenti, neolaureati ma anche a professionisti di altri ambiti che vogliono reinventarsi e cogliere l’opportunità di costruirsi un futuro nel digitale.

Il progetto si rivolge anche alle piccole e medie imprese che la pandemia ha messo in seria difficoltà per dar loro un’occasione di rilancio attraverso il Digital

Il nostro Piano consiste nell’offrire, esclusivamente nel periodo dal 25 ottobre al 3 dicembre 2021, un pacchetto di risorse gratuite che abbracciano 3 livelli:

FORMAZIONE

  • Un Corso su come dar vita a un Progetto di Business Digitale
  • Il Corso Speciale “I fondamentali del Digital Marketing” composto da 7 lezioni gratuite su Digital e Social Strategy, Digital e Social Media Advertising, Content Marketing, SEO e eCommerce Management

INFORMAZIONE 

  • La Daily Newsletter Ninja “Morning News” per essere sempre aggiornati sulle principali News in ambito Digital, Social e Tech e i Marketing Insights, selezionati dalle più autorevoli fonti internazionali di settore
  • Il nuovo Canale Telegram “Ninja Marketing” per seguire ogni giorno il commento della Redazione alle principali notizie della “digital economy” 

NETWORKING 

  • La community Facebook “Ninja Marketing Dojo” per connettersi con le esperienze dei professionisti del Digital e condividere consigli, aggiornamenti, ispirazioni con la Ninja Tribe

>> Vuoi compiere il primo passo nel Digital? Ottieni subito il pacchetto di Risorse Gratuite “Resilienza Digitale” <<

Anche tu puoi diventare Ambasciatore della Resilienza Digitale

Fai già parte della Ninja Tribe, condividi il nostro sogno e vorresti esserne parte attiva, aiutandoci a spargere la voce come Ambasciatore nei tuoi territori?

Segui la pagina ufficiale Instagram @ninjacademy per essere aggiornato su tutte le iniziative che accompagneranno l’operazione Resilienza Digitale. Condividile sui tuoi social e scrivici in direct message se vuoi diventare parte attiva del progetto o di altre iniziative di Ninja. 

festival del podcasting

Il panorama italiano del Podcasting: aumentano creator, branded content e monetizzazione

Il podcasting è diventato grande. La crescita continua ed esponenziale degli ultimi anni sembra consacrarsi sempre di più, con una cultura dell’audio che nel 2021 è stata la vera alternativa per il mondo della produzione di contenuti.

Il Festival del Podcasting 2021, appuntamento fisso da sei anni per la community dei podcaster indipendenti, per le major e per tutti gli appassionati dell’audio, ha consacrato ancora di più l’attenzione e il valore di questo mezzo di condivisione che già dallo scorso anno ne aveva fatto intravedere le rapide evoluzioni.

festival del podcasting

LEGGI ANCHE: L’Indie Podcasting e la rinascita dell’audio digitale: si conferma il trend di crescita

Sono più di 26.000 i podcast in italiano caricati sul web e 10.000 di questi sono stati creati nel 2020. Questi i dati sviluppati presentati per ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting da Alessandro Piccioni al Festival, a conferma di come la pandemia abbia permesso un’accelerazione senza paragoni in termini di crescita e sperimentazione di centinaia di nuovi podcaster emergenti.

E dopo il boom del 2020, in questo anno il mondo del podcasting ha provato a capire se il settore fosse ancora in crescita e se la platea di ascoltatori si stesse ampliando in maniera ancora più eterogenea.

Già gli ultimi dati delle ricerche più osservate nel settore (l’ultimo report Nielsen per Audible e l’ultima ricerca IPSOS “Il podcast alla prova di maturità”) avevano fotografato in queste settimane quanto fossero ulteriormente aumentati gli ascoltatori italiani (+4% toccando l’apice dei 14,5 milioni) e come fosse sempre più consolidata la fruizione nella dieta mediatica dei consumatori (1 su 3 ha ascoltato almeno un podcast nell’ultimo mese) e una durata media di ascolto di circa 40 minuti al giorno (20 minuti per il 28%, 30 minuti per un altro 28%) con una lunghezza ideale di un episodio considerata tra i 15 e i 30 minuti.

Ascoltatori che prediligono lo smartphone e che dedicano il tempo nella quotidianità soprattutto da casa e in modalità multitasking mentre sono alle prese con faccende domestiche o mentre fanno sport. Si tratta di consumatori di audio sensibili e ricettivi rispetto ai messaggi pubblicitari e sempre meno dei “nerd” pionieri.

Il pubblico è diventato leggermente più adulto, soprattutto per la crescita di laureati e professionisti: gli ascoltatori di podcast sono sempre più caratterizzati da profili socio-culturalmente qualificati.

Un target eterogeneo che ha fatto crescere il consumo di podcast nel panorama dell’intrattenimento digitale in Italia, con sempre più utenti che scoprono e ascoltano quotidianamente questi contenuti audio, mentre sono ancora rilevanti le disuguaglianze di genere all’interno dell’industria dell’audio (solo 1 quinto dei podcast è condotto da donne), come ha rilevato Spotify, raccontando anche in occasione del Festival il programma formativo “Sound Up” dedicato alle nuove podcaster.

festival del podcasting

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Ascoltatori giovani e diversamente giovani

Gli ascoltatori Millennial e Gen Z, sono di fatto i maggiori fruitori di podcast in Italia.

Nel caso dei Gen Z l’aumento rispetto allo scorso anno è dell’8% (passando dal 67% al 75%).  Questi numeri confermano i recentissimi dati forniti dal report “Culture Next 2021” di Spotify da cui è emerso che il 36% dei Millennial e dei GenZ in Italia ha affermato di nutrire maggiore fiducia nei podcast che nei media tradizionali, inclusi telegiornali, giornali e radio nazionali.

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Secondo queste analisi il podcast è considerato dai giovani uno strumento di approfondimento utile per informarsi sulle vicende sociali del nostro tempo (a livello globale, infatti, il 62% dei Millennial e il 52% dei GenZ ascoltano i podcast per informarsi su questioni sociali) nonché un mezzo di digital wellbeing per staccare dall’indigestione di video a cui sono esposti a livello di social media.

Festival del Podcasting 2021: tutti gli insight

La kermesse del Festival ha radunato in una due giorni online e offline (a Milano) senza paragoni centinaia di appassionati, ma soprattutto editori, professionisti e produttori che amano il podcasting. 104 speaker si sono alternati per raccontare per le proprie esperienze e le proprie storie di podcasting: da studenti adolescenti, sacerdoti, speaker radiofonici, giornalisti, a professionisti ed esperti tematici di psicologia, salute, cinema, produzione audiovisiva, che hanno fatto scoprire le più belle esperienze personali e professionali su come il podcasting abbia anche cambiato la vita di chi lo ha realizzato.

Ma non sono mancati workshop tematici per imparare a creare, migliorare, far crescere e rendere sostenibile un podcast grazie all’esperienza delle piattaforme e dei podcaster professionisti.

Presente anche l’approfondimento per studiare l’utilizzo delle piattaforme social audio di ultima fioritura (da Clubhouse, Spotify Greenroom, Voice Chat e dintorni) per creare e sviluppare podcast. Anche perché sempre i dati IPSOS registrano che il pubblico di ascoltatori di podcast conosce per il 62% Clubhouse e le altre piattaforme vocali: nonostante la fine dell’hype di inizio anno l’avvento di questo social audio ha aperto comunque nuovi scenari di interazione con un pubblico o nuove modalità di animazione di community

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Sono state diverse, inoltre, le tavole rotonde che hanno analizzato l’evoluzione del podcasting e il suo progredire sempre di più come canale trasversale a tutti gli altri media.

Un connettore ibrido tra le diverse creazioni multimediali che permette sempre di più la creazione di contenuti originali, come ad esempio per i podcast di Forbes, o anche in media company integrate, come testimoniato dagli interventi del Sole24Ore.

Il giornalismo, poi, lo sceglie sempre di più come mezzo per l’approfondimento che va oltre l’informazione, ma sempre di più la direzione è tracciata verso il branded content; i podcast sono diventati sempre più parte delle realtà editoriali.

Il rapporto di vicinanza con la Radio, inoltre, rimane florido. Come sottolineato in un intervento dell’Ufficio Studi della RAI, commentando una ricerca in corso sull’industria dell’audio in diversi Paesi Europei, il podcast si è affermato come una preziosa opportunità di valorizzazione per le produzioni di qualità e intrattenimento. Podcast e Radio si si completano per soddisfare nuove audience e nuovi modi di fruizione, ma soprattutto creano le condizioni per approfondimenti e spazi di confronto con stili di comunicazione anche nuovi.

Dai podcaster indipendenti ai creators riconosciuti: ecco i nuovi influencer dell’audio

La grande novità che ha portato il 2021 è stata la nascita e l’affermazione di diverse realtà di produzione audio (tra quelle che hanno partecipato al Festival Voisland, Chora Media, gli Ascoltabili, Storie avvolgibili) che si pongono l’intento di abilitare le nuove generazioni di podcasters a connettersi con le aziende o con un pubblico “premium”, far crescere l’audience e connettersi ad altri creatori del network oppure per sviluppare progetti originals, come ad esempio quelli della categoria Spotify Studios.

Gli influencer e i content creator del mondo del video, del cinema, della radio, si cimentano sempre di più nel podcasting e per gli emergenti lo spazio di visibilità sembra assottigliarsi

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Per questo si fa sempre più forte la necessità di aiutare i podcaster indipendenti a monetizzare i propri contenuti e a connettersi con brand attenti ai trend di innovazione, poiché la contesa pubblicitaria è appena iniziata. Come per gli albori di YouTube e l’inizio dell’advertising video, la direzione è tracciata verso sponsorship, host-read ads e branded podcasts.

In termini di visibilità di un podcast, escludendo gli influencer e i VIP affermati che inevitabilmente guidano le scelte di ascolto dei propri follower) il driver di scelta di un determinato podcast, sempre secondo l’indagine IPSOS, è collegato alla tematica utile per una specifica nicchia di ascoltatori (il 34% delle persone cerca online un argomento di loro interesse) o attraverso l’intramontabile passaparola: il 25% ha seguito il consiglio di amici/famigliari (per la GenZ è il 32%) e nel 25% ne ha sentito parlare sui social.

In questo scenario un altro fronte che da diverso tempo supporta i creatori di contenuti audio è il crowdfunding. Realtà come Tipeee o Patreon che permettono agli artisti podcaster di vivere del proprio lavoro grazie al sostegno della propria community e di ricevere direttamente le donazioni dai propri fan.

Tra le capacità di rendere il proprio podcast visibile e di crescere in termini di ascolti c’è pertanto, di fondo, le regola d’oro del marketing scritta da Kevin Kelly nell’ormai lontano 2008: “non si ha bisogno di 1 milione di dollari dove ogni fan spende un dollaro, semmai di 1000 veri fan che per definizione sono coloro che compreranno qualsiasi cosa produrrai”.

Podcasting 2.0 e Podcast Index

Il Festival del Podcasting, infine ha avuto l’onore di ospitare in un evento italiano “the Podfather” Adam Curry, considerato uno dei creatori del podcasting insieme a Dave Winer, che sviluppò la tecnologia del feed RSS per distribuire i primi .mp3 nel 2001. In questo scenario dove il podcasting è considerato un settore dal valore di 1miliardo di dollari dagli analisti, la monetizzazione è largamente realizzata come per altri media attraverso le inserzioni e l’advertising.

Adam Curry vuole allontanarsi dai meccanismi pubblicitari poiché crede che possa diventare nel tempo una forma di censura, o comunque una deriva di quello che è stato l’open web.

Nel suo intervento ha spiegato come stia tentando di rivoluzionare il mondo del podcasting con Podcast Index un progetto open source che consente micropagamenti utilizzando Bitcoin (nda nello specifico in satoshi. Un satoshi è pari a un centesimo di milionesimo di bitcoin) per premiare i podcaster per i loro contenuti, dove il contributo è parametrizzato rispetto all’ascolto effettivo di un episodio audio.

Podcast Index è stato realizzato per preservare, proteggere ed estendere l’ecosistema di podcast aperto e indipendente e permettendo una categorizzazione del proprio podcast senza l’ausilio delle grandi major. Tra i riproduttori di podcast, l’italiana Castamatic ha già implementato queste funzionalità, ormai ribattezzate di “Podcasting 2.0”.

Il futuro del podcasting in Italia secondo Giulio Gaudiano

Ma quali sono allora gli scenari del podcasting per il prossimo futuro? Lo abbiamo chiesto all’ideatore del Festival e Presidente ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting, Giulio Gaudiano:

La grande densità di partecipazione e l’eterogeneità dei player che hanno partecipato quest’anno al Festival del Podcasting denota un’attenzione sempre più crescente per questo settore. Qual è il più importante take-away che vuoi riportare dall’esperienza di quest’anno per i podcaster e per i brand più sensibili al mondo dell’audio?

C’è stato un momento del Festival che credo sia l’emblema del dialogo tra le varie anime del podcasting che vogliamo realizzare con ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting: quando alla fine dello speech del podcaster indipendente Franco Solerio (creatore del podcast Digitalia.fm) è stato invitato sul palco Sergio La Rosa di Spreaker per ragionare insieme sulle implementazioni pratiche del Podcasting 2.0.

Solo se ci sarà dialogo e collaborazione tra i vari player di questa industry (podcaster, producer, editori e piattaforme) la crescita del podcasting potrà essere continua, sana e solida nel tempo.

Quali sono, in sintesi, le tendenze che vedi per il prossimo futuro del podcasting?

Il 2022 sarà l’anno in cui entreranno in modo importante nel mondo del podcasting personaggi del mondo dell’intrattenimento (attori, cantanti, personaggi dello spettacolo) e dell’informazione, per creare contenuti di valore e di grande qualità.

La stessa ASSIPOD – Associazione Italiana Podcasting grazie ad una partnership con Nuovo IMAIE (la più grande collecting italiana) ha messo a disposizione di migliaia di attori, doppiatori, musicisti e cantanti un corso ed un manuale di podcasting per sostenere questo fenomeno già in fieri grazie alle produzioni originali di Spotify (come, ad esempio, nel caso del podcast di Morgan) e al lavoro di molti media tradizionali come Sole 24 ore, Rai, Sky, Ansa.

Da promotore e supporter del podcasting indipendente, hai suggerimenti o consigli per chi vuole lanciare il suo podcast? C’è ancora spazio per creare e condividere contenuti e cultura dell’approfondimento?

Il consiglio che trasmetto sempre agli aspiranti podcaster è: crea il podcast che tu e le persone che hai intorno vorreste ascoltare. Nel mondo del Podcasting c’è posto per tutti e molto spesso produzioni di nicchia riescono a rendersi più sostenibili rispetto a produzioni per un pubblico più generalista. Il vero motore di un podcast è la passione di chi lo crea.

L’appuntamento per la settima edizione del Festival nel 2022 è già fissato?

Certamente! La prossima edizione durerà una settimana, dal 3 all’8 ottobre 2022, sempre online dal lunedì al venerdì e a Milano il sabato per un grande evento dal vivo per la community del Podcasting italiano. 

The beautiful thing about podcasting is it’s just talking. It can be funny, or it can be terrifying. It can be sweet. It can be obnoxious. It almost has no definitive form. In that sense it’s one of the best ways to explore an idea” (Joe Rogan)

Trump l’ha fatto davvero: ha lanciato il suo social network TRUTH Social

Non si può dire che non abbia mantenuto la sua promessa, più volte urlata da palchi fisici e virtuali: l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il lancio di un nuovo social network, chiamato TRUTH Social.

In un comunicato, Trump ha dichiarato che la piattaforma “si opporrà alla tirannia delle grandi tecnologie”, accusate da sempre dal suo entourage di mettere a tacere le voci non allineate al pensiero unico negli Stati Uniti.

deep fake social network trump

La sua intenzione è creare una piattaforma che possa fare concorrenza a Twitter o Facebook, ma è molto probabile che questo non accadrà.

Per sua stessa natura, la piattaforma sarà apertamente politicizzata. Impensabile che diventi un luogo di scambio di idee come Twitter, o un posto adatto tutta la famiglia come Facebook.

LEGGI ANCHE: Facebook conferma la sospensione di Trump, che rilancia con il suo Blog

La triste storia di Trump e dei social network

I social media hanno giocato un ruolo fondamentale nella candidatura di Trump alla Casa Bianca e Twitter in particolare è stato il suo mezzo di comunicazione preferito nel ruolo di Presidente, prima che venisse bandito da Twitter e sospeso da Facebook a seguito dell’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti da parte dei suoi sostenitori.

I principali social media hanno ceduto alla pressione dell’opinione pubblica durante la sua presidenza, a causa dei suoi post giudicati aggressivi o palesemente falsi.

L’anno scorso, infatti, Twitter e Facebook hanno iniziato dapprima a cancellare alcuni dei suoi post o a etichettarli come fake news (come quello in cui dichiarava che il Covid era “meno letale” dell’influenza) e hanno in seguito preso la decisione di bannare o sospendere Mr. Trump dopo i disordini di gennaio, causati da un discorso pubblico pieno zeppo di affermazioni infondate sulla frode elettorale di cui sarebbe stato vittima.

Trump aveva definito “veri patrioti” gli autori dei disordini al Campidoglio, dichiarando espressamente che non avrebbe accettato il risultato delle elezioni. Troppo per Facebook e Twitter, che hanno così deciso di impedirgli l’accesso alle loro piattaforme.

Puoi già entrare in waiting list

truth social network trump

Sei un sostenitore dell’ex Presidente Trump o sei semplicemente curioso di capire come si evolverà la faccenda? Benissimo, puoi già entrare in waiting list e iscriverti al nuovo social network del burrascoso tycoon.

Ti basta cliccare qui.

Una prima versione della sua ultima impresa, TRUTH Social, sarà aperta agli ospiti invitati dal mese prossimo, e avrà un “rollout nazionale” entro i primi tre mesi del 2022, secondo una dichiarazione di Trump Media & Technology Group.