In questi giorni il web sta esplodendo: tantissime sono le notizie che circolano sui più svariati argomenti, altrettanto abbondanti le fake news. Abbiamo noi la giusta alternativa: che ne dite della nuova Week in Social?
Facebook chiude gli account, i prossimi sarete voi?
Chi può dirlo, è solo questione di coscienza, ma sembra essere la volta buona: Facebook chiuderà tutti gli account fake. Si parla di miliardi di account che il social con il nuovo algoritmo intende chiudere. È quello che viene definito “Deep Entity Classification” (DEC), il metodo per scovare in profondità i falsi della piattaforma.
L’algoritmo attuale si basa su pochi parametri, uno su tutti lo spam. Se lo fate, nel senso che inviate richieste di amicizia in automatico o se le spalmate ma comunque il vostro profilo non è quello di un “comune mortale”, allora sì, siete a rischio.
La rimozione degli account non ha fatto sconti nel 2019, ci auguriamo che questa linea limpida sia sempre di più perseguita da Menlo Park.
LinkedIn Stories
Poteva rimanere obsoleto un social comeLinkedIn? Assolutamente no, e Giulia Miglietta, la nostra ninja, lo ha raccontato sui nostri canali: ancheLinkedInè pronto a lanciare le sue Stories. Ad annunciarlo èPete Davies, Senior Director Of Product ManagementLinkedInin un blog postdi Pulse.
“Abbiamo imparato molto sulle incredibili possibilità offerte delle Stories in un contesto professionale. Per esempio, la sequenza del formato Stories è straordinariamente efficace nell’ottica dicondividere momenti chiave degli eventi di lavoro, lo stile narrativo full-screen rende facile condividere consigli e trucchi per lavorare in maniera più proficua”
Dopo una fase di test, già dai prossimi mesi, il social network professionale renderà disponibili le sue Storiesin versione beta.
LinkedInaveva sperimentato un format analogo nel 2018. Era “Student Voices”, una piattaforma creata per gli studenti universitari americani che dava ai ragazzi la possibilità di postare brevi video all’interno di una “campus playlist”, visibile in cima al feed dei contenuti solo per una settimana.
Ok, ma non chiamatele stories. Si chiamano fleets, i contenuti volatili che mette in campo Twitter.
24 ore e addio, una nuova promessa della piattaforma che per ora si traduce solo come un test in Brasile. La domanda è: ma i tweet che fine faranno?
Twitter contro gli hate speech
Una nuova regola sempre da Twitter: basta al linguaggio d’odio. La piattaforma pone dei limiti a tutti quei commenti che vanno “oltre l’umano”. Stop dunque a tutti quelli che si prendono gioco degli altri, specie se derisi per età, malattie o disabilità. Non si escludono altre limitazioni su altre categorie.
Nuove funzioni su Instagram
TikTok, non fai paura, o forse sì? Instagram punta sempre di più ad ampliare le proprie funzionalità ed arriva così il controllo sui tag. Una notizia che ci tranquillizza: finalmente avremo la possibilità di scelta. Apparire o non apparire in quella foto in cui siamo venuti malissimo?
O meglio: accettare l’ennesimo tag inopportuno dallo spammatore seriale di turno? Evviva.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/02/mobile-factory-accenture-google.jpg632978Eleonora Tricaricohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngEleonora Tricarico2020-03-07 10:32:182020-03-23 13:46:04Week in Social: Facebook chiude gli account fake, su Twitter e LinkedIn arrivano le stories
Con un mercato che varrà oltre 10 miliardi di dollari nel 2023, ma oggi è ancora tecnologicamente poco supportato, la piattaforma mobile italiana Etciuu ha pensato di colmare un vuoto: quello dei tool per influencer, strumenti espressamente dedicati a queste figure.
Un sistema CRM per gestire le fanbase di oltre 46 milioni di influencer nel mondo e fornire servizi-pay personalizzati ai loro follower.
Sviluppata su tecnologia proprietaria, per completare lo sviluppo ha da poco lanciato un piano di equity crowdfunding.
Come funziona il Customer Relation Management legato al mercato dell’Influencer Marketing
Etciuu fornisce all’Influencer la possibilità di gestire ed organizzare la propria fanbase non solo sulla base dei comportamenti di acquisto verso l’offerta di servizi-pay personalizzati, ma anche sul grado di engagement dei fan stessi.
Solo in Italia, sono oltre 20.000 gli influencer che utilizzano i canali social per vendere contenuti e servizi ad oltre 25 milioni di follower per un business che si stima supererà nel mondo i 10 miliardi di dollari nel 2023.
Etciuu unisce in un’unica app un sistema CRM, un marketplace per la vendita di servizi online, un servizio di messagistica sia one-to-one che one-to-many, ed una semplice ma potente dashboard di analisi e reporting.
Il modello di business si basa sulle commissioni di vendita dei servizi acquistati dai fan, e soprattutto sull’offerta di servizi di targetizzazione pubblicitaria native.
«Un anno e mezzo fa, quando abbiamo fondato Etciuu – spiega Marco Di Gioacchino, CEO di Ectiuu con una lunga esperienza internazionale nel settore dei contenuti digital – siamo partiti da una premessa: la quota dei ricavi pubblicitari per gli influencer si stava drasticamente riducendo. Infatti, fino a pochi anni fa, chi aveva un milione di follower riusciva a raggiungere quasi tutti; oggi perfino i primi della classe non ne raggiungono più del 10% gratuitamente. E l’accesso ai dati costa perché le fanbase appartengono ai social network».
Cosa serve oggi agli influencer per crescere
«Oggi gli influencer non sono i proprietari dei loro follower, cioè non sanno chi siano e non riescono a raggiungerli tutti in maniera organica, per via degli algoritmi dei social network. In questo senso Etciuu fornisce loro un sistema per organizzare questa fanbase.
A questo aggiunge un marketplace, cioè un sistema in cui è possibile vendere tutta una serie di servizi come videochat, audiomessaggi, videomessaggi personalizzati, accesso a contenuti premium, l’organizzazione di eventi. Il tutto è coordinato da un sistema di messaggistica interna che consente all’influencer di inviare direttamente a tutti i fan dei messaggi personalizzati.
Da una parte gli influencer sono gratificati dal fatto di avere a disposizione una dashboard in cui gestire i fan, mandare messaggi personalizzati, anche geolocalizzati. A sua volta il fan grazie all’app può finalmente richiedere dei servizi all’influencer che finora non poteva chiedere e ricevere delle comunicazioni personalizzate.
Rispetto all’influencer marketing pubblicitario, Etciuu va a valorizzare la relazione emozionale con i follower. Secondo le stime, i fan veri degli influencer sono circa un 12% e a questi si rivolge questo strumento.
Abbiamo valutato che oggi ci sono, solo in Italia, circa 20 mila canali social che hanno una qualche forma di remunerazione. In questo numero circo l’80% sono micro-influencer, con un numero di follower tra 10-15 mila. Questa fascia è quella che più di altre ha bisogno di crescere e trovare nuovi canali di remunerazione, ed è anche quella dove nasceranno i futuri talenti, le future celebrities.
Naturalmente stiamo parlando anche con alcuni VIP influencer, non perché abbiano bisogno di una crescita in termini di fanbase, ma per un discorso di charity. Abbiamo infatti previsto anche la possibilità che un influencer possa anche mettere in premio come donazione un servizio».
Come crescerà il progetto del tool per influencer
Etciuu, naming onomatopeico di universale riconoscibilità, è un progetto con ambizioni di crescita internazionali e l’obiettivo di connettere attivamente 3,5 milioni di utenti in 5 anni. Si inserisce nella filiera inesplorata dei servizi B2B agli Influencer, focalizzandosi sullo sviluppo dei ricavi di quei servizi digitali – dalle videochat ai contenuti premium fino al booking di eventi – ad alto valore percepito dal fan, come accade su Twitch, piattaforma streaming per l’eGaming acquisita da Amazon, che incassa centinaia di milioni di dollari dalle offerte spontanee dei fan durante le gare di oltre 27.000 eGamers professionisti.
Dopo 18 mesi di analisi e sviluppo tecnologico, Etciuu, che ha già ottenuto 280.000€ di finanziamento dal Fondo Tecnonidi come startup innovativa, ha lanciato una raccolta di capitali in crowdfunding sul portale Backtowork24.com per velocizzare la crescita, attiva fino al 30 marzo e che ha già superato gli obiettivi minimi di raccolta.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/03/etciuu-tool-per-influencer_ninjamarketing.jpg6531387Company Newshttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngCompany News2020-03-04 11:17:402020-03-05 17:45:09Tool per Influencer: Etciuu è il CRM per organizzare le fanbase
Quella del Social Media Manager è una professione ancora in crescita, conosciuta da tutti ma spesso sottovalutata.
Per diventare un professionista del settore sono necessarie alcune skill fondamentali, che vanno dalla capacità organizzativa alla pazienza
— Forse da bambino, scrutando il mare all’orizzonte, avrai anche tu pronunciato tra te e te la frase: “Da grande sarò un pirata”. Complici i film e i libri d’avventura, tutti abbiamo sognato un futuro galattico, a sfrecciare tra i pianeti dell’Universo, o a piroettare negli abissi degli oceani. Crescendo abbiamo dovuto cambiare i nostri desideri di bambini e diventare più concreti, adattarci ai tempi, e a volte creare una nuova immagine fantastica di noi stessi.
Le aspettative mutano, i bisogni cambiano, lo scenario di quando eravamo dei ragazzi è stato stravolto dagli avvenimenti, sia personali che sociali. La tecnologia ha rivoluzionato ogni cosa e ha portato con sé la nascita di nuovi lavori, professioni che nemmeno la nostra mente di piccoli sognatori avrebbe potuto concepire. Uno di questi è il Social Media Manager.
Tutti ormai sanno chi sia, molti vorrebbero diventarlo, ma pochi conoscono davvero le competenze che questo lavoro richiede.
Chi è il Social Media Manager
Una figura mitologica del mondo dei social media, nata dall’esigenza dei brand, sia grandi che piccoli, di potersi raccontare sulle varie piattaforme, per tenere sott’occhio i dati generati e le risposte degli utenti. Una persona che ha diverse competenze, emblema della parola multitasking.
Un lavoro che non è possibile improvvisare sottovalutandone l’impegno o limitando tutto alla crescita dei like (magari a pagamento).
No, il Social Media Manager – quello vero e capace – deve avere diverse skill, deve conoscere lo strumento con cui ha a che fare e deve aggiornarsi, sempre. Quello che a prima vista può sembrare un lavoro facile, come ogni professione richiede impegno e costanza.
Le 10 skill del Social Media Manager ideale
Abbiamo già detto che il Social Media Manager è una persona multitasking. Lui / lei sa che la sua giornata sarà probabilmente lunga e tortuosa. Deve creare un piano editoriale per ogni cliente, deve raccontare la natura di un’azienda, la sua mission. Oltre a confrontarsi con il cliente, deve dialogare con il pubblico attraverso post mirati, utilizzando sia le parole che le immagini (o i video). Opera con diversi social a seconda delle esigenze dell’azienda. Non solo genera contenuti, ma li analizza, studia gli utenti, i loro feedback, cerca di capire chi sono, cosa vogliono e come si sentono rispetto al marchio in questione.
Dietro i like, dietro le reaction, ci sono delle persone, e dietro i post creati c’è una donna o un uomo che ogni giorno deve mediare tra azienda e utenti, tutto questo tramite un social media.
Un Social Media Manager viaggia leggero, ha tutto sul suo smartphone e sul laptop. Ha un’agendina con tutti i contatti, è sempre munito di carta e penna e lo si riconosce da lontano perché ha la mente che frulla idee in continuazione.
Organizzato nei minimi dettagli, crea contenuti sui social, risponde ai commenti, pianifica riunioni con il proprio team e con i clienti, analizza i dati dei follower.
Il tempo è fondamentale, progetta in anticipo le campagne, i post, e studia nuovi approcci basandosi sulle risposte ai contenuti che ha generato. Sembra aver sempre la testa fra le nuvole, ma in realtà si sta ricaricando per una nuova sfida.
2. Deve essere creativo
Non solo numeri, ma soprattutto immagini e parole. La creatività è la linfa vitale della conoscenza, ed essere creativi significa essere aperti alle novità, abbattere mattone dopo mattone, il muro dell’apatia, per non arrendersi mai. E infatti il Social Media Manager non si lascia sconfiggere dalle reazioni negative, ma cerca di dare il massimo in ogni situazione, creando la soluzione perfetta a ogni esigenza.
Come aumentare la propria creatività? Esercitandola ogni giorno, leggendo libri, guardando film, serie tv, documentari, disegnando, ascoltando le persone, abbandonandosi al mondo, tendendo l’orecchio a tutti i punti di vista, senza essere rigidi sui propri pensieri e sul modo di vedere se stessi e gli altri.
Questo serve anche a essere aggiornati su trend e meme, conoscere in anticipo cosa potrebbe creare hype, entrare in connessione con il pubblico.
Ecco perché è utile abbracciare il cambiamento senza averne paura, staccare la spina appena è possibile, facendo le cose che più ci fanno stare bene, che sia una partita a Playstation o una gita in montagna.
3. Deve essere curioso e aggiornarsi (sempre)
In questo lavoro bisogna avere una spiccata propensione alla curiosità, ma soprattutto aver voglia di non accontentarsi di ciò che si conosce, ma voler imparare sempre più cose, giorno dopo giorno.
Il mondo del web cambia in continuazione: nuovi algoritmi, nuove procedure, nuovi clienti e nuove esigenze. Noi non siamo gli stessi di qualche anno fa, e nemmeno chi ci ascolta.
Bisogna stare attenti ai desideri degli utenti, alla società che si evolve, ai consumatori che cambiano. Abbiamo visto che il focus, con annesse aspettative, si sta spostando sempre più verso la Generazione Z, e questo implica un dover necessariamente rinnovarsi, sia per i brand che per i Social Media Manager che sono dietro ai canali social.
Ecco perché corsi e formazione continua sono linfa vitale per il buon Social Media Manager, un’occasione non solo per approfondire il proprio lavoro, ma anche per confrontarsi su casi specifici con colleghi e docenti.
In un mondo di immagini, le parole sono ancora importanti? Ovviamente sì. Il bravo Social Media Manager sa che per comunicare col pubblico deve esprimersi in modo chiaro, conciso e semplice, perché l’equivoco è sempre dietro l’angolo.
Partendo dal presupposto che la soglia dell’attenzione di noi lettori si è notevolmente abbassata, arrivare alle persone, in un mondo di rumori, è sempre più difficile.
Scrivere sui social, comunicare in pochi caratteri ciò che è il cuore di un’azienda, è una sfida. Bisogna andare dritto al sodo, senza essere troppo invasivi. Il tono è importante, come il messaggio. Possiamo raccontare la storia più romantica che ci sia, ma se sbagliamo i modi, si trasformerà in un incubo.
Gli strumenti per chi vuole fare della scrittura la propria attitudine, sono tanti. Ci sono diversi manuale di copywriting, sia in italiano che in inglese, libri sulla scrittura creativa e professionale, ma non dimentichiamo mai i classici, i romanzi e tutta la letteratura che più ci ispira, che sia un fumetto o l’ultimo volume di Palahniuk.
5. Deve saper usare i programmi di grafica (o almeno provarci)
Il Social Media Manager non è un grafico, ma può utilizzare dei programmi e dei tool per creare grafiche apposite per accompagnare le didascalie dei post. Ci sono numerosi strumenti per chi vuole specializzarsi, tutto dipende dalla strada che si vuole percorrere e dalle competenze richieste.
Ogni social ha un proprio linguaggio e, con il brand, si sceglie il modo di comunicare, che sia incentrato più sulle parole o intento a catturare l’attenzione del cliente attraverso immagini, grafiche, foto.
Collegato con la precedente skill c’è questa competenza. Conoscere le basi della fotografia, i filtri da utilizzare, il foto ritocco, aiuta tantissimo in questo tipo di lavoro, specialmente se si lavora molto con le immagini.
Avere una buona macchina fotografica e tutti gli strumenti per preparare la location, una sorta di piccola scenografia per i prodotti da presentare, è sicuramente un’arma vincente nelle mani del Social Media Manager.
Il gusto estetico, più in generale, sarà fondamentale per proporre un’immagine coordinata del brand sui diversi social, per progettare layout per specifici account o semplicemente per creare belle stories.
7. Deve saper analizzare i dati
Il professionista non è solo un creativo, ma anche un analista. I contenuti generano delle reazioni, traffico sulle pagine, e tutto ciò che passa su una pagina social resta e lo si evince dagli insight. Che sia un profilo Facebook o Instagram, ogni cosa è registrata e pronta a essere spulciata fino al midollo.
La capacità di utilizzare l’analisi per dimostrare il ROI e creare report significativi sui social media è un’abilità chiave per un Social Media Manager. Con la crescente importanza del Social Listening, è importante sviluppare la capacità di analisi dei dati sia quantitativi che qualitativi, al fine di comprendere il quadro completo e le prestazioni dei social.
Comunicare le opinioni agli stakeholder, fare report sulle prestazioni social è il primo passo, ma analizzare significa guardare i dati ed essere in grado di identificare le tendenze, sviluppare raccomandazioni e comunicare un piano d’azione.
Essere flessibili non solo nella gestione del lavoro, ma anche nell’organizzarlo. Le strategie social devono essere dinamiche e flessibili come le piattaforme su cui si basano.
È importante sperimentare diverse tattiche o persino rivoluzionare completamente la strategia, adattarsi alle nuove tendenze, incorporare i cambiamenti del business o riprendersi dai risultati scadenti. Imparare dai dati, ascoltare feedback, sia dei propri clienti che degli utenti, e tenere sotto controllo le tendenze social rende un Social Media Manager agile e flessibile.
Con dati e analisi, possiamo conoscere quale tipo di post sui social è utile e quale invece può essere eliminato poiché non produce risultati. La psicologia comportamentale spiega perché le persone sono attratte da determinati post o perché ne condividono altri. Conoscere ciò consente d’individuare le tendenze e provare nuove strategie più produttive.
La giornata di un Social Media Manager sembra essere interminabile. Non dura 24 ore, ma di più. Preparare il calendario editoriale, modificare i contenuti, anche all’ultimo minuto quando ci sono particolari esigenze, cancellare qualcosa, aggiungere altro. Rispondere in chat, rispondere ai commenti, condividere le stories dei follower, destreggiarsi con le reaction, ma soprattutto ascoltare, chiarire dubbi, aiutare.
Agli utenti può sfuggire un link, una descrizione, e il Social Media Manager corre in soccorso per indirizzarli verso la retta via.
10. Deve essere (tanto) paziente
Sì, lo sappiamo, come la disponibilità, anche la pazienza è più un dono che una competenza, ma si tratta comunque di una qualità da non sottovalutare in un Social Media Manager, una inclinazione personale che può essere allenata.
A volte gli utenti dimenticano che dietro a un sistema oliato e organizzato esistono delle persone, che come tutti noi, hanno una vita, con gioie e dolori.
Cerchiamo tanto il lato umano nelle cose che spesso lasciamo a casa il nostro. Siamo delusi da un brand perché si è affidato all’influencer di turno per promuovere il proprio prodotto, e non ci risparmiamo a mostrare il nostro dissenso sulla pagina social. A pagarne le conseguenze è il povero Social Media Manager che deve placare una guerra cibernetica a colpi di clic.
Il regalo perfetto per lui o lei? Un corso di yoga (o un lanciafiamme).
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/02/social-media-manager-competenze-skill.jpg538865Mariagrazia Repolahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMariagrazia Repola2020-02-12 15:40:482020-03-18 13:03:4210 competenze che un Social Media Manager dovrebbe assolutamente avere
Hai mai scambiato quattro chiacchiere con un Chatbot?
Se la tua risposta è no, sappi che l’85% delle persone non riconosce la differenza tra un messaggio scritto da un umano e un messaggio scritto da un robot.
Non preoccuparti, il motivo è semplicissimo. I Chatbot di oggi sono così avanzati da riuscire a simulare alla perfezione una conversazione umana.
In questo articolo analizzeremo Meena, il nuovissimo Chatbot di Google, un “agente conversazionale che può parlare di … qualsiasi cosa”.
Cos’è un Chatbot?
Partiamo dal presupposto che un Chatbot non è assolutamente un’AI (intelligenza artificiale).
Un Chatbot è un software in grado di ricevere degli input dagli utenti, ed inviare loro una risposta pre-impostata.
Ad oggi possiamo trovare svariati tipi di Chatbot, se ne contano quasi 800.000 solo su Facebook e vengono impiegati soprattutto per la customer care delle aziende private o come supporto agli uffici turistici nella pubblica amministrazione.
Un’AI invece è in grado di imparare da tutti gli input che riceve, migliorando la propria “conoscenza” e garantendo un miglioramento continuo delle risposte.
Arriviamo a Meena, il nuovo progetto di Google
Meena si basa su un modello conversazionale neurale end-to-end, in grado di considerare più di 2,6 miliardi di parametri.
Google ha dichiarato di aver “allenato” Meena per 30 giorni con un set di 40 miliardi di parole. Non solo parole a caso!
L’addestramento è stato improntato anche su più di 340 Gigabyte di chiacchiere pubbliche sui social. Ed è in grado di parlare di qualsiasi cosa e persino di ricorrere al black humor.
Per misurarne le capacità, Google ha sviluppato un sistema di misurazione chiamato SSA (Sensibleness and Specificity Average), in grado di valutare le risposte in una conversazione, assicurandosi che esse siano pertinenti e comprensibili.
L’SSA dà un punteggio ad una conversazione umana dell’86%, altri Chatbot sul mercato hanno ricevuto un punteggio che varia tra il 30% e 60%, invece Meena ha ricevuto un punteggio pari al 79%.
Che impatto avrà sul mercato?
Ad oggi seppur alto, il livello della conversazione di Meena resta sul conosciutissimo “parlare del più e del meno”.
Non è in grado di insegnare qualcosa o di migliorare la customer experience, fornendo informazioni sull’acquisto di un biglietto, il tracciamento di un pacco o offrendo supporto emotivo. I software di conversazione dovrebbero infatti avere lo scopo di portare un utente alla soluzione di un problema.
Diversi studi dimostrano che in certe situazioni, le risposte “robot” sono preferibili a quelle umane, soprattutto quando in ballo ci sono informazioni personali sensibili.
Quando conosceremo Meena?
Google non rilascerà una demo fino a quando non avrà verificato il livello di sicurezza di Meena, per non incorrere in problemi come capitato con un suo predecessore, rilasciato da Microsoft su Twitter nel 2016.
Dopo alcune ore Tay, questo era il nome del Chatbot, ha iniziato a pubblicare tweet sessisti e xenofobi, obbligando la casa madre a zittirlo immediatamente.
Quando Meena entrerà in gioco sarà un ulteriore passo avanti nel mondo dei Chatbot.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/02/Chatbot-Marco-Mantovan-scaled-scaled.jpg31006479Marco Mantovanhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMarco Mantovan2020-02-06 10:15:232020-02-10 15:49:09Cosa ha di speciale Meena, il più avanzato Chatbot al mondo progettato da Google
Negli Stati Uniti – tanto per cambiare – sta prendendo piede un trend interessante che varrà la pena monitorare nel corso del 2020. Il protagonista di questo fenomeno è il più chiacchierato dei social network:Tik Tok. Sì, perché visto il crescente interesse – anche commerciale – nei confronti della nuova piattaforma di social creation, i tiktoker stanno iniziando a rendersi conto che, quello che fino a poco tempo fa era un hobby o un modo creativo di giocare con musica e video al fine di stupire i propri amici, oggi ha le potenzialità per diventare un lavoro full time.
E quando parliamo di full time non ci limitiamo più alle otto ore lavorative, ma a una totale sovrapposizione tra la propria vita privata e quella professionale, fino ad arrivare ad organizzarsi con i propri colleghi tiktoker per andare a vivere insieme, in modo da poter creare contenuti in ogni momento del giorno (o della notte). Così, seguendo un po’ le orme dei propri “antenati” youtuber che, a loro tempo, avevano fatto la stessa cosa (vedi Our2ndLife), i nuovi influencer si stanno riunendo nelle prime “Collab Houses”, dando vita a un vero e proprio fenomeno.
Un esempio di collab house è la Hype House di Los Angeles, in cui convivono 19 tiktoker – o meglio, quattro di loro, per ora, si sono stabiliti lì in modo permanente – dallo scorso dicembre. Tra i tiktoker che abitano la Hype House ci sono Chase Hudson, Charli D’Amelio e Thomas Petrou: ragazzi con meno di 18 anni e milioni di follower.
Una mossa molto riuscita, pare, che dà la possibilità ad alcuni tra i più noti volti della piattaforma di sviluppare la propria follower base, ampliando anche quella degli altri. Ognuno porta la propria fetta di pubblico e la propria dose di visibilità, di cui tutti i membri del gruppo possono beneficiare. Va segnalato che l’account ufficiale della casa su Tik Tok ha già più di 4 milioni di follower e i post con l’hashtag #HypeHouse hanno già superato i 100 milioni di visite.
La cosa più importante? Trovare la giusta location. È fondamentale trovare una casa spaziosa e che sia esposta per gran parte della giornata a una giusta quantità di luce naturale. Meglio se lontana da qualsiasi possibile forma di disturbo – dal fan accanito al vicino lamentoso. Non dimentichiamoci che la principale funzione della casa dev’essere diventare set di contenuti che mirano a raccogliere milioni di views, quindi ogni tipo di dettaglio di design, un arredamento dal gusto ricercato e una serie di corner – per usare una parola ben più che inflazionata, ma sempre attuale – instagrammabili diventano manna dal cielo!
Generazione Z: cosa ci dice di loro questo fenomeno
Ma che sembianze ha (o dovrebbe avere) una star di Tik Tok? Dev’essere giovane (un Gen. Z, per capirci), avere energia, personalità e quel qualcosa di bizzarro che gli dà la possibilità di distinguersi dagli altri e, ancora più importante, essere ricordato.
Questo tipo di fenomeno ci racconta davvero tanto degli utenti che si esprimono attraverso questo social – l’affascinante Generazione Z. Quello che emerge fin da subito è una profonda influenza data dai reality show e una totale noncuranza del valore della propria privacy (almeno all’apparenza).
Sempre di più, notiamo come il confine tra privato e pubblico si faccia più labile fino a diventare quasi inesistente. Da quando esistono gli influencer, hobby e lavoro si sono sovrapposti fino a fondersi e ad assumere la stessa accezione. Questa categoria di lavoratori – più o meno professionisti ma sicuramente privilegiati – monetizza il proprio tempo libero e regala a una serie di voyeur manciate di attimi d’intimità.
Il fenomeno TikTok è solo questo o significa qualcosa di più che intrattenimento per i giovani pronti a esprimere in qualsiasi momento, grazie al mobile, la loro carica di creatività?
Lo scettro per l’utilizzo attivo del social del momento, Tik Tok, rimane ai Gen Z; tuttavia, si è registrato sempre di più nel corso degli ultimi mesi, un crescente interesse anche da parte dei più “grandi”.
Anche se gli over 30 ne fanno soprattutto un uso passivo, è difficile resistere al fascino dei contenuti totalmente immersivi in cui si viene catapultati fin dal primo accesso. Tik Tok è veloce, dinamico, creativo – e sono queste le caratteristiche che dovrebbero avere tutti contenuti che questo target si aspetta di ritrovare online.
Insomma, non esiste benchmark migliore per i marketer che vogliono parlare a questo pubblico che il tipo di contenuto che loro stessi creano. Loro sono quelli del binge-watching, la generazione delle serie TV su Netflix e delle Instagram Stories: questo è l’intrattenimento a cui sono abituati, dunque – video, veloce, senza più dei veri e propri riferimenti temporali e, assolutamente, breve.
Tik Tok è una piattaforma interessante anche dal punto di vista tecnologico, poiché attinge ai mondi della realtà aumentata e dell’intelligenza artificiale, mettendo a disposizione dei giovanissimi creator effetti, filtri e sempre più modalità per editare e customizzare i propri contenuti.
Insomma, vale la pena monitorare come questo tipo di fenomeno si svilupperà, cogliendo preziosi spunti su come comunicare e attrarre la Generazione Z, che sarà la prossima vera protagonista del mercato (e dell’Influencer Marketing), a cui tutti vorranno sapere come rivolgersi nel modo più funzionale possibile.
Per ora le Collab House sembrano essere l’espressione più tangibile di quel desiderio di indipendenza che ognuno di noi può aver sperimentato a 16 anni, ma che questi tiktoker sembrano aver realizzato grazie agli strumenti a loro disposizione: uno smartphone e una piattaforma su cui parlare con il mondo.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2020/01/COVER.jpg6801020Alexia Altierihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngAlexia Altieri2020-02-03 10:10:472020-02-07 19:01:38Nascono le Collab House degli influencer di Tik Tok: fenomeno passeggero o prossimo trend?
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